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Harry Potter e le persone che lo venerano

Harry Potter e le persone che lo venerano

Esistono persone a cui Harry Potter fa schifo ed altri che lo idolatrano. Entrambi hanno contribuito ad elevare la fama di questo tizio che dalla lontana inghilterra bussa alla porta del mio garage. Harry Potter, chi diavolo sei? Apparentemente è la storia di un adolescente che ha un miglior amico rincoglionito (Ron) e un’amica   secchiona (Hermione) seria, posata, matura, controllata, la classica tizia che devi stordire con un teaser perché ti restituisca il cazzo quando lo tiri fuori.

Questo trio studia magia al collage di Hogworts dove i gufi parlano, gli oggetti volano, le candele fluttuano, nessuno si droga né scopa, i bulli le prendono e soprattutto chi guarda Sex&The City muore sciolto nell’acido. Hogwarts è presieduto dal consiglio docenti tra cui Renato Zero. Al consiglio fa capo Albus Silente

«IL CANTANTE DEI JETHRO TULL!» urlo saltando in piedi.

No. Non è lui, quindi invece di cantare Stand Up o suonare il flauto bofonchia banalità buoniste, melense e pallose che ho idea sotto quella barba ci sia Benigni. L’atmosfera è quella di Elephant: aspetti con crescente eccitazione l’arrivo di due persone normali armate che rimettano a posto le cose come Mamma Terra vuole: sangue, droga, prostituzione, guerre, sparatorie, stragi insensate, Sivia Vada, mine, bambini mutilati, stupri, donne che piangono.

No. In compenso entra l’antagonista, tale Voldemort, uno che in passato ha fatto una ragazzata trucidando madre e padre di Harry bruciandoli vivi. A quel punto Harry si lamenta, prende un bastoncino, dice qualcosa in svedese e Voldemort si dichiara sconfitto perché appaiono le lucette blu attorno a lui. Hermione arriva gridando “ho trovato la vaselina”, l’amico di Harry arriva facendo la faccia buffa che fa ridere i bambini inglesi e Albus Silente (non il cantante dei Jethro Tull) fa la ramanzina finale a tutti:

«Studiate, bambini, che io crepo nella prossima puntata ucciso da Renato Zero».

Bòn, ora so chi è Harry Potter. E in realtà non è male. Ciò che mi domando è come mai questa rivisitazione di Bayside School faccia così successo. In rete ho scoperto che mentre Maria de Filippi addestra nuovi terroristi lo stesso fa Harry Potter, reclutando migliaia e migliaia di persone che credono Harry sia il nuovo Obi Wan e lo venerano come un Dio, vestono come lui, studiano magia…

…e lo so, cosa volete che vi dica, studiano magia e come creare bacchette magiche. Non so se ho voglia di approfondire l’argomento calcolando che sono tanti, sono incazzosi e hanno  blog con template nero, glitters, Comic Sans Serif e musichetta. Approfondisco. Il primo approccio è questo. Saretta90 domanda: «Perchè Harry Potter piace così tanto? A me non piace, un maghetto inutile, cosa ci trova la gente in Harry Potter non lo so proprio.»
Una Potter soldier la intercetta al volo, seccandola: «COSAAAAA???O MIO DIO. MA COME FATEEEEE???. IO NN VIVO SENZA HP. MEGLIO CHE SCO DA QUESTO POPIC PRIMA CHE MI PRENDE UN INFARTO »

I grafologi e gli psicologi riconosceranno immediatamente chiari segni di personalità dissociata, affetta da nevrosi o comunque psichicamente instabile. Potrebbe essere un caso, o un’adolescente che ascolta Meneguzzi per più di nove secondi, ma più vago per la rete più scopro meravigliato come HP sia la nuova religione del futuro. D’altra parte, chi non la vorrebbe una religione così? A noi da bambini a catechismo mica era concesso vedere la meretrice salvata dalla lapidazione che dieci giorni dopo aver raggiunto la maggiore età mostra mutande da orgia gothic.

Da questo ho avuto una geniale intuizione: ovvero che non esistono più rockstar. I ribelli sono diventati un’operazione commerciale alla stregua del McDonald.  Emily the strange la fa da padrone su tutte le borse ed i diari delle piccole adolescenti che invece di Gucci comprano questo. Harry Potter non è altro che un enorme macchina tritasoldi che sforna un cartoccetto di aria fritta con il logo del fantasy ridendo dei giovani virgulti che sognano di cambiare il mondo con la magia di Hogwart.
E questo, signora, è il motivo per cui oggi dobbiamo essere felici: anche oggi vincono i buoni.

La storia di Zatarra, il gatto senza buco

La storia di Zatarra, il gatto senza buco

Una allegra famiglia compra una gatta, la gatta si fa ingravidare e da alla luce sette sculture di arte moderna. L’unica tecnicamente viva viene battezzata “Zatarra”, un oggetto semovente dalle fattezze vagamente feline con una sola zampetta di quattro centimetri, una coda bloccata a L, il pene, i testicoli e le mammelle. Full optional, il primo gatto travestito del mondo, se non fosse per un piccolo problema: non ha il buco del culo.

Sì, avete letto bene.
Zatarra non ha il condotto di scarico, è tappato.

Ora, in queste condizioni le aspettative di vita sono quelle di un gavettone in pieno agosto. E’ proprio fisica elementare, la certezza che entro pochi minuti Zatarra diventerà un enorme Pouf da salotto rigonfio di merda. La famiglia ferrarese, tuttavia, non si perde d’animo: telefona ad un veterinario che domanda di portare Zatarra in ambulatorio. La famiglia risponde che Zatarra deflagrerà molto prima, perché sta succhiando il latte dalla madre che con una certa apprensione lo guarda gonfiarsi come un pallone aerostatico. Il veterinario domanda allora di guardare se Zatarra ha il condotto sigillato o è nato privo di intestino, al solo scopo di compiere un atto terroristico. La famiglia assicura che una macchietta scura c’è. Il veterinario, a questo punto, dice che è necessario compiere un’incisione, che arriverà lì quanto prima ma che se è un’emergenza devono incidere loro.

La famiglia ferrarese già ama Zatarra, piccolo e teneroso Bin Laden. Così improvvisandosi medici pugnalano Zatarra nel culo usando la macchia scura come bersaglio. A quel punto invece che sangue esce merda e questa specie di sacco d’organi è salvo. Vivrà. Il veterinario si presenta con una reflex e due testimoni dieci minuti dopo. Fotografano Zatarra, si fanno dare i nominativi di chi le ha venduto una gatta madre tanto prestigiosa e se ne vanno.

Due settimane dopo il veterinario pubblica un articolo su una rivista scientifica, lamentando del fatto che Zatarra è spirato in seguito ad una sua morbosa attrazione per le condutture elettriche scoperte. Perché è così: Zatarra, nel suo solo ed unico spostamento, si è autodistrutto. Usando la coda e la sola zampetta come pungolo ha arrancato per 20 metri, ha raggiunto il cavo di una lampada alogena e l’ha mordicchiato fino a folgorarsi, riuscendo almeno a far cortocircuitare la centralina di casa. Una vita di 48 ore solari dedicata alla distruzione dell’essere umano.

Addio, Zatarra.
La tua breve vita, il tuo odio per l’uomo, sono la più grande metafora delle rockstar.

Come domare una diciottenne #3

Come domare una diciottenne #3
Mi stringe la mano mentre sotto di noi sinistri rumori di ferraglia fanno presagire il peggio. La guardo mentre l’orizzonte si sposta dove non dovrebbe, il vento aumenta e il rottame che ci trattiene comincia ad inclinarsi. Il vento soffia sbagliato sul nostro sudore gelido. Il cuore aumenta le pulsazioni. Osservo i suoi capelli neri che s’inclinano pericolosamente. Sono bloccato. Mi divincolo, ma non c’è niente da fare. La guardo per l’ultima volta e cerco di dirle qualcosa. Il suo urlo taglia l’aria. Stringo i denti mentre quintali di ferro precipitano in verticale tirandoci giù con loro.
 
«Facciamo un altro giro! Facciamo un altro giro! »
«Hai visto che coda c’è?»
«Cosa vuoi fare, le tazze? Vuoi che ti mollo là e poi torno a prenderti? »
«Porta rispetto, giovinastra »
«Il top spin? »
«No. Dopo.»
«Insomma, che vuoi fare? »
«I pirati »
«DI NUOVO?!? »
«L’ABBIAMO FATTA UNA VOLTA SOLA! »
«EMBE’?!? Mica è divertente! »
«Ma è BELLO! Poi taverne, grotte, natura, cannonate»
«Guerrafondaio dimmerda »
«Noglobal »
«Fascio »
«Mi metto a raccontarti Predator»
«NAAAGH! Ancora le tue menate ammuffite! »
«Non sai quello che dici. Totano? »
«Totano »
 
Decidiamo di fare il passo del tòtano. Camminare come un tòtano fa impiegare più tempo ma è divertente, così alzando le braccia a tempo ed ancheggiando ci dirigiamo al bar. La trattengo dal comprarsi spadine e vaccate in arte mista, le regalo una collanina etnica che le fa emettere suoni garuli e ci ficchiamo nella coda del Blu Tornado.
 
Tenendo i ritmi che c’ha Leo alle sei di pomeriggio abbiamo finito le giostre interessanti trascurando menate panoramiche. Fuga da Atlantide è una merdata. I tronchi che cadono pure. ‘sto nuovo Mammuth di cui parlano è la brucomela versione gangsta, così lasciamo perdere.
 
Abbiamo tutta la sera per rifare le cose, ma noi abbiamo altri progetti.
 
«Ok, adesso tocca a te »
«Guarda, c’è il draghetto prezzemolo che si fa le foto coi bimbi»
«Mbè? »
«Vai là e toccagli il cazzo »
«Dove ha il cazzo il draghetto prezzemolo? »
«Prezzemolo non ha il cazzo, l’uomo che c’è dentro sì »
«Fatta. Ma se è una donna? »
«Hmm, potrebbe essere una psicologa, in effetti. Vabbè, toccale la vagina »
 
Mi affianco ad un gruppo di simpatici turisti che scattano foto. La vedo arrivare, lo abbraccia ed all’ultimo momento scatta. Prezzemolo la prende bene e tenta di inseguirla parlandole da sotto la maschera, ma al primo “No, Prezzemolo, ho solo diciott’anni!” il draghetto si dà alla fuga. Ci mettiamo vicino ai cespugli calpestando l’erba ed assumiamo la posizione della fusion di Dragon Ball. Immobili, perfetti. Arriva un tizio tutto serio a dire che non si può stare sul prato e noi, come d’accordo, lo ignoriamo restando fermi. Il tizio insiste. Fermi.
 
«Ragazzi, per favore »
Fermi.
 
Il tipo parlotta nella radio chiedendo rinforzi. Ci mettiamo a volteggiare sul prato a suon di passi del totano e lui ci segue abbastanza incazzato. Per me un’erba che non si può calpestare è una bestemmia, per Leo pure, e siccome è la nostra religione abbiamo compiuto un atto politico. Magdi Allam ci fa una sega. La proposta di andare a vedere i delfini che ci avvertono della fine del mondo è bocciata, così optiamo per la scena del fidanzamento distrutto. 
 
Il bar più affollato è quello degli arabi, dove ci rechiamo senza indugio. Pigliamo entrambi un bicchiere d’acqua bello grande e ci mettiamo a sedere. Dopo qualche minuto lei salta su cominciando ad alzare la voce, io cerco di consolarla ma non c’è niente da fare, la scenata uterina è in piena caduta di stile libera. Il locale s’azzittisce abbastanza mentre lei sbraita che devo vergognarmi, che sono un mostro e che a lei il gelato al melone fa cagare.
 
«Sei una stupida se non apprezzi il gusto zuccheroso del melone» dico.
Lei mi tira una sberla e mi lancia il bicchiere in faccia.
 
«Aah» dico agitandomi la maglietta «con questo caldo è una figata »
«Davvero? Vediamo » dice lei gettandosi in faccia il mio «Ehi, è vero! »
A quel punto prendiamo e usciamo. 
 
La cosa complessa di Gardaland è far capire alla gente che esiste un pericolo reale. Quando ti metti ad uscire da una giostra sostenendo la ragazza che piangendo mormora “ohmioddioo-o-o-o, tutta la mia classe… un massacro” o non ti ascoltano o fanno finta di niente. Perché sono lì per divertirsi, non per lavorar come noi, e stanno allegri. Così siccome stiamo ciaccolando della diversa educazione che le nostre generazioni hanno ricevuto finiamo sull’iperprotettività.
 
Cos’è il genio?
Il genio è percezione. E’ saper fare i collegamenti.
Notare, capire, elaborare ed inventare.
Una questione di intuizione innata che una ragazza del 90 cresciuta lontana dalle metropoli e dalla TV possiede in sommo grado.
 
Facciamo scorta di bustine di ketchup e ci portiamo nella zona bambini, quella con gli elefantini che sborrano, gli alberi che parlano e i lampioni storti. Facciamo la coda diligenti e finalmente possiamo salire sul Voloplano, una giretto panoramico fatto da aeroplanini con la faccia depressa. Entriamo, ci spalmiamo il ketchup qui e lì, ci stravacchiamo sui sedili (io con una gamba penzoloni disteso all’indietro e lei, nel sedile davanti, a braccia sanguinanti aperte e testa penzoloni) e rimaniamo zitti ed immobili.
 
Così attorno alla zona bambini comincia a volare un aereo che trasporta cadaveri. 
 
Inizialmente nessuno lo nota, poi sentiamo partire le prime risate e finalmente urla di terrore. Non possiamo guardare, ma data la mole di suono che si scatena pare sia un successone. Un aereo di cadaveri che vola sopra un parco per bambini fa un certo effetto, evidentemente. All’arrivo c’è la solita ressa e due della sicurezza che ci attendono. 
 
«Ancora voi »

Ci portano dal Responsabile. Sto responsabile è una palla di giostra, ma ha l’aria condizionata e non c’è coda. Una tizia caruccia, stronzetta, sulla quarantina, ci spiega che lei è felice se ci divertiamo ma non è giusto mettere in imbarazzo gli altri e quelli del parco stesso, soprattutto parlando di religione in tempi come questi. 
 
«Sta parlando di quando abbiamo camminato sull’erba? »
«No » dice incazzatiella «Dico quando nella Madhouse vi siete messi a dire “quella roba” ad una donna che ha sporto reclamo »
 
Allude alla casa di Prezzemolo. C’era ‘sta tizia che era agitata, ci siamo messi a dirle “sento cristiani morti cantare in coro, e lei, signora?”.
 
«Mbè? » fa Leo  «saremo liberi di ascoltare la musica che ci piace? »
«Signorina » inizia la giostra Responsabile  «io apprezzo vi divertiate, però dovete capire che qui ci sono famiglie che o non capiscono il vostro divertimento o si spaventano. Quindi per cortesia pi. Pi pi pi. Piiiiiiiii piiiiiiii piiiii pi pi piiiiiiii pii piiiiiii »
 
«Hm hm »
«U-uh»
«Fatemene un’altra e sarò costretta ad allontanarvi dal parco. E parlo con lei» dice guardandomi come se fossi io quello maturo tra i due.
 
È sera, le code sono calate e ci facciamo un giro su Colorado Boat. Quando una coppia è da sola sui tronchi la cosa più comune è farsi la foto toccando le tette della ragazza. Io suggerisco di urlare quale sarà la prossima nostra età che finisce con lo zero e mimare cosa ne pensiamo. Siccome ogni foto costa 5 euro una la pigliamo, le altre le fotografiamo col cellulare appena escono in esposizione.. ma del resto, come potete vedere, scannerizzare una stampata ottenuta da una digitale produce risultati pessimi.
 
Dopo due ore la riporto a casa, lei è ancora tutta pimpante e ci viene un’idea simpatica da fare nel parchetto deserto.

L’urlo di Ken Lee terrorizza l’occidente

L’urlo di Ken Lee terrorizza l’occidente

Oggi abbiamo una star: il suo nome è Valentina Hasan. La gente pronuncia il mio nome corretto una volta sola nella vita, poi muore inghiottendo la propria lingua dalle risate. Valentina è nata in Bulgaria, terra che da anni partorisce fiche stellari in grado di distruggere nuclei familiari appena mettono piede fuori dal suolo natio. Le uniche a reggere il confronto sono cubane o brasiliane.

Conosciamo la Bulgaria, signora.

Tutte le pornodive italiane vengono da lì. Tutte le spogliarelliste vengono da lì. Sylvia Saint stessa era bulgara. Mercedes Ambrus pure da quelle parti. Madre Terra ha creato il mondo ed ha deciso che dall’Iraq usciva petrolio, dall’Italia il cibo, dalla germania la birra, dai paesi del nord i cellulari, dall’America la droga, dalla francia i francesi e dalla Bulgaria la fica.

Valentina è stufa di questo stereotipo, così decide di mangiare molti tramezzini e di trasferirsi in Spagna, in modo da confondere le idee anche al più matematico tra noi.

Raggiunto il quintale indossa un telo da matador, si pettina come un travesta, si trucca come una geisha e medita come conquistare il mondo dei media. Potrebbe tentare mille strade e fallire nell’indifferenza globale, ma lei sceglie di tuffarsi dal burrone con il trampolino: si fa provinare da X Factor, il tritadignità che oggi va per la maggiore sul globo terrestre. Chi portare come cover?

Bè, se di cognome fai Toffoli potrai cantare qualsiasi cosa e suonerà come il respiro di Dio, ma tu sei una bulgara che vive in Spagna e si veste come una giapponese, hai un cognome che ricorda detonazioni suicide, sei un’obesa deforme che si trucca come Ronald Mc Donald, conosci a stento la tua lingua e stecchi pure quando rutti. Così scegli Mariah Carey.

Sono notti lunghe.

Notti di lacrime e pianti, fogli e trascrizioni, allenamenti estenuanti, prove su prove. Valentina con stolida determinazione tipica degli autistici gravi impara, ripete, trascrive. Vive in una fattoria ed ogni mattina emette gnaulii mostruosi che fanno abortire i maiali ed avvertono l’imminente venuta dell’anticristo. Dopo tre giorni le ciambelle alla crema sono finite, così Valentina si dichiara pronta. Prende un barattolo di borotalco, ci butta dentro un petardo e lo fa detonare davanti alla sua faccia. Il phard è ok. Prende la doppietta del nonno, ci butta dentro due seppie vive, se lo punta sugli occhi e preme il grilletto. Il rimmel è ok.

Possiamo andare.

La giuria bulgara è molto più solare di quella italiana, ovvero è sincera. Il primo impatto nel trovarsi davanti una grassona in piena crisi etnico culturale è la derisione, difatti sghignazzano senza ritegno: «Che ci canterai?» domanda l’allegro grassone.
«La canzone di Mariah Carey, Ken Lee.»
Sgomento.

«Intendi dire… Without you?» domanda la tizia in giuria.
«No. Ken Lee.»

Come un’onda d’urto causata da un meteorite tutto il pianeta percepisce il fallimento imminente. Non importa accento, colore di pelle, provenienza, reddito o posizione sociale. Lo scacato manager milanese alza gli occhi al cielo assieme a Fawzi M’daba, immigrato congolese che sta guardando la televisione in un sottoscala di una banlieu francese. Otaru Moroboshi è un programmatore Java che dal suo palmare sta guardando il filmato su youtube, alza gli occhi al Fujiama mentre Ahmal Mussaui, nel profondo del deserto del Mojave, annusa il vento e sussurra “ho un presagio di sventura”.

Il grassone in giuria pregusta il fenomeno mediatico mondiale: «Non importa, vai, vai» gongola.

Partiamo.

E con questo potremmo concludere ridendo, ma siamo solo all’inizio.

In pochi minuti il video viene messo in rete e diffuso nel mondo. E’ il trionfo. La gente si dichiara entusiasta di tutto questo. Siti, forum e blog ne parlano. Giornalisti dal fronte vengono trasferiti per intervistare Valentina Hasan. La stessa Mariah Carey viene informata dell’accaduto e si affretta a rilasciare una drammatica dichiarazione in un’intervista francese.

Valentina Hasan a questo punto è una potenza mediatica in grado di far vacillare Beyoncè, e tronfia di orgoglio racconta ad uno sconvolto giornalista che “Internet è piena di commenti su di lei e che decine di migliaia di persone stanno ricantando la sua versione, a suo avviso MIGLIORE di quella di Mariah. Ed il mondo è d’accordo, tanto che è stata contattata da EMI, Virgin e Universal. Ha già in cantiere di rifare quella di Whitney Houston, di cui ci dà una breve dimostrazione.

Da qualche parte nel mondo un anziano Elvis si sta cagando addosso.