Drammi negli uffici creativi

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Interno ufficio comunicazione “Crazy Monkey”, Milano, sera.

«Maronna che chiavica» fa Rosaria, sputando il boccone.
«Basta trovare il modo di vendergliela, su» commenta Ciro, osservandolo da vicino «stiamo perdendo clienti su clienti, cazzo»
«Chi si mangia un tramezzino tonno e formaggio?» sospira Giuseppe.
Silenzio.

«Salvini!» fa Ciro, ricordando un vecchio tweet.
«Ecco, qui al nord c’è speranza» annuisce Rosaria «chiamiamolo Salvì, il tramezzino che unisce e poi nel packaging mettiamo una mucca e un pesce abbracciati»
«Beppe, ricordami perché abbiamo assunto ‘sta terrona» fa Ciro.
«Per lo stesso motivo per cui ho preso te, grassone» replica Beppe, distratto.
«Sì ma io se voglio dimagrisco, tu resti un frocio di merda»

«Dai, seri, chi si mangia ‘sta roba?» interrompe Rosaria «età, sesso, istruzione, professione…»
«Americani in vacanza» tenta Ciro.
«No, quelli flottano tra McDonald e Burger King, se proprio si sentono trasgressivi entrano nei cacatoi con le bandierine e le pizze congelate»
«Albamoldagrebini sbronzi?» tenta Rosaria.
«Figurati, quelli hanno una dieta ferrea di kebab e Tavernello»
«RAGA CE L’HO» sbotta Ciro «I FIGLI DI PAPÀ»
Sguardi.

«Ti sei bevuto il cervello? Quelli mangiano sciccoso, figurati se…»
«No, non i filoberlusca alla Jerry Calà, intendo i figli di papà piddini. Noglobal, notav, disobbedienti, quelli»
«Spiega»

«Dai, tonno e formaggio fa miseria. Lo mettiamo in una busta tristissima, con font tipo OBEY e li vendiamo nei centri sociali a 10 euro. Facciamo milioni»
«È buona, è buona!» trilla Rosaria, battendo le mani «vai, nome e slogan, veloci»
«”Ganjah mangia”, il tramezzino di Stefano Cucchi»
«Hmm, fuochino…» tentenna Giuseppe.
«”Giuliani”, molla l’estintore, mangia il tramezzone»
«No, fa tanto anni 2000»
«”Guevara”, il tramezzo che spara. No, “il tramezzo delle masse”»
«Seee, bonanotte, il logo del Che è già marketizzato pesante, serve roba nuova»
«”Smartapp”, la pausa pranzo dell’operaio cinese»
«Caruccia, però…»
«Ce l’ho! PUNKARRÈ, IL SAPORE DEL SESSO PUNKABBESTIA» fa Giuseppe, battendo la mano sul tavolo.

Silenzio.

«Capite perché? Formaggia di cazzo e fica stagionata…»

 

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Occhi si sgranano, mascelle crollano.
«La Gioconda non si spiega» lo interrompe Ciro con la mano «non rovinare questo momento sublime. La soluzione è trovata. Chiamo il cliente e fisso l’appuntamento»
«Dai»

Trilla il telefono. Ciro prende in mano e guarda il nome.
Siani.
«Ohè, terrona, c’è il comico, cazzo vuole?»
«OH DIO CI SIAMO DIMENTICATI SAN REMO!» sbotta Rosaria.
Gelo in sala.

«Mettilo in vivavoce» fa Giuseppe, accendendo la TV e aprendo Twitter.

«Pronto?» risponde lei.
«CUMPA AGGIO COMBINATO NU GUAJE» grida Siani, isterico «AGGIO DETTO A NU CRIATURO CH’È GRASSO»

Contemporaneamente Giuseppe scorre la tweetlist e sbianca. Le mani iniziano a sudare. Ciro si avvicina, legge anche lui. Si siede lentamente.

«Vabbè, che problema c’è?» domanda Rosaria, confusa.
Poi vede le facce dei due colleghi.

«Ti richiamo»
«STU CAZZO, VOI SIETE IL MIO UFFICIO COMUNICAZIONE E AVIT
Click.

«Maledetto coglione» geme Giuseppe «siamo fottuti, a ‘sto punto tanto valeva che sparasse a qualcuno»
«Dichiariamo fallimento» piagnucola Ciro «cambiamo etichetta sulla porta e diciamo che vendiamo vibratori femministi»
«Troppo tardi»
«Raga, ma quando ha girato il film non aveva fatto una foto con un subumano da quartieri spagnoli?» fa Ciro, pensando rapidamente «era un krapfen di lardo con addosso un maglione finto Burberry»
«Tamponerebbe il colpo» fa Beppe, speranzoso «trovami la foto»
Ciro si avventa sul mac e scartabella l’archivio.

«Non basta, comunque. Serve qualcos’altro. Diciamo… diciamoooo…» pensa Giuseppe frenetico «dai, qualunque cosa. Siani difende i diritti delle donne. No, visita i CIE. Anzi, dona soldi agli asili del terzo mondo…»
«Ma che vi piglia?» fa Rosaria «chi se ne frega, dai»
«TACI!» fa Giuseppe, le mani giunte sul viso.

«TROVATA LA FOTO!» fa Ciro.
«Mandagliela subito, digli di postarla. Digli di scrivere “Siani è amico dei ciccioni”. No, dei bambini obesi. No, dei… dei… non mettere niente, mandagli la foto e basta»
Ciro esegue.

Per una decina di minuti stanno fissi davanti ai monitor.
«Non basta, gli indignados vogliono comunque sangue» fa Ciro, sudato «serve un’idea migliore»
«Dammi la scaletta, abbiamo una pausa pubblicitaria?»
«Tra trenta secondi»
«Chiamami il direttore di produzione, subito» fa Giuseppe, prendendo una calcolatrice.
Ciro esegue.
Cinque secondi dopo il direttore è al telefono.
Giuseppe sta ancora facendo calcoli.

«Pronto?»
«Ascolti, per l’amor di Dio» fa Giuseppe «siamo l’ufficio comunicazione di Siani»
«Ci avete messi tutti nella merda, teste di cazzo» ringhia l’uomo.
«Losoloso, ma ho la soluzione. Parli con il regista. Gli dica di parlare con Carlo Conti»
«Torniamo in onda tra quindici secondi»
«E ALLORA SI SBRIGHI! Faccia dire a Conti che non dovrebbe dirlo, però lo dice lo stesso, e che Siani ha deciso di devolvere il suo compenso in beneficienza»
Silenzio.

«Direttore!?» fa Giuseppe, grondante sudore.
«Beneficenza a chi?»
«CHI SE NE FOTTE, È LA PAROLA CHE CONTA! LEI INTANTO LO DICA! CONTI DEVE DIRE “BENEFICENZA”!»
Click.

I tre restano davanti alla televisione. Al termine della pubblicità Conti rientra in scena in ritardo, di corsa, e annuncia che Siani ha deciso di devolvere il proprio compenso in beneficenza. Applauso. Ciro e Giuseppe si appoggiano sullo schienale tirando un sospiro di sollievo. Su Twitter l’indignazione continua, ma i numeri sono sotto la soglia Repubblica alert.

«Dici che basterà?» domanda Ciro.
«Grazie a Dio hanno ammazzato quei coglioni di Jesus Charlie…»
«Era Je suis Charlie» fa Rosaria «credo, almeno»
«Sì, vabbè, quel che era. Comunque ci tornano ancora utili. La gente ha ancora gli avatar, la libertà di parola, la satira, quelle menate lì. Fra tre mesi saremmo stati fottuti, domani invece l’opinione pubblica sarà abbastanza divisa, la sfanghiamo»

«Scusate, ma io non ho capito dov’è il problema» fa Rosaria «era un cazzo di bambino obeso in fila raccomandati, chi se ne frega? Nei bar e nei salotti ci diciamo e pensiamo molto di peggio»
«Ma non lo ammetteremo mai. Tipo le femministe che si eccitano sognando stupri. Rosà, sei veramente una terrona che si emoziona per l’acqua corrente, Cristo» geme Ciro «in Italia puoi assassinare, ricattare, rubare e ci sarà sempre qualcuno solidale con te, ma non si possono assolutamente prendere per il culo tutte quelle categorie che si sentono inferiori. Donne, noglobal, terroni, obesi, handicappati, genitori, animalisti e immigrati. Se un giornalista s’inventa un’intervista di sana pianta tutto bene, se fa un pezzo dove una squilibrata ipotizza sessismo ti licenziano e querelano»

«E coi ricchioni no?»
«No, quella di recente è cambiata» minimizza Giuseppe «la gente non riesce più a spacciarsi per emancipata in quanto non omofoba, ormai gli omofobi sono una microrealtà in estinzione, chissenefrega»

«Quindi?»
«Quindi Siani ha infranto una delle categorie. Un bambino grasso tutti pensano che sia grasso, tutti pensano i genitori siano degli incapaci, e i genitori con un bambino grasso in effetti si sentono degli incapaci, ma non si può dire. È fat shaming»

«Fat che?»
«Fat shaming. È parte di tutto l’universo di ipocrisia dei grassoni. Quelli che da un lato protestano per l’uso di Photoshop sulle modelle, dall’altro tutte le foto di modelle grasse son massacrate di Photoshop, altrimenti hai voglia a spacciare per sexy l’omino Michelin della cellulite»

«Non capisco» si siede Rosaria.
«Ah, nessuno capisce» fa Ciro, aprendo una birra «ma se non condividi rischi di passare per razzista, classista, sessista, fascista, leghista. Vuoi correre questo rischio?»

«No»
«Allora indignati e succhiati la libertà di satira made in Italy»

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