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Sulle barricate

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Visto che continuano ad arrivare notifiche di ogni tipo ho deciso di buttar giù due righe sul casino che è successo. Tra un po’ potrò essere più specifico e vi dirò quello che ho deciso di fare e come comportarmi, adesso è presto.

Dunque.

Quando ho iniziato a collaborare con GQ nella rubrica “Underground” dovevamo ancora decidere il tono con cui farlo. L’idea era: “facciamo delle prove e vediamo quali vengono meglio”. Il responso dei lettori è stato tiepido. Gli è piaciuto? Sì, no, boh. I toni variavano. Questo pare un feedback di nera, questo è quasi un’ANSA, questo sembra Saviano. E’ difficile capire la direzione se lo scarto d’errore è minimo. Potrebbero essere falsi positivi. Abbiamo quindi proseguito coi tentativi e oggi posso affermare senza tema di smentita di aver capito qual è il tono che non funziona per un cazzo.

Sono soddisfazioni.

Cos’è successo? Christy Mack, la mia pornodiva preferita, racconta con dovizia di particolari su Twitter di essere stata aggredita dal suo ex fidanzato War Machine. E’ una notizia? Sì. Va bene per Underground? Sì. La sottopongo alla redazione. Mi dicono di scrivere il pezzo, eseguo, mando. Lo pubblicano. All’inizio le condivisioni volano e va tutto alla grande, poi su Twitter arriva una youtuber proclamandosi disgustata dal tono del mio articolo, altri le vanno dietro accusandomi di sessismo e di giustificare la violenza sulle donne, o addirittura di incitarla.

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La cosa mi scivola addosso sia per l’assurdità dell’insulto sia per il semplice fatto che lo scopo dell’articolo a me pareva chiarissimo: mostrare quanto potesse essere frustrato e patetico uno che mena una donna. In particolare quella donna, non proprio Gina Carano, con quella corporatura, non proprio Brienne. Il mio compito era raccontare la violenza con termini forti e pesanti invece di appiattirla dietro il solito pettegolezzo da salottino TV di domenica pomeriggio con “efferata violenza”, “drammatiche immagini” e altra roba che oggi entra col primo boccone di pasta ed esce col rutto al caffè. Per me la cronaca nera è questo. Quando ho paragonato la Mack a un hamburger volevo ficcare in testa del lettore una metafora forte e fastidiosa, affiancando la bellezza di lei a qualcosa che tutti vedono al supermercato. Se scrivevo “ferita al volto”, “tumefatta”, “irriconoscibile” era il solito articolo asettico che i lettori, oggi, sfiorano con lo sguardo dal tabaccaio. Se ti pianto in testa il paragone viso di Christy-hamburger rimane più di mille frasi trite e ritrite. E in effetti è rimasto, inspiegabilmente nel verso sbagliato.

Tutt’ora non me ne capacito.

Anche per questo nei social ho risposto agli insulti ridendo. Io come rispondo a uno che esige di sapere il nome del giornalista, quando è scritto in bella vista in alto a sinistra? Come rispondo a uno che mi domanda le fonti per dei fatti EVIDENTEMENTE inventati e inseriti nell’articolo a scopo narrativo, cioè una comparsa sullo sfondo che si masturba? Come rispondo a un video di 11 minuti dove una tizia stravolge del tutto il senso dell’articolo pur di avere un motivo per indignarsi e non ha evidentemente gli strumenti (intellettivi? culturali?) per fare altrimenti?

A risate.

Questo fa incazzare tutti, redazione e forcaioli together. L’articolo viene rimosso e ricevo una telefonata da una persona mai sentita prima. L’interlocutore prima mi dà del lei domandando la mia qualifica professionale. Rassicurato dal fatto che non sono iscritto all’ODG passa a darmi del tu e a rovesciarmi addosso quegli epiteti che si dicono nelle risse in TV (lett. “sei una merda”, “coglione”, “una testa di cazzo”, “non ho idea in che merda ti sei ficcato”). Sbraita “non scriverai mai più per noi” e pretende che io gli mandi subito tre righe di scuse da pubblicare pena gravissime conseguenze, anche legali. Rispondo che sentirò il mio avvocato. Lui dice “non permetterti di prendermi per il culo” e che se non gli mando le scuse entro venti minuti scriverà “il signor Zuliani si rifiuta di scusarsi”. Saluto, mi faccio scrivere le scuse dall’avvocato (scuse che non sento di dovere, ma che almeno rappresentano quello che penso) e vado a cena con la Leo.

 

 

Il giorno dopo Roberto mi chiama per capire cos’è successo. Gli racconto tutto e lui decide di diffondere sul suo blog un riassunto della vicenda. La potenza virale di RRobe la conoscete tutti. In poco tempo la storia arriva all’orecchio delle twitstar che si dividono, ognuno con migliaia di followers alle spalle. La mole di spettatori e opinionisti aumenta a livelli mai visti. Tanti si fanno sentire dicendo che non vedono sessismo da nessuna parte, men che meno insulti alla Mack o giustificazioni per War Machine. Altri che sono una bestia e che istigo alla violenza (sic). Su Facebook mi scrivono italiani da Las Vegas, New York, Dublino, Germania, località turistiche Dio sa dove dicendo che loro il sessismo non lo vedono manco a pagarlo. Donne insorgono a mia difesa, altre urlano alla gogna, poi la notte copre tutto.

L’alba mostra un normale lunedì mattina italiano con la gente nei bar, i caffè a un euro, i fruttivendoli che gridano, i vecchi col gilet da pescatore, gli scooter che clacsonano agli autobus che clasonano il tram che scampanella al ciclista che insulta i pedoni. In tasca il cellulare trilla molto meno. Se l’epilogo avesse una canzone, sarebbe la base de “L’antagonista” di Piotta: note divertite di Dr. Dre risuonate a mandolino e fisarmoniche.

E’ una storia tutta italiana di giornalisti vecchi e stanchi, di lettori distratti e di persone più interessate a indignarsi che a capire e più a urlare che ascoltare, in un’epoca difficile con un ferragosto di pioggia e noia.

Perché ho scritto così quel pezzo? Per deridere un frustrato con cento chili di complessi d’inferiorità che si mette con una pornodiva e poi la massacra di botte per gelosia, come se uno allergico al glutine andasse a vivere nel Mulino bianco. Per dipingere la scena in modo che si imprimesse nella testa lasciando al lettore un’immagine sgradevole, invece del solito scrollare di mouse annoiato. Chiedermi perché una donna bella come la Mack, che potrebbe avere qualunque uomo o donna del pianeta, scelga un ex carcerato con precedenti di aggressione e violenza. Soprattutto volevo farlo facendo sorridere i lettori controvoglia, invece di fare uno dei tanti “efferata aggressione!!!1!!” che scompaiono quando si volta pagina. E’ quel che faccio nel blog dal 2007, è quello che ho fatto nel libro con le tragedie della Storia, è quel che faccio nella vita reale coi fallimenti, i lutti e le vittorie mie e dei miei amici. Perché credo ci sia sempre un modo per raccontare una storia e far sorridere. Robin Williams scherzava su tutto, anche sulla sua salute. De Andrè quando la donna dice di aver perso due figli risponde “signora, lei è una donna molto distratta”. Alcuni lo chiamano humor nero, altri cinismo, altri sarcasmo, altri cattivo gusto, per me è un modo di affrontare e vedere la vita da 34 anni a questa parte.

Se quando ho iniziato a scrivere questo blog non mi fossi aspettato una reazione del genere sarei stato un ingenuo. Venire defenestrato da una redazione per le proteste de laggente, invece, no. Non me l’aspettavo. C’ho perso un bella opportunità e un modestissimo guadagno che faceva comodo, ma posso tirare avanti.  Ogni giorno sulle barricate dell’Internet un indignato si sveglia e sa che dovrà indignarsi per qualcosa, o rischierà di guardarsi in faccia. Ogni giorno sulle barricate dell’Internet uno come me si sveglia, si guarda in faccia e ride. Io non so se chi legge sia un indignato o uno come me.

Di fatto, ci rivedremo sulle barricate.

Continuerò a scrivere puttanate che fanno incazzare gli indignati qui, nei libri, nei fumetti, alle convention e alle presentazioni. E se qualcuno pensa io sia “un mediocre che cavalca l’onda” sarò l’Easy Writer, se pensa io sia “un mostro” sarò Hannibal Letter, se pensa io sia un morbo per la letteratura sarò Nebola, se pensa io sia un mercenario sarò Iban il terribile, se pensa io sia uno stronzo qualsiasi sarò solo Nicolò Zuliani, il tremor nel tuo monte di Venere. Finché c’è gente che entra qui dentro di nascosto in ufficio, storie da raccontare ne ho.

Forza Chiara

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E’ forse la più bella definizione che io abbia mai letto, Chiara.

Vedi, quando due tizi litigano in Internet ci sono tre fasi: la prima è aggressiva. Ci si dice una caterva di insulti che sono variazioni sul tema sei brutto/sei scarso/non scopi. La seconda è passivo aggressiva. Si buttano fuori storie personali strazianti fatte di sacrifici, lacrime e sofferenze immense paragonandole alla “vita facile” dell’avversario, che rincara la dose nell’eroico tentativo di dimostrarsi più poveraccio dell’altro. Si parte da mia familia povra arrivando a stupri, abusi, violenze, morti, incidenti e altre disgrazie buttate in piazza a mò di medaglie al valore. Poi si passa al presente fatto di lavori umili, se tu hai fatto l’assaggiatore di veleno per topi l’avversario ha fatto il tester per dildo anali, allora tu hai fatto il degustatore di acque nere e lui ha fatto il donatore di organi. Arriviamo così alla terza fase detta “non ti rispondo più” che di solito va avanti per giorni nella strenua lotta a chi si prende l’ultima parola.

Io è dal 2008 che mi sono rotto i coglioni di litigare su Internet, soprattutto perché non importa quanto ci si impegnano, sono comunque più scarsi del peggio niubbo Manicomiense. Quindi saltiamo quella parte, arriviamo subito dall’assunto che tu sei più brava di me, più sfortunata di me ma più meritoria di me nell’arrivare a fare quello che faccio io. Diamo anche per assodato che io sia figlio di una ricchissima e ammanicatissima famiglia di editori milanesi che mi ha fatto vivere nella bambagia e che pubblico perché “ho le conoscenze”.

Non importa se è vero o no: ti metto io nella migliore posizione possibile.

Ora che ci siamo risparmiati le noiosissime prime tre fasi si può arrivare all’unica vera scelta che ha un wannabe:

1. Prendere la strada “è tutto un magna magna”
2. Prendere quella del “creerò un nuovo sistema che fotte il sistema”.
3. Prendere quella del “io scrivo per me stesso, non m’importa del pubblico”.

La mia è la 4, ossia “entri a far parte del sistema”. Deduco tu la rifiuti. Da quel che ho visto io, la prima e la terza sono autostrade dritte e illuminate. Non fai nessuna fatica, basta continuare a ripeterselo mentre tagli legna a Gaggio di Marcon (io) e non avrai problemi fino alla vecchiaia. La seconda è una strada un po’ sconnessa perché gli obiettivi si raggiungono a checkpoint, e ogni tot tempo noti di essere in ritardo. Alla lunga ti logora le sospensioni. Hai voglia a dire che stai lottando per trovare il tuo posto quando ti ritrovi a trent’anni mentre (abbassa le casse) copi roba altrui spacciandola per tua, o squirtando bile su Facebook.

 

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Bile che trovo deliziosa.

 

Se invece scegli di fare davvero ‘sto mestiere (scrivere sulle riviste, dico, perché la mia parte creativa ancora non mi paga quei cornuti dell’ENI) allora mi sembra giusto dirti che ti troverai di fronte a un freak show di scrittori cocainomani, sceneggiatori erotomani, giornalisti alcolizzati, egomaniache frustrate, PR falliti, coppie allargate, lettori schizoidi, querele, minacce, denunce, viaggi in periferie con rimborsi mai visti, alberghi fatiscenti, pagamenti a 120 giorni, editori fanatici, grafici che si credono artisti, lobby scambiste, insulti, pause assenti, ferie mancanti, bugie, tradimenti, mezze verità, pettegolezzi, cattiverie, pompini segreti, invidia, competizione, droga e politica. E’ un mondo dove tocca tenerti buona la moglie del giornalista perché si scopa l’editore che adora andare a pesca con il figlio dello sponsor che finanzia la testata dove vorresti scrivere, che ha un pacco di curriculum tutti uguali pieno di cifre tutte uguali di persone che per tutta la vita hanno fatto quello che gli dicevano e ora in piena crisi dei trenta si sentono creative.

Quando ho messo piede per la prima volta in Mondadori ho scoperto che era un mondo assai diverso da quel che credevo dall’alto della mia finitrice. In quello creativo è peggio: è Game of Thrones fetish version featuring Gay Narcos e Dildo Jane. M’è bastato starci un anno, in mezzo ai “creativi”, per capire che ‘sto posto prende I tuoi sogni, li infrange col pestello fino a farne polvere e se li sniffa dal buco del culo. E a me va benissimo. Mi piace, persino.

Perché abbiamo scopi diversi.

Vedi, io non scrivo per la Storia. Non scrivo per cambiare il mondo della letteratura e non scrivo nemmeno per prendere il premio Strega o essere invitato nei salotti buoni dell’élite dei Grandi Scrittori.

tumblr_m8nhnnZPhV1qcwgrvo1_500Io scrivo per le strippers.

Non me ne frega un cazzo di insegnare qualcosa a qualcuno: qui dentro trovi gag sulla merda, sfottò sulle donne, chiacchiere coi militari, derisioni di me, della mia vita, dei miei amici. Questo blog è una taverna di Alpini e marinai sbronzi. E’ steroidi e silicone, tanga leopardati, tatuaggi tribali, parei fucsia, scazzottate e manate sul culo. Del resto io sono un mediocre inaffidabile sotto ogni punto di vista. Mi sono presentato a casa di Tania Cagnotto per intervistarla in bermuda, infradito e un doposbronza vergognoso, tanto che m’ha offerto un canarino. Quando MH m’ha mandato a Roma a intervistare Maurizio Felugo la prima domanda che mi ha fatto è stata “hai fumato?”. Di Trapani manco ne parliamo. Tutti i (pochi) soldi che ho fatto con “La Storia la fanno gli idioti” me li sono sputtanati in mojito, grigliate e preservativi. Tito Faraci mi ha definito “il personaggio stronzo con cui Tex prima ci fa a botte e poi semmai ci diventa amico”. Col redattore di GQ siamo quasi arrivati alle mani in una bettola di Milano. La prima volta che ho presentato un soggetto a Roberto Recchioni l’ha definito “pretenziosetto e banale”. La frase più ripetuta da Alessandro Ferrari è “te l’avevo detto”. Dieci anni fa stavo su un palco a gridare “il pacco bomba del pornostar” e “a cena coi parenti io droppo la mia merda” in canottiera, bermuda e sudore.

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Tu credi io possa dire a qualcuno “meditate, gente, meditate”?
Che m’interessi avere senso della decenza?

Io voglio arrivare davanti alla morte con la fica di una sudamericana sulla faccia e il culo della Leo sul mio cazzo mentre sono in una baracca in riva al mare circondato da bottiglie di rum vuote. Quindi dammi i soldi e tieniti il rispetto per il lettore. Sono un mercenario e per il giusto compenso scrivo qualunque cosa. Cosmo, GQ, Men’s health, BeSpoke!, Roadbook, marchette, recensioni, pompini, scrivo anche per i rettiliani, Bilderberg e Skynet, se mi pagano. Non me ne frega un cazzo. E’ sempre meglio di fare ripavimentazione stradale o il facchino alla biennale.

Se tu però hai un’alternativa, Chiara, non girarti i pollici parlandone: falla. Entra in questo freak show. Ti troverai davanti a legioni di lettori come me, che cercano di cavalcare l’onda come me col naso sporco di bianco, la camicia sporca di vomito e una settimana demmerda sulle spalle che ti guardano con gli occhi a fessura domandando “che cahszwzo è che vuohi, thu, adèso?”.

A quel punto usa il senso della decenza e il rispetto per il lettore.
Buona fortuna.

Basta con mare, rum e orge: acculturiamoci

Basta con mare, rum e orge: acculturiamoci

 

Domenica di luglio. Un giorno in cui ci si sveglia alle 11, si fa colazione con calma, si ritorna a letto, si scopa e si guardano vecchi film mentre dalla finestra entra un refolo di brezza salmastra, proveniente dalla laguna. Si pranza alle 15 con l’insalata di riso e caffè freddo con lo zenzero. Poi ci si infila una maglietta e si va in spiaggia. Crogiolandosi nel sole si alternano occhiate ai topless a bagni rinfrescanti fino alle 19. Con la pelle che tira per la salsedine doccia, camicia di lino e tavolini di qualche lounge al Lido. Screwdriver, culi, scollature. Cena in trattoria, prosecco, odore di pesce grigliato, tramonto. Dopocena da qualche parte. Mojito gelido. Rientro con l’aria fresca della sera e poi con Maria un threESOME CHE

BEEEEZ BEEEEEZ BEEEEEZ fa il mio iPhone.
WAAAAH WAAAAAH WAAAAAH fa quello di mia moglie.
GWOOOOH GWOOOOH GWOOOOH fa la sveglia sulla cassapanca.

«PUTTANA MERDA, LE SETTE E TRE QUARTI» gracchia isterica «sveglia, cazzo, scendi da ‘sto letto!»
Mi scalcia giù dal materasso. Crollo di petto su materia organica putrefatta.

«COS’E’ ‘STO ODORE DI MERDA?!» urla lei, scattando in bagno «E’ TRAVAGLIO? HA CACATO DI NUOVO?»

Travaglio è il mio nuovo gatto.
«Gatto… escrementi… dolore…» tento.
«VESTITI, LAVATI, PRESTO!» grida, poi si barrica in bagno a chiave.
Busso.

«TU PREPARA I CAFFE’, LAVATI IN CUCINA, VELOCE!»
«Tu donna… mio edifizio… sorgente d’acqua mia proprietà» biascico raschiando la porta.
«I CAFFE’!!»

Scendo. Travaglio ha sbranato l’intero divano. Mi tolgo della merda dal petto e gliela lancio addosso. Il felino si accovaccia e piscia sul portatile con aria di sfida. Lo afferro e lo scaglio ancora spruzzante verso la parete, disegnando arabeschi d’urina sul muro riverniciato. L’odore di merda è spaventoso, irreale. Mi dirigo in cucina guidato dal pilota automatico. Faccio abluzione tra piatti sporchi. Fuori non c’è un’anima. Ho dormito tre ore. Accendo la radio.

Scrittore, guerriero ed esperto di armi, Nicolai Lilin racconta la vita diCLICKeatrice Borromeo, dalle pagine del Fatto quotidiano, haCLICKil giovane e coraggioso autore di Gomorra, Roberto SaviCLICKchiesta delle Iene sulle controindicazioni dei vaccini e di come recenti studCLICKvimento a cinque stelle ha dichiarato che il disegno di legge per vietare la carne nelle mense scolastiCLICKesso tra adolescenti: è allarmeCLICKtoterapia e naturopatia, per guarire in modo naturale da
Click.

Preparo lo strano intruglio cacao-caffèlatte di cui si nutre la mia consorte. Ora dovrei pesare i bianchi d’uovo, cuocerli, spalmare le fette biscottate, contare vitamine e Omega3. Dato il mio stato mentale rabbrividisco all’idea di quante cose potrebbero andare storte, quindi scaldo mezzo litro di latte e ci sparo dentro tre cucchiai di Ovomaltine. Ha circa gli stessi valori nutritivi, ma non rischio di trovarmi che spengo cereali carbonizzati con fette biscottate spalmate d’omega3 mentre vomito albumi crudi.

«E’ pronto» dico.
«PER ME HAI USATO QUELLO AD ALTA DIGERIBILITA’, VERO?!»

Non ho memoria di alcun gesto compiuto finora, dormivo. Poi secondo me ‘sta cosa dell’alta digeribilità è una puttanata da uteri. Io bevo latte da 34 anni e non m’è mai successo niente.

«Sì» dico.
Al 50% di probabilità è vero.

«GUARDA CHE SE DICI SI E POI E’ NO M’ESPLODE IL CULO A GEYSER E NIENTE ANAL PER UNA SETTIMANAL»
Niente anal per una settimanal, ripeto tra me e me bevendo. E quando Maria ci sta, lei avrà le mestruazioni. O quando ci starà lei, Maria avrà le mestruazioni. Dovevo nascere recchione, ma ormai è troppo tardi. La mia compagna di vita scende, afferra la sua tazza, mescola andandosene, si blocca. Annusa. Sbianca.

«COS’E’ SUCCESSO QUI DENTRO!? DEVI CAMBIARE LA LETTIERA A TRAVAGLIO, E VESTITI, CAZZO, SEI ANCORA IN MUTANDE?»

Prendo la scopa ed estraggo Travaglio da sotto il divano come un’ostrica. L’immondo essere, riottoso, si aggrappa ai cuscini facendone brandelli. Lo agguanto per la collottola e lo conduco all’angolo ove risiede il suo cacaio con vergato a pennarello “il Fatto quotidiano”. Gli ficco il muso nella sabbia puteolente.

«E’ qui che devi piazzare le tue stronzate, bestia scomunicata, non in camera»
Gnaula incazzato, soffia e fugge.

«SEI PRONTO?» urla la finchémortenonvisepari, correndo da una stanza all’altra.
L’aspetterò sulla soglia, vestito, per venti minuti buoni. Arriverà giusto in tempo per impedirmi di girarmi una sigaretta.

 

 

Salone superiore, Scuola grande di San Rocco, Venezia

Siamo a Venezia, in coda per entrare alla scuola grande di San Rocco. Hanno impiegato vent’anni a restaurarla, motivo per cui pur essendo nato a Venezia non l’ho mai vista prima. Certo, adesso potevo essere in spiaggia a rimorchiare, ma guardare Cristi e madonne ti nobilita. L’ingresso costa 15 euro (tesoro fai tu che io devo prelevare) e non ha guardaroba perciò devi portarti dietro zaini e borse (tesoro tieni tutto tu che sei forte) appesantiti dal ciarpame inutile di cui la femmina li ha farciti (non si sa mai, ma tanto lo zaino lo porto io).

Arte.
Le fiche amano l’arte.

Ti ciucci date, luoghi, età, contesti storici, linee portanti, pareri di stronzi qualsiasi che differiscono dai pareri di stronzi qualsiasi tutti morti anni prima, esegesi dei significati reconditi, presunti riferimenti politici. Le robe che servono al pubblico per umanizzare un alieno e non spaventarsi all’idea che lì fuori qualcuno sia in grado di creare cose immortali. “Tranquilli, era squilibrato, per quello ha dipinto un’idea che voi non riuscirete mai a immaginare”. “Tranquilli, era frustrato, per quello ha scritto un incubo delirante che voi col cazzo vi ci avvicinerete di striscio”. Siamo così assuefatti alla mediocrità che l’eccellenza va demolita e ridotta a capsule di Xanax in audioguida.

«Tesoro, stai ascoltando?»
«U-uh» annuisco.
Si sporge.

«Hai la lingua tarata sull’iraniano»
«Devo aver toccato rispondendoti»
«Dai qua»
«…il vescovo Pederast commissionò il quadro nel settembre del 1290, garantendo all’artista un vitalizio di 100 ducati l’anno. Le radiografie del dipinto hanno rivelato che le bozze venivano fatte dal Tintoretto infilando il pene nel barattolo di colore e poi stampandolo sulla tela con violenza. Sono state contate ben 659 erezioni, quasi tutte a cavallo tra l’inverno del 1290 e la primavera del 1291. Gustave Boudier, nel suo saggio del 1989, la definì “un’intuizione di virilità e fantasia”. Recenti studi effettuati con tecniche avveniristiche

 

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Ascoltando queste cacofonie senza senso mi chiedo se un traduttore che riscrive il testo dell’audioguida e lo trasforma in un messaggio di guerra all’occidente verrebbe mai scoperto. Sogno turisti mediorientali che osservando i quadri ascoltando “e qui potete vedete ritratta la brutalità degli infedeli sul falso profeta. Morte all’America, Allah guidi la mano dei martiri che difendono l’Islam, dopo il segnale acustico potete farvi esplodere nella gloria di Maometto. I sopravvissuti potranno recarsi nella sala dei concilio, riflettendo”

Mi mordo la lingua per non ridere.
«Hai visto che anche se sei ignorante come una bestia apprezzi le cose belle?» sorride lei.

PI PIRIRI, sms.

Maria.

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Mentre il mio dolce tesoro risponde “siamo a Venezia alla scuola grande di San Rocco, BELLISSIMA!!!” a una commessa lesboconfusa con la terza media mi appunto di travasare il latte normale nel flacone dello Zymil.

Intervista esclusiva, parla il barbone: “Non è andata così”

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Sconvolto da questo post ho dovuto smuovere mari e monti, ma grazie a un incrocio di persone sono riuscito a risalire al luogo e alla zona dov’è successo. Ho preso il primo Frecciargento e mi sono fiondato a Roma, nel quartiere dei Parioli, dove dopo qualche ora ho rintracciato il barbone di cui Beatrice Borromeo parla in questo post. Non è stato facile convincerlo, anche perché dormiva. Dopo qualche riluttanza ha accettato di rilasciare a me – e solo a me – un’intervista esclusiva. Si è anche offerto di fornire nome, cognome, farsi fotografare e registrare, ma io gli ho detto che è roba da giornalismo vecchio stile. Il nuovo giornalismo, di cui Beatrice Borromeo è avanguardia e Marco Travaglio appassionato seguace, non porta alcun tipo di fonti o prove. Quindi terrò il barbone nel più totale anonimato, al pari del racconto pedopornogr dell’inchiesta della Borromeo sul sesso tra adolescenti.

 

Sor Vittorio, perdoni l’ora e grazie per avermi concesso quest’intervista.
Sì, ma poi me dai i cinquanta euri, vero?

Sicuro, deve presentarsi alla sede del Fatto quotidiano e dire che la mando io. Ora racconti com’è andata.
Gnente, io c’ho la dissenteria cronica, no? E’ ‘na cosa che c’ho fin da pischello, cacavo, cacavo sempre, che poi alla fine non è manco male. Ieri pomeriggio camminavo per i fatti miei quando all’improvviso sento una fitta bestiale alle viscere, che è l’annunciazione.

Prego?
Sì, sì, è quando devo partorì l’anticristo. Insomma, scongiurando l’onnipotente, piegato in due dalle coliche, arranco alla ricerca di un altare sacrificale. Bar, negozi, fontane, tombini… Io ho cacato ovunque, nella mia vita, sa? Ovunque. Per dirle, a quarantatrè anni ero l’amante di una donna, il marito rientra e io mi devo nascondere sul cornicione del palazzo. Complice l’aria fresca m’è toccato bombardà il sottosuolo, un casino che non le dico, ratatatata, tutta sui passanti della movida. M’hanno cercato per ore, ma io me so’ salvato facendo er verso dei piccioni. Lo vole sentì?

Magari dopo. Torniamo a noi, per favore. Lei sta male e cosa fa?
Capisco che il mio sigillo rettale, per quanto inviolato, non resisterà a un secondo assalto. Allora mi rannicchio dietro una piantina. Abbasso le braghe, recito due paternoster e espello l’orrore. San Gennaro fa la grazia, va tutto bene. Dico così perché magari se c’avevo pezzi grossi faceva male, invece vuuuush, via tutto subito.

Arriviamo al punto.
Io dopo ‘ste cose so’ stanco. Mi distendo, prendo fiato, ringrazio la madonna. Dietro di me vedo che stanno a fa’ un trasloco. C’è una biondina, co’ il collo che pare un’oca, sta lì ferma a guardà i rumeni che lavorano. A un certo punto me vede, piglia due cuscini con su scritto “Versace home” e me li butta addosso, dicendo “tenga pover’uomo”. Adesso, non è per dì, ma io de du’ cuscini che cazzo me ne faccio?

Si siede più comodo?
Ma se manco c’ho ‘na casa, a rincojonito! E’ come regalà un’ancora a uno della valtellina! Damme un rotolo de carta igienica, piuttosto!

Capisco. La ragazza in questione era Beatrice Borromeo?
No, c’aveva un nome lungo così.

Una volta ricevuti i cuscini lei come ha reagito?
Le dico “ah signò, co’ questi è difficile che me ce pulisco er culo” e lei s’incazza, dice che sono uno schizzinoso perché lei ha sempre trattato bene i barboni e io ero il primo che le rispondeva male. Allora io je dico che alla mensa sociale non l’ho mai vista. Lì ce stanno i preti, li conosco tutti. Lei no.

E lei?
E lei sbrocca, grida “tu non sai chi sono io, la mia famiglia è nobile da generazioni, è persino parente di San Carlo, uno che ha donato tutto ai poveri” e se ne va.

San Carlo quello delle patatine?
Boh? Magari si riferisce a san Carlo Borromeo, detto “il castissimo” perché si rifiutava di parlare con le donne, pure se parenti. Fece arrestare e torturare 150 persone dall’inquisizione.

Non credo, il suo aveva lasciato tutto ai poveri…
San Carlo non ha dato una madonna ai poveri, ha perseguitato l’ordine degli Umiliati, quelli che volevano la chiesa tornasse a una vita più austera e morigerata invece de sbandiera’ lusso e ricchezza in faccia alla gente. Vedi te che fiore de benefattore.

Magari era un altro. Poi scusi, lei come le sa queste cose?
Insegnavo Storia, poi m’hanno licenziato per fa’ posto a uno che ha fatto namedropping a manetta e canna due congiuntivi su due. Mò damme i soldi e vaffanculo.

Guardi, le lascio questo foglietto, deve presentarsi alla sede del Fatto Quotidiano e chiedere di parlare con Sexytravi.
Chi?

Sexytravi, loro conoscono. Se le chiedono informazioni dica che la manda Nebo di Bagni Proeliator e che lei avanza 100 euro per l’intervista. Grazie e arrivederci.

 

 

 

TL;DR

riassunto

 

 

EDIT:

Beatrice Borromeo mi contatta su Twitter promettendo repliche registrate, che sono sicuro tutti noi attendiamo con trepidazione.

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Perdonaci, Yara. Anzi, no.

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Nel 2010 una ragazzina di tredici anni scompare. La ritrovano sei mesi dopo in un campo, morta di ipotermia e di stenti. Sul corpo presenta ferite di arma da taglio, sui vestiti tracce di un DNA estraneo, nei polmoni calcestruzzo da cantiere. Inizialmente danno la colpa a un muratore albanegrebino che mentre parlava al cellulare ha detto qualcosa in albanegrebese che somigliava ad “Allah mi perdoni, l’ho uccisa io”. La popolazione insorge grazie al fatto che gli StimatiColleghi non si fanno problemi a mettere nome e faccia del vile saracino su tutti i giornali e nell’Internet, indicizzandolo forever.

Salta fuori che il traduttore s’era sbagliato e che lui non c’entrava una madonna.
Nel frattempo il tipo ha perso la donna, il lavoro, non gli rinnovano il permesso di soggiorno e sta nella merda, ma non frega un cazzo a nessuno.

L’Arma, dopo un’indagine strepitosa, trova a chi appartiene il DNA sugli slip della ragazzina. E’ di un muratore del paese, figlio illegittimo di un autista di autobus. Per arrivare a quel nome i Carabinieri hanno riesumato cadaveri, fatto 16.000 prelievi di DNA, finti alcoltest, intercettazioni, interrogato falangi di persone entrando nella vita di tre famiglie (ognuna con figli, mogli, zii, nonni) coi piedi di piombo per far su un pezzettino di puzzle. Alla fine ottengono il nome. Sono stati BRAVISSIMI.

Poi arriva il ministro dell’Interno e sputtana tutto.

Avendo libero accesso a qualsivoglia informazione ed essendo ansioso di far bella figura coi media, il ministro dà il nome agli StimatiColleghi. E’ una procedura standard, in questi casi. Tu mi dai informazioni di prima mano, io ti tratterò bene in futuro. E visto che hai un neonato partito claudicante, ne hai un gran bisogno. Noi giornalisti invece abbiamo un gran bisogno di visite. Le visite finiscono in tabulati che proponiamo agli sponsor, ossia quelle pubblicità fastidiose che chi non ha AdBlock vede nei siti d’informazione e che servono a pagarci. Più sono le visite, più soldi possiamo chiedere agli sponsor. Facciamo di tutto, per averle. Se necessario le falsifichiamo. Nei giorni normali le visite ce le garantiscono A) le stronzate nella colonna di destra coi gattini, i gossip, foto di tette o di VIP ingrassati e B) i commenti. Per quello li lasciamo. La gente per avere l’ultima parola a costo di andare a letto alle tre deve cliccare. Se non mettiamo i commenti sarà costretta a farlo altrove, quindi tanto vale monetizzare la sua rabbia repressa.

Ma questo non è un giorno normale. E’ un giorno in cui hanno trovato un – presunto – colpevole dell’omicidio di una ragazzina. In questi casi più giovane è la vittima e più l’ingiustizia pare grande, evidente, sicura, OVVIA. Tutti quelli che nella vita si sono autodistrutti a furia di scelte sbagliate hanno la possibilità di gridare al mondo una cosa “giusta”.

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Estremizzarla inneggiando a ghigliottine e torture e sangue perché più additano un colpevole e più si sentono innocenti.

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Puliti.

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Giusti.

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Per farlo hanno bisogno di materiale. Link, principalmente. E noi siamo qui per darglieli, guadagnando visite e nutrendo quella morbosità frustrata che alberga nel cuore dei lettori. E’ giusto? E’ sbagliato? Sticazzi, funziona così. Allora “sbattiamo il mostro in prima pagina”, sbandieriamo ai quattro venti i nomi, facciamo leva sul patetismo che fa scrivere alla gente banalità su Facebook. Esibiamo foto, usiamo musichette tristi, cambiamo aggettivi. Alcuni si lanciano in tentativi di poesia del dolore.

Poi arrivano gli intellettuali.
Che sono peggio di tutti, perché si credono superiori.

Con gesti da teatro vittoriano e grida tonitruanti berciano “OH TEMPORA! OH MORES! DOVE STIAMO ANDANDO?”. Si indignano. Dov’è la moralità? Dov’è il buongusto? Dov’è il rispetto per il dolore? Cali un rispettoso silenzio su di loro!

Abbiamo qui uno splendido esempio vergato dalla superiore penna di tal Clementina Coppini. Leggiamolo insieme.

Ho avuto occasione di incrociare alcuni cosiddetti approfondimenti sul presunto assassino di Yara Gambirasio. Ho due figli all’incirca dell’età di Yara. Ho passato una notte da incubo.

Oh, Clementina, se solo ce ne fottesse un cazzo.

Non per me o per i miei ragazzi, ma per lei e per la sua famiglia.

Clementina ci sta quindi comunicando che è una persona profonda, empatica, e si sente molto in colpa perché sì. E’ partecipe al dolore di gente che fino a ieri ignorava, e domani ignorerà.

La notizia dell’arresto l’ha voluta dare di persona il Ministro dell’Interno. E su questo è meglio calare un pietoso velo. A seguire è arrivato il resto. Per prima cosa si è sbattuto il mostro in prima serata. Ma è solo l’inizio. Tanto per cominciare si va subito sotto casa sua, dove non c’è più lui, che è in stato di fermo, bensì la sua famiglia. E per quale motivo? Per vedere chi e cosa?

Per fare share o visite ai siti. Per pagarci lo stipendio con cui mantieni i tuoi due figli che ti ostini a mostrare uso simbolo dello shogun Mitzukunimito.

Seconda cosa si va al commissariato e ci si lamenta che non rilasciano dichiarazioni. Cosa mai dovrebbero dire?

Qualunque stronzata va bene, basta che parlino. Abbiamo già il problema che ‘sto operaio si avvale della facoltà di non rispondere e non possiamo riempire trasmissioni di psicologi, avvocati, e altre truppe cammellate reclutate con la pesca a traino per dire quello che pensan fa più discutere.

Per quale afflato oscurantista si presume che le colpe dei padri debbano ricadere sui figli e sui parenti tutti, diretti e collaterali? Un conto è fare legittime indagini con prelievi di DNA, un conto è addentrarsi in inquietanti riflessioni lombrosiane sulle origini del male.

No, un conto è che I CARABINIERI facciano legittime indagini. Non noi. Noi siamo trascrittori. Alla nera correggiamo le virgole delle veline che manda la questura. Se oggi fai un minimo tentativo d’indagine giornalistica autonoma, in Italia, rischi di venire tagliato fuori. Non ti invitano più alle conferenze stampa. Intercettazioni, verbali, è tutta roba che gli StimatiColleghi si procurano da politici, magistrati, poliziotti o uscieri. Ricordi l’epoca d’oro delle Olgettine?

Il quarto passo verso l'abisso è intervistare la zia dell’assassino

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Prima frigni che sbattiamo il mostro in prima pagina, ora un presunto innocente diventa assassino? Clementina, urge una decisione.

come se la zia potesse avere qualcosa a che spartire con la vicenda. Poi viene chiamato in causa un amico del padre dell’assassino.

Allora è lui il colpevole? Siamo sicuri?

Resta sempre la domanda su cosa c’entra tutto ciò con Yara, su come questo possa aiutare a capire, su come ciò possa consolare i genitori della ragazza e i figli del suo assassino

Sì, direi che siamo sicuri. A parte questo non capisco, Clementina. Prima dobbiamo fare cronaca senza sbattere il mostro in prima pagina. Poi dobbiamo fare indagini. Poi dobbiamo far capire. Ora dobbiamo consolare. Che cazzo siamo, Don Matteo?

[...]Non riesco a togliermi dalla testa il pensiero di quei due poveri genitori e il faccino pulito della loro figlia tredicenne.

 

Interessantissimo.

Ma come si fa a far vedere cose del genere, a mostrare una povera mamma e un povero papà disperati quando ancora cercavano di credere di non aver perso per sempre la loro bambina? No, non è possibile. Non è umano. 

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Anche la dimensione di questo dildo non è cosa da tutti i giorni, Clementina. Anche la facilità con cui questa ragazza ci gioca, eppure molte persone sono ansiose di vederla in azione. Se ci interessasse solo quello che è umano e possibile non saremmo umani. La gente si ferma a vedere gli incidenti stradali così come va a vedere gli esami all’università altrui.

Perché deve passarci.

Abbiamo allontanato i cimiteri dalle città, abbiamo dato ai morti un giorno per commemorarli e 364 per ignorarli, ma la morte e la sofferenza sono cose che ci riguardano tanto quanto 10,000 anni fa. Come affrontarla è soggettivo. La gente che va a farsi le foto vicino a casa di Michele Misseri non è diversa da uno che parla a una statuina crocifissa o uno che si mette a pecora su un tappeto: stanno tutti esorcizzando una cosa che li fa cagare sotto. C’è una differenza di stile, cultura, ambiente sociale? Sì. Una è più giusta dell’altra? Boh. Nel dubbio, continuiamo a togliere fondi alla scuola pubblica.

 

Ma non esiste più la vergogna di bearsi dell’altrui sofferenza? Dov’è finito il pudore?

 

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 Lo stiamo cercando.

 

Sarà diritto di cronaca, ma personalmente chiedo perdono a Yara e alla sua famiglia per aver indugiato nella visione di quelle immagini, per aver ascoltato quelle parole.

Ma cos’è successo, tuo marito t’ha legata davanti al televisore col blefarostato? Assieme al pudore e la vergogna a casa Coppini avete perso anche il telecomando? Puoi cambiare canale. Puoi spegnere la TV. Puoi togliere l’amicizia. Puoi defolloware. YES WE CAN.

Gli scrittori di tragedie greche avevano la consuetudine di non far vedere mai in scena le cose più orrende e macabre. Preferivano al limite suggerirle per immagini, perché certe cose per gli antichi non dovevano essere mostrate e non dovevano essere viste. Quella di Yara è una tragedia greca e noi dovremmo onorare la memoria di questa ragazza (i greci l’avrebbero chiamate kόre, un termine che rende alla perfezione l’idea di giovinezza e innocenza) non con impudiche descrizioni della sofferenza, ma come avrebbe fatto il più grande dei poeti epici greci, Omero, che in fondo è il primo giornalista della storia: portava le notizie in giro, ma lo faceva con rispetto. Con il cervello acceso e gli occhi chiusi.

L’idea che un vero giornalista debba essere cieco è splendida:

-Hey Omero, com’era il cielo dell’Africa?
-Caldo.
-Hey Omero, quanti morti in Uganda?
-Uganda?
-Hey Omero, chi dei due ha sparato?
-Quello con la pistola.
-Hey Omero, descrivimi la gioconda!
-Chi?

M’è esploso lo stronzatometro, Clementina.

Noi non siamo poeti. Non siamo tragediografi. Non siamo scrittori. Siamo un branco di sottopagati impiegati a cui suda il culo ogni volta che il direttore riceve i bilanci. Portiamo a casa stipendi miseri grazie ai gattini nella colonna di destra. La merda che vendiamo al pubblico è la merda che ha voluto togliendo i finanziamenti alle testate e costringendo le redazioni a licenziare, tagliare, compromettere qualità e contenuti in favore di qualsiasi cosa faccia muovere il ditino ai bravi cittadini che sono, normalmente, più interessati al pompino di Belen piuttosto che alle vere dinamiche del conflitto in Libia. Non che noi non avessimo colpe, eh. Ma se campassimo solo con le vendite resterebbero in piedi Cronaca Vera, Novella 3000 e basta. Io al Gazzettino prendevo 1,50 ad articolo. A Cosmopolitan molti di più. Questa è la decisione de Laggente, questo ha. Non devi scusarti con Yara. Devi scusarti con me per avermi fatto leg

Ups.