Autogrill. 11 di mattina.
«Ok, da seduto, alza il piede destro»
«Così?»
«Sollevalo solo da terra… ecco. Fallo girare in senso orario»
«Tipo orologio?»
«Sì. Gira… Ok, adesso mentre continui alza la mano destra e disegna un 6, come se dovessi scriverlo su un muro»
«Se lo faccio esplodo?»
«No, la gamba comincia a girare in senso opposto. Non puoi farci niente»
Provo.
«M-ma…»
Mi sforzo, non c’è niente da fare. La gamba o si blocca o si muove di lato, ma non riesce a continuare a girare. Atza, al mio fianco, prova anche lui.
Ario pure.
«FIGHISSIMA ‘sta roba, Solero»
«Massì» si stringe nelle spalle.
Continuiamo a provare estasiati mentre gli avventori dell’autogrill osservano tre poveri mongospastici che disegnano cose per aria, contorcendosi e roteando arti privi di controllo.
Il caldo ci ha svegliati alle 10. Semi addormentati, cauta retromarcia e siamo di nuovo in rotta entro neanche quindici minuti. Al primo autogrill facciamo sosta e colazione. Grazie alle insistenze di Ario ci facciamo i gavettoni con la pompa dell’acqua. E’ la cosa più simile ad una doccia nell’arco di 24 ore. I benzinai ci allontanano sconvolti da tanta idiozia. Sazi, freschi, riposati e lavati fumiamo sigarette sui tavolini dicendo minchiate e guardando la cartina. Eh, ne abbiamo fatta di strada. Eh, siamo i meglio. L’incidente della notte prima è appena accennato. Chiamiamo a casa, informiamo che va tutto bene. Mio padre fa domande irrilevanti tipo “quanti soldi avete”, “dove siete”, “avete calcolato il ritorno”, “avete sentito Vegeta” ed “è possibile alcuni di voi muoiano, non essere tra quelli”. Annuiamo, hm hm. Si riparte mentre Solero comincia a fare su i primi della giornata.
In un’ora passiamo Cremona, la giornata è luminosa, il sole schiaccia e splende, la droga ci esalta. Piacenza ci attende, la conversazione è varia, gli aneddoti si sprecano.
«Siamo io, Vegeta e altri due tizi che non conoscete. Venezia, piazzale Roma, due di mattina. Queste due spuntano dal nulla caricate come muli, chiaramente americane»
«Botoli di lardo?»
«No, americane buone. Pallide, bionde, spaesate, vestite da puttane»
«Con le giarrettiere?»
«Vedi che sei stronzo»
«Ma perché, scusa, sei te che…»
«Nebo, sta buono. Ario, vai avanti»
«Bè, chiaro che i tassisti le ronzano intorno tipo avvoltoi. Queste son stanche morte, arriviamo noi brillanti, le facciamo su e ce le portiamo via. Restano stupite dal fatto che portiamo loro le borse e dicono che dalle loro parti ognuno porta le sue»
«E’ il femminismo»
«COSA?»
«Giuro. Pari diritti, pari opportunità. Tu porti le tue borse io porto le mie. Non ti aiuto, non ti offro, non ti porto. Come fosse un tuo amico, ci sei? Solo che ha la fica. In america gira così»
«Ma.. è FANTASTICO!»
«? Eh?»
«Sto dicendo che è giusto. Cristo, gli americani sono davvero oltre. Scusa, le donne hanno rotto il cazzo col femminismo e i reggiseni in piazza? Vogliono la parità? E allora che se la ciuccino, mica che gli pago da mangiare, gli apro la porta e quella ha pure gli stessi diritti miei»
«Ecco che arriva una valanga di puttanate»
«STO DICENDO SUL SERIO, IMBECILLI! Hanno i nostri stessi diritti, allora perché io devo anche pagare loro da bere? Perché in un locale loro pagano zero e io il doppio?»
«Perché altrimenti non scopi?»
«No, sono IO che non glielo do. Ma non ho capito, già gli portiamo l’acqua con le orecchie, devo anche mettermi la scorza di limone nel culo?»
«MI FATE FINIRE DI RACCONT
La macchina viene colta da tremiti, sobbalza, singhiozza e muore.
«…cos’era?»
«Perché stiamo rallentando?»
«ARIO, PERCHE’ NON SENTO IL MOTORE?»
La macchina accosta, il cartello verde segnala prossima area di servizio 12,5 KM.
«MA DAI, NON E’ POSSIBILE, PRIMA LE FIGHE CHE CI SNOBBANO, POI IL PAZZO CHE MI SPACCA IL FINESTRINO, POI FACCIAMO BOEDIUC COL PASSAGGIO A LIVELLO, POI SCOPRO CHE STO IN MACCHINA CON UN NARCOTRAFFICANTE, CHI E’ CHE PORTA TUTTA ‘STA SFIGA, SI PUO’ SAPERE?»
Cooon un deeeee-caaaa, non si può andar viiiiiia, canta Max Pezzali in sottofondo.