00 – Masterpiece

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Domenica, fine pomeriggio. Nebbia e traffico giungono ovattati dallo spesso vetro antisfondamento della sede RAI. Tommaso Pungu, direttore artistico di Rai 3, guarda fuori senza vedere nulla. Si passa una mano tra i capelli. Fa un respiro. Si gira. Il tavolo della sala riunioni è al completo, ognuno impegnato a farsi i fatti suoi. Uno tamburella con la matita. Uno guarda le tette della collega giovane appena arrivata. Lei guarda porno su tumblr. Il più anziano ascolta la partita con l’auricolare nascosto nella manica della giacca appoggiando la mano al mento nella posizione del pensatore. Quando la Sampdoria entra in area di rigore emette gemiti mascherati da colpi di tosse. Due tizi parlottano. Uno scarabocchia, sovrappensiero.

«Allora, signori, ricapitoliamo» dice Tom, sedendosi «in produzione vogliono riavvicinare i giovani alla televisione, noi abbiamo il compito di renderlo possibile. Che dati abbiamo?»
«La morte civile» commenta un tizio in completo grigio, alzandosi e accendendo la lavagna luminosa.

Grafico 1

«Questo è il pubblico televisivo oggi. La parte azzurra sono i vecchi morti davanti al televisore acceso. Spesso nessuno li trova per mesi e quelli continuano a fare share. Poi ci sono gli ospedali»

«Fossero tutti così» sorride Tom, malinconico «ma quei cari cadaveri non pagano il canone. A noi interessa il golden range, quella specie di tavola da surf di trent’anni. Quelli che vanno a convivere e sono incerti se comprare il televisore con cui poi lobotomizzare i figli e costringerli a giocare a calcetto per diventare dei fieri appassionati di partite. Dobbiamo prenderci loro. Per questo abbiamo pagato miliardi di analisti e sondaggisti che, con le debite protezioni, scandagliassero Iternet, Retenet, come cazzo si dice e ci comunicassero quali sono i loro desideri più profondi»

Sgomento.

«Avete usato Internet
«Sì, ma in una stanza protetta, non preoccupatevi. Il risultato ci è stato consegnato via fax. A quanto pare il futuro è più roseo del previsto» dice Tom, sorridente «i trentenni sognano una rivalsa dalle loro scelte del cazzo, ossia vogliono mettersi il goldone dopo aver scopato. E sapete qual è la rivalsa dei trentenni?»

«La carriera?»
«No, figurati. La letteratura. Vedete, in Italia tutti hanno un romanzo autobiografico nel cassetto. Tutti. I motivi sono molti. Il primo è il rispetto dei propri genitori. I vecchi non capiscono una madonna di quello che fanno i figli e non possono esserne molto orgogliosi, con tutta la crisi, la disoccupazione e i bimbi che stanno davanti a un computer. Ma se gli dici “papà, mi hanno pubblicato un libro” i vecchi si esaltano e credono i figli siano dei geni. Il secondo motivo è che tutti credono di avere una vita degna di essere raccontata. Il terzo è il sempiterno riscatto sociale. Cambiare vita, ambiente, abitudini è faticoso. Scrivere un libro invece è una rivalsa sociale che puoi ottenere comodamente seduto in ufficio. Il quarto è che si credono dei maestri di vita e vogliono insegnare alla gente come si sta al mondo»

«Ma se nessuno legge più niente, in Italia!»

«Perché ci sono solo libri autobiografici che fanno la morale dall’alto del cazzo e della merda scritti da stronzi mediocri persino nei difetti, scelti e selezionati da vecchi radical chic che si leggono tra di loro e apprezzano solo lecchini o autori morti. Del resto voi leggereste un libro scritto da un cassiere della COOP che spiega la sua straziante sofferenza?»

«Bè, potrebbe essere… uh, interessante scoprire…»

«Perché tu sei un’elite con un lavoro creativo e interessante che va a caccia di stimoli. Ma uno che di lavoro monta caldaie?»
«Neanche morto, ha già abbastanza rotture di palle di suo, quello cerca roba che lo faccia sognare, divertire, scappare»
«Ecco. Però tutti scrivono lo stesso. E noi capitalizzeremo sui loro sogni monoporzione. Signore e signori…» dice Tom, togliendo la cerata che copriva la tela con il logo della trasmissione.

masterpiece-logo

«Cos’è?»
«Un reality sugli scrittori. Giovani uguale reality, non si discute. Allora, partiamo dalla giuria»
«Non facciamo manco finta di far decidere al pubblico?»
«No. Il pubblico si crede intelligente, ma sotto sotto sa di essere una merda. Ricordati una cosa: legittimare, legittimare, legittimare. Ci serve una giuria di gente che ne sa»
«Scusi, non sarebbe il caso di fare per la prima volta un prodotto che piaccia, invece di un prodotto che deve piacere perché piace a vecchi coglioni?» chiede la ragazza.

«No. Giuria»
«Vabbè. Chi mettiamo? Fabio Volo?»

«No, Fabio Volo non va bene. E’ troppo giovane. Mettiamo gente di una certa età, cerchiamo di non spaventare il nostro pubblico ottuagenario. Fabio Volo magari parla di robe… tipo cellulari, computer, email. Brr, no»
«Ma lei ha detto che voleva coinvolgere i giovani. Fabio Volo vende un botto tra tutte le fasce d’età, se mettiamo vecchi in giuria l’iconografia sarà che vecchi dai loro scranni del potere graziano giovani. E’ orrendo»

«Per la parte giovane non c’è problema, mettiamo fica. Quella va bene giovane, piace a tutti. Ed è qui la mia botta di genio: siccome in Italia non abbiamo scrittrici giovani…»

«Ne abbiamo eccome!» sbotta la ragazza.

«Dico, siccome in Italia non abbiamo scrittrici giovani non costrette a prostituirsi, prendiamo due piccioni con una fava: mettiamo una scrittrice internazionale. Minoranza etnica e quote rosa insieme. Nabbomba»
«Cioè straniera? Ma sa parlare italiano?»
«A stento, ma non importa, è fica»
«COME NON IMPORTA, E’ UN REALITY SULLA SCRITTURA!» strilla lei, incredula.
«L’unica cosa che conta è che si tratta di A) una donna con una posizione di prestigio e B) una minoranza etnica colta. Sono due cose molto comuni, in Italia. Coinvolgeranno moltissimo il pubblico e sono icone politicamente corrette. Non offendono nessuno, quindi piacciono a tutti»

«Semmai è il contrario. I giovani hanno abbandonato la TV perché è zeppa di roba cattocomunista anni ’70 fuori da ogni realtà»
«Fidatevi, i giovani conoscono solo donne manager e immigrati laureati»
«Ma almeno mettiamo una che sappia parlare italiano!»
«No, non serve. Se sei immigrato basta e avanza. Guardate la Kyenge. Ha curriculum? E’ capace? E’ stata votata o eletta? No. E’ nera, win. Non conta se sei bravo, non conta cosa dici, conta solo chi sei. Passiamo al cast»

«Abbiamo scelto una ventina di manoscritti. Belli, anche. Questo per esempio parla di…»

«Ho detto che non conta se sei bravo, conta chi sei. Parlami degli autori»

«Gli autori? Ma parleremo di quello che scrivono, no?»
«A nessuno frega un cazzo, la gente vuole un reality di scrittura per empatizzare con gli scrittori. Forza»

«Il migliore è un certo Andrea Salmasi»
«Età, lavoro, storia personale»
«Boh, questo è un quarantenne di Trento, figlio d’imprenditore, laurea in economia…»
«ASSOLUTAMENTE NO, scherzi? E il sud? E i disoccupati?»
«Loro non so, ma lui è veramente bravo»

«Puoi avere successo solo se tutti possono continuare a credersi migliori di te. Cestino»
«Ci sarebbe Ario Bragaggia, 36 anni, operaio, qualche precedente»
«Hmm, ci avviciniamo. Di che parla il suo libro?»
«1920. Un convento di monache, una prostituta redenta e un mulo. Ehi, è interessante davvero» fa la ragazza, sfogliandolo.

«Escluso. I preti vanno sempre ritratti in una veste positiva, svecchiati, rock. Ho già un piano. Affanculo questo, abbiamo altri operai?»
«Sì, ma la qualità crolla verticalm
«LA QUALITA’ NON CONTA, IDIOTA! Operai, forza. Trovamene uno decente. Età, sesso, provenienza, trama»
«56 anni, maschio, Bologna. Il libro parla di un alpino che non sa scrivere, una ragazza che non sa leggere e un bambino tedesco. Dice che è una storia vera della prima guerra m
«NOIAAAAA»
«43 anni, maschio, Cagliari. Un operaio perde il lavoro, un miliardario annoiato organizza una caccia al tesoro, senonché un poliziotto a fine carriera…»
«Prossimo»

«52 anni, maschio, Roma. Un immigrato scippa la borsa di un onorevole e dentro ci trov
«MA CHE CAZZO!» sbotta il direttore «CHE CAZZO DI FANTASIA C’HANNO ‘STI OPERAI!? Gli operai devono dire che sono operai, che soffrono e che i crudeli padroni li sfruttano, ma loro leggendo Il capitale e Chekov trovano un riscatto e si affidano ai professoroni che li guidano verso il sol dell’avvenire. Trovamene uno»

«Questa. E’ anche donna»
«Oooh, così si ragiona»
«Ha la faccia da sindacalista. Mi creda, io facevo ripavimentazione stradale. Per me questa è quella che ti rende la vita un inferno e ti costringe a licenziarti se non vai alle manifestazioni»
«Meglio, i soli operai che contano sono quelli lì. Presa. Cazzo, ma t’immagini? Dure condizioni di lavoro sotto il padrone, la domenica con la famiglia al cineforum, le lacrime di commozione agli scioperi della CISL, ban-diera rossa-che-trion-fe-rà… perfetto»

«E’ un pelo datato»
«Allora mettiamo “io sono un eroe” di Caparezza e facciamo il botto. C’è retorica, nelle robe che scrive ‘sta tizia?»

«A livelli inverecondi»
«Presa»
«Ma la trama è una merda. Un albero che si reincarna in una ragazza, che cazzo vuol dire? Alle feste sta nell’angolo a fare l’appendiabiti? Muore per un’insolazione?»
«Chi se ne frega, la gente dirà che è un’arguta metafora. Soffre?»
«Molto»
«E allora va benissimo. Ora ci restano i giovani, ossia i notav»
«I notav sono alla buona duecento. I giovani in Italia sono molti di più e non vivono a spese dei genitori giocando ai Kerouac dei Parioli, anzi. Tanti stanno facendo carriera arrabattandosi, cercando nuove strade, sfruttando i mezzi a loro dis

«I giovani li conosco, sono stato giovane anch’io, quarant’anni fa. Le lotte studentesche, le autogestioni, Kossiga. Alcuni inseguono lo sballo del sabato sera, ma ai vecchi non piace. Vogliono giovani arditi, impegnati nel sociale come erano loro»
«Cioè gli stessi che hanno ridotto il paese a una merda mangiandosi i soldi dei padri, ciucciandosi le baby pensioni e ipotecando quelle dei figli e dei nipoti per andare in ferie a Cortina» mormora la ragazza.
«Come?»
«Niente»

«Forza. Un giovane noglobal. Piacerà un sacco ai vecchi, hanno tutti un figlio così»
«Ne abbiamo uno che copia spudoratamente John Fante, Kerouac, Bukowsky e quella menata della beat generation. Copia sia in classe che nel libro, in pratica. C’è odore di sei politico dappertutto»
«Embè? E’ perfetto, parassita puro, i vecchi si sentiranno di nuovo giovani. Vai, vai. Mi piace»
«Non vuole sapere di che parla il libro?»
«Figurati, le conosco a memoria quelle stronzate. L’asfalto bagnato, l’odore di libertà, la vita vera, il bancomat con prelievo illimitato e mamma a casa che aspetta. Dai, passiamo ai reietti»
«Tossici e farmacotossici?»
«No. E’ un tema troppo lontano dalla gente»
«Gioco d’azzardo?»
«Sei pazzo? Tre quarti dei vecchi sta attaccato alle macchinette restituendo la pensione, sia mai»
«Prostituzione?»
«I vecchi adorano scoparsi le minorenni, vuoi farli sentire giudicati? Ti ricordo il boom di vendite dei giornali con le olgettine. Il vecchio che s’incula le nuove generazioni piace, mica puoi metterlo in luce negativa. I Vanzina l’hanno resa una roba divertente e c’han fatto i milioni, non t’azzardare. Chi sono i veri poveracci, in Italia?»

«Non so, gli esodati?»
«I tossicodipendenti?»
«Le vittime di mafia?»
«Le stuprate?»
«I derubati?»

«No» sorride Tom «i carcerati»

«In che senso, scusi…»
«Sono poveracci» annuisce Tom, placido.
«Ladri, stupratori, scafisti, mafiosi, spacciatori, truffatori, assassini…?»
«Sì. Sono poveracci. I veri criminali sono quelli che ti fanno pagare le tasse, non quelli che le evadono. Tranne Berlusconi, ha ha ha. E poi nel 2013 il più onesto t’incula le spazzole dei tergicristalli al centro commerciale, stiamo tutti in campana, coi carcerati empatizziamo a bestia, domani potremmo esserlo tutti. Trovami un carcerato, andale»

«Questo ha scontato 3 anni di galera»
«Hm. Il libro di che parla?»
«E’ un appassionato di fantascienza. Immagina che durante un viaggio nello spazio…»
«No, no, NO! I carcerati devono parlare del fatto che sono carcerati e soffrono. Vaffanculo la fantascienza, cazzo è, un’epidemia di fantasia? Poi la fantascienza è pericolosa, stimola riflessioni filosofiche, finisce che i vecchi si sparano. Prossimo»

«Questo ha fatto 13 anni di galera»
«Ussssstia, poveraccio vero. Omicidio?»
«Non dice, ma mi sa di sì»
«Benone, i morti non protestano e hanno sempre torto. Il suo libro parla di carcere? Indugia sulla straziante vita guardando il cielo rigato dalle sbarre della repressione al suo comprensibile istinto a cacare in faccia alla società che lo mantiene?»

«Sì»

«Perfetto, preso. Finiremo con spareggione tra operaia, carcerato e notav»
«E chi vince?»
«Il notav, naturalmente. L’obiettivo è conquistare i giovani»

«Mancano i pompini alla chiesa e alle minoranze. La nera in giuria è pochino, fa troppo radical chic»
«Per quello non preoccupatevi, ho la soluzione. Sentite qua: i prescelti vengono portati in un alloggio popolare di zingari. Mostreremo solo le donne, che se si vedono i maschi la gente si caga sotto. La parte geniale è che…»
«Non credo questo sia giornalisticamente ones
«LA PARTE GENIALE è che sono rieducati e coccolati da un prete. Capite? Un prete nuovo, giovane, ROCK. Lo chiameremo padre… Rambo»

 

«Padre Rambo?»
«Sì! E’ ROCK!»
«Ma chi le ha dato l’idea, Celentano?»
«Dai, è perfetto. Cattocomunismo allo stato puro. La fusione che mette d’accordo PCI e DC. Credetemi, piacerà un casino ai giovani, così riavviciniamo la chiesa che tanto ha fatto e fa per il nostro fattur… società»
«Deduco quindi niente temi né autori gay» sospira lei.
«No, chiaro. E tutti i concorrenti devono avere figli ed essere etero, se becco un’abortita vi brucio la macchina. Avete capito tutto?»
«Sì, capo»
«Mi scusi» osa la ragazza «ma se un autore è buono solo a fare roba autobiografica, quando ha scritto un libro, dopo… che fa?»

Tommaso scuote la testa. Le novelline devono imparare molto: «Si leva dalle palle e fa stampare un altro libro di un esordiente da reality che non ha pretese di acconti o royalties, imbecille. E mi raccomando, che tutto abbia quella splendida aura mistica che dice “meditate, gente, meditate”. Non è come i grillotardati “SVEGLIAAAAAAA”, più… autorevole. Ti fa capire che tu sei stupido e loro sanno perché sono in televisione, così pensano che se dici quello che dicono loro andrai in televisione anche tu. Mettetevi sotto. Ma prima di lasciarvi recitiamo insieme il Sacro Monologo. Tutti insieme, forza»

La tavolata si alza in piedi.
Parte l’audio.

 

«Bene. Ora al lavoro, che qui stiamo facendo la nuova televisione italiana. E ricordate: non conta se sei bravo, non conta cosa dici, conta solo chi sei»

«Veramente Salgari ha scritto libri straordinari senza aver mai visto i posti che descriveva, Verne ha descritto il fondale dell’oceano senza esserci mai stato» dice la ragazza «Shakespeare nessuno sa davvero chi fosse o che facesse. Né importa. Philip K. Dick era un commesso in un negozio di dischi e scriveva di spazio e astronavi. La tragedia greca, da cui proviene tutta la letteratura del mondo, è stata scritta da Eschilo. Un nobile che diventò guerriero. Sofocle era un ricco proprietario di schiavi. Euripide era un povero atleta che dal nulla divenne un Dio della letteratura, studiando come una bestia. Senofonte ha scritto l’Anabasi, il primo romanzo della Storia, e a leggerlo fa paura come i loro pensieri, le loro riflessioni, i loro sentimenti fossero uguali ai nostri. E’ questa la più grande potenza della nostra specie: non puoi prevedere chi partorirà Giulio Cesare. Il mondo che raccontiamo su Masterpiece forse è politicamente corretto e rassicurante, ma è fasullo. Non siamo angeli caduti per volere divino, siamo scimmie che si sono alzate per merito indipendentemente da dove siamo nati, ricchi o poveri. Questo format dice che se sei un marinaio puoi solo scrivere di mare e questo ti porterà al successo. No. Non è vero. La Storia ha dimostrato che vi sbagliate. Diventi Shakespeare se parli al cuore dell’Uomo, non al suo ceto sociale»

Il tavolo rimane congelato in un silenzio di terrore. Tommaso sgrana gli occhi. Squadra l’interlocutrice con rinnovato astio.
«Ma a te chi ti raccomanda?» domanda, inquisitorio.
«Nessuno»
«Seh, nessuno. Tuo padre che fa?»
«Ora è falegname»
«Gna ha haha, tua madre?»
«Divorziata»
«Ho capito, classica figlia di ricchi falliti che puntano sulla bimba per riscattarsi dalla società. Non fai audience. Un’altra di queste uscite e finisci in falegnameria pure tu, cara la mia…» dice, sforzandosi di leggere il cartellino.

«Lucrezia» dice lei, digrignando i denti «Lucrezia Banana»