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01. Leggende urbane

01. Leggende urbane

Italia, Pool&Company.

Seduti davanti ad una coca ottenuta dal distributore automatico – non si potevano versare alcolici, là dentro – a fumare sigarette, deridersi e collezionare figure imbarazzanti. Ario entra come una furia. Cala il silenzio. Basta guardarlo in faccia per capire che sta per sparare la peggio puttanata della giornata. Una cosa del genere merita rispetto.

«Avete sentito di Luca? E’ andato in vacanza con suo cugino! Sapete DOVE?»
«No.»
«Dammi una sigaretta.»
«Chissenefrega, ce le hai le ventimila che ti ho prestato?»
«Che maglietta di merda.»

La platea è delusa. Ci aspettavamo qualcosa tipo “ho raccolto un meteorite a mani nude” o “ho scopato Pamela” o “ci hanno invitato alla festa di halloween”, tre storie che presto conoscerete anche voi ma che comunque sono più divertenti ed interessanti delle ferie di Vegeta. Infranto l’entusiasmo contro gli scogli della vita, Ario riprese coraggio e seguitò nella sua orazione.

«IN SPAGNA! Avete idea di QUANTO si scopa in Spagna?»
«Mi dai ‘ste ventimila lire?»
«Domani.»

Ormai ci aveva conquistato. Tutti conoscevamo leggende sulla Spagna. Era tipo quelli che dicevano di andare a vendere gelati in germania e in realtà era il test d’ammissione nei servizi segreti italiani, o tipo la fantomatica ragazza che se n’era bevuti 33 centilitri, tutti conoscevano qualcuno che conosceva quest’idrovora. Ma le leggende sulla Spagna dicevano che…

«…le spagnole ti corrono incontro e ti offrono ganja per rimorchiarti
«SEEEEEEEAAAAHAHHAHAHAH»
«No, no, è vero, io so che in Spagna chiavi per forza.»
«HAHAHAHAHAHAHAHAH LA GANJA PER RIMORCHIARTI HAHAHAHA HAH HA ODDIO HA HAHAHAHA LA MEGLIO STRONZATA DEL MESE HAHAHAH AHHAH ARIO HAHAHAHA HAH HAH HAHAHAHA»

«Vedi come siete, mio cugino c’è andato, me l’ha raccontata lui ‘sta roba, scommetti che torna Luca e mi dà ragione? »
«…AAAAHAHA OCCHIO CHE ARRIVA IL CUGINO DEL METEORITE»
«Eh, sì, mio cugino è andato in Spagna. Chiedi a mia zia.»
«Già fatto, vuole cinquantamila come tutte le altre.»

Ormai siamo stregati dall’argomentazione brillante e come sempre ci caschiamo a pera.
Taci che ‘sto giro non è stata colpa mia.

«Veramente potremmo andarci anche noi » dice Ario.
«Ario, sai quanto costa? Poi figurati, aereo, albergo… io manco sono andato a Padova.»
«…ma è proprio QUI l’idea. Ci andiamo in macchina. Dormiamo in macchina, mangiamo in autogrill come capita, non spendiamo niente a parte benzina, poi arriviamo là e ci ospita Luca. Solo che da solo non ce la faccio, se mettiamo i nostri risparmi sì.»
«Ah, ecco » precisa Atza «Ma a parte te nessuno ha macchina né patente, vuoi andare in Spagna con quel catorcio immondo?»
«Perché no? C’ha il mangiacassette e un sacco di posti dove nascondere la roba.»

È bello notare quali fossero le priorità, al tempo.

«Non so, dovrei chiedere a mio padre…»
«MANNO’, fottitene, gli telefoni dalla Spagna, sai che colpo?»
«E quando partiremmo?»
«Tra due ore, il tempo di farsi le valigie. Restiamo finché ci va. Quindi? Chi viene?»

Le ragazze risero di noi. Altri abbandonarono all’ultimo. Rimanemmo io, Ario, Atza e il Ragazzo Misterioso. Biondissimo, quando gli facevi domande sorrideva felice dicendo “massì…”. Causò innumerevoli trambusti, ed io che do il soprannome a tutti lo chiamai “Solero”. Dopo anni, ad un tavolo dell’ Excalibur, domandai di chi fosse amico.

«Credevo tuo.»
«Io manco lo conoscevo.»
«Ma allora chi diavolo era?»

Il viaggio comincia alle 17 di una domenica pomeriggio

Il fascino vintage della clava

Il fascino vintage della clava

Palestra. ADORO la palestra. È come fare un giro nella giostra dell’orrore. Il tapis roulant è una metafora della vita. Corriamo verso un punto imprecisato. Ogni tanto ci si affianca una sconosciuto/a, percorriamo un po’ di strada assieme guardando la TV senza dirci un cazzo. Poi restiamo di nuovo soli, silenziosi criceti sulla ruota della vita. Ottusi buoi che rahm rahm rahm rahm, mantengono 140 pulsazioni al minuto per un’ora. Solleviamo cose pesanti. Sudiamo. Ascoltiamo discorsi altrui. Faccia monoespressiva. Aria assente.

Palestra.
Un mondo dove operai pagano per lavorare.

Stasera c’è Acquasantiera. Questa tizia è appena arrivata e già colleziona cadaveri. Alta, bionda, occhi chiari, fascino nordico, attira uomini come una frangia emo attira colpi di arma da fuoco. Il problema di Acquasantiera è di essere stupida come il suddetto oggetto religioso e non è un modo di dire, non ha VERAMENTE cervello. Confonderebbe un cazzo con un attaccapanni. Sta un gradino sopra il ritardo mentale e sentirla parlare è come vedere le vostre unghie che si piegano contro una lavagna. Galoppa sul tapis roulant sulla destra, tra me ed un nuovo arrivato che all’improvviso esordisce con

«Gniii, cazzofiga.»

L’autore di questa poesia in dolce stil novo ha una maglietta attillata con la scritta in argento. Ha i jeans griffati. In palestra. Ha accento milanese. Ha con sé un enorme carico di nitroglicerina ben legato alla propria dignità e non esiterà a farlo esplodere con me lì a fianco. Oh, Dio. Non voglio. Guardo il timer sul cardiofrequenzimetro, mi restano ancora due minuti e quarantasette secondi prima di poter scendere. Può succedere di tutto. Acquasantiera si gira incuriosita: «Hai detto qualcosa?»

«Gniii, ebbè, scusa, eh.»
«Scusa cosa?»
«Eh, no, dico, complimenti.»

Due minuti e quaranta secondi. Non basteranno mai. Tra al massimo dieci secondi farà una figura di merda EPOCALE e io dovrò assistere senza mettermi a ridere. Cerco conforto tra gli astanti, ma siamo pochissimi e tutti troppo distanti. Acquasantiera è confusa.

«Ma per cosa?»
«Eh, eh… insomma, deeeei!»
«Ah, per l’ipod?» domanda Acquasantiera.

Smetto di guardare e mi morsico le labbra. Non lo fare. Sii antropologo. Pensa ai bambini del terzo mondo che muoiono ad ogni secondo. Pensa al funerale di tua nonna. Pensa ai soldi che non hai. A Prodi. Pensa a tua morosa mestruata. Pensa a

«Ma che aipod e aipod, cazzofiga, sei te che» dice splendido «sei troppo al top.»

Mi mordo le labbra forte. 

«E cosa vuol dire?»
«Come cosa vuol dire, dai che lo sai.»
«Cioè che corro troppo?»
«MANNO’, ha ha ha ha!» ride divertito el cucador «vuol dire che… cioè, pigli bene!»
«Chi?» domanda lei.
«Cosa?» domanda lui.

Prima un soffio. Poi un singhiozzo. Poi ESPLODO. Un fiume di convulsioni isteriche talmente forte che si gira tutta la palestra. Me ne rendo conto, non riesco a fermarmi mentre rido come mai mi è capitato. Sbavo come un lama e lacrime. Lacrime che mi scendono dagli occhi. Perdo le forze, tento di salvarmi ma è tardi. Crollo sul tapis roulant in movimento che mi catapulta contro un attrezzo. Finisco a terra facendomi male mentre rido. Mi copro la faccia con entrambe le mani seduto per terra dolorante e rido. Sento Milano che ride assieme ad Acquasantiera. Esausto, mi rialzo e con gambe molli raggiungo il lato pesi. Appena li guardo di nuovo corro in spogliatoio prima di pisciarmi addosso.

La palestra è un posto meraviglioso.

Il viaggio della mia vita

Il viaggio della mia vita

Spagna.
Ci si va perché c’è una bella atmosfera. Perché c’è tanto da vedere. Perché con le sue amiche è meglio, perché i morosi si annoierebbero, con tutti gli obelischi e quelle donne che vogliono vederli a tutti i costi.

Spagna. Andarci con le mutande sarebbe come andare a un concerto coi tappi nelle orecchie. Spagna. Una parola che evoca grandi corna, e non sto parlando di tori. Potrei fare un post traboccante odio. Potrei dirvi le vere motivazioni che spingono questa gente a tornarci. Potrei dirvi che tifo per l’ETA. 

Oppure potrei raccontarvi una storia. 

Prendete due compagnie. La prima, con amici ricchi, prende l’aereo per dirigersi nella terra caliente. Arriva presto e si prepara a dare il benvenuto. 
 
 
 
 
La seconda sono tre tizi ed un personaggio misterioso che hanno la brillante idea di dire “andiamoci in macchina, sarà divertente”.
 
Io stavo nella seconda.

Quando gli americani fecero esplodere una balena

Quando gli americani fecero esplodere una balena

Io amo gli USA. L’america mi sta simpatica perché ha conquistato il pianeta e dove non è riuscito con McDonald ed Hollywood ci riesce con le GBU-4, gli F-35 ed i soldati meglio addestrati del mondo – secondo loro. Nella realtà sono degli idioti senza cervello, ma il loro pregio sta nel fare qualsiasi cosa con una volgarità, una beceraggine ed una potenza straordinarie. Anche quando si tratta di problemi da nulla, li risolveranno all’americana; spendendo un sacco di soldi inutilmente, facendo esplodere qualcosa e cacciandoci una battuta.

In questo caso siamo su una spiaggia dell’ Oregon nel 1970.

Una balena da 8 tonnellate per 14 metri si è arenata, è defunta ed ora comincia a puzzare. Possiamo solo immaginare quale debba essere l’odore di 8 tonnellate di pesce che marciscono sotto il sole. Per risolvere il problema è necessario rimuovere quella montagna di carne al cui interno giacciono quintali di merda ma PRESTO, perché l’odore sta facendo fuggire i turisti fino a Ibiza.

 

Come fare? Elicotteri? Rimorchiatori al largo con dei cavi?

«We could make it explode!»
«Oh YEAH, dude, get the motherfuckin’ dynamite!»

Esperti in demolizioni vengono convocati. Questi non hanno mai fatto brillare il cadavere di una balena, ma hey, sembra divertente. Accettano. Portano un quantitativo di esplosivo necessario a polverizzare un condominio, lo sistemano attorno al putrido involtino di carne e merda e se ne bullano davanti alle telecamere. La gente si sistema attorno entusiasta: applaude, banchetta sotto ombrelloni, fa foto dell’evento: vieni a vedere la balena che esplode, tesoro! Sarà uno spettacolo da non perdere!

Taci che c’erano le telecamere, o questo fulgido esempio di ritardo mentale andava perduto. Mettere un raudo dentro la merda di un cane comporta un problema. Minare una balena di otto tonnellate scatena la stessa reazione ma più in grande. Questo lo so io, lo sanno tutti i ragazzini di 13 anni cresciuti in periferia.

Non lo può sapere un americano.
Quindi preme il detonatore.

 

L’esplosione scuote tutti dal proprio torpore.
“L’abbiamo fatto?” si domandano stupiti i dinamitardi “l’abbiamo fatto DAVVERO?”

Sì. Ed è troppo tardi. In un raggio di molte miglia pezzi di carne e pezzi di merda piovono sulla popolazione emulando Armageddon con Brusuìllis, ma invece di meteoriti minori si tratta di lapilli merdosi o sanguinolenti. Voglio immaginiate nella vostra mente il panico tra i religiosi presenti, terrorizzati dal fatto che Dio gli sta cagando in testa. E carne. Carne marcia piove dal cielo e vi distrugge la macchina, si schianta sull’asfalto, uccide i presenti, si smalta in faccia alla vostra ragazza. Dev’essere stata una scena magnifica di cui noi, ora, possiamo usufruire grazie a youtube. Perché anche se non ci credete è tutto vero dall’inizio alla fine.

Il cronista dell’epoca, tale Paul Linnman, fu uno dei molti fortunati ad essere preso in pieno da questa pioggia blasfema. Giustamente ci ha scritto un libro per bullarsene.

I morti di figa esistono, impariamo a evitarli

I morti di figa esistono, impariamo a evitarli

Arachidi sparsi dappertutto che fa tanta allegria e risparmia un sacco sulle pulizie. Birra, polloepatatine con salsa trucida, il BEFeD è il tipico locale che sta simpatico a pelle perché fa molto rustico. E’ la risposta italiana al Merdonald. Davanti a me c’è Luca ed un suo nuovo-e-simpaticissimo–amico–che-devi–conoscerlo– è–troppo–una–sagoma–hahahaha.

Luca è più di un fratello, per me.

Ci conosciamo da oltre vent’anni ed entrambi abbiamo ben chiari i difetti altrui. Il suo è quello di annoiarsi spesso e di cambiare compagnie con la stessa facilità dei canali tv. Questo gli permette di reclutare i peggio casi umani storia dell’uomo conosca. Gente che “wow, te lo devo presentare assolutamente” e poi nel giro di un anno scompare nell’oblio ma nel frattempo ti ha rubato un frammento di anima. Perché conoscere gli amici di Luca è infilare il pene in un frullatore difettoso. Se ti va bene non succede niente, se ti va male ti sarai tritato il cazzo e palle prima di dire “sciuèps”.

Matteo sarà alto 1,90, panzone, occhio nerissimo stile squalo cannato, veste come tutti i mestrini capi da molti milioni abbinandoli di merda e dando nell’insieme l’idea di un profugo che ha derubato un negozio di alta moda. Camicia RL pezzata, pantalone giovane, scarpa da ginnastica “non c’entro un cazzo ma costo”, sudatissimo, naso aquilino ed un sorriso ottuso che fa presagire catastrofi imminenti.

«Ciao, piacere, Nebo.»
«Matteo. Bella camicia, hahahaha!» fa scherzoso.
Sono in canottiera.

Entriamo. Io quando entro in un posto che promette pollo alla griglia e birra violenta sono disinteressato all’ambiente circostante. Voglio sedermi, bere, mangiare e dibattere di inutili puttanate. Magari dipende dal fatto che sto con una donna di cui sono innamorato. Magari dipende dal fatto che è incredibilmente bella. Magari dal fatto che ha 18 anni ed a letto ti spolpa vivo e sputa le ossa. Com’è come non è, io voglio il polletto alla griglia. E basta. Matteo non è di quest’idea: «Oddio guardate quella. No, no, guardate la mora, mi sono innamorato. Seee, CIAO, avete visto la bionda? Quella… guarda che culo, guarda, non so chi sia meglio tra lei e l’amica.»

Alla dodicesima smetti anche di girarti. Improvvisamente l’unto del pollo che hai davanti ti disgusta. Non riesci a toccare la salsa trucida perché ci sta facendo battute a sfondo sessuale. Prendi il bicchiere della birra e lui con occhio sbarrato emette vocali“eh! Eh! Oh! Eh?”.

«Cosa?»
«Eh, oh, pensa quella come lo prende in mano! Eh?»

Metti giù il bicchiere e ti vien da strusciarti la mano sui pantaloni. Per evitare di farsi imputtanare la cena da questa specie di formichiere faccio qualche domanda: Matteo ha la morosa da due settimane ma è già stufo. Matteo lavora in banca e sogna un giorno di fuggire con l’incasso. Matteo è benestante di famiglia. Matteo

«Scusa, ma non sei tu, Matteo?» domando.
«Sì, ma la terza persona fa stile» spiega.
Guardo Luca.

Luca ha la faccia di uno che ha comprato una telecamera a Napoli, l’ha aperta a Mestre e c’ha trovato dentro un mattone. Nel frattempo Matteo continua nel suo vaniloquio, obeso uomo bussola il cui ago punta ovunque: «Ghesboro, quelle vanno bastonate, ve lo dico io.»

«Ma chi? Quali?»
«DAICAZZO, QUELLE!»
«Ce ne sono molte migliaia.»
«Quelle… dai, tre che sono sole. C’è la bionda che me lo fa duro solo così, guarda che faccia, quella è una che fa num… NOOOO, HAI VISTO?!?»
«Nel nome di Dio, cosa?»
«Si sono alzate a fumare, è un segnale.»
Sbircio.

 

«Io dico morte e rovina.»
«Concordo» fa eco Luca.
«Ma sono TRE e noi siamo TRE!»
«E tutti con la donna.»
«Allora andate affanculo, io parto, vedi come te le faccio su.»
Decolla.

Al BEFeD è vietato fumare. Però è estate, siamo nei tavolini fuori e puoi farti una cicca nell’angolino. E’ stretto, è piccolo. Crea un contatto con le persone e se hai un minimo di charme potresti pure farne un punto forza. Matteo arriva e si accende una sigaretta a neanche un metro dalle tre. Lo vedono. Capiscono tutto in una frazione di secondo. Fumano in silenzio ed attendono. Passa un minuto.

Ne passano due.
Tre.

Stiamo al quarto e non accade nulla. Ne approfitto per attaccare nuovamente il pollo. Al quinto minuto come colpito da un teaser Matteo torna al tavolo.  Con sorriso imbarazzato e fronte imperlata di sudore mugugna: «È che sono timido.»

Si siede.
La serata prosegue amabile, nel silenzio. Torniamo a casa prestino.