03. Uno zaino pesante

03. Uno zaino pesante

«CHE BRUTTA NOTIZIA?»

Buio. Campi. Onnipresente odore di merda di vacca. Nei film o nei libri nessuno parla mai del nordest. Sta sui coglioni a tutti. Abbiamo tonnellate di film su mafia, camorra, politica, amore.. e sono tutti ambientati al centro o al sud fatti da attori del centro o del sud che parlano con accento del centro o del sud girati in città del centro o del sud. I comici parlano milioni di dialetti, e sono tuttidel centro o del sud.
Cinque.

«Nebo!?»

Nord Est. Contadini arricchiti che fan di tutto per levarsi di dosso l’odore della terra. Bovari con il Cayenne. Truzzi con camicie Ralph Lauren. Contadine in sandali di Prada urlano “ciò beo, lecchime ea sfesa” durante una rissa in discoteca. Coca sui tavoli, capelli unti, gente che conosce gente che conosce gente che non conta un cazzo. Lei non sa chi sono io, hai visto che macchina ho? Prova a dare del provinciale a qualcuno, ti ucciderà.
Quattro.

«NEBO, DOVE VADO?!»

Nord Est. Il padre di uno della Treviso bene si scopa la morosa del figlio. Le affitta un appartamento in centro storico, tanto qua nessuno paga le tasse. Come credi che abbian fatto tutti ‘sti soldi, coglione? Se non vai in certi posti non sei, punto. Jesolo, via Bafile. Padova, Piazza dei Signori. Mestre, Piazza Ferretto. Treviso, che poi quella coppia andava nei locali gay. Ci han conosciuto la commessa di Max Mara, che poi adesso la sputtanano coi volantini. Dio, come vorremmo essere romani. O milanesi.
Tre.

«NEBO, LA STRADA, DIMMI LA STRADA, DESTRA O SINISTRA?»

Nord Est. Chiacchiere leghiste che in Italia nessuno vuole più raccogliere pomodori e poi se dici che fai l’operaio o il falegname ti guardano come se fossi una merda e nessuna donna ti si avvicina. Non abbiamo più idraulici, non abbiamo più facchini né contadini. Abbiamo legioni di psicologhe e comunicatori. Dicono di comprare roba italiana, di supportare l’Italy Made. Di non comprare cinese. Di pagare le loro felpe 80 euro e non le felpe cinesi 10.
Due.

«PRENDI TU LA CARTINA, ATZA, NEBO E’ COTTO»
«NON CI VEDO NIENTE, NON LEGGO, DAMMI LA PILA»
Uno.

Quando apro gli occhi la prima cosa che sento è il vento sparato sulla faccia che pare bagnata. Ho sudori freddi. Sono pieno di vetri addosso. Le mani stanno composte in grembo. I fari della 127 illuminano un risibile pezzo di strada deserta. Non ci sono lampioni, c’è solo una Mazda dietro che tiene gli abbaglianti sparati ma non osa avvicinarsi perché la strisciolina d’asfalto su cui corriamo è circondata da fossi.

«Vai dritto. Strada lunga. Preso paura, vetri, tagliato. Ora ci sono» dico.
«Gera ora» fa Ario tirandomi una pacca sulla spalla.
«Che é successo?» domando ricominciando a scrutare la cartina.
«È SUCCESSO che mentre dormivate sono uscito dall’autostrada per vedere Brescia. Sbaglio strada al rientro, mi perdo e finisco qui.»
«Sì, ma il folle là dietro?»
«Eh, Atza si sveglia. Ci scappa da pisciare, fermiamo la macchina vicino al muro di una casa e cominciamo a svuotarci. Già che ci siamo» prende fiato «già che ci siamo decidiamo di fare due firme col pennarello.»
«Ah.»

La macchina dietro suona, tiene gli abbaglianti tirati, sgomma, fa per tamponarci, rallenta e ricomincia. Quello è pazzo sul serio.

«Contemporaneamente dal nulla sento che si apre una portiera e dal buio sbuca fuori un tizio che ci corre incontro urlando. Noi montiamo in macchina di corsa e cerchiamo di partire. A quel punto tu e Solero vi svegliate perché mi ha sfondato il finestrino a calci. Ora il pazzo ci insegue e visto il carattere penso ci ucciderà o ci seguirà fino in Spagna.»
«Ario, mi stai dicendo che noi siamo in quattro e lui è da solo?»

Mi guarda.
Pensa.

«Fermiamoci.»
«No» dice Solero «se arriva la polizia? Se l’han chiamata da casa?»
«Evabbè, voi gli avete pisciato sul muro, quello c’ha spaccato il finestrino della macchina, scusa eh.»
«Se vedono questo cambiano idea» spiega Solero aprendo lo zaino. Appena vedo cosa c’è dentro mi domando perché nella vita non ci sia mai niente di semplice.

«MA SEI COGLIONE?!?» urlo «COSA… QUANTA ROBA È?»
«Tanta.»
«TANTA? C’E’ L’INTERA PIANTAGIONE DI TIJUANA, LA’ DENTRO!»
«Amici. A Barcellona. Mi hanno chiesto… io…»
«Quanta roba è?» domanda Ario senza staccare gli occhi dalla strada.
«Sarà… Gesù, non lo so, non ne ho mai vista così tanta. Sarà un chilo.»
«UN CHILO?!»
«Un chilo e due» precisa Solero.
Bestemmie.

«Buttiamola dal finestrino»
«Provate a toccare ‘sto zaino e vi sgozzo» dice Solero.

Il tono di voce mi fa domandare che razza di amici abbia Ario. Ario si chiede dove diavolo Atza abbia conosciuto questo. Atza reputa strano uno come me possa avere un amico spacciatore.

«ODDIO, SIAMO FOTTUTI!»
«PERCHÈ? PERCHÈ?»
«C’E’ UN PASSAGGIO A LIVELLO! SI CHIUDE!» 
«CORRI!» 
«SEI PAAAZZO, E’ GIA’ VENUTA GIU’ UNA SBARRA, NO, NO, SFIGA, SFIGA»
«FAI LO SLALOM COME QUELLA A MESTRE, VAI, DEFICIO, VAI»

Ario esegue. Terrorizzati, attraversiamo. I passaggi a livello sono asimmetrici, prima chiude la barra della carreggiata tua, poi quella opposta (e viceversa) con uno scarto di tre secondi. Se sei un ragazzino terrorizzato e molto drogato puoi tentare lo slalom da film, che nel mondo reale non si conclude mai bene. Scartando sulla sinistra superiamo la prima barra ed i binari. Alla seconda, il bastoncino in ferro che sostiene la barra ci prende in pieno il tettuccio. Non so la nostra velocità, ma basta a far grippare il meccanismo di chiusura. Sentiamo un botto e la barra si blocca a mezz’aria. Però il pazzo è dall’altra parte.

«È FATTA, È FATTA, CORRI VIA»
«No, fai la curva, entra in una stradina nei campi e spegni il motore» dice Atza.
«EH, ADESSO ANDIAMO A FUNGHI, HAI RITARDO MENTALE» 
«Quello ha una Mazda e qui non c’è nessuno, ci becca. Se invece ci fermiamo al buio in una di ‘ste cazzo di stradine non ci vede e tira dritto.»
«Ha ragione.»

Ario vede un piccolo scoscendimento subito dopo una curva. Sterza piano entrando in una stradina sterrata tra pannocchie. Il suono dei sassolini sotto le ruote è sinistro, dopo tante grida e motore fuorigiri. Dopo un centinaio di metri spegne fari e motore, tutti muti. Sentiamo il delen delen delen del passaggio a livello. Il treno è veloce e breve. In macchina c’è talmente tanto silenzio che sento il cuore nelle tempie. Appena passato lo sferragliamento sentiamo una sgommata e pochi istanti dopo una scia luminosa sfreccia dietro di noi, lontano. Restiamo zitti finché anche la minima eco del motore non è scomparsa. 

Grilli.

«Tornerà indietro.»
«Difatti noi da qui non ci muoviamo fino a domani» fa Atza «dormiamo qui e vaffanculo, vediamo se riesce a trovarci.»
«Si, ma vi rendete conto che in quattro siamo scappati da UNO SOLO?»
«Non racconteremo mai questa cosa a nessuno. Specie te, Nebo, che non sai tenere in bocca 100 lire.»
«Ohi, magari era armato.»
«Magari era Predator.»
«Guarda, spero per te che in Spagna due donne facciano la lotta nel fango litigando su chi mi fa prima un pompino, altrimenti ti ravano di botte. Dio Cristo, neanche 24 ore e mi avete distrutto la macchina.»

Usciamo dall’auto, facciamo un bilancio dei danni. Ario è in paranoia per il finestrino. Io ho pezzi di vetro dappertutto. Insultiamo Solero, facciamo domande senza risposta, commentiamo. Cerchiamo di buttarla in vacca aspettando la nicotina soppianti l’adrenalina. Quando 10 minuti dopo stanno tutti russando sono seduto sul cofano che guardo la promessa di un’alba e mi sento responsabile dei tre idioti là dentro. Fa freddo.

Faccio due passi sul sentiero sterrato fino a tornare alla strada, cauto.

La sensazione di essere perso, lontano da casa senza supporto per la prima volta, mi spaventa ed affascina assieme. Ogni odore è più forte, la saliva ha un altro sapore. Piano piano metto fuori la testa sulla strada buia. I fari di una macchina, distanti, illuminano il cartello verde autostrada A21 a qualche chilometro. Tiro fuori l’uccello e piscio su una pannocchia. Dopo questa possiamo passare qualunque cosa, mi dico.

Sempre stato ottimista.