
Le musicassette “alla disperata” sono quando a casa sentivi un brano che ti piaceva e pigiavi REC nello stereo il più in fretta possibile. Il risultato erano 90 minuti di schizofrenia. Musica, loghi, voci, pubblicità, canzoni che partivano a metà e si sentivano di merda. A volte sentivi la stessa canzone otto o nove volte di fila, una dall’inizio, l’altra alla fine, l’altra in stereo, l’altra in mono. Questo tipo di cassette erano la colonna sonora del liceo quando durante la lezione, con la matita, mandavi indietro il nastro a mano per risparmiare sulla batteria del walkman e poi te le sparavi grazie ai migliori auricolari del mondo, quelli di serie del Game Boy.
La strada scivola veloce. Seduto a fianco di Ario, lo guardo percuotere la sola cassa funzionante mentre trasmette per la dodicesima volta “Cara ti amo” di Elio e le Storie Tese.
«A me sto pezzo ha distrutto i coglioni » fa Atza.
«Se mando avanti si mangia la cassetta, o aspetti o la giro»
«Dopo cosa c’è?»
«Non so»
Partono i Bi-Nario, Battisti non esisti.
«M’è esploso lo sfigometro. Gira»
«No, dall’altra mia nonna ha fatto casino coi tasti ed ha registrato Radio Maria»
«E cosa spingono, lo zecchino d’oro?»
«Macché, vecchi dimmerda telefonano e fanno a gara a chi ci crede di più»
«Non azzardarti NEMMENO A SFIORARE la cassetta rossa»
«Ascolto quello che voglio, è la mia macchina, dai di 883»
«NAAAAGH!»
«Con un deeeeecaaaaa…»
«Il silenzio tra un pezzo e l’altro basta a farti diventare frocio»
«Non sono froci»
«Allora perché il biondo fa sempre la voce da ragazza e balla che muove il culo?»
«Cosa c’entra, tutte le mie compagne di scuola vorrebbero scoparselo» intervengo.
«Alle donne piacciono i ricchioni»
«Vero»
«Già»
«Massì…»
«Solero, rollane su un paio»
Mentre la strada scorre guardo questo meraviglioso nordest passare sotto la 127. Sogno spiagge bianche, donne con le tette fuori come nella pubblicità dei solari Bilboa. Ario è il nostro eroe, unico adulto patentato in mezzo a noi sfigatissimi che ancora elaboriamo Fifty. Campi. Fattorie, capannoni. Campi. La conversazione si sposta in base al quantitativo di droga che lentamente raggiunge livelli critici. L’odore di sigarette, ganja, cioccolato e piedi si attenua grazie al letame dei campi.L’aria dai finestrini è un ceffone sudaticcio. La sensazione è quella di stare facendo una cosa importante. Sai che stai facendo qualcosa di grande, di mastodontico e sai anche che sei troppo sbiellato per godertela. Il giorno più importante della tua vita, l’addio dell’adolescenza, il benvenuto nel mondo dei grandi e tu sei schiantato di droga che gorgogli saliva sputando puttanate spaventose su improbabili cantanti o ascoltando dei debosciati che danno della zoccola a Pamela M. perché l’ha calata a tutti tranne che a loro.
Dopo quasi un’ora cominciamo a sentirci fuori dal mondo, tanto che la cartina stradale viene estratta e studiata con attenzione punto per punto.
«Dove siamo?»
«Quasi a Vicenza. Non corre di più, questo cesso?»
«No, ci sono troppi stronzi dentro»
Un po’ perchè la fame chimica ci ha sterminato le riserve di cibo, un po’ perché urge pisciare, il nostro primo autogrill ci accoglie a braccia aperte. Ci dividiamo. Io e Solero andiamo dentro, Ario ed Atza si sgranchiscono le gambe. Al ritorno hanno attaccato discorso con un paio di straniere.
Inglesi, spiega Atza di fretta. Occhi di ghiaccio, fisico da fotomodelle, belle come un biglietto sola andata per Amsterdam. Ario è il più decente tra noi e sfrutta il mio inglese per i suoi scopi. Le tizie sono in Italy per vacanza premio di studio collage. Una ha parents here. L’altra è bestfriend, e noi? Noi si va in Spain, Espagna.
«Dille che siamo drogati, gagliardi e ci piace la fica» fa Ario, barcollando.
Dico che al mio amico piace viaggiare. Le ragazze fanno occhi ammirati e sorridono, you don’t look like an adventurer, hihi.
«Cos’hanno detto?» domanda Ario.
«Che non sembri un coso, un.. un avventuriero, un viaggiatore»
«No, eh? Ehi, girls » dice guardandole «ai stadi for bicom un astronauta»
Lo stadio esplode.
Ci guardano, guardano lui, riguardano noi e sorridono senza avere capito una sega.
Noi stiamo alle convulsioni mentre il prode Ario assume tonalità rosso carminio: «CHE C’E’, UNO NON PUO’ VOLER FARE L’ASTRONAUTA?»
No, non può. L’ilarità è al massimo, un fiume inarrestabile. Le london stronze ci guardano con aria interrogativa. Parlottano. La capoccia davanti ad Ario scuote la testa con espressione modello “eri carino, peccato tu stia con dei coglioni”. Aspettano che smettiamo. Le ignoriamo. Una si gira e se ne va, l’altra la segue mentre noi continuiamo a scompisciarci addosso.
«Fioi, vara, no go paroe» ringhia lui «erano fiche stellari»
«Sì ma Ario, diomadonna » ulula Atza disteso sull’asfalto «ai stadi for bicom astronauta e ti xe aiuto meccanico»
«Eh, sì, ha ha ha ha, ridete, intanto ci siamo persi delle strafighe»
«HAHAHAHAHAHAH»
Un Capri, una coca grande, un caffè. Si riparte progettando di far guidare Ario finché se la sente. Passa Vicenza, superiamo indicazioni per Gardaland e quando il cartello Verona entra nel campo visivo sono passate tre ore e mezza di viaggio complessivo. Si è ufficialmente fuori dal Veneto e dentro la Lombardia. L’autostrada è buia, un fiume di anime bianche e rosse che chissà da dove vengono e chissà dove vanno. A notte inoltrata siamo a Brescia, tutti in stato semi comatoso.
Quando riapro gli occhi sono le 4 di notte ed è perché sento il motorino d’avviamento che grippa. Poi un coro di voci che sbraita, riesco a distinguere Ario, poi Atza. Dicono “partipartipartiparti”. Apro gli occhi. Il primo calcio incrina il finestrino della 127. Il secondo non sortisce effetto. Prima che io capisca che diavolo sta succedendo il finestrino esplode e una mano cerca di aprire la portiera. A istinto la piglio a cazzotti. La mano scompare mentre la macchina si decide finalmente a partire.
«CHE ERA?!?» urlo «DOVE SIAMO, COS’E’ SUCCESSO?!?»
Grida frammentarie sconclusionate.
«SIAMO USCITI DALL’AUTOSTRADA, VOLEVO VEDERE BRESCIA, VOI DORMIVATE» spiega Ario pallido.
«CI SEGUE! QUELLO PRENDE LA MACCHINA, CI CORRE DIETRO!»
Guardo nello specchietto. E’ vero.
«Nebo, trova un modo per portarci in autostrada che quello ci ammazza»
Coperto di cocci di vetro non mi sembra il momento di fare domande. Guardo un cartello che passa, Fenil Scaroni. Cerco freneticamente nell’elenco alla fine della piantina, lo trovo. Quadrante 4, pag 45, Fenil… Fenil… trovato.
«Ho una brutta notizia» dico a denti stretti.
01. Leggende urbane
Italia, Pool&Company.
Seduti davanti ad una coca ottenuta dal distributore automatico – non si potevano versare alcolici, là dentro – a fumare sigarette, deridersi e collezionare figure imbarazzanti. Ario entra come una furia. Cala il silenzio. Basta guardarlo in faccia per capire che sta per sparare la peggio puttanata della giornata. Una cosa del genere merita rispetto.
«Avete sentito di Luca? E’ andato in vacanza con suo cugino! Sapete DOVE?»
«No.»
«Dammi una sigaretta.»
«Chissenefrega, ce le hai le ventimila che ti ho prestato?»
«Che maglietta di merda.»
La platea è delusa. Ci aspettavamo qualcosa tipo “ho raccolto un meteorite a mani nude” o “ho scopato Pamela” o “ci hanno invitato alla festa di halloween”, tre storie che presto conoscerete anche voi ma che comunque sono più divertenti ed interessanti delle ferie di Vegeta. Infranto l’entusiasmo contro gli scogli della vita, Ario riprese coraggio e seguitò nella sua orazione.
«IN SPAGNA! Avete idea di QUANTO si scopa in Spagna?»
«Mi dai ‘ste ventimila lire?»
«Domani.»
Ormai ci aveva conquistato. Tutti conoscevamo leggende sulla Spagna. Era tipo quelli che dicevano di andare a vendere gelati in germania e in realtà era il test d’ammissione nei servizi segreti italiani, o tipo la fantomatica ragazza che se n’era bevuti 33 centilitri, tutti conoscevano qualcuno che conosceva quest’idrovora. Ma le leggende sulla Spagna dicevano che…
«…le spagnole ti corrono incontro e ti offrono ganja per rimorchiarti!»
«SEEEEEEEAAAAHAHHAHAHAH»
«No, no, è vero, io so che in Spagna chiavi per forza.»
«HAHAHAHAHAHAHAHAH LA GANJA PER RIMORCHIARTI HAHAHAHA HAH HA ODDIO HA HAHAHAHA LA MEGLIO STRONZATA DEL MESE HAHAHAH AHHAH ARIO HAHAHAHA HAH HAH HAHAHAHA»
«Vedi come siete, mio cugino c’è andato, me l’ha raccontata lui ‘sta roba, scommetti che torna Luca e mi dà ragione? »
«…AAAAHAHA OCCHIO CHE ARRIVA IL CUGINO DEL METEORITE»
«Eh, sì, mio cugino è andato in Spagna. Chiedi a mia zia.»
«Già fatto, vuole cinquantamila come tutte le altre.»
Ormai siamo stregati dall’argomentazione brillante e come sempre ci caschiamo a pera.
Taci che ‘sto giro non è stata colpa mia.
«Veramente potremmo andarci anche noi » dice Ario.
«Ario, sai quanto costa? Poi figurati, aereo, albergo… io manco sono andato a Padova.»
«…ma è proprio QUI l’idea. Ci andiamo in macchina. Dormiamo in macchina, mangiamo in autogrill come capita, non spendiamo niente a parte benzina, poi arriviamo là e ci ospita Luca. Solo che da solo non ce la faccio, se mettiamo i nostri risparmi sì.»
«Ah, ecco » precisa Atza «Ma a parte te nessuno ha macchina né patente, vuoi andare in Spagna con quel catorcio immondo?»
«Perché no? C’ha il mangiacassette e un sacco di posti dove nascondere la roba.»
È bello notare quali fossero le priorità, al tempo.
«Non so, dovrei chiedere a mio padre…»
«MANNO’, fottitene, gli telefoni dalla Spagna, sai che colpo?»
«E quando partiremmo?»
«Tra due ore, il tempo di farsi le valigie. Restiamo finché ci va. Quindi? Chi viene?»
Le ragazze risero di noi. Altri abbandonarono all’ultimo. Rimanemmo io, Ario, Atza e il Ragazzo Misterioso. Biondissimo, quando gli facevi domande sorrideva felice dicendo “massì…”. Causò innumerevoli trambusti, ed io che do il soprannome a tutti lo chiamai “Solero”. Dopo anni, ad un tavolo dell’ Excalibur, domandai di chi fosse amico.
«Credevo tuo.»
«Io manco lo conoscevo.»
«Ma allora chi diavolo era?»
Il viaggio comincia alle 17 di una domenica pomeriggio
Il fascino vintage della clava
Palestra. ADORO la palestra. È come fare un giro nella giostra dell’orrore. Il tapis roulant è una metafora della vita. Corriamo verso un punto imprecisato. Ogni tanto ci si affianca una sconosciuto/a, percorriamo un po’ di strada assieme guardando la TV senza dirci un cazzo. Poi restiamo di nuovo soli, silenziosi criceti sulla ruota della vita. Ottusi buoi che rahm rahm rahm rahm, mantengono 140 pulsazioni al minuto per un’ora. Solleviamo cose pesanti. Sudiamo. Ascoltiamo discorsi altrui. Faccia monoespressiva. Aria assente.
Palestra.
Un mondo dove operai pagano per lavorare.
Stasera c’è Acquasantiera. Questa tizia è appena arrivata e già colleziona cadaveri. Alta, bionda, occhi chiari, fascino nordico, attira uomini come una frangia emo attira colpi di arma da fuoco. Il problema di Acquasantiera è di essere stupida come il suddetto oggetto religioso e non è un modo di dire, non ha VERAMENTE cervello. Confonderebbe un cazzo con un attaccapanni. Sta un gradino sopra il ritardo mentale e sentirla parlare è come vedere le vostre unghie che si piegano contro una lavagna. Galoppa sul tapis roulant sulla destra, tra me ed un nuovo arrivato che all’improvviso esordisce con
«Gniii, cazzofiga.»
L’autore di questa poesia in dolce stil novo ha una maglietta attillata con la scritta in argento. Ha i jeans griffati. In palestra. Ha accento milanese. Ha con sé un enorme carico di nitroglicerina ben legato alla propria dignità e non esiterà a farlo esplodere con me lì a fianco. Oh, Dio. Non voglio. Guardo il timer sul cardiofrequenzimetro, mi restano ancora due minuti e quarantasette secondi prima di poter scendere. Può succedere di tutto. Acquasantiera si gira incuriosita: «Hai detto qualcosa?»
«Gniii, ebbè, scusa, eh.»
«Scusa cosa?»
«Eh, no, dico, complimenti.»
Due minuti e quaranta secondi. Non basteranno mai. Tra al massimo dieci secondi farà una figura di merda EPOCALE e io dovrò assistere senza mettermi a ridere. Cerco conforto tra gli astanti, ma siamo pochissimi e tutti troppo distanti. Acquasantiera è confusa.
«Ma per cosa?»
«Eh, eh… insomma, deeeei!»
«Ah, per l’ipod?» domanda Acquasantiera.
Smetto di guardare e mi morsico le labbra. Non lo fare. Sii antropologo. Pensa ai bambini del terzo mondo che muoiono ad ogni secondo. Pensa al funerale di tua nonna. Pensa ai soldi che non hai. A Prodi. Pensa a tua morosa mestruata. Pensa a
«Ma che aipod e aipod, cazzofiga, sei te che» dice splendido «sei troppo al top.»
Mi mordo le labbra forte.
«E cosa vuol dire?»
«Come cosa vuol dire, dai che lo sai.»
«Cioè che corro troppo?»
«MANNO’, ha ha ha ha!» ride divertito el cucador «vuol dire che… cioè, pigli bene!»
«Chi?» domanda lei.
«Cosa?» domanda lui.
Prima un soffio. Poi un singhiozzo. Poi ESPLODO. Un fiume di convulsioni isteriche talmente forte che si gira tutta la palestra. Me ne rendo conto, non riesco a fermarmi mentre rido come mai mi è capitato. Sbavo come un lama e lacrime. Lacrime che mi scendono dagli occhi. Perdo le forze, tento di salvarmi ma è tardi. Crollo sul tapis roulant in movimento che mi catapulta contro un attrezzo. Finisco a terra facendomi male mentre rido. Mi copro la faccia con entrambe le mani seduto per terra dolorante e rido. Sento Milano che ride assieme ad Acquasantiera. Esausto, mi rialzo e con gambe molli raggiungo il lato pesi. Appena li guardo di nuovo corro in spogliatoio prima di pisciarmi addosso.
La palestra è un posto meraviglioso.
Il viaggio della mia vita
Spagna.
Ci si va perché c’è una bella atmosfera. Perché c’è tanto da vedere. Perché con le sue amiche è meglio, perché i morosi si annoierebbero, con tutti gli obelischi e quelle donne che vogliono vederli a tutti i costi.

Spagna. Andarci con le mutande sarebbe come andare a un concerto coi tappi nelle orecchie. Spagna. Una parola che evoca grandi corna, e non sto parlando di tori. Potrei fare un post traboccante odio. Potrei dirvi le vere motivazioni che spingono questa gente a tornarci. Potrei dirvi che tifo per l’ETA.
Oppure potrei raccontarvi una storia.

Quando gli americani fecero esplodere una balena
Io amo gli USA. L’america mi sta simpatica perché ha conquistato il pianeta e dove non è riuscito con McDonald ed Hollywood ci riesce con le GBU-4, gli F-35 ed i soldati meglio addestrati del mondo – secondo loro. Nella realtà sono degli idioti senza cervello, ma il loro pregio sta nel fare qualsiasi cosa con una volgarità, una beceraggine ed una potenza straordinarie. Anche quando si tratta di problemi da nulla, li risolveranno all’americana; spendendo un sacco di soldi inutilmente, facendo esplodere qualcosa e cacciandoci una battuta.
In questo caso siamo su una spiaggia dell’ Oregon nel 1970.
Una balena da 8 tonnellate per 14 metri si è arenata, è defunta ed ora comincia a puzzare. Possiamo solo immaginare quale debba essere l’odore di 8 tonnellate di pesce che marciscono sotto il sole. Per risolvere il problema è necessario rimuovere quella montagna di carne al cui interno giacciono quintali di merda ma PRESTO, perché l’odore sta facendo fuggire i turisti fino a Ibiza.
Come fare? Elicotteri? Rimorchiatori al largo con dei cavi?
«We could make it explode!»
«Oh YEAH, dude, get the motherfuckin’ dynamite!»
Esperti in demolizioni vengono convocati. Questi non hanno mai fatto brillare il cadavere di una balena, ma hey, sembra divertente. Accettano. Portano un quantitativo di esplosivo necessario a polverizzare un condominio, lo sistemano attorno al putrido involtino di carne e merda e se ne bullano davanti alle telecamere. La gente si sistema attorno entusiasta: applaude, banchetta sotto ombrelloni, fa foto dell’evento: vieni a vedere la balena che esplode, tesoro! Sarà uno spettacolo da non perdere!
Taci che c’erano le telecamere, o questo fulgido esempio di ritardo mentale andava perduto. Mettere un raudo dentro la merda di un cane comporta un problema. Minare una balena di otto tonnellate scatena la stessa reazione ma più in grande. Questo lo so io, lo sanno tutti i ragazzini di 13 anni cresciuti in periferia.
Non lo può sapere un americano.
Quindi preme il detonatore.
L’esplosione scuote tutti dal proprio torpore.
“L’abbiamo fatto?” si domandano stupiti i dinamitardi “l’abbiamo fatto DAVVERO?”
Sì. Ed è troppo tardi. In un raggio di molte miglia pezzi di carne e pezzi di merda piovono sulla popolazione emulando Armageddon con Brusuìllis, ma invece di meteoriti minori si tratta di lapilli merdosi o sanguinolenti. Voglio immaginiate nella vostra mente il panico tra i religiosi presenti, terrorizzati dal fatto che Dio gli sta cagando in testa. E carne. Carne marcia piove dal cielo e vi distrugge la macchina, si schianta sull’asfalto, uccide i presenti, si smalta in faccia alla vostra ragazza. Dev’essere stata una scena magnifica di cui noi, ora, possiamo usufruire grazie a youtube. Perché anche se non ci credete è tutto vero dall’inizio alla fine.
Il cronista dell’epoca, tale Paul Linnman, fu uno dei molti fortunati ad essere preso in pieno da questa pioggia blasfema. Giustamente ci ha scritto un libro per bullarsene.