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Hasta la Vista siempre

Hasta la Vista siempre

Conoscete Windowblinds? Bè, permette di personalizzare XP come vi pare. Forma delle finestre, bottoni, font, stili, tutte cose. Certo, esiste anche styleXP, oppure Talisman, o per i più hardcore Flyakite che vi trasforma la grafica PC in un mac con sistema operativo Tiger. Conoscete Google Toolbar? Sono gadget che vi dicono che ore sono, che tempo fa fuori dalla finestra e cosa c’è nel vostro hard disk, sostituendo il search di XP che non ha mai trovato una madonna da che mondo è mondo.

Prendete questi due cosi, metteteli su Windows XP ed avrete Windows Vista.
Non sto scherzando, provate. Io, un fonico con la quinta liceo, sono riuscito a creare una versione di Windows Vista senza problemi di compatibilità, senza cazzi di sicurezza, senza connessioni misteriose e che gira su un pentium 2.66GHz ed un solo giga di RAM.

Sono un genio.

I restanti gigabyte, allora, a che minchia servono? Bè, oltre alla calcolatrice di Windows che occupa il suo, alla nuova grafica di CTRL ALT CANC e alla cazzabubbola delle finestrelle rotanti (che potete avere su XP qui) servono ad adattarsi al cliente, a creare un ambiente di lavoro comodo, pratico e confortevole in grado di venire incontro alle esigenze dell’utente medio che secondo Microsoft ha quattro denominatori comuni:

A) E’ un idiota.
B) E’ un ladro.
C) E’ miliardario.
D) E’ uno psicotico con manie di persecuzione ed affetto da paranoia.
Così ha sviluppato un sistema operativo per Tony Ciccione dei Simpson.

WV non è un sistema operativo vero e proprio, è più un enorme lucchetto collegato ad un detonatore. Se lo usate solo per guardare filmati delle vacanze, leggere le mail e disegnare cazzi viola col paint è perfetto. Se lo usate per qualcosa di più complesso, hmm, no. Se volete accedere ad una cartella, vi chiederà se siete sicuri. Direte di sì. Schermo nero, una finestrella: è necessaria l’autorizzazione dell’amministratore. La dà? Direte di sì. Ecco ritornare a casa, finalmente, il caro vecchio Schermo Blu Della Morte. Era dai tempi di Windows 98 che non si vedeva. Si riavvia da solo, sinistro e misterioso. Appare un avviso:

C’è stato un errore. L’ho riparato, forse.
Non puoi sapere quale. Sei stupido.

E’ bello sapere che pago per avere un sistema che non solo mi tiene nascoste delle cose, non solo non mi dà il CD originale, ma si collega a tradimento alla Microsoft raccontandogli cazzi e mazzi di che software uso, se li ho comprati o meno e se sono autorizzato ad avere certi file. Se è incerto, cancella tutto.  Ero arrivato alla fine di Two Worlds dopo non so quanti anni. S’è mangiato tutti i salvataggi, nessuno sa quando o perché e tenete presente che il gioco era originale, ho ancora la confezione.

Gli aggiornamenti partono a tradimento. Viscidi come sindacalisti strisciano alle tue spalle intasandoti la banda per scaricare un file da 700 mega che stermina tutto, ogni salvataggio di gioco, ogni eseguibile modificato, ogni autorizzazione. Dovrete ricominciare da capo ed autorizzarvi ad avere l’autorizzazione UAC.

UAC. Ora non so voi, ma io quando sento la parola “UAC” non vedo il logo di Windows.
Vedo questo.

E subito dopo, questi.

…ma WV è fatto per giovani e poi Doom è un gioco semisconosciuto, chi vuoi che ci pensi. Internet Explorer è più incattivito che mai, non lo schiodi a randellate. Tutto su WV è fermamente bloccato in modo che tu non possa disabilitare programmi inutili. Il Media Player è inamovibile, ed ho scoperto di recente che urla ai quattro venti che canzoni ho nel PC.

No, no, sul serio, se passate vicino alla mia connessione wifi viCITOFONA per dirvi che Nebo vuole condividere la sua musica con te.

Non importa quanto smanetterete, Windows lo farà sapere ai suoi negri là fuori tanto che ho dovuto mettere nell’HD esterno tutte le basi, i pezzi nuovi e pure i suoni perché quest’idiota li regalava in giro a destra e a manca. Tanto uso Winamp e no, signora, no, i formati WMA fanno scoreggiare i morti, suonano uno schifo pure ad alta risoluzione.

Gli antivirus non esistono, a parte il Norton che chiamarlo “antivirus” è una barzelletta raccontata male. Siccome Norton non ha mai preso un solo virus in tutta la vita io mi sono ben guardato dall’usarlo, ma Kaspersky se lo installo scompare, Antivir dà problemi di compatibilità ed io mi son rotto i marroni. Openoffice va che è una meraviglia. Firefox meno, fa caratteri strani ma tanto uso Safari, che a mio avviso è il miglior browser mai creato. Bello, comodo, rapido, funzionale, esteticamente gradevole e semplice, non ha mai crashato una-volta-una. Fruity Loops, Sound Forge 9.0c vanno, a parte qualche scazzo coi driver audio e la scheda ma vabbè.

Bilancio finale, al prossimo sgarro grave che mi fa (ho già disattivato la connessione internet) lo lobotomizzo e ci caccio XP con Partition Magic o roba così. Se mi gira il culo, tento la strada di Ubuntu con emulatore XP, ma si tratta di far bungee senza cintura.

Mi dia quel computer, pazzo

Mi dia quel computer, pazzo

– Lei è qui per fare un acquisto, suppongo.
– Sì! Ho deciso di prendere il PC che vendete in offerta – dico.
– Mi fa vedere il modello?
– Ecco.
– Hm. Hm. Hmmm. E’ possibile, certo.
– Si sente bene, capo?

L’omino di PC-CITY è entrato in una specie di trance. Paralizzato. Fisso. Un budda. Mi vien voglia di toccarlo col bastone per vedere se è vivo o è rimasto fulminato.
Osserva il foglio con aria assorta.

– …hmmsssSSI, SI, CERTO! E’ IL FUJITSU SIEMENS!
Faccio un salto.

– VENGA, VENGA! – sbraita eccitatissimo partendo al galoppo – E’ LA FILA 6, QUARTO SCAFFALE, SU, SU, NON VUOLE VEDERLO?! HAHAHAHAH! VENGA!

Lo guardo allontanarsi che per poco non si mette a far capriole. Attorno nessuno sembra badare al fatto che sono nelle mani di un pericoloso psicopatico. Vabbè, seguiamo l’omino. Arrivo che sta confabulando fitto fitto con un indiano.

– AH! ECCOLA! GUIDERO’ PERSONALMENTE LA SUA PRATICA D’ACQUISTO! PERSONALMENTE!

Il che secondo lui dev’essere un onore mica da ridere. Mentre con gli occhi cerco un oggetto contundente lui gira i tacchi, mormora “la lascio nelle mani dell’addetto” e scompare nel buio.

– Tu hammig compra compùtero? – esordisce Indy.
– Non doveva seguirmi il tizio?

Il simpatico indiano ragiona, segue dove indico, riflette e spara la migliore risposta.

– Lui… capo! Capo, capo tutti. Responsabile. Vende compùtero, anche me, io. Ieri –
Se non altro siamo in due a non aver capito un cazzo di quello che ha detto l’altro.<
– Uassìlli? – domanda.
– Yò –

Sembra soddisfatto, sorride. Emetto grugniti e percuoto cose per farmi capire da un uomo che ormai è il mio migliore amico ed è convinto io gli stia raccontando chissà quale mirabolante avventura, visto che quando busso sullo scatolone assume un’aria contrita e appena faccio il gesto dell’abbraccio e dell’andarsene sorride estasiato. Questo tizio trasmette una simpatia fuori da ogni misura, così cerco sul suo petto il tesserino con il nome perché mi sa che mi sono fatto il miliardesimo amico. Il tesserino non c’è. L’indiano nota che gli sto fissando il petto, si prende in mano la camicia e spara un “auaragana gheeen wassila mu”. Mi guardo attorno. L’indiano è lì con tutta la famiglia che a qualche metro assiste alla nostra conversazione. Appena mi giro salutano educati. Alla mia destra c’è Il Commesso Più Timido Del Mondo che è rimasto in disparte perché “non voleva disturbare” per oltre venti minuti.

Madonna auaragana.

– Eh, no, è che il signore era vestito uguale ai commessi, sapete, allo
– COSA FA?! – urla alle mie spalle una voce alterata.
Mi trasalgo addosso.
– VENGA, VENGA! HA PARLATO COL COMMESSO?

Il commesso è un ragnetto di sessanta chili che mi fissa con orrore e sussurra qualcosa.

– No, non ho avuto l’occasione. Senta, io vorrei solo il PC, posso portarlo via?

L’ufficio è caruccio. Ok, io son di bocca buona, però il posto è davvero carino. Moquette, tavolo di vetro, tutto pulito, ordinato, par una reclame dell’ Ikea. Mi siedo in una poltrona che non permette movimenti ed osservo con diffidenza il folle prendere posto. Come in tutti i manuali del piccolo schizoide egli cambia tono di voce, sguardo, impostazione: diventa un altro, un automa con le ascelle pezzate che con occhi di vetro vuole rubarmi l’anima o, più probabilmente, scoparmi un sacco di euro.

– Un computer è un acquisto importante, anche se si tratta della nostra offerta lancio – dice.
– Sì – rispondo mentre esploro gli oggetti acuminati sul tavolo.
– Ebbene, come lei saprà questi sono computer di nuova generazione che montano Windows Vista.
– Bè, sì, ma ci monto su XP.
– No, questo non è possibile. Windows Vista non può essere rimosso o disinstallato. E’ DENTRO, capisce?<
– Uuh.. dentro, sì.
– E con Windows Vista nessuno dei nostri vecchi programmi va. Antivirus, office, nulla. Inoltre la pirateria non esiste più, con Vista. I nostri vecchi programmi crackati non verranno nemmeno installati. Office 2003, Word, eMule? Se li dimentichi.

Questo tizio mi ha scambiato per un idiota, ma non è un problema. Spiego la mia professione e questo lo intimidisce, giacchè non sapendo un cazzo di suono la lezioncina va a farsi benedire. Tace mentre spiego che non sono interessato nemmeno all’acquisto di Office.

– Le ripeto che il vecchio non funzionerà.
– Sì, sì, ma io uso l’OpenOffice.

A questo punto l’omino IMPAZZISCE. Mani sulla testa spiega che mai, MAI avrei dovuto installare OpenOffice, è figlio del demonio, di sinistre cospirazioni di hackers che tramite quel programma installano virus, malware ed entrano nel mio computer di nascosto, distruggono i miei dati, violentano le mie donne ed uccidono i miei amici. Ho finalmente la conferma che quest’uomo è un demente, così mi diverso a stuzzicarlo.

– Ho saputo che è possibile installare mac con una partizione.
– Scherza? Non può nemmeno aprire il case per quattro anni o le salta la garanzia, vede? C’è una fascetta, se si rompe è andata. Si figuri mettere un sistema operativo diverso, le conseguenze sarebbero… inimmaginabili.
– E io installo XP.
– Non può! Non può! Vista è radicato nel PC, non è possibile disinstallarlo!
– Creo una partizione.
– Questo comprometterà le prestazioni! La ram! Il processore!
Lo guardo. Ho la parola in bocca, un lucido proiettile d’uranio impoverito.
L’aria si fa tesa. La gusto, la assaporo, e poi la sussurro con alterigia:- Ubuntu.
– NOOO! AAGH! NOOOO! – urla in preda alle convulsioni – è PAZZO?! LINUX è un sistema che blaaaah, blaaaah, BLAAAH! BLAAAAH!

Lo lascio che si sta nascondendo sotto al tavolo chiamando la sicurezza, mi dirigo alla cassa. La tizia mi guarda arrivare con uno scatolone, sorride.

– Non fa il finanziamento?
– No, signorina, io sono per i contanti così so che non vi rivedrò mai più.
– Sono… ottocentonovantanove euro.
– So. Ora facciamo la cosa più divertente del mondo – dico tirando fuori un rotolone di banconote frutto di sudati risparmi.

Glie li metto in mano. Lei nella mano ci mette un euro. Ride. Il mio sorriso è identico alla smorfia che faccio in palestra durante i massimali. Esco, l’aria appena spruzzata di pioggia profuma di pulito. OpenOffice è vero che non funziona con Vista, solo che lui non wlo sa e continua imperterrito a scrivermi queste perle. Su Vista sarebbe da fare una recensione a parte, magari domani.

Dalle stelle alla fica

Dalle stelle alla fica

«Non sarebbe bello essere delle persone importanti? Sapete, fare la differenza, essere conosciuti, aver soldini e fama? Conoscere persone che altri non possono conoscere, entrare in posti che per altri sono accessibili, avere dei privilegi, essere speciali? La risposta, ovviamente, è sì. C’è chi lo ammette serenamente e chi inventa buffe scuse retoriche. La parola più quotata nell’ambito comunicativo è “ESCLUSIVO”. Se io faccio un posto dove puoi entrare quando vuoi con chi vuoi ci verrai una volta per sbaglio. Se io ti dico che è riservato ad una clientela d’elite pagherai somme stratosferiche per riuscire ad intrufolartici. In parole povere, se il tramonto fosse a pagamento lo guarderebbero tutti.

Se ti guardi attorno vedrai persone indossare e comprare oggetti totalmente ridicoli per somme altrettanto ridicole. Andiamo, se nel nel 2000 avessimo visto un uomo con camicia fucsia attillata con scritto a brillantini “baci e abbracci” avremmo riso allo spasmo. Appena saputo che l’aveva pagata 200 euro saremmo morti rotolandoci per terra. Il motivo, oltre allo stare al passo coi tempi, è l’emulazione. Come quando eravamo bambini e giocavamo a “facciamo finta che”.

Mi compro occhiali da 280 euro per fare finta che.
Compro una macchina che fa 6 chilometri con un litro per fare finta che.

A questo ragionamento può arrivare chiunque ed è talmente sdoganato, talmente banale, talmente ovvio che sta cominciando a diventare fuori moda. Non basta vestirsi e guidare per fare finta che. Non è più convincente, non è più APPAGANTE, serve qualcos’altro. Ora serve addirittura pensare, per fare finta che.

Se c’è una cosa che l’essere umano non sopporta è il non conoscere: l’ignoranza ti fa sentire piccolo, indifeso, e soprattutto spaventato. Se io dico “qui dentro fa freddo, c’è qualcosa che non va” spavento. Se io dico “qui dentro fa freddo, è schioppata l’aria condizionata” la gente mi ignora. Dai un nome al mostro sotto al letto e farà subito meno paura. Se legate queste due cose insieme, escono i dietrologi, i complottisti ed i cacciatori di cospirazioni. Persone che non sopportano né accettano di essere piccoli e di non essere in grado di fare la differenza; odiano chi è al potere ed accusano lui di ogni loro fallimento; cercano in ogni modo di attribuire al potente le colpe di ogni cosa, anche le più fantasiose storielle. Se mia moglie mi fa le corna non dipende dal fatto che io la chiavo solo il 31 del mese, dipende dal fatto che la CIA sta emanando onde mentali che fanno il lavaggio del cervello alle persone. Se il mio capo redattore mi butta fuori a calci nel culo non è colpa dal fatto che io non faccio un cazzo dalla mattina alla sera: è colpa di Berlusconi, dei comunisti, della CIA, dei terroristi.

Perchè io non sono un granello di sabbia.
Io POSSO FARE LA DIFFERENZA, magari con petizioni online o catene di S. Antonio. Non c’è niente di più difficile, al mondo, che ammettere di non contare un cazzo.

Così nascono cazzate improponibili come le scie chimiche, le torri gemelle abbattute dagli americani, il tubo Tucker ma soprattutto, signora, nascono i profeti: gente che non propone mai un cazzo ma attinge dal bar sport presente in ogni città, quello dove ci si trova a parlar male del governo. Questi profeti del nulla hanno la capacità del caccapupù elitario: ovvero dicono banalità sconvolgenti (i politici rubano, i gay sono uguali a noi, gli immigrati non sono tutti cattivi, le donne devono essere uguali agli uomini, l’erba è meglio del cemento, la pace è meglio della guerra, la CIA fa cose segrete, i giornalisti sono faziosi, i gattini sono teneri, le veline sono sceme, la merda puzza, l’acqua è bagnata). Vendono queste verità come elitarie, raccogliendo un gruppo di persone attorno a loro e dicendo “noi sappiamo la verità, ma ci perseguitano e vogliono chiuderci la bocca”.

Così fanno finta che.

Fanno finta di essere importanti, di conoscere, di sapere, e soprattutto fanno finta di credere, perché se c’è una cosa di cui abbiamo disperatamente bisogno è quello di credere in qualcosa o qualcuno. Da quando abbiamo smesso di credere al papa robot crediamo ad ogni puttanata elitaria. I no global, i wannamarchisti, i tuckeristi, i grillini, i travaglisti, i codicedavincisti, gli sciachimisti, gli scientologysti. Si tratta di una “cerchia d’eletti” che ha scelto di credere, non di ascoltate la ragione trasformando il ragionamento deduttivo in induttivo: non più “siccome X è 1, allora credo che” bensì “siccome credo 1, allora è X”.
Si tratta di persone che credono.

Avere fede in qualcosa implica la cecità totale, l’assoluta mancanza di obiettività o di possibilità di dibattito. Tu sei una donna intelligente che è in grado di ragionare con la propria testa, credi ai fatti e non parli per fede o pregiudizi. Quindi ora girati e proviamo nel culo.»
«MA NON ABBIAMO LUBRIFICANTE!»
«…secondo te cosa ci fa quella noce di burro sul comodino?»

Una storia d’amore di ventisei secondi

Una storia d’amore di ventisei secondi

«Salve!»
«Cosa c’è?»

E’ mezzogiorno. Lei sta mettendo multe, bella come una dea. Io sono in bicicletta reduce da una sudata improponibile sotto il sole della Mestre di giugno.

«E’ la sua macchina?»
«Mia? No, no, signorina, io ho una 600, poi vede? Sono in bici»
«E allora che c’è?»
«Niente, volevo dirle che io son sempre stato di gusti semplici. Sa, cose banalissime, non sono per le stravaganze. Però da quando l’ho vista ho percepito un fremito nella forza»
«Che sta dicendo?»
«Le seccherebbe ammanettarmi?»

Rimane imbambolata con il blocchetto in mano.

«…prego?»
«Sì, sì, giusto il gesto, però insomma, chi non vorrebbe farsi ammanettare da una donna come lei?»
«Se ne vada, signore»
«Oh, andiamo, sia gentile, quando mi ricapita? Lo prenda come regalo di compleanno»
«Adesso lei mi dà un documento»
«Pronti»

Tiro fuori la carta d’identità. Continuo a parlare mentre lei trascrive diligentemente.
«E’ vero che oggi è il suo compleanno»
«Sì. Insomma, come faccio a farmi ammanettare?»
«Dovrebbe darmi un motivo valido»
«Se vuole vado a prendere l’auto e faccio la strada in contromano»

«No, per motivo valido intendo che la prendo a manganellate, poi arrivano i miei colleghi e alla fine le mettiamo le manette»

«Ma io non voglio farle del male, voglio solo che mi ammanetti!»
«Guardi, io ho i suoi dati, ora o lei se ne va o la denuncio»
«E se ora fuggo per sfuggire alla denuncia ed il conseguente arresto?»
«Le ho appena preso i dati e ho ancora la sua carta d’identità in mano»

«Va bene. Allora mi arresti»
«La SMETTA!»
«Faccia solo il gesto!»

Sbuffa, mettendo la mano sulla radio: «…il gesto?»
«Niente, mi prende i polsi, mi ammanetta, poi me ne vado felice dopo aver ricevuto un bellissimo regalo di compleanno, potrò bullarmi di essermi fatto ammanettare da una donna bella come lei, chi potrebbe?»
«…e poi lei se ne va»
«Sì. Promesso»

Si guarda attorno. Mestre è in un mare di soleggiato, deserto ed afoso asfalto.

«Mi dia i polsi»
«Evvai!»
«Si giri»
«Ok»

Click.
Mi rigira.

«E’ contento? Buon compleanno.»
«Non ha idea di quanto mi ha reso felice, signorina.»
«Ora si giri che gliele levo, altrimenti passiamo un guaio.»
«Ecco.»
Clink, ra-tlack.

«Ora sparisca dalla mia vista.»
«D’accordo. Posso portarle un fiore, dopo?»
«NO! VADA VIA!»

Monto in bici e sgambetto. All’angolo mi giro a guardarla, mi fa il gesto “vai” con la mano.
Non ho mai più rivisto quella tizia, ma penso di essere ancora innamorato di lei.

Le cose non smettevano di esplodere

Le cose non smettevano di esplodere

– Ehilà, com’è andato il capodanno? –

Questo mio amico è ricco. La passione di questo mio ebefrenico amico sono i fuochi artificiali, in cui arriva a spendere cifre superiori a due miei stipendi. Quest’anno non son andato da lui e mi mangio le mani, l’ho incontrato oggi mentre tornavo dal lavoro e mi ha raccontato cos’è successo.

A mezzanotte mancano pochi minuti, sono tutti molto ubriachi. Dado – chiamiamolo così – posiziona i fuochi nel suo giardino e ne delega un paio alla sua adorabile consorte, raccomandandole di piantarli bene nel terreno. E’ mezzanotte, e nel casino generale escono tutti. Dado accende i fuochi al buio del giardino. Tutto è bellissimo. Arrivato agli ultimi due, le scintille illuminano qualcosa che non va. Si gira, urla “tutti dentro! Tutti dentro!”. La gente vede la sua faccia e si scatena il fuggi fuggi generale. I due dardi piantati dalla consorte, praticamente due RPG, sono infilati nel terreno di tre-quattro centimetri. In pratica, la roulette russa.

Partono quasi simultaneamente.

Il primo, che chiameremo “Vagabondo”, si piega in avanti per la spinta e parte con un alzo di circa 45 gradi. VAGABONDO perfora la siepe, incendiandola, che ne devia la traiettoria verso il terreno. Attraversa la strada, finisce sotto una punto bianca ed esplode, facendola alzare di mezzo metro, distintegrandone la coppa dell’olio, annientandone tutti i vetri e annerendo la carrozzeria. Qui termina VAGABONDO.

La punto era di un suo amico.

Il secondo, LILLI, parte verso destra. Prende in pieno il lampioncino che viene disintegrato. Non si sa secondo quale principio della fisica LILLI a questo punto procede verso l’alto in una parabola a C. Torna indietro, e all’altezza del secondo piano si infila nell’unica finestra aperta, ove deflagra. Il boato all’interno della casa fa crollare il lampadario del salotto, che cortocircuita l’impianto elettrico. All’interno della camera da letto dove LILLI ha impattato vi erano i cappotti di tutti, un gatto, un televisore al plasma e qualche cianfrusaglia.

Lilli carbonizza tutto, fa a pezzi il televisore, incendia le tende e si desume abbia polverizzato il gatto, che è tutt’ora disperso. I pompieri arrivano e riescono ad isolare l’incendio che si stava propagando grazie al parquet. I danni sono pressoché incalcolabili. Con sguardo perso nel vuoto e la voce rotta fa:

– Nebo, ti giuro, pareva Sarajevo, le cose non smettevano di esplodere.
Sono riuscito a non ridere fino al mio arrivo a casa.

Aggiornamenti: han trovato un pezzo che potrebbe essere il gatto conficcato nel televisore. Non sto scherzando.