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06. I grillini giuocano a nascondino

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L’interno del palazzo della Casaleggio associati è molto simile a una banca degli anni ’80. Anche il computer sulla scrivania del portiere è un vecchio 486, monitor a tubo catodico e tastiera bianca lurida. Nick attraversa l’androne come una slavina, seguito da Gaetano Ciconte che indossa un completo Boggi nuovo di zecca. Un completo nuovo non è mai bello, dev’essere indossato almeno 12 ore, aveva spiegato a Nick, indossandolo.

«Desidera!?» fa il portiere, abbandonando la partita a solitario.
«Cuccia, conosco la strada» dice Nick, andando dritto all’ascensore.
«Signori! Signori, non potete entrare!» fa quello, inseguendoli.

Nick preme il tasto. L’ascensore segna quinto piano, residenza di Casaleggio senior. Il numero inizia a calare. Il portiere si frappone tra la porta e i due, allargando le braccia.

«Devo chiedervi di andarvene»
«Bravo, missione compiuta. Ora fuori dai coglioni»
«Non costringetemi a usare le maniere forti» fa il portiere «ultimo avviso»
4, dice lo schermo dell’ascensore.

«Ex militare?» domanda Nick con un mezzo sorriso.
«Sì» fa l’altro. Abbassa le braccia.
3.

«Ma no, polizia municipale» sbotta Gaetano.
2.

«Sicuro?» domanda Nick senza girarsi.
«Certo! Quella cintura Vuitton è falsa. Le originali si riconoscono se il monogramma è tagliato o perfettamen
1.

Il braccio destro di Nick scatta in avanti, dietro la nuca del portiere. La sua mano sinistra afferra la destra dell’uomo torcendola e alzandogliela dietro la schiena, facendolo piegare in avanti e ruotandogli la faccia contro la parete dove si fotografa con un THUD. L’usciere crolla a terra.
Bing, fa l’ascensore.

«COSA DIAVOLO FAI?!» sbotta Gaetano.
«Entra, Sherlock dei Parioli» fa Nick, studiando la pulsantiera. Tira fuori dalla tasca un coltellino multiuso, estrae la lama a cacciavite e fa leva tra il quadro comandi e la parete. Appena riesce a infilarci le dita tira, spalancandolo a metà. C’infila un braccio e rovista all’interno.

«Dio, i marchi in vista sono così truzzi» fa Gaetano, osservando l’uomo a terra «anche Ralph Lauren ora che ha ingrandito il logo è inguardabile. Non trovi?»
«Guarda, mi sono rimasti solo due vaffanculi» fa Nick, dando uno strattone all’interno. C’è una momentanea interruzione dell’elettricità, poi un sussulto. Le porte si chiudono, l’ascensore scende.

«Dove si va?» fa Gaetano.
«Nei sotterranei segreti di questo porcile» fa Nick «il bello dei grillini è che a livello di tecnologia stanno fermi al 1990. Li inculi coi bastoni e le pietre, quando non si dimenticano la roba aperta. Ti ricordi gli hacker del PD, le mail sputtanate? Tutti gridavano al complotto internazionale, in realtà la parlamentare aveva lasciato il portatile acceso, l’account di Outlook aperto ed era andata a prendersi il caffè»
«Come fai a saperlo?»
«L’ho guardata in faccia»

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L’ascensore scende in silenzio.

«Dove hai imparato a fare quella roba?» fa Gaetano.
«Quale?»
«Quella con l’usciere. Mi tornerebbe utile con la Borromeo»
«È una storia noiosa» dice Nick.
Bing, fa l’ascensore, e le porte si spalancano.

 

 

 

«Cristo» sibila Nick, sgranando gli occhi.

 

 

 

 

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Il piano interrato è distrutto. Le pareti annerite, gli scaffali deformati, resti di tavoli di legno carbonizzati. C’è un puzzo di urina ed escrementi disgustoso. A terra, detriti e schegge di vetro sono disseminate per il pavimento. Centinaia di telefoni nuovi messi in fila compongono una ragnatela che attraversa tutta la lunghezza e la larghezza della stanza. Dal centro viene un flebile bagliore elettrico, su cui si staglia una sagoma forse umana. Fa freddo, lì. Nick e Gaetano escono, cauti e increduli. Le scarpe crocchiano sul cemento e i pezzi d’intonaco, riecheggiando. Dal fondo della sala proviene il ripetitivo, isterico, suono delle notifiche Twitter.

Avvicinandosi, i due vedono un uomo sulla trentina. È nudo, la barba lunga, sporco come la coscienza di Berlusconi. Sta davanti a un immenso pannello di smartphone tenuti uno vicino all’altro, tutti collegati al cavo di alimentazione. Le braccia esili dell’uomo corrono da uno schermo all’altro. Attorno a lui migliaia di confezioni vuote di ramen, lattine di Monster, pacchetti di sigarette, cenere. Non li ha nemmeno sentiti arrivare, e balza da una parte all’altra toccando gli schermi mentre con la mano sinistra, ogni tanto, mangia qualcosa. Nick e Gaetano sono immobili davanti alla grandiosa miseria della scena.

UUUOOOOOOO, fa una sirena da qualche parte. L’uomo improvvisamente sussulta, lascia andare quello che stava mangiando, si mette perfettamente di fronte agli schermi, le mani sulle ginocchia e il culo in fuori, proteso verso Nick e Gaetano.

LA CONSEGNA DELLO STIPENDIO, CITTADINO dice una voce metallica.
«Hihi, hihi» saltella quello, felice, mantenendo la posizione.

Con uno FTHOM dal pavimento deflagra una pompa metallica che spara un dildo enorme dritto dentro le cavità intestinali dell’uomo, dove impatta con un CRUNK e lo solleva da terra di qualche centimetro. Per un istante resta così, sospeso a mezz’aria come la polena di una nave fantasma, poi il dildo scende piano, permettendo all’uomo di appoggiare i piedi a terra.

LO STIPENDIO È STATO CONSEGNATO. IL POPOLO DELLA RETE TI RINGRAZIA PER IL TUO LAVORO, CITTADINO 8839938 dice la voce metallica. Il dildo scompare nel pavimento.

«Hihi, hihi» ridacchia l’uomo, ricominciando a smanettare sui cellulari.

«Cosa diavolo è? Chi è?» fa Gaetano, inorridito.
«Circa mille followers di Repubblica, Il Fatto quotidiano, Travaglio, Borromeo, Jovanotti e company» risponde Nick «ti compri stronzi come questo per 16 euro. Italiani, eh. Li riconosci perché non hanno un avatar, retwittano e basta e hanno un nome irriproducibile tipo cifre alfanumeriche. Fatti un giro tra i followers di qualsiasi VIP. Ogni mille account farlocchi, c’è uno di questi»
«Uhuhuhuhuhuh» ride quello in falsetto.

«Cosa spinge un uomo a ridursi così?»
«Che ne so. Frequentiamo gente sbagliata. Diamo importanza ai loro giudizi. Roba così, chi se ne frega. Il punto è che qui Lucrezia non c’è. Quindi o Cora ti ha mentito, cosa di cui dubito, o Lucrezia ha mentito a sua madre, cosa possibile. Sia come sia, abbiamo appena scoperto che la Casaleggio associati non esiste più. O non è qui»
«E allora dov’è?»

Nick si china a raccogliere un telefono. Lo gira, osservadolo alla luce del cellulare.

«Che c’è scritto?» fa Gaetano, sporgendosi.
«Made in Germany»
[continua]

Vorrei tanto lavorare, ma questi cowboy me lo impediscono

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Qualche anno fa.

Se vuoi fare la cronaca bianca di una città hai due strade. La prima è conoscere i nomi e le facce dei cittadini, cosa fanno, di chi sono figli, in quali bar e discoteche vanno, chi scopano, chi mollano. Farti vedere in giro, diventare “el fio del giornale” e passare le giornate in strada, imparando ritmi e respiri della città. Solo che girare costa, per crearsi la giusta rete servono anni e io “i bravi cittadini onesti” li ravanerei tutti di botte.

«Ciao, cosa bevi?»
Una buona regola di un giornalista è non bere per mantenersi lucidi e reattivi.

«Un mojito, poco zucchero e poco ghiaccio»

 

La seconda strada è quella di coltivare i PR naturali. Di solito sono bistecconi brasati nei lettini UVA e gonfi di Nandrolone come petardi che adorano raccontarti vari retroscena scabrosi. Decodificare i loro muggiti ancestrali ti consente l’accesso a un database sconfinato di nomi, informazioni, indirizzi e gossip. Con quei dati puoi arrivare a prevedere le cose. Per esempio, se maschio A della Mestre bene lascia femmina B figlia di industriali perché sospetta lo tradisca con il cubista C, e sai che tutti e tre andranno nel locale X all’ora Y, esserci è una buona idea. Le risse fanno vendere copie.

«Credimi, Graz è un altro mondo» dice il wannabe politico alle mie spalle «trovi tutto quello che vuoi. Bianche, negrOH MARCO DOVE CASSO TI VA?!ne»
Insulto mentalmente il truzzo che mi ha interrotto l’ascolto.

Nei locali non puoi (più) saltare la coda all’ingresso dicendo che sei un giornalista, anzi. Se lo dici ti bloccano e avvisano i tavoli all’interno, dove droga, corna e amicizie scomode regnano sovrane. Invece stando zitto e allungando trenta euro di mancia al buttafuori ce la fai. Del resto, lui ne prende 50 a sera. Ti risparmi i soldi se vai nella sua stessa palestra e ti sei ascoltato il suo sfogo di poliziotto che per 1200 euro al mese si piglia sputi e coltellate da figli di papà, deve pagarsi lui l’uniforme e arrotonda nel locale fuori servizio. È vero a metà: sta sempre facendo il poliziotto e archiviando mentalmente chi spaccia e chi compra per poi riferirlo, ma prende la paga extra dai padroni dei locali che non realizzano di portarsi le forze dell’ordine in casa. Sono gli stessi gonzi che poi sbroccano quando c’è una retata e incolpano le discoteche rivali: “ah, bastardi, mi hanno mandato gli sbirri!!”. Come mi disse qualcuno, “andare a ballare al Muretto o in questura è la stessa cosa”.

«Italiane?» fa l’interlocutore, incredulo.
«Chiaro! Mica possono fare le puttane qui, no? Vanno lì, lavorano, poi tornano. E magaARA CHE GO MI QUEA ROBA, BASTA CHE TI ME FA UN CIAMO!
«Non c’è il rischio che… non so, magari ti AHAHAHAHAH ANCA TI, MORE!
«Noooo, perché? Siamo tutti e due dove non DOMAN, DAI, SE SENTIMO DOMAN!

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Sono al Marghera estate village. Sapevo che ‘sto tizio sarebbe arrivato, sapevo qual era il suo chiosco preferito, bastava sedersi vicino e ascoltare qualunque gossip politico per riferirlo e fare bella figura col mio capoccia. Per una volta, essere anch’io un giornalista che può guardare negli occhi la paraculata dalle ACLI, il figlio del politico di sinistra che stanno in redazione a emulare Camera cafè ma sono tenuti in grande considerazione dai caporedattori, specie quelli che anelano a una futura carriera politica.

«Senti, tornando alla storia del… hm» tentenna l’interlocutore, abbassando la voce.
GIOVANNIIIIIIII NON CORREREEEEEEH
«Tranquillo» minimizza il candidato «sereno, se mi eleggonoGIOVANNIIIIIIIIIrò pur bisogno di consulenze, no? E allora noi facciamo cheGIOVANNIIIIIII

Niente di tutto quello che sto origliando è pubblicabile, ma è riferibile. Nella bianca funziona tutto a riferimenti, la moneta contante dei freelance. Se vuoi fare ‘sto lavoro da zero, oggi, non devi scrivere notizie. A nessuno frega niente del negozio che chiude, delle conferenze stampa della confartigianato o dei premi raccolta differenziata al Palaplip. Per quelli non serve nemmeno sbattersi a mandare un galoppino a far presenza. Oggi gli addetti stampa ti spediscono tutto via mail, ci metti cinque minuti a redigere il pezzo e vaffanculo. La cosa che ti fa fare strada, se non sei di quelli con stage e master a New York, è il numero di riferimenti buoni. Porta in redazione 200 articoli di bianca e t’ignoreranno, portagli 10 gossip controllabili o quasi, e ti inviteranno all’aperitivo. Se sembra un mestiere di merda, non avete fatto ripavimentazione stradale.

«Sono 12 euro» fa il barista.
«QUANTO?!» sbotto.

Il punto è che tutto questo è teoria. La pratica richiede lucidità, capacità, pazienza, pratica e fortuna, motivo per cui io sono fuori luogo come una braciola in una sinagoga. E infatti

«Prezzo maggiorato, c’è il concerto country»

 

 

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Con la faccia deformata dall’orrore mi giro verso il palco. La pista sotto s’è improvvisamente riempita di cowboy. Cowboy.

Ma perché? Chi, cosa ha partorito il country in Italia? Cioè, a un certo punto nella storia del nostro paese una coppia s’è presentata in discoteca vestita da cowboy e non solo non è stata espulsa a bastonate: ha cominciato a ballare così bene da convincere venditori di trattori, addetti alle mietitrebbiatrici, segretarie, impiegate e falegnami a emularli? Cazzo, io dov’ero quando tutto questo succedeva? Soprattutto, perché di millemigliardi di cose che potevano andare a troie, io dovevo avere il tavolo vicino alla parata degli agenti immobiliari in crisi etnico culturale?

«E ORA, DAME E CAVALIERI, IN PISTA!» urla il cantante, poi parte una musichetta di banjo e le assi di legno detonano in un fragoroso trum trum trum. Donne e uomini vestiti come rincoglioniti danzano in coreografia.

Quante possibilità c’erano?

Voglio dire, io sono un ex rapper. Anche noi copiavamo una cultura americana per scopare, ma avevamo 16 anni. Quale dramma umano spinge un ragioniere di provincia a presentarsi alla sagra della sbrisa col cappello da sceriffo di Ritardatown? Eazy E mi diceva di fottere la polizia, ma per vivere country cosa fai? Ti lanci al galoppo di un Fifty in parco Bissuola? Prendi obese al lasso? Come socializzi con gli altri, dici “bella raga, anch’io ho quarant’anni e voglio giocare ai cowboy”?

«A… E… UTO, …ITO?»
«…OSA?!»
«…AMO …À, uAembrr …TO!»
Guardo i due alzarsi e allontanarsi col bicchiere in mano, la morte nel cuore, il Vesuvio negli occhi che erutta lapilli su questi allegri baggei che scalciano e si prendono a braccetto, danzando.

«Anche tu sei qui per il country, eh?» fa il barista.
Non rispondo, perso in immagini di carneficine.
«Io son matto per l’honky tonk style» precisa.

Oggi sono andato a vedere cazzo fosse ‘sto Hoky tonk. Il primo risultato su Youtube è un barile di lardo che suona il piano circondata da cadaveri in carrozzella che vagano senza meta urtando contro i muri. Giuro, non ce n’è uno che deambuli con le proprie estremità. A 0.41 entra in scena un ippopotamo che va a cazziare un cadavere, poi appare una negra e ne cazzia un altro, tutto con musica da saloon live.

«No, a me piace il rap» rispondo.
«Ma è roba vecchia!» ride…

 

 

 

 

 

 

…e Il resto lo sa, immagino» concludo davanti all’appuntato della pattuglia che mi scruta tentando di rimanere impassibile. Dice che il barista non mi ha denunciato per l’aggressione e domanda se ho qualcuno che può venirmi a prendere, perché di farmi guidare non se ne parla. Il giorno dopo in redazione domandano se per caso ieri sera ero al Marghera village, perché c’è stata una rissa. Dico di no.

«Ma cazzo, Nebo» fa il capoccia «devi imparare a essere nel posto giusto»

Mad Max – Fury Road (aka Furiosa – Road to hell)

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Fury road è un film splendido. In quanto a dialoghi, scene, montaggi, visione d’insieme è un trailer di due ore. Nessun respiro, nessuna pausa se non quella necessaria a evidenziare il drop successivo, solo azioni che si susseguono a un ritmo isterico. Alcune scene sono velocizzate anche troppo, ma siccome l’ho visto in 3D potrebbe essere un effetto suo. La colonna sonora è l’equivalente melodico di un machete che striscia contro una portiera arrugginita, s’incastra da Dio nelle scene evidenziandone follia e frenesia. L’ambientazione è coerente coi capitoli precedenti di MM e segue le grandi paure del tempo in cui è girato. Il 1979 era terrorizzato dalla droga. Il 1983 e il 1985 della guerra fredda. Il 2015 dal terrorismo religioso.

Riguardo ai cattivi, dopo Toecutter

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THE ROAD WARRIOR (aka MAD MAX 2: THE ROAD WARRIOR), Kjell Nilsson as 'The Humungus', 1981, ©Warner Bros. Pictures

Smegma e Gayboy berserker

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era dura. Eppure questi cattivi sono più mostruosi, più osceni e anche più spaventosi. Una menzione speciale va a tutta la sottotrama dei figli della guerra. È bella, intelligente, ben raffigurata. Ti viene raccontata da dialoghi veloci come missili, e te ne dà sempre la giusta dose. Tutti i tempi, in ‘sto film, sono impeccabili.

E poi c’è lei.

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Furiosa meriterebbe un capitolo a parte. Io non so cosa si sia calata Charlize Theron per recitare ‘sto film, ma è oltre. Credibile, stupenda, ben definita e recitata da premio Oscar. In un film dove i dialoghi starebbero in una pagina, lei con gli occhi scrive romanzi. Fa tutto lei. Un personaggio granitico e implacabile come il camion che guida, dove il sangue è la benzina e la carne è l’acciaio. Non è erotica. È solo puro, assoluto carisma.

A me ‘sto film è piaciuto tantissimo forse perché ha investito più nelle idee che negli effetti speciali. Le lance esplosive. I porcospini. Le classificazioni in ottani. La religione. Fury Road gronda idee, anche difficili, cosa oggi praticamente scomparsa nei blockbuster che devono essere comprensibili anche al cane dello straccivendolo. E funziona alla grande. Inoltre ha mantenuto quel filone turistico del Mad Max 2, dove il protagonista con la scusa di sopravvivere ti conduce attraverso un’umanità surreale quanto plausibile. Il venditore d’acqua radioattiva, il matto col deltaplano, il bambino scimmiesco, il nano coalizzato col down, il prigioniero che ha ucciso un maiale per sfamare i figli in un mondo dove la merda è oro, i bodybuilder usati come argani, i deformi, i pervertiti, quel circo della carne le cui microstorie ti fanno stare con un sorriso incredulo pensando “è assurdo, ma potrebbe essere”. Anche su questo, uguale.

Ecco, l’utero geriatric armada no.
Quella non potrebbe essere.

Sarebbero state tutte stuprate, uccise e ristuprate nel giro di pochi minuti. A me va bene tutto, ma una vecchia che fa a pugni a mani nude con Riktus Erectus

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e lo stende, no. Ho poi scoperto che in USA erano terrorizzati all’idea il film fosse bollato come sessista e hanno assunto una femminista come consulente. Il che spiega molte cose. A parte la slinguata alle nazifemministe, comunque, il film è perfetto.

 

 

 

 

 

…solo che non c’è Mad Max.
Non c’è l’uomo impazzito che guida la V8 e la cui follia suicida incuteva timore e incredulità nei cattivi. Non c’è l’occhio azzurro sbarrato di Mel Gibson. C’è solo Tom Hardy con lo sguardo di chi cerca un cesso con urgenza e che in ogni inquadratura sembra chiedersi cosa cazzo ci fa lì. È un manichino taciturno in mezzo a mostri urlanti, bodybuilder maneschi, fiche imperiali, guerriere mutilate con braccia meccaniche, masse tumorali deambulanti, nasi d’acciaio, obese allattatrici, denti di proiettili e chitarristi ciechi appesi a delle funi su un carro di percussionisti. Se il film si fosse chiamato “Furiosa – Road to hell” e avessero tagliato via il simil-Max, per me il film ne avrebbe guadagnato.

È un film eccezionale e va visto per migliaia di motivi. In top three, la Theron in stato di grazia, la scena della tempesta di sabbia e i figli della guerra. Volete un film grandioso? Andatelo a vedere. Volete vedere in film avanti di dieci anni rispetto a quelli di oggi? Andatelo a vedere. Vi piace l’immaginario di Mad Max? Andatelo a vedere. Volete il caro, vecchio, folle Mad Max che terrorizza Nightrider correndogli incontro e fissandolo?

 

 

Sad-nod-COLFERAnch’io.

05. Cora

[01.Newton era un precario] – [02. Ralph Lauren] – [03. Donne]
[04. Se vuoi vedere il temporale]

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Sotterranei della Casaleggio Associati.

Lucrezia Banana ha le mani che le coprono il viso. Franco Molinari, responsabile della comunicazione M5S seduto al suo fianco, piange. Il portavoce del portavoce, noto blogger ex berlusconiano, assapora con attenzione una caccola appena estratta. In piedi ci sono quelli del meetup. Sudano senza proferire parola, nervosi come la coda del cane al ristorante.

«Spararvi è illegale» mormora Lucrezia dietro le mani che le coprono il viso.
«V-vostra magnificenza, lei comprenderebbe meglio i nostri intenti se potes
«E FALLO!» urla Lucrezia, battendo i pugni sul tavolo così forte da far sobbalzare tutti «FALLO, IDIOTA! FALLO! SPIEGAMI!»

Quelli del meetup stringono le spalle così tanto da sembrare appendini.

«L’idea era far vedere che i nostri parlamentari non si fanno problemi a fare i lavori più umili»
«Quelle persone rappresentano lo Stato» sibila Lucrezia, gli occhi nocciola che spruzzano odio.
«Sono i nostri dipendenti» sbuffa una ragazza del meetup. Lucrezia afferra una tazza di caffè e gliela scaglia in faccia, prendendola in pieno. Nessuno muove un muscolo. La ragazza gocciola caffè immobile, verde come la merda di rana.

«No» espira Lucrezia, le unghie che grattano il tavolo «sono i nostri rappresentanti. La nostra è una democrazia rappresentativa. Quegli uomini sono l’immagine dello Stato, che non è il governo e non è il popolo. Il popolo è merda. Il governo è merda. Lo Stato è Dio»
Gelo.

«B-Beppe non ha detto così» fa il portavoce del portavoce, confuso.
«Byoblu, la prossima volta che nomini Beppe qui dentro mando la tua cronologia Internet alle sentinelle in piedi»
«S-scusi»

«Non starò qui a spiegare a voi piattole cos’è lo Stato, perché non avete abbastanza sinapsi per concepirlo, ma siccome siamo comunque scimmie posso usare l’istinto per farvi capire i principi base della giungla» dice Lucrezia, prendendo delle foto «questa è la faccia dello Stato Islamico»

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«Questa della Russia»

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«Questa degli Stati Uniti»

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«Questa è la faccia della Francia che scopa modelle e dichiara guerra alla Libia»

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«Questa è la faccia della Francia che scappa in motorino da casa dall’amante e “non sa com’è potuta succedere” la strage di Charlie Hebdo»

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«Questa è la Germania»

German Chancellor Angela Merkel attends her first cabinet meeting after her summer vacation at the chancellery in Berlin, Germany, Wednesday, Aug. 14, 2013. Chancellor Merkel and her ruling coalition of the Christian parties and the Free democrats faces national elections on Sept. 22, 2013. (AP Photo/Markus Schreiber)

«E ora, grazie alla vostra splendida idea, vi presento la faccia del Movimento 5 stelle»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Un barlume di consapevolezza si fa strada nelle teste obnubilate dei presenti. Teste e occhi si abbassano. Labbra vengono mordicchiate. Aria viene trattenuta nei polmoni. Testicoli risalgono fino in gola. Con un sorriso smagliante, Lucrezia si distende sulla sedia: «Ebbene, ditemi: con l’Italia in pericolo, l’economia a troie, il lavoro che manca e una drammatica mancanza di valori, idee e leadership, è stata una buona idea mettere dei potenziali capi di Stato a servire margherite e birre medie

 

1273162512377…mmm?

 

 

 

«E-effettivamente n
«ECCO, EFFETTIVAMENTE NO, NON È STATA UNA BUONA IDEA, POSSIAMO DIRE CHE È STATA UN’IDEA DEL CAZZO COME NON SE NE VEDEVANO DAI TEMPI DI FRANZ REICHELT CHE SALTA DALLA TORRE EIFFEL COL VESTITINO PARACADUTINO, SI? POSSIAMO DIRLO?» esplode Lucrezia, scattando in piedi.

«schwvzsì» biascica la tizia del meetup, ormai senza collo da tanto è incassato nelle spalle.

«POSSIAMO DIRE CHE AVETE COMUNICATO AL PIANETA TERRA “CIAO, SIAMO DEI CAMERIERI CHE VOGLIONO DIRVI COME FAR FUNZIONARE UN’AZIENDA CHE FATTURA MILIARDI”, POSSIAMO?»
«Frblmfz»
«Mrglvbd»

«Se vogliamo sperare di recuperare un minimo dei consensi che voi e la vostra ciurma di coglioni avete fatto vaporizzare, d’ora in poi non prenderete più mezza iniziativa. Non parlate, non pensate, non respirate se non ve lo dico io. Là fuori si sono resi conto che hanno messo in parlamento dei disoccupati incapaci, cerchiamo di farglielo dimenticare invece di rimarcarglielo. Ora tutti fuori dai coglioni» conclude Lucrezia.

Il gruppo lascia la stanza.

Eravamo appena risaliti, Cristo, pensa osservando le proiezioni dei sondaggi.

 

 

 

 

Roma, San Baba, casa Banana

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Nick, con addosso ancora la camicia di flanella, jeans e scarponi di fango, si fa largo nel cortile tra sconosciuti. Gaetano Ciconte lo insegue, guardandosi attorno estasiato.

«Mio Dio, sua moglie ha un gusto eccezionale!»
Attraversano l’androne.

«Nick, tesoro!» esclama una voce dal fondo del salone.
«Tieni la mano sul portafogli e assicurati di avere la patta ben chiusa» mormora Nick a Gaetano.
«Perch

Quarantacinque anni, ma potrebbero essere trenta portati male. Sinuosa, una scollatura su una quarta di silicone, capelli mori raccolti in uno chignon, zigomi scolpiti, collo lungo incorniciato da un filo d’oro con uno zaffiro, vestito blu e sandali Yves Saint Laurent. Cora attraversa il salone con passo rapido e studiato, occhi grandi e neri che squadrano i due uomini, si soffermano su Nick e si annoiano.

«Quella è sua moglie?!» soffia Gaetano appena la vede, afferrando al volo un bicchiere di champagne da un tavolino e bevendone metà.

«La tua crisi di mezz’età è così lumbersexual» geme Cora, arrivando davanti ai due.
«Dobbiamo parlare»
«Presentami il tuo amico, almeno»
«Gaetano Ciconte» fa lui, porgendo la mano. Nick gliela afferra al volo, abbassandola prima che Cora possa stringerla: «Riduciamo i convenevoli al minimo. C’è un posto dove possiamo parlare?»

Lei lo squadra col sopracciglio alzato: «Però la montagna t’ha fatto bene, sei in forma»
«Hai ricevuto l’assegno?» fa Nick, piatto.
«Certo»
«Bene, teniamo questo tono di conversazione. Il mio studio c’è ancora o l’hai trasformato nel trentaseiesimo armadio?»
«La squallorstanza c’è ancora» fa lei «solo Dio sa quanto vorrei trasformarla in un giardino invernale, ma è ancora lì. Intonsa»
«Andiamo lì. Ciconte, marsh» fa Nick, sorpassando la ex moglie e inoltrandosi nella casa e poi per le scale. Cora scuote la testa, prende due bicchieri e li segue.

 

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«Spiegami» dice Nick, sedendosi alla scrivania.
«Cosa vuoi che ti spieghi? Lucrezia è grande e sa badare a sé stessa» fa Cora «un genitore deve sapere quando lasciare che i figli lascino il nido»
«MA COSA CAZZO TI I
«Quello è di Tiffany?» interrompe Ciconte.
«Cartier. Una cosina disegnata su misura» sorride Cora, toccandosi il collo.
«Splendida. Poi la luce primaverile dona agli zaffiri una lucentezza pura, non eccessiva. Il lusso dev’essere un sussurro. E il profumo? Potrei sbagliarmi, ma è Florabotanica di Balenciaga»
Cora sgrana lievemente gli occhi, le labbra si increspano in un sorriso: «Bravissimo!»
«Oh, una sciocchez
«VI DISPIACE se torniamo a mia figlia, cicisbei da voliera?» sbotta Nick.

«Scusi»

«Tesoro, Lucrezia è come Paola. Vanno via, prima o poi. Affrontano il mondo. Non puoi fare come quegli imbecilli che ficcano a forza in mano ai figli il pallone sperando diventino quello che volevano essere loro. I figli sono persone, non gettoni per continuare la partita. Lucrezia ha scelto la sua strada»
«Che fatalità conduce alla distruzione sua e del paese»
Cora guarda il bicchiere, poi alza un sorriso di sfida: «Chissà da chi ha preso, hm?»

 

ooooh

 

«Comunque» fa Cora, con lo sguardo che si pietrifica «da Le Rosey è tornata diversa. Parlava poco, nessuna amica né fidanzati, mai una richiesta di avere un’auto, un vestito, mai un sabato fuori. Ha passato un anno chiusa qui dentro, come te. Poi è entrata in RAI, Dio sa come. Quando l’hanno licenziata è sparita. Io ti sconsiglio di cercarla, perché lei non vuole avere niente a che fare con te. Cazzo, sai cosa? Adesso che ti vedo mi rendo conto che non lo voglio nemmeno io» conclude Cora, alzandosi. Gaetano, per educazione, si alza anche lui. Appena Cora gli dà le spalle lui fa a Nick il gesto di seguirla, ma lui lo ignora.

«Arrivederci, signor Ciconte» fa Cora, sulla soglia «le auguro di trovare amicizie meno distruttive del mio ex marito»

«Sssssse permette, se permette» fa Gaetano, inseguendola «potrei parlare un minuto in privato?»

 

 

Gaetano raggiunge Nick in macchina.

«So cosa stai pensando» fa Nick, accendendo il motore «come ho fatto a sposarmi quel barracuda. Di cos’avete parlato, shopping o arredamento?»
«Lo zaffiro è blu, un colore che trasmette fiducia ed eleganza, ma anche un romanticismo di fondo» fa Gaetano.

«Io non so quanto reggerò queste cazzate da psicopatico» geme Nick.

«Non è il rosso passionale del rubino, il distacco verde dello smeraldo o la sfacciataggine del diamante. Lo zaffiro è una bambina che non s’è arresa. Abbinato all’oro, poi, segno inequivocabile di una donna che non ha paura di sembrare matura, altrimenti sceglierebbe l’oro bianco. O il rosa. Poi il profumo! Non Infusion d’Iris di Prada, che tiene la nota portante di bosco. Sua moglie ha scelto fiori e la nota di chiusura speziata»

«Interessantissimo» fa Nick, svoltando senza sapere dove andare.

«Tiene i capelli castigati, copre le cosce ma porta i tacchi con la leggerezza dell’abitudine e sceglie YSL, non Gucci. YSL sa vestire i piedi di una donna, Gucci sa solo coccolarli. E gran finale, il vestito. È di Ralph Lauren, collezione 2013. Non Versace, che veste donne aggressive e sensuali. Non Armani, che veste donne castigate. Ralph Lauren, il simbolo supremo della famiglia. Le boiserie del salone sono in faggio. Perché legno chiaro? Aumenta lo spazio, eppure con le dimensioni di quella casa si possono osare interni più caldi e massicci, come il noce. Il ciliegio, magari. Eppure Cora ha scelto di illuminare ancora di più. Di ingrandire ancora di più, come se il vuoto non le facesse paura. Anzi. È come se il vuoto la attraesse. Credo il divorzio sia colpa sua, dottor Banana»

Nick frena e si gira: «La tua vita dipende da quanto bene giustificherai la frase precedente»

«L’ha ipercoccolata. Cora era ed è una donna romantica, e il valore più grande in cui crede l’ha trasformato in un gioiello da tenere vicino al cuore: lo zaffiro. La lealtà. Se non l’avesse circondata di oggetti, se non l’avesse affogata di apparenza, dandole denaro quando Cora chiedeva sfide, avrebbe avuto un’alleata portentosa. Forte. Fedele. Implacabile. Cora è una di quelle rarissime donne che l’avrebbe seguita a costo di bruciarsi gli occhi e le mani. Invece le ha dato una gabbia dorata a cui si è assuefatta. Dio mio, che spreco ignobile ha fatto» mormora Gaetano, guardando dal finestrino «che spreco spaventoso. Aveva una guerriera, l’ha resa una bambina immemore»

«Scendi dalla macchina» fa Nick.

Gaetano Ciconte tira fuori dalla tasca un fazzoletto di carta su cui sono annotati un indirizzo e un numero di cellulare, poi glielo mette in mano: «Sua figlia è a Milano»
Nick sgrana gli occhi: «E perché l’avrebbe detto a te?!»
«Non saprei. Forse perché anch’io non vedo mio figlio da un sacco di tempo»
«Tu hai un figlio?»
«Er… Sento il bisogno di comprarmi un completo Boggi» fa Gaetano «mi accompagna?»

«Te lo compri a Milano» fa Nick, sgommando «ma da adesso puoi darmi del tu»

[continua]

Dove mi trovate in primavera

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Allora, qualche aggiornamento. Abbiamo mandato il PDF di Nick Banana in giro per avere delle recensioni. I primi a rispondere sono stati Fanpage e Linkiesta, definendolo “una realtà rappresentata in modo spietatamente efficace” e “la satira di Nebo ha il carattere della rivolta“. In edicola lo troverete a fine maggio, se lo volete prima dovete per forza venire

IL 2 E 3 MAGGIO AL NAPOLI COMICON (mostra d’oltremare, Napoli)

Sabato 2 maggio
Dalle 11.00 alle 12.00
io e i miei due compari facciamo i gradassi presso lo stand STAR COMICS (Padiglione 2, blocco AR08).
Dalle 13.00 alle 14.00: incontro col pubblico a cui il mio avvocato ha sconsigliato di andare, ma ci sarò lo stesso. Festone ignorante, copie vendute, cotillon.

Domenica 3 maggio
Dalle ore 11.00 alle 12.00
, autografi e disegni vari allo stand della Star come sopra. Poi mi ficcherò in un ristorante napoletano a sentire che aria tira.
Dalle 14.00 alle 15.00 sarò alla sala Corto Maltese per discutere sul tema “Vaticano, PD, M5S. Semplicemente, riderci sopra” con Pierz e Davide La Rosa. Boh.

 

Dopodiché ci saranno le presentazioni in giro per l’Italia. Si parla di Torino, Milano, Trieste, Benevento e Roma. L’unica data confermata è

IL 6 E 7 GIUGNO AL C4 COMICS MEETS THE WEB (Libreria del fumetto Comic House, Sarzana)

Gli atlantidei m’hanno invitato in Liguria. Giuro. A me. Un veneziano in liguria. Ho chiesto se è perché necessitano ripetizioni di nautica, loro hanno insistito nel dire che è per parlare di web e fumetti. Nel dubbio, alle conferenze mi riconoscerete perché indosserò un giubbotto di salvataggio.

E questo è il calendario. Se voi debosciati avete voglia di vedermi, ora sapete dove trovarmi. Aggiornamenti a seguire.