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Cinquanta sfumature di nulla



E’ il momento. Le vostre amiche vi hanno consigliato di leggerlo, la televisione ne parla con eccitata malizia, sulle riviste femminili viene recensito, dibattuto, studiato e analizzato ogni mese. Dicono che è un libro sulle fantasie sessuali segrete delle donne. Che è di un erotismo estremo e che è scritto da una donna per le donne

Se vi siete comprati Cinquanta sfumature di grigio vi assicuro che la cosa più estrema è lo stupro orale che avete subito non appena avete tirato fuori il portafogli. Vi faccio un disegno per capire cos’avete comprato davvero.







La storia dell’immaginario erotico femminile segreto è una delle più apocalittiche palle siano state partorite nella storia dell’umanità. E’ una truffa tanto quanto la biancheria intima sexy che si basa sul “vedo e non vedo”. Tu spogli la donna aspettandoti quello che hai intravisto nel locale e scopri che il reggiseno era imbottito, le ciglia erano finte, la pancia era coperta, il culo era alzato dalle calze modellanti e i brufoli erano cerati di fondotinta. Solo che ormai sei talmente infoiato che non te ne frega più niente.

Questa non è seduzione, è circonvenzione d’incapace.
L’immaginario femminile erotico segreto è la stessa cosa. Vi dicono che c’è,  aprite il libro, lo sfogliate e non è altro che la storia di una cerebrolesa che è incerta se far pompini ad un superdotato fotomodello miliardario. Messa così la comprerebbero giusto per accenderci il caminetto, ma se racconti che dentro c’è chissà quale arcano segreto, boom! Tutti si precipitano in edicola. Lo comprano, ci restano male ma tant’è, ormai i soldi li han spesi, leggiamo, magari più avanti c’è qualcosa di interessante.

Più avanti c’è solo la copertina con il prezzo.

Solo in quel momento realizzano che il motorino elettrico sopra il casco gli sta sderenando i denti con un dildosauro da trecento pagine.
“Eppure questo libro ha un sacco di successo tra le donne!!”.
Questo non depone a suo favore. 

Le donne leggono più degli uomini ed è un dato acclarato, ma questo non vuol dire nulla. Se un uomo in due anni legge mezzo romanzo di Hemingway e una donna in sei mesi si fa tutta la bibliografia di Moccia sì, statisticamente legge di più, ma ha anche lo stesso elettroencefalogramma del cadavere di Napoleone. 

Allora se è una merda, perché vende così tanto?
Perché le donne vivono di luce riflessa delle fantasie maschili. 

Lo so, è una cosa che farà incazzare a morte tutte le portatrici di vagina, ma in questo caso è una realtà talmente chiara, talmente palese, talmente banale che non la nota più nessuno. Il fatto è che le donne comprano Cinquanta sfumature di grigio senza accorgersi che il messaggio è “se vuoi sapere quali sono le fantasie che dovresti avere, leggi questo libro”. Nel cuore di ogni donna esiste il dubbio di non essere adeguata, anche dal punto di vista sessuale. Comprare una cosa che sbandiera fantasie segrete femminili ti sta implicitamente dicendo che se sei una donna devi averle: come questi cazzo di stivali aperti, la borsa a scacchi e la maglietta I CUORE NEW YORK. Cose necessarie a fare bella figura con le altre donne, sì, ma a letto ci vanno con gli uomini.

Per questo il protagonista è fatto in modo da adattarsi alle esigenze di tutti i tipi di donna possibile. Non è un idraulico obeso che però fa sangue, non è un ragazzino complessato che attizza, non è un terrorista carismatico, un cardinale tormentato o un giocatore di rugby violento. Non è un essere umano con le sue contraddizioni: è una formula matematica. Cazzo, muscoli e soldi sono i minimi comuni denominatori dell’universo femminile che mettono d’accordo la punkabbestia di Maerne con la modella sullo yacht di Abrahmovich.

L’interno del libro è di una pallosità sconvolgente. Lo leggi e ti ricordi di quando sognavi certe cose in terza media, in prima liceo, in gita con la scuola, ma alle donne che non hanno mai sentito parlare di De Sade o di Apollinaire fa sentire a posto. A posto. Le fantasie erotiche “che hanno tutte” ora le sanno anche loro. Poche frasi come questa ammazzano la libido. Immaginate un mondo dove tutte le donne vogliono le stesse cose. Non esisterebbe l’innamoramento, il corteggiamento, lo scoprirsi, il sesso esplorativo, i tradimenti. Ogni donna sarebbe uguale all’altra.

Questo non è un romanzo erotico, è la versione apocalittica del Mondo Nuovo. 


In 32 anni ho imparato che alcune donne hanno fantasie di un tipo, altre diametralmente opposte. Alcune adorano farsi sodomizzare e venir prese a sputi in faccia. Altre di guardarti mentre trombi una dicendoti cosa farle. Alcune donne vorrebbero essere stuprate. Altre sognano di uccidere l’amante. Altre vorrebbero fare sesso di gruppo, altre hanno fantasie omosessuali. Altre vorrebbero fare l’amore con un travestito. Altre tutte queste cose insieme.

Ma anche se avevano tutte la stessa borsa, a letto nessuna voleva sentirsi uguale alle altre.

La cosa più eccitante che potrete mai trovare in Internet

Stoya è una pornodiva e modella di 26 anni. Un genio ha pensato di metterle un vibratore tra le gambe e farle leggere un romanzo erotico. Il risultato è il seguente, che vi consiglio di guardare in HD su youtube. Circa al minuto 4.00 comincerete a produrre tanto di quel testosterone che vi fermeranno per doping.




Una ventenne drogata di endorfine è uno dei più grandi spettacoli questo 2012 ha da offrire assieme a Michelle Jenneke. Se ad alcuni di voi passa per la testa di dire “è finto” rispondo “vaffanculo”: anche la Gioconda non è una donna in carne e ossa.

Ciononostante.

Fratelli d’Italia, l’Italia detesta

E’ il 29 dicembre del 1997.
In radio va “Laura non c’è” di Nek. In televisione c’è lo spot delle pagine gialle con un bandito che fa richieste assurde tenendo in ostaggio un tizio. C’è il boom del dietetico, negli scaffali dei supermercati fanno bella figura i pan di spagna “essere” con solo l’1,7% di grassi. Alle 16.30 di pomeriggio nella Banca Popolare di Milano si presenta un bell’uomo. La banca non ha metal detector, così passa senza problemi. Si chiama Domenico Gargano, ha 35 anni, una pistola Beretta calibro 7.65, una bomba a mano ed è fatto fino ai capelli di cocaina.
-E’ una rapina? –
-No –
Detto questo si barrica all’interno con quattro ostaggi e si mette a giocherellare con la granata. A Milano le strade sono bloccate dalle volanti di polizia e carabinieri, oltre alle troupe televisive. L’uomo minaccia di uccidere gli ostaggi a patto che non gli diano cinquanta miliardi e un elicottero con cui spargerli su Milano. Precisa che sparerà sulla polizia e su chiunque provi a entrare, che non ha paura di morire e che comincerà a giustiziare gli ostaggi.
Alla sede dei NOCS, a Roma, il telefono squilla alle 20.
Domenico Gargano è nato a Palermo il 20 dicembre del 1962. Al compimento dei suoi 24 anni ha già sulla fedina penale i reati di ricettazione, concorso in tentata estorsione, guida senza patente, furto e tentata violenza carnale, oltre ad essere un accanito consumatore di cocaina.
A 25 anni si sposa Maria Teresa e si trasferiscono a Milano, quartiere Corsico. L’anno dopo gli nasce il primo figlio. Nel 1994 si trasferiscono nel quartiere Buccinaso e Domenico si fa l’amante nel quartiere vicino, dove mette incinta anche questa. Dura poco, però. Nel 1995 viene trovato un cadavere col volto sfigurato da due colpi calibro 7,65. La vittima si chiama Giuseppe Tricarico, 32 anni, fedina penale immacolata, di mestiere venditore ambulante di frutta e verdura. Domenico viene interrogato dai carabinieri a cui dichiara di aver visto Tricarico poche ore prima che lo uccidessero. La testimonianza è “preziosa”, stando a quel che dice l’Arma, anche se molti sospettano che Domenico abbia detto molto meno di quello che sapeva. La moglie del defunto, tale Anna “Chicca” Cipriani, finisce sotto inchiesta per vicende di armi e droga.
Il colpevole comunque risulterà essere Salvatore Pasquino, piccolo boss di quartiere legato alla ‘ndrangheta.
Anna Cipriani, vedova inconsolabile, qualche mese dopo finisce tra le braccia di Domenico. Si trovano bene. Lui le regala un negozio di abbigliamento. C’è chi preferisce un braccialetto, chi un cellulare, lui regala negozi. Nel 1996 viene ricoverato in ospedale con due proiettili nelle gambe e spiega alla mobile che si è trattato di un banale litigio da bar, non di una gambizzazione mafiosa.
-Cool story bro – risponde la polizia.
Ma che lavoro fa, Domenico? E’ un uomo polivalente: va dalla cooperativa di facchinaggio all’imprenditoria. Ha una ditta nel settore degli infissi in legno, un capannone a Rozzano denominato “Kikki glass”.
Nel natale del 1997 Kikka abortisce e lo molla perché “non vuole un figlio da lui”. Domenico decide di chiudere la Kikki glass e si presenta all’Agenzia 32 della Banca Popolare di Milano, a Rogoredo, chiedendo cinquanta milioni per aprire un’impresa di pulizie. Quelli gli dicono di no.
Sono passate 26 ore.
Durante l’assedio Domenico ha accettato di rilasciare gli ostaggi sostituendoli con il maresciallo dei Carabinieri ed il procuratore antimafia, che tentano di farlo ragionare. Spiegano che un elicottero lì non può atterrare.
-Allora accostate alla finestra, che salto al volo – dice.
Il palazzo è di vetro antiurto. Attorno i cecchini dei NOCS osservano l’interno. Fare irruzione è impensabile, avrebbe troppo tempo per uccidere gli ostaggi. Bisogna farlo uscire. Riescono a convincerlo a sostituire l’elicottero con un’auto blindata. Gli mettono fuori l’auto e due borsoni con dentro quattro miliardi, sapendo che se raggiungesse la macchina sarebbero fottuti. Una volta dentro l’uomo potrebbe accoppare il magistrato e scappare. Domenico accetta di uscire.
L’azione dura meno di un minuto.
Non appena Domenico esce fuori il cane dei NOCS attraversa il piazzale in volata e gli azzanna la mano armata. Due agenti escono dai lati del palazzo e dopo uno scatto di dieci metri lo placcano. Quando Domenico li vede arrivare spara cinque colpi, ferendo a braccia e gambe gli agenti che riescono ugualmente a montargli sopra e ravanarlo di botte. L’assedio si conclude dopo 27 ore e 42 minuti. E’ un’azione che nessuna polizia del mondo avrebbe mai osato. Inglesi, tedeschi, giapponesi, finlandesi, spagnoli, risolvono queste cose coi cecchini. E’ più sicuro, più pratico e più veloce.
Ma non l’hanno fatto.
Quello che avete appena letto è un resoconto di fatti, nomi e date estrapolati dai giornali dell’epoca, a cui ho rimosso una patina che però potete gustare in questi straordinari titoli:
Alla domanda su come si sia procurato le armi, Domenico spiega che una notte dei ladri misteriosi gli entrarono nel capannone dove dormiva. Lui gli disse di portarsi via quello che volevano, ma che domani gli portassero una pistola e una bomba a mano. Qualcuno ha motivo di dubitarne? Assolutamente no.

Gli USA danno il meglio, di nuovo



Siamo negli Stati Uniti. Per strada mostri di lardo dal peso di ottomila chili deambulano su sedie elettriche anche solo per portare a spasso il cane o per fare la spesa. L’alimentazione di questa gente rasenta quello di un aborigeno che ravana nella spazzatura: un’educazione alimentare basata sul fast food li ha portati alla fast life, ossia crepano di diabete a nemmeno cinquant’anni. Se negli USA dici che sai cucinare, mi ha raccontato un mio amico, ti guardano sconvolti e fanno risatine: “gay” ridacchiano “ha ha, gay”.


Tra i vari problemi che ha questo affascinante popolo spicca la consistenza delle loro feci. L’americano medio mangia fuori tutti i giorni, scegliendo tra cucina thailandese, messicana, cinese, giapponese, “itallyana” o McDonald. Il risultato di questa dieta è naturalmente un abominio intestinale dalla consistenza fangosa, tanto da renderli confusi al momento del peto: è diarrea o aria, si domandano terrorizzati, vado o non vado?  Coloro che osano tentare questa roulette russa spesso vengono immortalati in giro col culo pezzato. 

Non è una battuta, sono gli Stati Uniti. Tre quarti del mondo crepa perché non ha da mangiare, loro crepano perché non sanno mangiare.


Un altro straordinario problema che affligge questo popolo è la violenza. Si ammazzano come mosche, è tipo il loro sport nazionale. Lo esaltano nei film, nelle serie TV, nei fumetti. Il loro presidente è uno che esce di scena prendendo a calci le porte e interrompe le trasmissioni per dire che ha fatto fuori qualcuno. I loro idoli sono cantanti carcerati che nelle canzoni esaltano rapine, stupri, omicidi e spaccio di droga. I loro genitori perdono le gambe in Afghanistan per creare un diversivo dai loro soldati professionisti che, mascherati da “contractors” per eludere le regole di guerra, sterminano interi villaggi per piantare pozzi petroliferi in grado di alimentare Hummer limousine che trasportano i loro ex schiavi in discoteca, dove questi gli trombano le figlie. Come ho detto, è un popolo affascinante.
Per farvi capire, di recente un ragazzino si è presentato al cinema per l’anteprima di Batman con i capelli colorati di rosso, un AR-15 con caricatore raddoppiato, un Remington a pompa ed una Glock. Ha urlato “sono il Joker!” e ha ucciso dodici persone.

Il Joker ha i capelli verdi.












E’ il primo giugno a Saginaw, in Michigan.

Le giornate sono calde, l’estate sta iniziando e c’è un barbone, tale Milton Hall, affetto da disturbi mentali. Dopo aver litigato con un commesso decide di chiamare il 911. Quelli rispondono che manderanno subito degli agenti, non si capisce perché. Arrivano quattro pattuglie – quattro – da cui invece che paramedici o poliziotti escono altri pazienti da istituto psichiatrico, solo che indossano una divisa. Il barbone sta a sei metri da loro farneticando in terza persona. Tira fuori un coltello. I poliziotti tirano fuori le pistole, gliele puntano contro e gli ordinano di metterlo giù. 

In quest’ordine.
-Non metto giù un cazzo! – dice il barbone.
-Metta giù il coltello! – insiste la poliziotta.

-Mi chiamo Milton Hall, ho appena chiamato il 911! Mi chiamo Milton Hall e sono incazzato! Lasciatelo andare! Lasciatelo andare! Lasciate andare quel povero bastardo – insiste l’uomo parlando di sè stesso. 

A quel punto fa qualche passo allontanandosi dai poliziotti i quali, colti da un raptus d’imbecillità, decidono di giustiziarlo. Aprono il fuoco contro il signor Milton Hall per un totale di 46 colpi sparati. QUARANTASEI. E’ come andare da uno che ha un temperino, svuotargli addosso un caricatore dell’AR-70/90, ricaricare e sparargliene un’altra metà per sicurezza. Qui il video della loro straordinaria performance ripreso da un tizio col cellulare.




Andate pure a vomitare o a iscrivervi a qualche gruppo estremista islamico.
A breve vi racconterò la storia di Domenico, accaduta a Milano anni fa e finita su tutti i giornali. E’ una storia di boom economico, arrivismo, follia, droga e stupidità. Ma soprattutto è la storia di come cazzo si gestiscono in un paese civile situazioni ben più drammatiche.

Verità in pillole



Le gogne sono quel rarissimo momento in cui mettendo un tizio a prendere sputi tutti i suoi simili finiscono la saliva. In Italia il linciaggio è il mercato più florido nell’industria dell’intrattenimento. C’è il linciaggio con risate, dove la vittima viene presentata dal Gabibbo e le donne nude. Roba da popolino. Poi c’è il linciaggio con sorrisi ironici, dove la vittima viene presentata da comici famosi in giacca e cravatta. Cultura medio bassa. Poi ci sono i linciaggi con sguardi severi e sospiri enfatici, dove la vittima viene presentata con gelido distacco  dai giornalisti professionisti. Ognuno sceglie la gogna che più lo aggrada.

La vittima sacrificale è di due specie: 


1. Il VIP
Sappiamo tutti di essere un popolo di mediocri, codardi, meschini, disonesti e puttane. Questo non ci crea problemi perché lo fanno tutti. Sentite il gusto di questa frase: lo fanno tutti. E’ tranquillizzante. Passiamo la nostra vita ad inculare il prossimo, a rubacchiare qui e lì creando mafiette, cricche, facendo minuscole truffe che vanno dal disco orario al pacchetto di gomme, dalla cannetta al biglietto dell’autobus, dalla musica piratata al resto sbagliato o al portafogli non restituito. Sono piccolezze che pratichiamo quotidianamente e ci dormiamo sereni perché, andiamo, lo fanno tutti. E’ la cosa più contraria allo spirito sportivo, ma se lo fanno tutti è come se non lo facesse nessuno. Per questo quando vediamo qualcuno che riesce in qualcosa ci viene la bile. Ci affrettiamo a dire che c’è riuscito con truffe, trucchi, amicizie, mafie, aiuti: di base perché è quello che faremmo noi, solo che lui c’è riuscito e noi no. Vedere uno che ce la fa in maniera pulita battendo noi che NON ce la facciamo in maniera sporca è una tortura insopportabile. Ci manda ai pazzi. La sua vittoria mostra non solo la nostra inferiorità, ma soprattutto la nostra mediocrità. Nessuno va a fare le pulci al secondo o al terzo classificato proprio perché sono tali e quali a tutti gli altri stronzi. E’ una legge della vita per nulla politically correct. Per questo quando un VIP finisce nella merda il nostro cuore esulta. E’ un sospiro di sollievo che ti dice “vedi, sei fortunato, non era tanto bello essere al suo posto”.

2. Quello che s’è fatto beccare
Alcuni truffano molto, altri meno. Altri lo fanno con classe, altri no, ma guardandoci allo specchio vediamo tutti la stessa merda umana. A questa enorme verità segue immediatamente un sorriso ebete, perché non ci hanno beccato. Sì. L’abbiamo scampata perché siamo più furbi, perché sappiamo stare al mondo, perché oh, è andata così. Quando però sulla gogna c’è qualcuno che non ha avuto la nostra fortuna, allora ci sentiamo in dovere di linciarlo e disprezzarlo. E’ catartico. Punita la sua colpa, mondata la nostra. Dagli al ladro, al cialtrone, al disonesto, al fancazzista, al pervertito.


Come sopravviviamo davanti al nostro ritratto di Dorian Gray? Con le parole magiche: “c’è di peggio”. La linea di demarcazione che ci separa dal linciato è sempre un millimetro sopra le nostre porcate, ed è mobile. Se rubi due mele quello ne ha rubate tre, c’è di peggio. Si applica a qualunque cosa.

-Lei ha ucciso due persone?
-Sì, però Stalin ne ha uccise 40 milioni, c’è di peggio.
-Lei ha evaso sessanta milioni?
-Sì, però Berlusconi ne ha evasi di più ed è libero, perché non arrestate lui?

Nessuno cita il fatto che c’è di meglio. Alcuni su questo ragionamento hanno fondato un movimento.





Il nostro atleta si è dopato perché aveva paura di non farcela e l’Italia si dice “sconvolta e sotto shock”. Se uno ha un minimo di cultura sportiva sa benissimo che tutto quello che vediamo attorno a noi è merito delle industrie farmaceutiche, dal campo della moda al campo del fitness passando per lo sport o il lavoro. Tutti i modelli nelle copertine sono fatti di tre o quattro ormoni diversi a cui è aggiunto Photoshop. Li conosci e te lo dicono serenamente. Gli atleti delle olimpiadi sono tutti bombati come fusibili, almeno nelle discipline che lo richiedono. Lo sport è un mondo fatto di prestazioni eccezionali, non di mediocrità, e il doping è un elemento essenziale. A microfoni spenti ve lo dirà qualunque medico dello sport. 

Somiglia alla tortura, in un certo senso: da una parte devi condannarla senza se e senza ma, dall’altra la metti in pratica sistematicamente perché, udite udite, funziona. Non si può ammetterlo, quindi la parola d’ordine è discrezione. Ci sono mille modi per coprire le tracce, basta farlo in maniera corretta. Se invece sei disperato e ti caghi in mano fai le cose a cazzo e ti sgamano. La tua carriera è finita non perché gli altri siano puliti, ma perché sei un VIP che s’è fatto beccare. La vittima da gogna perfetta per tutti quelli che ogni giorno pippano bamba, bevono Minias, si fanno di GH e ti odiano perché tu sei un VIP e loro no.

Il doping non è sbagliato.
Lo diventa quando ti beccano.