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Il matrimonio di Ario






Il DJ farnetica al microfono, amici e figli ballano stanchi, altri parlottano dopo l’abbuffata. La torta nuziale è sparpagliata in giro, i calici di spumante sono un caleidoscopio per le candele sui tavoli bianchi coperti di briciole. I tovaglioli spiegazzati, le donne che si massaggiano i piedi cercando di non farsi vedere. Guardo la Leo in fondo alla sala che chiacchiera con una coppia. 


– E’ davvero bella – fa una voce alla mia sinistra. 
Annuisco, perso nei pensieri. 

La musica va avanti, seguo la curva dei suoi fianchi. Risalgo, arrivo alle spalle. Belle, forti ed aggraziate. Mi soffermo sulla linea delle clavicole, poi il collo. Gli orecchini che fanno il verso al braccialetto, le labbra latine. Quel nasino che sembra disegnato nella Parigi dell’art nouveau e le dà una perenne aria da bambina. Gli occhi, cioccolato stranamente avvolto nel trucco che risalta l’espressione. La piastra di mia sorella ha saputo domare l’impossibile. 

– Com’è sposarsi, Ario? – domando alla voce. 
– Tipo dare 25 euro a Gardaland per la foto vestiti da cowboy – 
Craaaaash. 






– Capisco –
– E a questo proposito, ti piace il mio vestito?
– No. E’ lucido che pare latex. Ogni volta che ti vedo mi aspetto il suono, uiki, uiki, gniiik, uiki…

– Volevo anche il bastone e la tuba, me l’hanno impedito –
– Chi, la buoncostume?
– Mio fratello. E mia madre. E mia moglie.
– Un plebscito.
– Boh, non so cosa vuol dire, nel dubbio mangiati una merda.


Il tavolo dei testimoni è una specie di palco sul degenero. Hai una posizione privilegiata sul livello di alcool che i presenti ingurgitano e con un minimo di spirito d’osservazione si riescono a notare sguardi clandestini, mini risse, invidie, ammiccamenti. Una coppia ha litigato perché il lui non faceva alla lei abbastanza foto. Un’altra s’è presentata in ballerine in mezzo a donne tutte con tacco 14 ed ha passato la giornata a biascicare scuse via via più improbabili. Il testimone della sposa é arrivato dopo essersi sniffato almeno tre righe e durante la cerimonia ridacchiava isterico. 

– Il Milan ha pareggiato? –






Esco dalla trance quando noto Mirko, meccanico di 36 anni con moglie Sonja, 21, dell’est. Non avevo mai visto una di quelle mogli comprate su Internet. Buffo. Le slave pure se le vesti serie continuano a sembrare candidate al ministero delle pari opportunità. Forse è la conformazione del viso, non so. 

– Comunque il calcio è da recchioni, io sono per il rugby.
– Quello di “ogni maledetta domenica”?
– Hmm.. non proprio, però tipo, sì.

– Quello dove un branco di negri palestrati si mettono addosso tutine aderenti argentate, si posizionano a pecora e trovano ogni scusa per toccarsi mugolando? Eh, quella sì è roba da veri uomini. 

– Ariooo…
– Che c’è? Che cazzo, in quello sport persino la palla c’ha un’erezione.

– Arioooo…
– Che poi la lotta nel fango, omoni che si rotolano uno sull’altro… Altro che far orgie con due veline che si slinguano la brogna, l’apice della virilità mondiale è quando hai le palle di uno in bocca, poche balle.


Ario è sempre lui, la sua totale incapacità di trovare un compromesso tra bocca e cervello. La persona che mi chiamava alle due di mattina perché stava mandando un SMS alla squinzia e non sapeva se “cuore” andava con la C o con la Q. Lui, vestito da coglione anche il giorno del suo matrimonio, che si crede raffinatissimo alzando i mignoli mentre beve. Lui che mangia l’orata con le mani. Lui che è il migliore amico un uomo possa avere. Lui che si sputtana mezzo stipendio in puttan tour. Lui che m’ha insegnato più di ogni altro al mondo. Ma davvero s’è sposato, oggi? 

– Prendete i film tipo Beverly hills cop. O coso… Arma letale, ecco. Non li fanno più film così. Nel senso che proprio non c’è più il genere esplosioni-battute-tette-esplosioni.

– E’ perché il cinema è migliorato.
– E’ perché erano tutti uguali» 

– Il rugby non è gay.

– Sbagliato, è perché tutto dev’essere SERIO in modo da essere capito anche dalle donne. Alle donne se un personaggio cattivo fa una battuta le mandi in confusione e non capiscono più per chi tifare. Dio, perché sono così rincoglionite?

– Ario, se ti sente tua moglie ti sgozza col cucchiaino.
– Tanto è in fondo. 
– E COMUNQUE si tratta di dare più spazio alle scelte del personaggio e meno al cabaret.

– Ecco. Ecco, precisamente. Scelte. Nei film da donne non ci sono. La trama dei film da buchi è sempre quella. Giovane innocente, finisce a fare la puttana in un bordello gestito da una vecchia puttana saggia e buona. Viene addestrata a prendere un uragano di minchie, diventa famosa per questo e viene convocata da ricconi che la coprono d’oro. A quel punto, giusto all’apice della carriera…

– Che film guardi?
– Bravi, dategli corda, io vado al cesso.
– Ario, prendiamo Titanic, c’azzecca?

– Sì. Perché lei a quel punto conosce il vero amore. Oh, chiariamo, il Vero Amore non è un puttaniere, anzi. Guai. E’ uno straricco, giovane, bellissimo che ha scopato una o due volte massimo con donne cattive che ora si presenta a lei con un fiocco regalo in testa. Lei tutta felice non vede l’ora di lasciare tutto per fare la mantenuta, ma a quel punto il vecchio mondo – pappona saggia, clienti ricchi, colleghe – si rivela cattivo e pretende di tenerla ancora con sé. Lei e lui lottano per la sua liberazione e naturalmente vivono felici e contenti. E’ quello che mi manda in bestia. Nei film da donne non ci sono mai vere scelte, sono la brucomela del cinema.


– La brucomela del…?

– Sì! Storie di handicappati. Salgono, seguono i binari girando il volantino finto senza la minima possibilità di sbagliare strada. Secondo te perché quando chiedi “dove vuoi andare” rispondono “è lo stesso”? Per la brucomela. Con le donne tutto dev’essere telefonato: vuoi scopare il figo sveglio, ribelle ma tradizionalista e fedele o lo storpio viziato e bugiardo che ha appena ucciso tuo padre? Tac, ti tira la manica: “ma qual è il cattivo”?

– Taci, te ne prego.
– Sì vabbè, ma il rugby…

– Ancora co’ sto rugby, Gian, abbiamo capito cosa ti piace.


Ario è sposato. I fotografi hanno preferito non mettermi perché dicevano che in nessuna foto sorridevo, in compenso la Leo era fotografata che pareva la mostra del cinema di Venezia. Sarà il fascino della brucomela.

Guerra in pace

 

Ho sempre reputato imperativo tenere l’attualità fuori da questo blog. Mi limito a mettere una donna a tema quando soldati italiani tornano in una bara mentre servono il loro paese. Quando questo succede, tutti cercano di dire il maggior numero di cazzate e dentonate possibili; la sinistra farà ironie moraliste tipiche di un paese di morti di fame e sfigati. La lega trollerà nell’imbarazzo generale ma poi spiegherà-correggerà-ritratterà-interpreterà-ritirerà com’è tipico dei vecchi e dei codardi. La destra dirà trombonate patetiche su ideali e nazione mentre prendono la cittadinanza fiscale ad Aruba e la casa ad Antigua. Il popolo viola metterà un triangolino al proprio avatar.
Ma tutti, indifferentemente, diranno “i nostri ragazzi”.
Chiariamo, nessuno di loro ha il figlio in Afghanistan. Mai.
Non dico incursori, non dico corso ufficiali, dico manco uno straccio di VFP1 in qualche casermetta vicino a casa. I figli stan tutti in coda per la raccomandazione, però dire “i nostri ragazzi” fa un appassionato pazzesco. E’ bellissimamente sospirato, coinvolto, enfatico, epico. I nostri ragazzi. In TV fa un effettone, sovrapposto alle immagini di uomini e donne in mimetica con sguardo fiero che scendono dai C-130: i nostri ragazzi mantengono la pace. I nostri ragazzi aiutano. I nostri ragazzi fanno.
I loro ragazzi recensiscono l’iPhone 4, giocano con i NERF, fanno arguta satira politica ed hanno un sacco di persone a cui piace questo elemento.
Stasera al tavolo ci sono quattro persone: il mio amico (ex)ufficiale dell’esercito, B.D., 26 anni. Un congedato alpino, 36 anni e un caporal maggiore della marina, 30. Pago io la bevuta.
Che facciamo in Afghanistan? 
– Un party da 3500 persone.
– Coltiviamo bonsai.
– Scienze della comunicazione.
Dài, seri. 
– La guerra, cosa vuoi che facciamo?
– Anche piuttosto bene.
Ma missioni di peacekeeping. 
– Ha haha haha
– Adesso ti cago in gola.
– Cosa vuol dire quella parola?
Non so, mantenitore di pace… 
– Mio cugino è storeroom manager, cosa vuol dire?
Bidello. 
– Eh. E un soldato mantenitore di pace cosa fa?
Non so, ridere?
– Ecco.
– Che poi le missioni non sono offensive, eh, però quella parola non si può sentire.
Ma allora perché dicono che manteniamo la pace?
– Perché le cose complicate non le vuole ascoltare nessuno. Da noi le cose si ascoltano con l’ideologia e non col cervello, perciò se una cosa non ti piace la reintepreti come vorresti.
– Senti lì che robe profonde, tenente.
– Perché urta la sensibilità.
Va bene, ditemelo voi: perché siamo laggiù?
– Eh, perché il governo ha deciso di…
– Dio Cristo, Nebo, per l’ISAF.
– Bonanotte.
? Eh?
– E’ una di quelle cose complicate di cui si parlava prima.
– Semplificando al massimo, l’11 settembre 2001 tirano giù le torri gemelle. Si scopre che gli autori sono i Talebani, impazienti sodomiti di cammelli che occupano l’Afghanistan come i pirati facevano a Tortuga, tanto che laggiù non hanno un governo vero da tipo trent’anni. L’america dichiara che entrerà in guerra con o senza la NATO. Consapevoli che lasciarla da sola sarebbe un errore catastrofico il 20 dicembre 2001 l’ONU approva la risoluzione 1386. Da quella nasce l’ISAF, una missione di supporto coordinata dalla NATO e composta da forze internazionali. Tra cui c’è pure l’Italia.
In due parole?
– Pubbliche relazioni.
Andiamo a fare la guerra per farci belli agli occhi del mondo?
– Gesù. Chi si fa un altro giro?
– In natura se ti emargini dal branco ti ricordi cosa succede? Muori nella desolazione. MAI isolarsi. Segui i tuoi amichetti europei che vanno a dare una manina agli ammeragani. Una volta che sei in mezzo a loro ed hai il loro rispetto, puoi trattare, limitare ed avere diritto di parola. Prima no. Il mondo funziona così. Piaccia o non piaccia.
– E poi dai, lasceresti da soli gli americani, là sotto? Quelli c’han 9/11 stampato sopra il fucile, sono pompati come leoni.
– Io un montenegro.
– Due.
– Tre.
Ok, un po’ di politica: chi ci ha mandati in guerra?
– Tutti! Siamo in guerra da… boh, sempre. Albania, Bosnia, Somalia, Ruanda, Iran, Iraq, Afghanistan…
– Ha ha haha, guarda che faccia.
Non ci avevo pensato. E’ vero. Però non si sa mai un cazzo.
– E’ per il discorso di prima sull’ideologia. Destra, sinistra, c’han tutti mandati in guerra a fare i buoni samaritani. Poi logico che t’incazzi se scopri che prima Prodi fa del pacifismo uno dei punti salienti, appende arcobaleni a tutti i balconi con pace e fiorellini e poi aumenta le truppe ed autorizza missioni classificate “COMBAT”.
– Me le ricordo ancora. Ero appena andato a convivere, tutti i balconi del condominio arcobaleni tranne uno con mia moglie che appendeva la mimetica ad asciugare.
Ha ha ha haha ha haha hah, bellissimo, non vi dicevano niente?
– No, ma nessuno salutava. Anzi, tutti abbassavano lo sguardo. Però non era astio. A dirla tutta, credo che sia stata la paura. C’era tanta paura, in giro.
– E se ne vergognavano.
– Vabbè, era una situazione che pareva la fine del mondo. La TV che riproponeva le immagini delle torri, il nemico senza nome che pareva stesse per invadere, panico diffuso… la prima reazione di chi ha sempre vissuto in un micromondo è quella. Così appendi un arcobaleno al balcone e speri che ti ammazzino per ultimo. Sembra patetico, ma è umano.
– Però fa girare i coglioni.
– A me no, sarà perché ho una figlia. Avere figli t’insegna tanto. Fanno i ribelli, gli indipendenti, gli spacconi, ti criticano e giudicano, però quando c’è bufera arrivano sempre da te a cercare aiuto.
– E’ quello che mi fa girare il cazzo. 10, 100, 1000 Nassiriya e poi “i nostri ragazzi”.
– Bah. I muri sono la lavagna delle canaglie. Qualunque idiota può prendere una bomboletta spray, chiedi a Nebo.
Eeeeh… ignorate la bassa insinuazione.
– Scrivevi sui muri?
– Anche sui treni.
– Ho un amico nei Carabinieri, se vuoi lo chiamo.
Menzogne. 
– Ma tipo murales?
– Sì, sì. Era un rapper, sai i Genoma?
– Oddio, mio fratello ha un tuo disco.
N-non… non ho mai…
[omissis]
Torniamo a noi. Che missioni svolgono i soldati italiani laggiù?
– Pattugliamento, scorta, supporto ed assistenza medica. Addestrano milizie locali, curano feriti indiscriminatamente se ostili o alleati, distribuiscono e proteggono aiuti umanitari, impediscono che quattro beduini con un lanciagranate ed un AK terrorizzino e sottomettano la popolazione. Queste sono le regole d’ingaggio ufficiali. Difesa.
Allora perché ci accoppano? 
– Quando gli italiani muoiono il 90% delle volte è perché qualcuno ha minato la strada con un IED. Generalmente un proiettile da mortaio sistemato in modo da esplodere per innesco o a pressione. Quello radio non funziona perché i nostri veicoli hanno il jammer che disturba le frequenze. O c’è l’omino che pigia il pulsante o c’è la spoletta.
– Oppure è una mina anticarro e allora sei fottuto pure con il blindato. Te la ricordi la storia del 2006?
– Cos’era, l’alpina ferita?
Sì, mi pare..[eccola]
– Un tizio mi ha raccontato che c’è stato scontro a fuoco ed è stata lei a tenere la posizione per un quarto d’ora. Da ferita, eh? Solo con la pistola.
– Questa è una stronzata.
– Era napoletana.
– Ah, dillo prima.
– E sia come sia, hanno raccontato tutto togliendo la parte cruenta.
Va bene, ma se siamo là solo per scopi umanitari, perché ci minano le strade?
– Domanda del cazzo.
– Perché i talebani sono gente di merda, un branco di fanatici assassini che punta a tenere la popolazione sottomessa con armi, ignoranza e violenza. Se tu vai là e cominci ad insegnare ai civili qualcosa, smini terreni, curi, dai viveri… metti a rischio tutto il sistema. Per quello se la prendono anche con noi. Se il popolo sta bene non puoi sottometterlo. Nessuno pensa con la pancia vuota ed un braccio rotto. Ma se li sfami, li curi e magari gli mostri che la vita ha un valore allora cominciano a farsi due conti. Magari capiscono che non vale la pena di farsi saltare per aria a 26 anni solo per riuscire a farsi una scopata decente.
– Con vergini incapaci di far pompini, tra l’altro.
Mettiamo m’abbiate convinto, che c’entrano le bombe sugli aerei?
– Supporto aereo tattico.
– C’è un cecchino barricato o una ventina di nemici in posizione più alta? Per uscire dall’assedio chiami gli elicotteri o gli aerei, arrivano, sganciano bombe guidate o smitragliano. Voilà, liberi. Noi siamo gli unici che usan solo le mitragliatrici.
– Che spesso non bastano.
– Hai capito? Se ti serve il supporto aereo e quello degli alleati è già occupato? Succede, eh. Gli attacchi ai convogli son sempre a rischio e tu sei l’unico senza l’ombrello. La cosa non c’entra direttamente con gli alpini morti, ma il ministero della difesa ha colto l’occasione perché sapeva bene che proporre “bombe” in qualunque altro momento avrebbe portato ad un rifiuto, perché tutti parlano senza sapere un cazzo guidati dall’ideologia. Il discorso di prima.
A questa credo. Mi ricordo tutti che ridevano sulle bombe intelligenti e nessuno che sapeva manco cosa fossero o come funzionassero.
– Vabbè, guardano l’isola dei famosi, che pretendi?
– Comprano libri a batteria, che pretendi?
– Sono i rapper, che pretendi?
Vanno a saltare in aria per soldi, che pretendi?
– Ha ha ha, no, dovevi dirla più idiota, vanno ad UCCIDERE INNOCENTI per soldi.
– Per un attimo t’ho preso sul serio.
– Non sono abbastanza sbronzo per parlare di ideali e patriottismo, vi avverto.
Ma giusto per dire tra noi…
– Cosa?
Insomma, non mi sembrate gli stereotipi da film fanatici. Però in TV il Grande Fratello, al governo il circo Berlusconi, in Internet l’universo parallelo.. andate davvero a rischiare di crepare a 22 anni per questo paese?
– Cioè tu dici, vista la cloaca massima per forza andiamo giù per denaro?
– Credo intendesse scoprire che allo stato si deve dare, oltre che pretendere.
Se lo stato non mi piace, perché?
– Perché i tuoi diritti non sono scontati. Prova ad andare a vivere in uno stato dove lo stato non c’è, tipo l’Afghanistan.
O Scampia.
– Eh. E nonostante quello ci sono ragazzi di Scampia che si arruolano.
– Comunque scelgono.
E’ un modo come un altro per fuggire dalla merda senza entrare nella mafia.
Non è un modo come un altro.

Perdente è bello





1. 
Subcomandante Marcos, commercio equo e solidale, consumo sostenibile. Questo mare di puttanate domina le riunioni del partito studentesco. Lei lo guarda parlare ed è l’uomo più bello del mondo: politicamente impegnato, ribelle, intellettuale. Lui la guarda e vede fica. Notti di passione in cui si sentono speciali, lui novello Che Guevara, lei donna del condottiero contro stato e genitori repressivi. 

– E intanto chi ci pagherà il cibo?
– I genitori repressivi – fa spallucce lui. 




2. 
Dopo la laurea, la convivenza. Poi ok, nessuno qui crede all’ipocrisia cattolica, però oggigiorno comunque sposarsi fa parte di un percorso che insomma. Ideali dispersi come peti nel vento. Assalti all’Ikea. Amministratori delegati. Auto. Vacanze. Il vestito è superficialità ma in un ufficio bisogna adeguarsi almeno all’inizio perché il sistema si cambia dall’interno di questo stato repressivo. 

– E intanto chi ci pagherà la sanità?
– Lo stato repressivo – fa spallucce lui. 



3. 
Oggi lui, 45 anni, è un segretario della CGIL che a casa fa discorsi da estremista della Lega. Non sa cucinare, rifare un letto, pagare una bolletta, cambiare una ruota o una lampadina. Lei, 40 anni, è imboscata in un ufficio INPS. Arrotonda in nero giocando a campo minato in un ente sociale che nessuno sa a cosa serva ma costa al comune 200.000 euro l’anno solo in graffette da ufficio. Tutto questo per salvaguardare lavoratori sempliciotti ed ignoranti. 

– E intanto chi ci pagherà da vivere? – 
– I lavoratori sempliciotti ed ignoranti – fa spallucce lui. 



4. 
Siccome erano ribelli principalmente alle responsabilità sorge l’impellente bisogno di ribellarsi al matrimonio. Lui raccatta una vecchia compagna d’università che nei discorsi postorgasmo ancora lo fa sentire qualcuno. Lei si fa trapanare dal personal trainer perché i bicipiti saranno anche superficiali però gli istinti che stimolano son belli profondi. 

– E allora chi cambierà il mondo? –
– I nostri figli – fa spallucce lui. 

Ripetere dal punto 1.




Questa trama in Italia viene messa su pellicola da anni. Archi in minore, melodie strazianti, urla e monologhi enfatici oppure equivoci, scorregge, musica truzza e rutti. Da Neri Parenti a Muccino il cinema italiano fa l’apologia del fallimento, eleva la mediocrità a stato divino e alla fine dà l’assoluzione: “Capita a tutti, è la grande ruota della vita” fuffurra Muccino accareffandoci la cofienza “Ahò nun te preoccupà, de perfetto nun ce sta ncazzo, hahaha” sghignazzano Boldi e de Sica. 

Per questo non abbiamo una versione italiana di McLane, di Jack Bauer o di Tyler Durden. Come due donne vestite uguali ad una festa, gli eroi sarebbero la più magra e noi quella grassa che dice “sono bella dentro”. Non sopportiamo i bravi, i belli, i fighi a patto che non siano lì per demolire qualcuno di più bravo, bello, figo, puro. Se domandi ad un italiano chi disprezza farà migliaia di nomi. Se alla stessa persona domandi chi apprezza ci dovrà pensare su, per poi tirare fuori qualcuno morto da anni o comunque vecchissimo che non rappresenti una minaccia alla sua sfera sessual al suo ego.

Parlar male di qualcuno indirettamente ci fa sentire superiori.
Dio sarà pure un sadico muto, ma noi siamo degli ipocriti chiacchieroni.

Real man fight with tractors



Tra le scopate migliori della mia vita c’è un pezzo di fica originaria del Bangladesh ma cresciuta in Italia perché suo padre era finito sparpagliato da una detonazione terroristica; la madre l’aveva data in adozione assieme alla sorella di nome zzzip. Sfortunatamente qui la mia cerniera lampo si abbassa e la mia attenzione s’interrompe, ma non penso ci fossero chissà che sviluppi. 


Comunque, Bangladesh. Fino a qualche tempo fa associavo questo nome ad un indistinto paese interamente coperto di rose, popolato da cuochi e donne obese vestite di stracci color giubbotto di salvataggio. Sbagliavo. L’oriente-non-troppo è un paese in via d’espansione, complesso e pieno di contraddizioni. Ogni giorno bisogna lottare per la propria vita, laggiù. Immaginate una giornata qualunque in periferia di Mumbai. Voi siete lì sul vostro trattore che girate in tondo dentro una pozza di fango e siete felici. Guardate verso l’alto e vedete Antilia, una raffinata abitazione costata due miliardi di euro ed alta 27 piani che offre una bellissima vista sulle peggio baraccopoli del mondo. E’ la casa di Mukesh Ambani, quarto uomo più ricco del mondo. 

Ma non importa, voi avete la vostra pozza di fango, il vostro trattore e girate in tondo felici.

Ad un tratto senza preavviso dal bosco spunta un altro trattore, pare minaccioso. Poi un altro da destra, altri da sinistra. Alle vostre spalle, dappertutto. E’ un’imboscata di trattori. Sapevano che quella era la vostra pozza di fango preferita. Vi circondano. Sguardi truci, motori che sgasano, è questione di secondi e attaccheranno. 






Capite che la migliore difesa è l’attacco, così partite a tavoletta girando in tondo, spruzzando fango da tutte le parti ed accecandoli momentaneamente. E’ fatta. Ora, con una piccola rincorsa, saltate il loro sbarramento come saltavate con la bicicletta: slanciate il busto verso l’alto ed il trattore vi seguirà. Funziona. Atterrate in una fontana di fango, sporchi ma liberi dalla loro infame trappola. Guidate verso la giungla, ma due trattori vi tagliano la strada. E’ finita. Ora dovrete combattere corpo a corpo contro una quarantina di tizi armati di bastoni. Non è uno scherzo, ma si può fare. Salite sul cofano del vostro trattore a petto in fuori, non li temete. Cominciate a ravanarli di botte mentre il suono di un argano a motore riecheggia nell’aria ogni volta che li scagliate in aria. Ce la state facendo, ma il secondo dopo siete al tappeto, intontiti: sono arrivati i tizi coi collari da renna. 

I collari da renna sono un’arma tremenda anche grazie ai garuli campanellini che spaventano e confondono il nemico. Vi frustano come un ladro di cavalli mentre nell’aria risuona spensierato quel che sembra l’inizio di Merry Christmas. Riprendete la vostra concentrazione di straccioni guerrieri e sconfiggete questi sgherri. Non fate in tempo ad abbattere l’ultimo che WHAM, un trattore vi investe. Vi salvate grazie ai vostri riflessi fulminei che vi consentono di accucciarvi e di lasciarvelo passare sopra. Appena vi rialzate, un altro vi colpisce da destra. Non vi resta che rannicchiarvi dentro una sua ruota e girare come il criceto semiparalizzato di mia zia, che morì dopo essersi mangiato le proprie gambe per tutta la notte. Lo sgherro guida il trattore contro un albero, ma vi buttate fuori appena in tempo. Lo disarcionate con un calcio volante, poi prendete il controllo del mezzo in corsa. 

– Certo, lì sarebbe da piantarci delle ortensie – pensa il capo degli sgherri, guardando a sud ovest. In un attimo siete su di lui, investendolo e trascinandolo verso un muro spuntato dal terreno. Decidete di graziarlo lasciandolo lì a terra, tremante di paura. E’ un giorno qualunque, a Mumbai.

L’apprendista giornalista



Sono le sette di mattina, alla radio Anna Frank duetta con Eminem ed ho finito la marmellata d’arance. L’allenamento di ieri ha reso le mie gambe una macchina che produce crampi. Mi rado con i BIC gialli, esco in strada che pare m’abbiano sgozzato.

Piove.
Due donne affrettano il passo pur di riuscire a farselo cedere. Dietro di me due adolescenti raccontano che ad una festa gli è venuto da starnutire mentre pippavano e si sono sputtanati 70 euro di roba. In redazione la freelance mi sorpassa con un sorriso di superiorità, devono averle preso l’ennesimo servizio sulla nightlife veneta. Dio, le gambe.

Mi siedo al PC, clicco gmail e mentre la barra scorre chiudo gli occhi. 

Da: Ministero della difesa
A: Nebo

Egregio Sig. Nebo,
siamo felici di comunicarle che abbiamo preso in esame la sua proposta. Ci dispiace di averle fatto aspettare tre anni prima di avere una risposta. Dopo aver letto attentamente i suoi articoli ed inchieste sul Gazzettino e La Nuova, le sue interviste per Milano e soprattutto i suoi pezzi su Proeliator siamo giunti alla conclusione che la Marina Militare ha un enorme bisogno di lei. La prego, venga a fare reportage, interviste ed inchieste sulle forze armate. Discuteremo del suo compenso di persona.


Apro gli occhi, 1 nuova mail. Vodafone One ti premia con
– La tua collega ha fatto un bellissimo pezzo sulla movida notturna – flauta il redattore dal fondo – e mi ha detto che il bar XXXX chiude. Perché non vai a fargli due domande?
L’odore di asfalto bagnato si mescola a quello delle prime caldarroste, minuscole palline marroni che costano come platino. Un vecchio piscia, il gestore esce, rissa. Una coppia si bacia, un motorino schiva miracolosamente un autobus. I clason danno il voto all’acrobazia. Sui muri affittasi stanza e no al nucleare e riunione e concerto. Uno mi domanda se gli offro una sigaretta, rispondo “non ho niente”. E’ stato peggio quando mi chiesero di fare un gesto d’amore per i bambini e risposi “ho smesso”. Un sigaro mi accarezza le narici, colletti bianchi flirtano nei bar. Mi fermo davanti alla vetrina. Inspiro. 
Le interviste ai commercianti sono una spirale rovente nel culo. Preferirei passare la mattinata dal dentista che avere a che fare con questa gente. Entri che hanno l’atteggiamento altezzoso ed insofferente dei disfattisti, migliaia e migliaia di pittime tutte uguali che galleggiano nella loro presunzione saccente. Tu sei educato e cortese, loro rispondono come se fossero Marchionne; gli stai facendo sprecare tempo prezioso che altrimenti passerebbero a guardare fuori scuotendo la testa. Spieghi che sei un freelance e vorresti scrivere un articolo. Niente. Elettroencefalogramma piatto, non capiscono. Pronunci “Gazzettino” e si spalancano le porte dell’inferno. Gonfiano il petto, si spostano su una gamba, cambiano tono di voce cercando di essere seri e drammatici come hanno visto fare nei film. Fanno la faccia intensa e con il tono più solenne possibile annunciano: 
– Guarda, lascia stare [il motivo per cui sei lì]che non frega a nessuno, dovresti scrivere un articolo su. 
“Su” il meccanico che gli ha chiesto 40 euro per un cambio d’olio ed è uno scandalo. L’antifurto di fronte che parte di continuo e non lo lascia dormire è una vergogna. La moglie che lo sta dissanguando con la separazione e cosa deve fare lui. I cani che cagano sul marciapiede che non se ne può più. I vigili che gli hanno dato una multa esagerata, fossero stati 20 euro glieli dava. La polvere del cantiere sulla vetrina, loro come contribuenti hanno il diritto di. La viabilità scandalosa, la gente è stufa, avevano pensato di chiamare Striscia. Dopo un piagnisteo di tre quarti d’ora dove ignorano qualunque tua domanda fanno una pausa ad effetto per enfatizzare il gran finale: io mi vergogno di essere italiano. A quel punto ti fissano, aspettandosi che tu indietreggi sconvolto. Se avessi un euro per ogni idiota che pronuncia questa frase appena gli rigano il motorino starei prendendo il sole su una goletta di 35 metri alle Barbados. 
Apro la porta. Buongiorno, ‘ngiorno.
– Ho sentito che state chiudendo!
– Cosa prende?
Un caffè. Un euro. 
– Ci trasferiamo a Mirano – dice, incrociando le braccia.
– Eh, van tutti lì. Voi come mai?
– Mestre non favorisce noi commercianti.
– Per i lavori del tram?
– Anche.
– E questo posto che fine fa?
– Lo piglia il XXXXXX, ma non sarà come prima, noi garantivamo standard molto alti.
– Non è un po’ drastica, come cosa? Dico, trasferirsi in periferia.
– Ah, ma vedrai che si solleverà un polverone.
Chiariamo una cosa: nessuno di loro compra il giornale. Mai. Preferiscono guardare il TG sputando insulti a caso tra una forchettata e l’altra. Poi i giornalisti sono tutti venduti, raccomandati, strapagati, bugiardi e faziosi; “scrivere” lo saprebbero fare anche loro, mica come vendere “cappuccino + briock 3 euri”. Se questo tizio leggesse il giornale saprebbe che a Mestre prima di lui hanno chiuso librerie storiche, panifici, negozi e pub. Tutti l’hanno visto succedere al vicino, tutti hanno fatto spallucce pensando “più posto per me”, tutti hanno frignato appena capitava a loro. Branchi di egoisti gretti e meschini che credono il loro trasloco sarà un brutto colpo per la città e nelle loro più bagnate fantasie il sindaco in persona, a furor di popolo, andrà a supplicarli di tornare facendo offerte in denaro. 
– Sono già venuti quelli del giornale?
– No, infatti sono rimasto abbastanza deluso.
– Lei che giornale legge?
– Non li leggo.
– Allora come fa a sapere che non è già uscito un articolo?
– Me l’avrebbero detto.
– No.
– Lei come lo sa?
– Perché sono venuto apposta per vedere se c’è da scrivere un pezzo.
– Ah! Bè, guarda – all’improvviso siamo confidenti e mi da del tu – c’è la questione del portacenere.
Lo ascolto parlare per mezz’ora. Osservo con sadico piacere questo imbecille dibattersi nel putridume di una carcassa che lui ha lasciato morire. Esco promettendogli di avvisarlo quando e se uscirà il pezzo. Telefono in redazione, dico che è un semplice cambio gestione. Stamattina telefono, sicuro di regalargli una bella giornata, dicendo che il giornale non è interessato. Tanto, chi lo legge?