Fratelli d’Italia, l’Italia detesta

E’ il 29 dicembre del 1997.
In radio va “Laura non c’è” di Nek. In televisione c’è lo spot delle pagine gialle con un bandito che fa richieste assurde tenendo in ostaggio un tizio. C’è il boom del dietetico, negli scaffali dei supermercati fanno bella figura i pan di spagna “essere” con solo l’1,7% di grassi. Alle 16.30 di pomeriggio nella Banca Popolare di Milano si presenta un bell’uomo. La banca non ha metal detector, così passa senza problemi. Si chiama Domenico Gargano, ha 35 anni, una pistola Beretta calibro 7.65, una bomba a mano ed è fatto fino ai capelli di cocaina.
-E’ una rapina? –
-No –
Detto questo si barrica all’interno con quattro ostaggi e si mette a giocherellare con la granata. A Milano le strade sono bloccate dalle volanti di polizia e carabinieri, oltre alle troupe televisive. L’uomo minaccia di uccidere gli ostaggi a patto che non gli diano cinquanta miliardi e un elicottero con cui spargerli su Milano. Precisa che sparerà sulla polizia e su chiunque provi a entrare, che non ha paura di morire e che comincerà a giustiziare gli ostaggi.
Alla sede dei NOCS, a Roma, il telefono squilla alle 20.
Domenico Gargano è nato a Palermo il 20 dicembre del 1962. Al compimento dei suoi 24 anni ha già sulla fedina penale i reati di ricettazione, concorso in tentata estorsione, guida senza patente, furto e tentata violenza carnale, oltre ad essere un accanito consumatore di cocaina.
A 25 anni si sposa Maria Teresa e si trasferiscono a Milano, quartiere Corsico. L’anno dopo gli nasce il primo figlio. Nel 1994 si trasferiscono nel quartiere Buccinaso e Domenico si fa l’amante nel quartiere vicino, dove mette incinta anche questa. Dura poco, però. Nel 1995 viene trovato un cadavere col volto sfigurato da due colpi calibro 7,65. La vittima si chiama Giuseppe Tricarico, 32 anni, fedina penale immacolata, di mestiere venditore ambulante di frutta e verdura. Domenico viene interrogato dai carabinieri a cui dichiara di aver visto Tricarico poche ore prima che lo uccidessero. La testimonianza è “preziosa”, stando a quel che dice l’Arma, anche se molti sospettano che Domenico abbia detto molto meno di quello che sapeva. La moglie del defunto, tale Anna “Chicca” Cipriani, finisce sotto inchiesta per vicende di armi e droga.
Il colpevole comunque risulterà essere Salvatore Pasquino, piccolo boss di quartiere legato alla ‘ndrangheta.
Anna Cipriani, vedova inconsolabile, qualche mese dopo finisce tra le braccia di Domenico. Si trovano bene. Lui le regala un negozio di abbigliamento. C’è chi preferisce un braccialetto, chi un cellulare, lui regala negozi. Nel 1996 viene ricoverato in ospedale con due proiettili nelle gambe e spiega alla mobile che si è trattato di un banale litigio da bar, non di una gambizzazione mafiosa.
-Cool story bro – risponde la polizia.
Ma che lavoro fa, Domenico? E’ un uomo polivalente: va dalla cooperativa di facchinaggio all’imprenditoria. Ha una ditta nel settore degli infissi in legno, un capannone a Rozzano denominato “Kikki glass”.
Nel natale del 1997 Kikka abortisce e lo molla perché “non vuole un figlio da lui”. Domenico decide di chiudere la Kikki glass e si presenta all’Agenzia 32 della Banca Popolare di Milano, a Rogoredo, chiedendo cinquanta milioni per aprire un’impresa di pulizie. Quelli gli dicono di no.
Sono passate 26 ore.
Durante l’assedio Domenico ha accettato di rilasciare gli ostaggi sostituendoli con il maresciallo dei Carabinieri ed il procuratore antimafia, che tentano di farlo ragionare. Spiegano che un elicottero lì non può atterrare.
-Allora accostate alla finestra, che salto al volo – dice.
Il palazzo è di vetro antiurto. Attorno i cecchini dei NOCS osservano l’interno. Fare irruzione è impensabile, avrebbe troppo tempo per uccidere gli ostaggi. Bisogna farlo uscire. Riescono a convincerlo a sostituire l’elicottero con un’auto blindata. Gli mettono fuori l’auto e due borsoni con dentro quattro miliardi, sapendo che se raggiungesse la macchina sarebbero fottuti. Una volta dentro l’uomo potrebbe accoppare il magistrato e scappare. Domenico accetta di uscire.
L’azione dura meno di un minuto.
Non appena Domenico esce fuori il cane dei NOCS attraversa il piazzale in volata e gli azzanna la mano armata. Due agenti escono dai lati del palazzo e dopo uno scatto di dieci metri lo placcano. Quando Domenico li vede arrivare spara cinque colpi, ferendo a braccia e gambe gli agenti che riescono ugualmente a montargli sopra e ravanarlo di botte. L’assedio si conclude dopo 27 ore e 42 minuti. E’ un’azione che nessuna polizia del mondo avrebbe mai osato. Inglesi, tedeschi, giapponesi, finlandesi, spagnoli, risolvono queste cose coi cecchini. E’ più sicuro, più pratico e più veloce.
Ma non l’hanno fatto.
Quello che avete appena letto è un resoconto di fatti, nomi e date estrapolati dai giornali dell’epoca, a cui ho rimosso una patina che però potete gustare in questi straordinari titoli:
Alla domanda su come si sia procurato le armi, Domenico spiega che una notte dei ladri misteriosi gli entrarono nel capannone dove dormiva. Lui gli disse di portarsi via quello che volevano, ma che domani gli portassero una pistola e una bomba a mano. Qualcuno ha motivo di dubitarne? Assolutamente no.