Il fascino vintage della clava

Il fascino vintage della clava

Palestra. ADORO la palestra. È come fare un giro nella giostra dell’orrore. Il tapis roulant è una metafora della vita. Corriamo verso un punto imprecisato. Ogni tanto ci si affianca una sconosciuto/a, percorriamo un po’ di strada assieme guardando la TV senza dirci un cazzo. Poi restiamo di nuovo soli, silenziosi criceti sulla ruota della vita. Ottusi buoi che rahm rahm rahm rahm, mantengono 140 pulsazioni al minuto per un’ora. Solleviamo cose pesanti. Sudiamo. Ascoltiamo discorsi altrui. Faccia monoespressiva. Aria assente.

Palestra.
Un mondo dove operai pagano per lavorare.

Stasera c’è Acquasantiera. Questa tizia è appena arrivata e già colleziona cadaveri. Alta, bionda, occhi chiari, fascino nordico, attira uomini come una frangia emo attira colpi di arma da fuoco. Il problema di Acquasantiera è di essere stupida come il suddetto oggetto religioso e non è un modo di dire, non ha VERAMENTE cervello. Confonderebbe un cazzo con un attaccapanni. Sta un gradino sopra il ritardo mentale e sentirla parlare è come vedere le vostre unghie che si piegano contro una lavagna. Galoppa sul tapis roulant sulla destra, tra me ed un nuovo arrivato che all’improvviso esordisce con

«Gniii, cazzofiga.»

L’autore di questa poesia in dolce stil novo ha una maglietta attillata con la scritta in argento. Ha i jeans griffati. In palestra. Ha accento milanese. Ha con sé un enorme carico di nitroglicerina ben legato alla propria dignità e non esiterà a farlo esplodere con me lì a fianco. Oh, Dio. Non voglio. Guardo il timer sul cardiofrequenzimetro, mi restano ancora due minuti e quarantasette secondi prima di poter scendere. Può succedere di tutto. Acquasantiera si gira incuriosita: «Hai detto qualcosa?»

«Gniii, ebbè, scusa, eh.»
«Scusa cosa?»
«Eh, no, dico, complimenti.»

Due minuti e quaranta secondi. Non basteranno mai. Tra al massimo dieci secondi farà una figura di merda EPOCALE e io dovrò assistere senza mettermi a ridere. Cerco conforto tra gli astanti, ma siamo pochissimi e tutti troppo distanti. Acquasantiera è confusa.

«Ma per cosa?»
«Eh, eh… insomma, deeeei!»
«Ah, per l’ipod?» domanda Acquasantiera.

Smetto di guardare e mi morsico le labbra. Non lo fare. Sii antropologo. Pensa ai bambini del terzo mondo che muoiono ad ogni secondo. Pensa al funerale di tua nonna. Pensa ai soldi che non hai. A Prodi. Pensa a tua morosa mestruata. Pensa a

«Ma che aipod e aipod, cazzofiga, sei te che» dice splendido «sei troppo al top.»

Mi mordo le labbra forte. 

«E cosa vuol dire?»
«Come cosa vuol dire, dai che lo sai.»
«Cioè che corro troppo?»
«MANNO’, ha ha ha ha!» ride divertito el cucador «vuol dire che… cioè, pigli bene!»
«Chi?» domanda lei.
«Cosa?» domanda lui.

Prima un soffio. Poi un singhiozzo. Poi ESPLODO. Un fiume di convulsioni isteriche talmente forte che si gira tutta la palestra. Me ne rendo conto, non riesco a fermarmi mentre rido come mai mi è capitato. Sbavo come un lama e lacrime. Lacrime che mi scendono dagli occhi. Perdo le forze, tento di salvarmi ma è tardi. Crollo sul tapis roulant in movimento che mi catapulta contro un attrezzo. Finisco a terra facendomi male mentre rido. Mi copro la faccia con entrambe le mani seduto per terra dolorante e rido. Sento Milano che ride assieme ad Acquasantiera. Esausto, mi rialzo e con gambe molli raggiungo il lato pesi. Appena li guardo di nuovo corro in spogliatoio prima di pisciarmi addosso.

La palestra è un posto meraviglioso.