All posts by Nebo

Ok, è deciso.

100386d1234514216-funny-strange-random-pics-seinfield

Così come da un post a cazzo è nato Nick Banana, allo stesso modo da un post per coglionare l’ISIS è nato un romanzo. Il motivo è che c’è troppa roba, troppo lol, troppi personaggi umanamente splendidi per ridurli e schiacciarli in un post. E non mi va di buttarli, perché scrivere ‘sta storia mi piace un casino e non c’è niente di peggio che sprecare le occasioni. Ci tengo a farla bene.

Quindi facciamo così: considerate i due post precedenti come un trailer di quello che sarà il romanzo. I punti negativi sono che dovrete aspettare e non ci saranno gif né immagini, ma penso sia meglio che vederlo ridotto a post secchi ogni 15 giorni per chissà quanto. Di buono ‘è che potrete leggervelo tutto di fila quando uscirà e dentro potrò metterci un sacco di roba che qui – causa limiti di spazio – devo tagliare. Inoltre, e questa è la parte che mi emoziona abbestia, potrete scoprire un lato di me che avevo accennato in un’intervista.

Alcuni mi han detto che è un’idea del cazzo perché ora che il romanzo verrà pubblicato l’hype sarà passato, ma sapete cosa?

 

tumblr_mf5kw8mv9K1rhxd21o1_500Vada come vada.

Aggiusto ‘sti due capitoli, aggiungo quello che avevo tolto e chiamo qualche editore per sentire che aria tira. Oh, naturalmente sul blog tutto procede come al solito, soliti tempi e solito tono e solite gag con la merda.

02. Gli effetti collaterali

DISCLAIMER:
Questo è un pezzo ironico di pura finzione che si prefigge di fare satira, anche forte, sull’ISIS e su alcune paure dell’occidente. Non va presa sul serio nemmeno una parola, in nessun modo. Non intende offendere nessuno.

Sirte, Libia.
Quartier generale dell’ISIS.

Dalla partenza dei terroristi sono passate sei settimane, e il colonnello se n’è quasi dimenticato. Il reparto creativo dell’ISIS ha capito come funzionano i media italiani e ha deciso di dedicare il proprio talento altrove, dato che basta scrivere su Twitter “Italia caccapupù” che dieci minuti dopo Repubblica.it titola “Nuove minacce all’Italia, terroristi ormai per le strade – leggi le sconvolgenti testimonianze”. Il colonnello è uno pragmatico e ha problemi più seri. Hanno trovato le armi chimiche di Gheddafi ma non hanno idea di come usarle, e siccome la minima cazzata implicherebbe disastri inimmaginabili, non è il caso di affidare le operazioni a un Kazim qualunque. Inoltre le dosi di Viagra e droga per la truppa scarseggiano, ma il vero problema è un altro.

Qualche idiota dei suoi ha insegnato la lingua alle occidentali arrivate per arruolarsi, le quali dopo una settimana di orifizi slabbrati tarmano le balle dei guerriglieri, non importa quanti ceffoni quelli mollino. Il colonnello cammina tra tende e baracche da cui provengono gnaulii costanti.

«I nostri figli avranno pur diritto a una vacanza, chiedi più soldi» fa una donna «e più Viagra, che lo stupro di ieri non m’è piaciuto tanto, eri smorto»
«Jamal è arrivato dopo di te eppure ha un grado superiore, perché?»
«Voglio un tappeto nuovo, quando mi stupri su questo mi si sbucciano le ginocchia»
«Questo niqab mi ingrassa?»
«Perché guardi più Hannah di me?»

Un guerrigliero esce da una tenda imprecando, imbraccia il mitra, lo punta al cielo e svuota il caricatore urlando. Torna dentro.

«Bleeeeh, ma che schifoooo, ‘ste robe te le fai fare alle capre, sai»

«No, così no, non lo sento bene»
«Abu, questa tenda è piena di scorpioni, chiedine una migliore»
«Mi sta meglio questo niqab o quell’altro?»
«Su 50 sfumature di grigio lui ci mette passione e affetto, così son capaci tutti. La frusta di vacchetta? Le manette di Yves Saint Laurent? La maschera Vuitton? Jennifer nell’altra tenda ce le ha»

Un altro guerrigliero schizza fuori dalla tenda, si cala i pantaloni e sguaina un coltello. Ansimando isterico si appoggia la lama al cazzo, chiude gli occhi e digrigna i denti. Sta immobile, poi cambia idea. Scaglia il coltello lontano, si tira su le braghe e rientra.

«Il mio ex era quello che era, ma sapeva fare regali. Oh no, no, il tuo va benissimo, figurati, certo»
«Ma devi proprio fare quel rumore con la bocca?»
«Ma mi ami?»

Il colonnello cammina sempre più in fretta finché non trova un’altra donna occidentale, sola, ferma in mezzo alla strada.

«E tu?» fa il colonnello, avvicinandosi «non ti lamenti come le altre?»
«Mi chiamo Melissa, intanto. Oh, no, figuriamoci, cos’avrei da lamentarmi?» dice lei.
Il colonnello la fissa spaesato: «Questo tono non mi è chiaro»
«Quale tono?»

Gli occhi del colonnello sono due fessure: «Hmmm… Questo»
«E che tono è, secondo te?»
«Di una persona… irritata…?» tenta lui.
Melissa guarda altrove: «No. Perché, dovrei essere irritata?»

«No. Allora cos’hai?» fa il colonnello, confuso.
«Niente»
«Come niente?»
«Niente. Cosa dovrei avere?» fa lei, stringendo le spalle.
«Non so, dovreMAVAFFANCULO» sbotta il colonnello, tirandole un gancio in piena faccia. Melissa crolla a terra, lui l’afferra per i capelli e la trascina verso una tenda: «E adesso la frustatina del mattino» gogola lui.
«OH DIO SI» sbotta lei «FAMMI MALE, SONO UNA PUTTANA, SI»
Lui si blocca: «…come?»

«SI, SI, PESTAMI, USAMI, CHIAVAMI, SBATTIMI! FALLO!»
Il colonnello molla la presa, lei lo trattiene: «M-ma in che s

«Senti, io vengo dall’Italia, gli uomini stan tutti davanti a quei Cristo di computer, ce ne fosse uno che mi scopasse come Dio comanda» ringhia Melissa, avvinghiata alla mano del colonnello «e quello fissato coi miei piedi, ore a slogarmi le caviglia per farglielo venire duro. Poi quello vegetariano, quello femminista che voleva lo menassi, l’obiettore di coscienza che mi vestiva da Rambo, quello stressato, quello sensibilMA BASTA, cazzo, basta! BASTA!»

«Molla» fa il colonnello, divincolandosi la mano dalla stretta. Strattona. Melissa crolla di faccia, le mani adunche che grattano la terra arsa.

«NO, NON MOLLO. Ma tu lo sai da dove vengo!? Ma lo sai che vita ho?! C’ho ventisette anni, io, talebano di ‘sto paio di balle! VENTISETTE! Ventisette anni a scremar cazzi mosci, complessati, mammoni, infantili, bugiardi, codardi, peracottari, cialtroni! Io non ho le mestruazioni, è che ‘sta passera una volta al mese piange sangue per tutti gli sfigati che c’ho fatto entrare!» urla lei.

«Allah, questa donna è pazza» mormora il colonnello, intimorito.
Melissa prende a testate la terra sputando sangue e muco: «Quello che voleva fare il tronista!» piange «quello che frignava perché rivoleva il Winner Taco! Quello che si vestiva da quindicenne all’alba dei quarant’anni! Quello che gli faceva schifo curare il pesce! Quello mantenuto che si spacciava per imprenditore!»

Il colonnello osserva la donna in uno stato di incredulità assoluto.

«Tu non lo sai cos’è l’occidente oggi! Io lo odio, l’occidente! M’ha fottuta in tutti i modi tranne quello giusto! E i voti alti per essere meglio dei maschi, e i vestiti di moda quest’anno, i tatuaggi perché ce li hanno tutte, i diritti degli animali, essere sensibile, la laurea con la lode, il master, il lavoro importante, la carriera, le quote rosa, la parità dei sessiMA CHI CAZZO L’HA VOLUTA ‘STA ROBA?! MA CHI CAZZO M’HA RUBATO LA VITA?! Quand’è successo?! Chi è stato?! Io voglio solo uno che mi porti da mangiare e m’ingravidi, in cambio pulisco casa, accudisco i figli e faccio finta che non mi piace quando m’incula! Sono una sfigata, va bene?! Sono una vergogna per le donne, una delusione per mia madre, per le mie amiche, una traditrice dell’occidente, sono tutto quello che vuoi, che volete, che vogliono ma INGRAVIDAMI» fa lei, con occhi sgranati «salvami!»

 

1245052887621

«Salvarti?» fa lui, sconvolto.

«Sì! Salvami da me!» urla Melissa, battendosi i pugni contro il petto «dammi una scusa per meritarmi ‘sta vita, perché tutte le altre le ho vomitate nel cesso dei locali assieme alle caipiroska e ai preservativi! Sono stata la figlia modello, la morosa perfetta, l’amica del cuore, la studentessa impeccabile, Dio m’è testimone che sono stata anche l’amante senza pretese E PER COSA?! GUARDAMI, CAMMELLIERE DI MERDA! GUARDA!» bercia lei, strappandosi la camicia.

Il colonnello non ha mai visto né sentito nulla del genere. La donna avanza strisciando come Samira, i capelli sporchi che le coprono il viso. Sbava.

«Io ti faccio la jihad, la sharia, la kefiah, il felafel, come la chiami, mi vesto da sacco della monnezza che comunque è più comodo di quei cazzo di tacchi dei cinesi, sto in mezzo ai ragni con 40° all’ombra e la sabbia nel culo, ti chiamo “colonnello” anche se sei un pastore di merda con la seconda elementare e mi faccio stuprare da quella banda di bestie ma almeno tu, dai un senso a ‘sta vita!»

La faccia del colonnello, improvvisamente, si addolcisce. Le porge la mano e la aiuta a rialzarsi. Melissa è incerta, poi accetta l’aiuto e si rimette in piedi, scossa da tremiti.

«Non sono un pastore, signorina. Il mio nome è Jason Graham Al-Bakr. Sono inglese. Figlio di iraniani emigrati, sì, ma mi sono laureato alla royal academy, a Sandhurst. Sono stato un ufficiale inglese nei fucilieri di marina. Conosco bene l’occidente. Ho combattuto per lui in Bosnia, Afghanistan, Pakistan, Angola e Mali»

«Ah» fa Melissa, colpita «allora mi… mi capisci. Siamo uguali»
«Sì e no. Seguimi» dice lui, iniziando a camminare.
Lei lo segue, trafelata.

«Io ho visto.» fa Jason «in questi anni, ho visto come funziona. I bambini che scavano le materie prime per gli iPhone, le schiave che cuciono la roba di Zara ed H&M, le famiglie bombardate perché il loro governo cadesse e noi ci mettessimo un governo che vendesse petrolio a prezzi inferiori. Petrolio con cui tu potevi andare nei locali di cui parli, o con cui fare la finta pelle. Ora mi dici che tutto quel sangue è servito solo a renderti infelice, e hai scelto di passare al nemico sperando qui il tuo utero possa avere soddisfazione»

«Sì. Cioè, n

Il colpo di pistola risuona secco nell’aria, rimbalza fino a perdersi tra le macerie dei palazzi. Il corpo di Melissa cade in un tonfo silenzioso. La mano del colonnello Jason Graham si abbassa lentamente, l’aria pregna dell’odore di cordite. Fissa il cranio perforato della donna mentre una pozza di sangue si allarga.

«Colonnello! Tutto bene?» fa il sergente maggiore Abedin, accorrendo allarmato.
«No» risponde lui, rimettendo la pistola nella fondina.

Restano a guardare il corpo per qualche secondo. Il viso di Melissa, fino a pochi istanti prima così espressivo, è ridotto a una maschera gialla di gommosa ottusità. Il sangue le defluisce a fiotti da naso e bocca, assorbito dalla terra.

«Fai sapere all’Italia che una loro connazionale è morta. Poi chiama il nostro esperto di intelligence estera» fa il colonnello «qui le cose cominciano a non tornarmi per niente»

 

 

 

 

Montecitorio, Roma.
Ufficio del presidente del Consiglio.

Nell’ufficio di Montecitorio Renzi guarda la TV perplesso. Studio Aperto sta mandando il filmato della laurea di Melissa con una nenia straziante in sottofondo, alternata a spezzoni di interviste ai parenti che tuonano contro lo Stato. L’opinione sui social è che sia tutta una copertura per distrarre l’opinione pubblica da un’inchiesta su tangenti. Sul Fatto quotidiano, Travaglio inneggia all’altruismo della martire. Il Giornale si lancia in emozionanti “i nostri ragazzi” e inneggia all’intervento armato, tanto i figli dei giornalisti sono tutti in giro per il mondo a fare master in giornalismo da 45,000 euro a botta.

«Dì, ma secondo te ‘sta roba è seria?» chiede a Maria Elena Boschi, impegnata nel rifarsi le unghie.
«Che ne so, chiedilo a… ai servizi segreti, credo» fa lei, incerta «no?»
Per qualche secondo nella stanza c’è solo il suono dell’esterno.

 

 

«Alfano» sbuffa Maria Elena.
Renzi annuisce, sorride e chiama.

«Bella Alfà, come butta a patata?» fa Renzi.
«Cosa vuoi, con la faccia che c’ho solo a pagamento. Non ci si crede»
«Dillo a me. Senti, ma tu dei nostri servizi sai niente?»
«SE È PER QUELLA RIPARAZIONE SANITARI DA 34.000.000 È STATO BERLUSCONI CH
«Nonono, i servizi segreti»
«Ah. E che ne so, sono segreti, fine»
«Non possono essere segreti per noi, cazzo»
«Prova a chiamarli, ho il numero… il numerooo…» alla cornetta si odono cassetti che si aprono, fogli, tonfi. Poi un rombo legnoso «…eccolo, teneva fermo il tavolo»
Renzi riattacca, compone.
Mette in vivavoce.

 

Tuuut.

 

Tuut.

 

Tuut.

 

Tu
«Pizzeria Milady, desidera?»

 

 

 

 

 

 

 

«Pronto?»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maria fa cenno a Benzi di continuare.

«Eeeh… sono il presidente del consiglio, dovrei parlare con… con i servizi segreti»
«Qui facciamo pizze, capo»
«…non è tipo, non so, una copertura?»
«Guardi, se vuol venire a vedere abbiamo anche il forno a legna, pizze al kamut e con due ordinazioni bibita omaggio»
Renzi attacca.
Richiama Alfano.

«Ma almeno esistono, ‘sti servizi?» domanda.
«Immagino di sì, cioè, Internet dice che è sicuro» risponde Alfano.
«E come li troviamo?»
«Boh, l’ultimo che me l’ha chiesto era un leghista che voleva sapere la verità sugli alieni. Senti frà, mi sto profumando lo sfintere di Chanel, stasera ho una tripletta con dei travoni da 5,000 a botta, non è che possiamo soprassedere? Tengo male la cornetta»
«Eh, ma i terroristi, l’ISIS…»
«MA VA LAAA VA LAAAA L’IRIS ADESSO, VA, VA» riattacca Alfano.
Renzi e la Boschi si guardano.

«Vabbè, con ‘sta morta come la mettiamo?» tenta lei.
«Ma fregatene, tra una settimana laggente s’è già indignata per qualcos’altro, figurati» fa spallucce Renzi «in Italia non succede mai niente, non succede neanche ‘sto giro. Dai, troviamo un bel tweet da fare»

 

 

 

lampedusacentro

Lampedusa, CEI.
I sei terroristi aspettano in fila senza causare problemi, si prodigano nell’aiutare gli altri immigrati e fanno amicizia con gli agenti di guardia mostrandosi cortesi e obbedienti. Raccontano anche quando sentono voci di traffici illeciti. Omettono solo quella della rivolta, che avverrà all’alba di domattina.

 

A Salerno, intanto, è una splendida giornata di sole e un ciccione passeggia per strada.
Prende il cellulare, compone un numero, aspetta.

«Pizzeria Milady» rispondono dall’altra parte.
(continua)

01. A sud di Roma come i pinguini

DISCLAIMER:
Questo è un pezzo ironico di pura finzione che si prefigge di fare satira, anche forte, sull’ISIS e su alcune paure dell’occidente. Non va presa sul serio nemmeno una parola, in nessun modo. Non intende offendere nessuno.

Battle in Sirte

Sirte, Libia.
Quartier generale provvisorio dell’ISIS.

Jonathan McDonnell, hipster londinese autoribattezzatosi Muhammad Al-Fatr dopo che l’ennesima donna gli ha dato buca, è in piedi davanti alla lavagna luminosa. L’aula è buia. Sul muro una diapositiva mostra la bandiera nera dell’ISIS. La stanza puzza di sudore e caprino stagionato. Qualcuno scorreggia.

«Allora ragaz» dice il colonnello Ahmed Saif Ahkmani, ex beduino, davanti alla bandiera «adesso lascio la parola al nostro esperto di intelligence estera che ci spiegherà come conquistare Roma e l’Italia. Muhammad, vai»
Un mesto applauso accompagna Muhammad davanti agli spettatori nella penombra. Agitato ma orgoglioso, l’hipster fa un respirone guardandosi attorno: se adesso i suoi amici grafici lo vedessero non farebbero più tanto gli spiritosi. Quella femminista che l’ha deriso all’aperitivo ora sarebbe ai suoi piedi. Annuisce, fiero. Ora è qualcuno.

«Allora, leoni di Allah, vado subito al punto: questa è l’Italia» dice, facendo un gesto.
Nell’aria risuona un T-CLACK e partono le diapositive.

italy_2631046a

T-CLACK

sicily_general

T-CLACK

Italian-landscape

T-CLACK

cjpk_raised-bed-garden-kits2

Silenzio. Muhammad si guarda attorno. Non c’è molto entusiasmo. Uno sbadiglia, poi s’infila una mano dietro la schiena, si contorce e ne estrae un tarzanello. Lo annusa, lo appallottola e lo usa per scrivere qualcosa sul tavolinetto della sedia.

«Ma passiamo al punto critico» fa l’esperto di intelligence, con un gesto brusco.

T-CLACK

nicole-minetti-1102012-1

 

«UALLAH» esplode la stanza in un crepitio di applausi.

T-CLACK

Glamourcon #50 - 50th Celebration In Long Beach - November 13, 2010

«UALLAAAH» urlano tutti alzandosi in piedi, le mani che applaudono isteriche, gli occhi sbarrati che si commuovono e rigano volti scolpiti da anni e anni di sesso zoofilo e masturbazioni.

«Tra noi e questo ci sono solo quattrocento miglia nautiche» sentenzia, enfatico, Muhammad.
«E l’esercito italiano, no?» domanda il colonnello.

«No. La loro guardia costiera se gli spari dice “scusi”, restituisce il maltolto e fugge. Il loro esercito ha il fiato corto dall’Afghanistan e il loro arsenale è obsoleto e malridotto. Per raccattare consensi quasi ogni partito ha massacrato di tagli la difesa. La loro aeronautica usa catorci del 1990, altri sono scarti affittati dagli USA ed entrambi hanno manutenzione ridotta all’osso. I piloti sono addestrati più sul simulatore che dal vivo perché il carburante costa, con la conseguenza che dal vivo cappellano grave. Inoltre sono un popolo denuclearizzato, quindi le loro portaerei vanno a diesel e per muoversi impiegano ettolitri di gasolio, sono lente e muoverle costa somme mostruose. Comunque ne hanno solo due, una vorrebbero trasformarla in un chiosco galleggiante di Eataly, l’altra in una nave ospedale»

«Per Allah, siamo a posto!» fa il colonnello «e una volta sul territorio? I civili farebbero la resistenza?»

«Hahaha, guardi» ride Muhammad «in Italia da anni non esiste più la leva obbligatoria, nessuno dei loro ventenni ha il minimo addestramento né idea su cosa fare e cosa non fare in questi casi, figurarsi prendere in mano un’arma. Cazzo, per loro il massimo esperto di guerra è un tatuatore ceceno che racconta bubbole in TV. Voglio dire, questi sono loro»

anche-emis-killa-ha-ceduto-alla-selfie-mania Gue-Pequeno-cover-occhiali-da-sole-Aghys-420x379 saturday-hipster-skinny-jeans-cardigan-jacket dresses-the-band-lg 20140626-160547-57947591

…e questi siamo noi»

ISIS-terrorists1-660x330 Isis soldiers isis-syria-army-behead 0,,17727868_303,00 Isis soldiers in Syria Iraqi army enters IS-besieged Amirli 432180-bd8866aa-50fe-11e4-852c-a6aaa2413bba isis-and-the-head

«Minchia Muhammad, ma come hai scoperto tutta ‘sta roba?» fa il colonnello, impressionato.
«Mi informo solo dai social network e ignoro la propaganda di regime dei media asserviti al potere»
«Affidabile e geniale, stiamo in una botte di ferro. Vai avanti» annuisce quello.

«Quindi sereni, “la resistenza” sarebbero un branco d’imbecilli che si aggirano tra le macerie scrivendo sui muri #YOLO e #SWAG, li staneremmo grazie ai flash degli iPhone. Poi fasci, fanatici di armi e simili sarebbero i primi ad autodetonarsi nei modi più esilaranti. Anche perché hanno fatto i corsetti di kravmaga e sparacchiato al poligono e si credono fighissimi, ma nella pratica questo è un esempio della loro capacità logistica, questo invece vi fa capire il livello mentale. Del resto questi sono i loro eroi. Parlando delle donne, invece, eccovi qualche esempio»

women-hipster-glasses-11 f8c322d506_hipster

…queste invece sono le curde, a cui comunque abbiamo spaccato il culo l’anno scorso nonostante abbiano fatto azioni di un altruismo ed eroismo oltre l’immaginabile»

kurdish-ypg-1 Female fighters of the Kurdish People's Protection Units stand at attention at a military camp in Ras a-Ain

…vedete voi se c’è da preoccuparsi» gongola Muhammad, chiudendo l’ultima diapositiva «soprattutto se aggiungete che i loro media, pur di elemosinare audience, ci stanno facendo il favore di terrorizzare la popolazione manco li pagassimo noi»
«ALLAH È GRANDE!» urla il colonnello, esaltatissimo «ABBIAMO GIA’ VINTO, CHE STIAMO ASPETTANDO?! ATTACCHIAMO!»

Muhammad abbassa gli occhi, alzando un sopracciglio: «Certo. Tuttavia… uuh… ci sarebbero un paio di cose che non mi tornano, prima» tentenna.

«Cazzo dici? Sono dei ritardati, è facile come scoparsi una capra»
«Sìssì, infatti. Però ha presente i nostri cugini di Al Qaeda, no? Hanno fatto attentati dovunque. USA, Spagna, Inghilterra, Francia, Belgio, Danimarca, Canada… in Italia mai. Mai, nemmeno uno. Non riusciamo a capire perché. C’è il Vaticano, le basi americane, l’Italia è nel G8 e nel’ONU e anche lei manda truppe armate in tutto il mondo, eppure niente»

«Sarà un caso, ovvio. Mandiamo sei dei nostri infiltrati nei barconi, appena arrivati si divideranno a gruppi di due e colpiranno gli infedeli nei posti più affollati. Siete con me o no, leoni del Profeta?!» grida il colonnello alla platea, che salta in piedi urlando e battendosi i pugni sul petto.

Il giorno dopo, alle nove di sera, un barcone carico di immigrati salpa facendo rotta verso Lampedusa. A bordo, tra gente spaventata, i sei terroristi si scambiano espressioni di rabbiosa follia e determinazione.

Sono a sud di Roma, dopotutto.

 

 

APanoramaPositano

Sorrento, Italia

In una pizzeria, un ciccione sulla cinquantina si pulisce la bocca, chiede il conto e un limoncello. Dà una sbirciata al tavolo di fianco, dove una compagnia di truzzi sghignazza mostrando qualcosa sul cellulare. Si gira a guardare il mare e resta a fissarlo, inespressivo. Alla radio, Vinicio Capossela canta il ballo di San Vito. Il volume aumenta mentre la telecamera si avvicina al suo viso.

Buio.
(continua)

Drammi negli uffici creativi

Simple-Trendy-Creative-Modern-Work-Area-Interior-Design-Of-Cubion-Office

Interno ufficio comunicazione “Crazy Monkey”, Milano, sera.

«Maronna che chiavica» fa Rosaria, sputando il boccone.
«Basta trovare il modo di vendergliela, su» commenta Ciro, osservandolo da vicino «stiamo perdendo clienti su clienti, cazzo»
«Chi si mangia un tramezzino tonno e formaggio?» sospira Giuseppe.
Silenzio.

«Salvini!» fa Ciro, ricordando un vecchio tweet.
«Ecco, qui al nord c’è speranza» annuisce Rosaria «chiamiamolo Salvì, il tramezzino che unisce e poi nel packaging mettiamo una mucca e un pesce abbracciati»
«Beppe, ricordami perché abbiamo assunto ‘sta terrona» fa Ciro.
«Per lo stesso motivo per cui ho preso te, grassone» replica Beppe, distratto.
«Sì ma io se voglio dimagrisco, tu resti un frocio di merda»

«Dai, seri, chi si mangia ‘sta roba?» interrompe Rosaria «età, sesso, istruzione, professione…»
«Americani in vacanza» tenta Ciro.
«No, quelli flottano tra McDonald e Burger King, se proprio si sentono trasgressivi entrano nei cacatoi con le bandierine e le pizze congelate»
«Albamoldagrebini sbronzi?» tenta Rosaria.
«Figurati, quelli hanno una dieta ferrea di kebab e Tavernello»
«RAGA CE L’HO» sbotta Ciro «I FIGLI DI PAPÀ»
Sguardi.

«Ti sei bevuto il cervello? Quelli mangiano sciccoso, figurati se…»
«No, non i filoberlusca alla Jerry Calà, intendo i figli di papà piddini. Noglobal, notav, disobbedienti, quelli»
«Spiega»

«Dai, tonno e formaggio fa miseria. Lo mettiamo in una busta tristissima, con font tipo OBEY e li vendiamo nei centri sociali a 10 euro. Facciamo milioni»
«È buona, è buona!» trilla Rosaria, battendo le mani «vai, nome e slogan, veloci»
«”Ganjah mangia”, il tramezzino di Stefano Cucchi»
«Hmm, fuochino…» tentenna Giuseppe.
«”Giuliani”, molla l’estintore, mangia il tramezzone»
«No, fa tanto anni 2000»
«”Guevara”, il tramezzo che spara. No, “il tramezzo delle masse”»
«Seee, bonanotte, il logo del Che è già marketizzato pesante, serve roba nuova»
«”Smartapp”, la pausa pranzo dell’operaio cinese»
«Caruccia, però…»
«Ce l’ho! PUNKARRÈ, IL SAPORE DEL SESSO PUNKABBESTIA» fa Giuseppe, battendo la mano sul tavolo.

Silenzio.

«Capite perché? Formaggia di cazzo e fica stagionata…»

 

anigif_enhanced-buzz-31615-1408633503-9

 

Occhi si sgranano, mascelle crollano.
«La Gioconda non si spiega» lo interrompe Ciro con la mano «non rovinare questo momento sublime. La soluzione è trovata. Chiamo il cliente e fisso l’appuntamento»
«Dai»

Trilla il telefono. Ciro prende in mano e guarda il nome.
Siani.
«Ohè, terrona, c’è il comico, cazzo vuole?»
«OH DIO CI SIAMO DIMENTICATI SAN REMO!» sbotta Rosaria.
Gelo in sala.

«Mettilo in vivavoce» fa Giuseppe, accendendo la TV e aprendo Twitter.

«Pronto?» risponde lei.
«CUMPA AGGIO COMBINATO NU GUAJE» grida Siani, isterico «AGGIO DETTO A NU CRIATURO CH’È GRASSO»

Contemporaneamente Giuseppe scorre la tweetlist e sbianca. Le mani iniziano a sudare. Ciro si avvicina, legge anche lui. Si siede lentamente.

«Vabbè, che problema c’è?» domanda Rosaria, confusa.
Poi vede le facce dei due colleghi.

«Ti richiamo»
«STU CAZZO, VOI SIETE IL MIO UFFICIO COMUNICAZIONE E AVIT
Click.

«Maledetto coglione» geme Giuseppe «siamo fottuti, a ‘sto punto tanto valeva che sparasse a qualcuno»
«Dichiariamo fallimento» piagnucola Ciro «cambiamo etichetta sulla porta e diciamo che vendiamo vibratori femministi»
«Troppo tardi»
«Raga, ma quando ha girato il film non aveva fatto una foto con un subumano da quartieri spagnoli?» fa Ciro, pensando rapidamente «era un krapfen di lardo con addosso un maglione finto Burberry»
«Tamponerebbe il colpo» fa Beppe, speranzoso «trovami la foto»
Ciro si avventa sul mac e scartabella l’archivio.

«Non basta, comunque. Serve qualcos’altro. Diciamo… diciamoooo…» pensa Giuseppe frenetico «dai, qualunque cosa. Siani difende i diritti delle donne. No, visita i CIE. Anzi, dona soldi agli asili del terzo mondo…»
«Ma che vi piglia?» fa Rosaria «chi se ne frega, dai»
«TACI!» fa Giuseppe, le mani giunte sul viso.

«TROVATA LA FOTO!» fa Ciro.
«Mandagliela subito, digli di postarla. Digli di scrivere “Siani è amico dei ciccioni”. No, dei bambini obesi. No, dei… dei… non mettere niente, mandagli la foto e basta»
Ciro esegue.

Per una decina di minuti stanno fissi davanti ai monitor.
«Non basta, gli indignados vogliono comunque sangue» fa Ciro, sudato «serve un’idea migliore»
«Dammi la scaletta, abbiamo una pausa pubblicitaria?»
«Tra trenta secondi»
«Chiamami il direttore di produzione, subito» fa Giuseppe, prendendo una calcolatrice.
Ciro esegue.
Cinque secondi dopo il direttore è al telefono.
Giuseppe sta ancora facendo calcoli.

«Pronto?»
«Ascolti, per l’amor di Dio» fa Giuseppe «siamo l’ufficio comunicazione di Siani»
«Ci avete messi tutti nella merda, teste di cazzo» ringhia l’uomo.
«Losoloso, ma ho la soluzione. Parli con il regista. Gli dica di parlare con Carlo Conti»
«Torniamo in onda tra quindici secondi»
«E ALLORA SI SBRIGHI! Faccia dire a Conti che non dovrebbe dirlo, però lo dice lo stesso, e che Siani ha deciso di devolvere il suo compenso in beneficienza»
Silenzio.

«Direttore!?» fa Giuseppe, grondante sudore.
«Beneficenza a chi?»
«CHI SE NE FOTTE, È LA PAROLA CHE CONTA! LEI INTANTO LO DICA! CONTI DEVE DIRE “BENEFICENZA”!»
Click.

I tre restano davanti alla televisione. Al termine della pubblicità Conti rientra in scena in ritardo, di corsa, e annuncia che Siani ha deciso di devolvere il proprio compenso in beneficenza. Applauso. Ciro e Giuseppe si appoggiano sullo schienale tirando un sospiro di sollievo. Su Twitter l’indignazione continua, ma i numeri sono sotto la soglia Repubblica alert.

«Dici che basterà?» domanda Ciro.
«Grazie a Dio hanno ammazzato quei coglioni di Jesus Charlie…»
«Era Je suis Charlie» fa Rosaria «credo, almeno»
«Sì, vabbè, quel che era. Comunque ci tornano ancora utili. La gente ha ancora gli avatar, la libertà di parola, la satira, quelle menate lì. Fra tre mesi saremmo stati fottuti, domani invece l’opinione pubblica sarà abbastanza divisa, la sfanghiamo»

«Scusate, ma io non ho capito dov’è il problema» fa Rosaria «era un cazzo di bambino obeso in fila raccomandati, chi se ne frega? Nei bar e nei salotti ci diciamo e pensiamo molto di peggio»
«Ma non lo ammetteremo mai. Tipo le femministe che si eccitano sognando stupri. Rosà, sei veramente una terrona che si emoziona per l’acqua corrente, Cristo» geme Ciro «in Italia puoi assassinare, ricattare, rubare e ci sarà sempre qualcuno solidale con te, ma non si possono assolutamente prendere per il culo tutte quelle categorie che si sentono inferiori. Donne, noglobal, terroni, obesi, handicappati, genitori, animalisti e immigrati. Se un giornalista s’inventa un’intervista di sana pianta tutto bene, se fa un pezzo dove una squilibrata ipotizza sessismo ti licenziano e querelano»

«E coi ricchioni no?»
«No, quella di recente è cambiata» minimizza Giuseppe «la gente non riesce più a spacciarsi per emancipata in quanto non omofoba, ormai gli omofobi sono una microrealtà in estinzione, chissenefrega»

«Quindi?»
«Quindi Siani ha infranto una delle categorie. Un bambino grasso tutti pensano che sia grasso, tutti pensano i genitori siano degli incapaci, e i genitori con un bambino grasso in effetti si sentono degli incapaci, ma non si può dire. È fat shaming»

«Fat che?»
«Fat shaming. È parte di tutto l’universo di ipocrisia dei grassoni. Quelli che da un lato protestano per l’uso di Photoshop sulle modelle, dall’altro tutte le foto di modelle grasse son massacrate di Photoshop, altrimenti hai voglia a spacciare per sexy l’omino Michelin della cellulite»

«Non capisco» si siede Rosaria.
«Ah, nessuno capisce» fa Ciro, aprendo una birra «ma se non condividi rischi di passare per razzista, classista, sessista, fascista, leghista. Vuoi correre questo rischio?»

«No»
«Allora indignati e succhiati la libertà di satira made in Italy»

tumblr_lx91ju1J3y1qco3bgo1_500

L’ombra della Locusta

Playful shy woman hiding face laughing

In un punto della Gallia, I secolo dopo Cristo.

«Vedete, ragazzi» dice il maestro, camminando davanti alla classe seduta sul prato «nella vita tutti abbiamo una missione da compiere. O un ruolo, che dir si voglia. Nasciamo con dei talenti, dobbiamo solo scoprirli e scegliere se metterli in pratica. Anche se spesso è la vita a decidere per noi»
«MA SE TIPO» squilla una voce femminile «TIPO UNA AVESSE UN TALENTO UN PO’ STRANO?»

La classe si sposta mostrando una bimba dagli occhi grandi, nocciola, con un casco di capelli castani.

«Tipo… stranissimo?» tenta la bimba, preoccupata.
«Cazzo dici, Locusta?» allarga le mani il maestro «sei donna, i tuoi talenti sono cucinare, pulire, scopare, figliare, frignare… quella roba là. Che mi frega, io c’ho il CAZZO» fa il maestro, agguantandosi lo scroto.
La classe ride, divertita.

Locusta nasce orfana nella Gallia romana, non si sa quando, dove o con quale nome reale. Allevata da dei contadini, emarginata dai coetanei a causa del suo essere sprovvista di genitori reali, passa le giornate nei boschi annoverando e assaggiando piante, bacche, funghi e frutti di ogni tipo, da cui il suo soprannome. Viene morsa e avvelenata da ogni genere di animale e pianta possibile, tanto da venire recuperata un paio di volte in fin di vita. Sopravvive sempre, spesso curandosi da sola con impacchi, unguenti e intrugli autoconfezionati, per cui si fa una fama di immortale. Per alcuni, di strega. Appena è più grande diventa ragazza di bottega dell’erborista. Per qualche anno va tutto bene, poi la gente inizia a notare che a differenza di tutte le altre fattorie, gli incidenti campestri in quella dei suoi tutori sono rarissimi. Le talpe e i cinghiali non gli mangiano l’orto, le volpi non attaccano il pollaio, i lupi lasciano stare le pecore.

«Che cosa curiosa» commenta il padre adottivo.
«Pazzesco, proprio» annuisce Locusta, scavando l’ennesima fossa a un cinghiale.

A tredici anni un signorotto del posto sconfina e fa pascolare le sue bestie anche nei loro campi. Dopo suppliche di ogni tipo i due tutori tornano a casa con le pive nel sacco e i campi espropriati. Scende la notte, l’alba illumina un centinaio di vacche con le zampe all’aria e la bava alla bocca. Basta un giro di domande per intuire la verità, e Locusta taglia la corda prima di trovarsela al collo. Nel I secolo dopo Cristo dove potrebbe andare una ragazza gentile, solare, graziosa, sorridente e incredibilmente dotata nell’arte del veneficio?

Bè, nello stesso posto dove dovrebbe andare oggi.

ital

A Roma.

A diciotto anni la botteghina di Locusta è una minuscola casetta sul colle Palatino. In facciata promette prodotti per la cura del corpo e rimedi per la salute. Sottobanco fornisce rimedi definitivi a matrimoni fallimentari, concorrenza spietata, amanti scomodi ed elettori M5S. Il suo elemento naturale è l’arsenico e i suoi derivati, ma funghi velenosi, cicuta, gisquiamo e piante tossiche sono dominati con una tale maestria da rendere ogni decesso impeccabile. Un veleno di Locusta è invisibile, inodore, facilmente solubile, irrintracciabile e può agire subito come dopo 48 ore. Può essere doloroso o indolore, letale o inabilitante. Basta chiedere.

Diventa subito un punto di riferimento per la ricca borghesia romana. Secondo i libri una delle sue tante clienti fu Messalina, che doveva liberarsi di tale Tito Sestio Laterano, amante di cui s’era stufata e che però non voleva andasse a scopare altre dopo di lei. Locusta, prima di fornire veleno, ascolta. Soppesa con le clienti pro e contro, a volte pianifica con loro l’omicidio o un’altra soluzione. Passa ore davanti a quell’umanità sotterranea che non mostra mai il vero volto per le strade della Capitale. Il resto del tempo lo impiega nel suo laboratorio, dove adora studiare quando fuori piove.

Il problema degli avvelenatori è che sanno comunque troppo e, prima o poi, un cliente decide di tagliare tutti i testimoni. A neanche vent’anni Locusta viene arrestata per omicidio e tradotta in catene in tribunale. La notte prima dell’esecuzione due guardie la prelevano e la portano di peso in una villa stupenda, dove al centro del salotto una donna distesa su un triclinio la osserva.

«Io sono Giulia Agrippina Augusta, seconda moglie dell’Imperatore Claudio» fa la donna, alzandosi in piedi «sono conosciuta come la donna delle domande retoriche. Tra due ore sorgerà l’alba e tu morirai, ma ho una proposta per salvarti la vita: vuoi sentirla?»

«No, guardi, domani devo alzarmi presto» fa Locusta.

«Se troverai un modo per uccidere mio marito, tutto quello che hai fatto sarà perdonato. Diventerai la mia avvelenatrice di fiducia e sarai protetta. Verrai pagata somme stratosferiche, vivrai a palazzo e risponderai solo a me. Ci stai?»

 

1255693179195

 

«Quanto tempo ho?»
«Dodici ore»
«Impossibile» scuote la testa Locusta.
«Perché?»
«Perché avvelenare qualcuno si può fare in tre modi: direttamente, indirettamente o incidentalmente. Nel primo gli versi dell’arsenico nel bicchiere, lui forse muore o forse vede che sei nervosa e ti sgama, comunque finisci giustiziata»
«Perché dovrei essere nervosa?» fa Agrippina.
«Hai mai guardato negli occhi una persona che stai per uccidere senza che quella lo sappia? Credi la tua faccia sarebbe la stessa di quando gli passi il sale?»

«Hmmm… no, in effetti no»

«Allora l’indiretto. Paghi uno perché avveleni tuo marito e poi te ne sbarazzi. Il problema è che gli uomini usa e getta sono stupidi, impediti, alcolizzati e con nulla da perdere, oppure sono uomini normali messi alla corda che diventano paranoici, lasciano memorie, lettere, garanzie. Muoiono e domani tutti sanno tutto»
«Non se usassi un mio amante» incrocia le braccia Agrippina, fiera.
«Eh, diamine, a chi mai penseranno?!» allarga le braccia verso il cielo Locusta.
«Penseranno che lui era pazzo di me, e che piuttosto di vedermi assieme a mio marito ha deciso di fare un gesto romantico ed eclatante, ucciderlo e di uccidersi»

«Ma vaffanculo» ride Locusta.
«Esistono decine di uomini pazzi di me che lo farebbero!» sbotta Agrippina.
«No. Un uomo geloso o ammazza il rivale e la donna, o sé stesso e la donna, o la donna e basta. Specie se quando siete diventati amanti c’era già tuo marito. È sempre la donna ad andarci di mezzo. Gelosia, depressione, debiti, infedeltà, alla fine il punto dove sfogarsi è sempre lei, cioè tu. Poi bisogna calcolare il movente, e tu sei la prima che sospetterebbero»

Agrippina tentenna, poi espira sconfitta: «Cosa ti serve?»

«Tutto. Dovrai raccontarmi ogni cosa di tuo marito. Orari, abitudini alimentari, fisiche, mentali. Guardaroba, lavoro, hobby, amanti, consiglieri, amici. Devo vedere cosa fa, cosa tocca, cosa indossa. Chiunque può uccidere qualcuno, pochissimi la sfangano»
«Avrai quello che ti serve» annuisce Agrippina «ma ti avverto: sbaglia, e torni sul patibolo»

Locusta parte dall’idea dei funghi: Claudio li adora, specialmente gli Amanita Cesaria. Somigliano molto all’Amanita Phalloide, fungo così letale che basta un grammo per far andare il fegato in necrosi. I sintomi si manifestano dopo 12 o 24 ore, il che è male. Se Claudio capisce di essere avvelenato ha un sacco di tempo per dare ordini tipo “uccidete quella troia che m’ha dato i funghi avvelenati”.

Il tempo è tutto.

Locusta così inventa uno stratagemma: Agrippina serve i funghi avvelenati. Claudio appena li mangia ha attacchi di vomito e dissenteria tipo me alla proiezione di Prometheus. Convinto si tratti di un’indigestione prende la piuma che usava per vomitare senza sapere che Locusta l’ha imbevuta di coloquintide, sostanza che accelera l’effetto del veleno e ne moltiplica gli effetti. Claudio muore dopo sei ore di agonia mentre Agrippina gli sta di fianco coccolandolo e fingendo di preoccuparsi della sua salute, cosa che la scagiona da ogni sospetto.

È fatta.

 

anigif_enhanced-7727-1413235561-22Salutami l’avvocato divorzista.

 

Agrippina mantiene la parola data, salva Locusta e le fa arrivare ceste di droghe, piante, semi e bestie velenose da ogni parte dell’impero. Sono gli unici doni che entusiasmano Locusta, che passa giornate ad avvelenarsi e guarirsi, felice come una bambina circondata di alambicchi e provette. Anni dopo viene convocata da Nerone, che vuole uccidere Britannico, figlio dell’ex Imperatore Claudio. Anche qui lei domanda quanto tempo ha, ma Nerone non è tipo da aspettare. Le dà un giorno. Locusta deve improvvisare, e la sola cosa su cui può mettere le mani è il vino che verrà servito la sera. Per timore che si sentano sapori strani usa dosi troppo basse: Britannico sopravvive con solo un attacco di diarrea.

Nerone entra nella bottega di Locusta con tre tizi grossi come montagne, spade in pugno. La prende per il collo, la scaraventa contro una parete di alambicchi, le monta sopra e le punta una spada al collo.

«Britannico è vivo, stupida incapace» ruggisce Nerone «l’unico modo in cui puoi servirmi ancora è consegnarti morta e dire che ho scoperto chi ha tentato di avvelenarlo»
«Mi hai dato un giorno di tempo, idiota!» sbotta lei con gli occhi lucidi «cosa volevi che facessi?!»
«Siano queste le tue ultime parole, allora» fa lui, alzando la spada.
«Aspetta!» grida lei «fammici riprovare»
«E come? Ora Britannico ha un assaggiatore di fiducia, è impossibile»

Teoricamente è vero. Un assaggiatore protegge il figlio dell’Imperatore in due modi: se c’è del veleno istantaneo muore al posto suo, se c’è del veleno a lungo decorso ne riconosce il sapore e avvisa. Non si può battere.

Ma Locusta è un genio.
Studia tutto. Stagione, temperatura, mappa del palazzo, elenco del personale, gusti di Britannico, portate principali e secondarie, posateria, calendario delle feste. Crea un veleno e lo prova su una capra che muore dopo cinque ore. Per Nerone è troppo tempo, lei riformula aumentando la concentrazione. Prova su un maiale e scende a un’ora e mezza. A Nerone va bene, ora bisogna trovare un modo per aggirare l’assaggiatore. Locusta trova un piano che per funzionare richiede una tale conoscenza della chimica che per quell’epoca va oltre l’immaginabile: creare un veleno a reazione controllata.

A Roma è un inverno particolarmente rigido, nel 53 d.C. Britannico da un banchetto sontuoso, per cui vengono chiamati altri servitori a lavorare. Locusta tramite Nerone informa i novellini che Britannico esige pietanze e bevande il più calde possibile, poi organizza una serie di questuanti che rallentino il pranzo. Tutto funziona. Quando Britannico riesce a sedere a tavola c’ha le bave alla bocca e il vino viene consegnato bollente tipo vin brulè. L’assaggiatore beve, dice che è buono ma scotta. Non è casuale. Il bollore nasconde bene il sapore della sardonia e maschera il reagente che, di fatto, è inerte. Britannico senza pensarci ci versa dell’acqua ghiacciata per raffreddarlo e si avvelena da solo, perché l’acqua contiene il secondo reagente che appena incontra il vino si attiva. È il più grande capolavoro di Locusta. Il veleno lo uccide, la sardonia gli deforma la faccia in spasmi facendo sembrare un omicidio una crisi epilettica.

Nerone la copre d’oro e di terreni, diventa suo amico e confidente e le regala animali e vecchi schiavi su cui testare i suoi prodotti. Le fa persino aprire una scuola tutta sua. Dopo l’ennesima rivolta, nel 68 d.C. le chiede un veleno per suicidarsi, che lei gli fornisce assicurandogli che “sarà come addormentarsi in un sogno bellissimo”. Morto lui morirà anche lei, pochi mesi dopo. Il numero di vedove ricche, a Roma, era troppo alto e sospetto. Incarcerata con l’accusa di aver ucciso oltre 400 persone, venne giustiziata il 9 gennaio del 69 d.C. assieme ad altri detenuti dall’Imperatore Galba.

Di lei i libri parlano di rado, quasi per sbaglio. Se ne trova qualche traccia nell’Enciclopedia Treccani, nella Storia d’Italia di Montanelli, in qualche libro sull’antica Roma, pochissimo in rete (e spesso mal riportato). Per il resto, Locusta sparisce tra le pagine della Storia nello stesso modo in cui è nata e vissuta: silenziosa, invisibile, letale.

 

women-eyes-fingers-grayscale-faces-fresh-hd-wallpaper