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Un racconto erotico filosofico




E’ il primo appuntamento galante di Roberto. La prima vera uscita con una donna, solo lui e lei. Il mondo attorno a loro è sfocato e distante, emozionati come sono. Lei è stata in bagno dalle nove di mattina, lui s’è lavato l’uccello trentasei volte, ha portato la macchina dei genitori a lavare e ora è seduto, ansioso, di fronte a Caterina. Il primo appuntamento è come uno spurgo fognario: se tutto va bene potreste togliervi un bel peso, ma ci sono elevate possibilità di finire coperti da un mare di merda. 




La conversazione tra Roberto e Caterina procede senza intoppi. Hanno entrambi diciotto anni, tutti e due sono preoccupati per la maturità. Racconti e preoccupazioni scivolano uno dopo l’altro tra risate e sorrisi complici. Caterina osa sfiorare l’argomento sesso, per vedere le reazioni di Roberto.
-Tu quando hai perso la verginità? – chiede lei.
Roberto si aspettava questa domanda. Tutti i suoi amici l’hanno persa a sedici o diciassette, lui no. Lui è ancora vergine. Grazie alla sua compagnia è consapevole che dirlo ucciderebbe l’entusiasmo di qualsiasi donna e mente con disinvoltura.

-A sedici. E tu? –
Caterina si aspettava questa domanda. Tutte le sue amiche l’hanno persa a tredici o quattordici, lei anche. In campeggio c’era un ragazzo tedesco di ventuno che assieme ad un suo amico le hanno fatto la festa assieme ad una bottiglia di vodka e un chilom. Grazie alla sua compagnia è consapevole che dirlo suona male, in questo mondo maschilista e sciovinista.

-Anch’io a sedici –
-E com’è andata? –
Caterina non ha che vaghi ricordi di quella notte. Sa solo che ha dovuto buttare via le lenzuola della roulotte e dopo un pomeriggio di pianti disperati si è fatta portare dalla madre a prendere la pillola del giorno dopo senza che il padre, operaio Fincantieri di Lotta Operaia, lo venisse a sapere.


-E’ stato bello, ero molto innamorata. Per te com’è stato? –
-Bè, all’inizio… all’inizio mi ha fatto un po’ male, ma poi è andata bene –
-Ha fatto male a te? –
-S-sì? –
-Questa non l’ho mai sentita. Perché? – chiede Caterina, incuriosita.

In realtà si aspetta la solita battuta sulla dimensione del pene, che è un classico di tutte le chat in Internet già dal 1990. Ne ha già sentite di tutti i tipi. Dopo che le amiche le hanno detto di Googlare “Blackzilla” ha smesso d’impressionarsi. Roberto entra nel panico, perché ha un segreto. 


Un segreto spaventoso.
Quando aveva dieci anni, in preda alle prime curiosità sessuali, Roberto ebbe la malsana idea di cercare “donne nude” su Google usando il PC del padre. Non avendo idea di cosa aspettarsi cliccò sull’unico risultato già visitato dal padre, dichiarò di essere maggiorenne e venne catapultato in un universo di donne bellissime dotate di cazzi enormi. Dopo un’attenta esplorazione chiuse, sconvolto. Da quel giorno lontano Roberto passò gli anni convinto che tutte le donne avessero tra le gambe un pene. Questo scatenò una serie di problemi inimmaginabili, tra cui spiccava il principale: se hai due spine e nessuna presa della corrente, con due spine che ci fai? Nessuno degli amici di Roberto smentì mai queste deviate convinzioni. Per ovvie ragioni a Roberto la pornografia non interessò per nulla, anzi: quando sentiva i propri compagni parlar di inculate e pompini si allontanava inorridito.

-Se fa male a voi, perché non dovrebbe far male a noi? – chiede Roberto.

Caterina è spiazzata.

-A nessuno dei miei ha fatto male – risponde lei, poi precisa – intendo dire nessun amico del mio ex ragazzo, naturalmente –
-Ah, no? –
-Siete uomini, è diverso –

Roberto deduce che si tratti di puro machismo e decide di rimediare.

-Bò, forse perché era troppo grosso –
-Seee, vabbè – sogghigna Caterina, guardando altrove.
-Vabbè cosa? –
-Dicono tutti così –
-Ma non il mio, il suo! – precisa Roberto.

Caterina rimane a guardarlo per un istante, poi scoppia a ridere. Una risata così spontanea, così sincera, così profonda, che fa guadagnare a Roberto 1000 punti. Lui la guarda confuso, mentre lei si dimena sul tavolo. Deve aspettare una trentina di secondi.

-Oddìo, l’hai detto con una faccia… – dice Caterina, asciugandosi le lacrime.
-Che c’è di strano? –
All’improvviso la morte le paralizza il cuore.

-Ma… sei gay? –
-No! –

Sospiro di sollievo. La tensione sessuale s’è interrotta con quella risata, così la conversazione si dirige altrove. Caterina ha già deciso che lui è carino, simpatico e originale. Gli piace. Ha un modo di fare tutto suo e la tratta in maniera diversa dagli altri ragazzi. E’ a suo agio, come se lei fosse uno dei suoi amici. Al termine della cena vanno al cinema. Escono in una serata appena spruzzata di pioggia primaverile e si rifugiano nei portici dove c’è il primo sfioramento di guance, con la scusa di stare in due sotto l’ombrello. Lui la accompagna a casa, stanno sotto il suo portone a parlare fino a tardi, poi c’è il primo bacio, lungo e appassionato. Lei si stacca, armeggia con le chiavi mentre riflette. Non può dargliela la prima sera, ma ne avrebbe una gran voglia. Pensa che l’occasione perché i suoi genitori non siano a casa non si ripeterà.

Si gira a domandargli se la accompagna su.

Per le scale la salivazione di Roberto è azzerata. Fa il check mentale di tutto quello che sa o che deve sapere, ossia molto poco. Una volta in appartamento si distendono sul divano e cominciano a pomiciare. Le mani corrono sopra i jeans di Caterina, raggiungono le cosce e dopo brevi resistenze vanno in meta. Caterina lo lascia fare. Il tocco di Roberto è prima lento, poi frenetico, poi si stacca.

-Cosa c’è? – domanda lei.
Ogni neurone del ragazzo è concentrato nella prova di maturità più impegnativa della sua vita. Ci chiediamo sempre cosa faremmo noi se fossimo protagonisti di un film di fantascienza, dove una fondamentale e scontata regola dell’esistenza viene a mancare o è sovvertita. Roberto ha pochi secondi per risolvere un enigma da un milione di pezzi perché, a quanto pare, questa donna non è come quelle in Internet.

-Non ce l’hai – constata Roberto, staccandosi ed osservandola.
-Non ho cosa? –
-Il pene –

Caterina scoppia a ridere di nuovo, estasiata. Trovare un uomo che sa ridere e scherzare anche in quei momenti, a diciotto anni, è davvero raro. E’ felice. Scuote la testa, sorride e lo abbraccia.

-Eh, no – replica.

La mente del maturando divide il problema in due tronconi: A) se non ha il pene, là in mezzo cosa c’è? B) cosa faccio, se non c’è nulla? Capisce che deve fare un’ispezione diretta, così inizia a spogliarla. La maglietta se ne va lasciando vedere un reggiseno. Non sa toglierlo, ma ovvia al problema sfilandoglielo da sopra. La vista delle tette lo esalta, ci gioca un po’ e si toglie la maglietta, poi comincia ad aprirle i jeans. La visione delle mutandine lo sconvolge. Ci passa una mano sopra, cautamente.

Caterina lo osserva. Di solito i ragazzi con cui andava erano degli animali frettolosi. Lui ha tatto, delicatezza ma anche desiderio e decisione, visto come le ha tolto il reggiseno senza perdere tempo ad aprirlo. Lo lascia fare, affascinata.

Ecco, porca puttana, è come temevo, non c’è niente pensa Roberto, terrorizzato. Nulla, liscia e piatta come un manichino. Non ha idea di cosa fare. Passa e ripassa la mano sulla superficie della stoffa, notando un minimo avvallamento al centro. Lei geme. Deciso ad andare fino in fondo a questa tragedia le sfila le mutandine e sgrana gli occhi. C’è solo il pelo. Non si vede un cazzo di niente, solo un oscuro pelame da cui non emerge nulla. Nulla. Una selva oscura che la retta via era smarrita.

Roberto è sempre più confuso. Con mani da chirurgo, attento, inizia l’esplorazione. C’è una sostanza viscida. Si asciuga sul divano senza farsi vedere e prosegue. Trova una fessura e ad un tratto l’istinto lo guida. Trova l’ingresso, deduce il resto e guarda il sesso di Caterina con espressione di trionfo. Lei ansima, rossa in viso. I neuroni nella mente di Roberto, maturando in ragioneria, montano tutto il puzzle: il pene va lì con una probabilità che sfiora il 70%. Ce la può fare. Si spoglia in fretta e con la forza della disperazione tenta il tutto per tutto. E’ un successo. Tutto procede per il meglio. La tensione del momento, mescolata agli ormoni di un diciottenne, gli garantiscono una durata di molto superiore alla media. Caterina scambia il terrore per l’esperienza ed è stregata dalla maestria di Roberto, di cui tesserà le lodi alle amiche il giorno dopo, a scuola.

Roberto torna a casa. Guarda sul proprio computer “donne nude” e scopre l’atroce verità. E’ allora che capisce qualcosa che nessun figlio dovrebbe capire del proprio padre.













Tempo fa mi chiesero di scrivere dei racconti erotici per Playboy.
Questo è uno di quelli.

Di mare in peggio



Gioite, branco di debosciati, ora anche noi abbiamo una pagina Facebook. Visto che l’immagine profilo sarà sistematicamente una donna nuda diversa impiegheranno poco a bannarlo, quindi lanciate i vostri escrementi finché potete. La pagina è provvisoria, nel senso che non ho ancora ben idea se serva o se sia una cagata, nel dubbio provo.

Ovviamente i post verranno sempre scritti qui, ma verranno linkati lì.
O saranno copincollati lì in modo da dirigerli qui.
Ululì.






Già scriverlo pare una vaccata. 
Non importa! Si sperimenta, si giuoca, si tenta. Esaltatevi:

"Cosa siete, una tribù di handicappati?"



Alle due e mezzo di mattina è un momento cruciale, nel sottosuolo della Casaleggio Associati. All’interno della control room decine e decine di impiegati scandagliano i forum del Fatto Quotidiano a caccia di commenti negativi, per cancellarli o sostituirli con quelli positivi e rimpinguare le fila degli entusiasti del Movimento a cinque stelle. La manovra è delicata e lunga, necessita manodopera costante e le tazze di caffè costellano le scrivanie piene di terminali.


Nick Banana entra nella stanza a fianco, dove attorno a un tavolo i creativi sono già in attesa di ordini. Per un istante osserva dalla finestra il lavoro degli impiegati, poi si gira.

-Signori, l‘obiettivo di stanotte è comunicare al popolo della rete che Grillo viene screditato dai giornalisti servi di regime. La priorità dev’essere la semplicità. Forza, sentiamo le proposte –

I creativi si consultano, scrivendo freneticamente sui loro tablet.

-Allora, post sul blog. Titolo, “I servi della casta”. Testo: io credo che possiate leggere i giornali di oggi dove c’è tutto il contrario della realtà. Quindi abbeveratevi alla disinformazione di cui siete protagonisti. Povera Italia, con un sistema informativo come questo

-Hmm… sì, ma dovete togliere i congiuntivi e renderlo un po’ più divertente –
-No, fermi, questa è già stata usata –
-Da chi? –
Berlusconi
-E che ci frega, l’importante è essere più cabaret, più frizz, più uao, più gioco –
-Che ne dite di un fotomontaggio? Dopotutto i grillini guardano solo le figure –
-Già mi piace! – disse Nick Banana, indicandolo – ovvero? –
-Prendiamo la testata del Corriere della sera e ci sovrapponiamo un titolo del cazzo, sapete tipo i biglietti di addio al celibato… –
-Perdìo, piacerà un sacco ai lobotomici. Titolo? –
-Hmm… –
-“Grillo merda” –
-I giornali non usano parolacce –

-Sul serio? –
-Ovvio. Secondo voi perché non vendono? –
-Ah –
-Lo scopo è comunicare “dopo i soldi in nero non sanno più a cosa attaccarsi” –
-Affibbiamogli un reato del cazzo che fanno tutti –
-Evasione fiscale? –
-Pirateria audiovisiva? –
-Guida in stato di ebbrezza? –
-Divieti di sosta? –
-No, qualcosa di più ridicolo –

-Suonava i campanelli e scappava –
-BELLO! – dice Nick Banana, battendo il pugno sul tavolo – forza, al lavoro –




-Hahaha, è perfetto – sghignazza Nick – passatelo alla stanza del web, lo voglio in tutti i social network –

Gli impiegati, ricevuto il file, lo pubblicano sulla pagina di Grillo. In pochi minuti, l’immagine comincia a propagarsi come un virus, entrando nelle pagine di altri che la condividono a loro volta. Un BEEP in sala comunica il primo commento.

BEEP


BEEP
BEEP
BEEP

BEBEBEBEBEEP
BEEP
BEEP

-Signore – dice un impiegato – abbiamo una mole di commenti spaventosa! Un successo oltre ogni aspettativa! Molti si chiedono come abbiamo fatto ad avere la prima pagina del Corsera! –

BEEP

Nick si scuote, guardandolo.

-In che senso? –
-Bè, sono le 11 di sera, il Corriere è ancora in revisione. Come abbiamo fatto ad avere la prima pagina? –


BEEP
BEEP
BEBEEP

Nick lo osserva.

-Impiegato, ti rendi conto che è un fotomontaggio, vero? –


BEEP

BEEP





BEEP
BEEP
BEEP



-Uhm – borbotta l’impiegato, guardando fuori – uhmmmmm… –

Nick segue lo sguardo dell’uomo che oltrepassa le file di terminali e raggiunge il megaschermo, dove i commenti vengono postati. L’occhio si fissa su uno in particolare.


BEEP

-No – mormora inorridito – NO –

Con uno scatto si alza dalla sedia e si precipita nella sala di controllo. I telefoni cominciano a suonare all’impazzata.

-SIGNORE! – urla un impiegato, terrorizzato – NON HANNO CAPITO UN CAZZO! CREDONO SIA VERO! –

Nick è paralizzato che guarda i commenti scorrere sul megaschermo.

BEEP

BEEP



BEEP

-Non è possibile – mormora Nick – sono più imbecilli del previsto –
-Signore, cosa facciamo? –

BEEP

-Quel commento, “io ti voto e ti farò votare”, toglietelo –
-Non possiamo, signore! Piace a otto persone! –

BEEP
BEEP
BEEP

-Allora togliete tutto! Rimuovete la pagina! –
-Ma… ma è già stata condivisa! –
-Da quanti? –

BEEP
BEEP

-Da… da più di duemila persone –

I commenti proseguono inesorabili.




-Condivisioni nell’Internet in aumento –
-Su Twitter parlano di noi 689 persone, in aumento –
-Domattina Casaleggio farà strage dei nostri orifizi, se non facciamo subito qualcosa. Usate i profili fasulli e cercate di far capire a quel popolo di handicappati che è un fotomontaggio. Presto! – 

BEEP

BEEP

BEEP
BEEP





Lo fa ancora a cinquant’anni… – mormora Nick, con le mani sulla testa – CI MUOVIAMO CON ‘STI CAZZO DI PROFILI?! –


BEEP
BEEP



-Fatto, signore! –


BEEP
BEEP


BEEP

-Allora?! –
-La.. la ignorano, signore! Non leggono i commenti! –
-Insistete, idioti! –
-E’ inutile, continuano! –

BEEP
BEBEBEBE B B B BEEP





BEEP

BEEP
BEEP


Nick guarda il megaschermo con la morte negli occhi. Nella sala gli impiegati sono tutti girati verso di lui, in attesa di input. L’unico suono è il BEEP dei commenti, ripetuto ossessivamente.

-A quanti commenti siamo? –
-2300 –
-Potremmo dire che è stata una manovra per screditare Grillo –
-Cioè? –
-Un doppio incrocio. Grillo pubblica una cosa divertente su di lui, ma i nemici del movimento cinque stelle creano dei fake per fare finta di essere degli idioti e sputtanarlo –
-Duemilatrecento fake, tutti con oltre trecento amici? –

BEEP


BEEP



BEEP



-Signore, cosa facciamo? –
-Sai, impiegato, a volte mi domando se… cioè, ci pagano bene. Ci hai mai pensato? Ci pagano davvero bene. Finché mia moglie va ad abbronzarsi in costa Smeralda io non protesto. C’ho i soldi in Svizzera, figurati. Solo… hai mai pensato al concetto di patria? –
-Non sono pagato per questo –
-No, lo so. Ma pensaci un secondo. Faremo dei figli, un giorno. Hai mai pensato che quello che stiamo facendo, quello a cui stiamo partecipando, non è altro che una culla imbottita di esplosivo per i nostri figli? –
-Non la seguo –

BEBEEP



-Tu davvero vorresti vivere in un mondo dove questa gente ha il diritto di parola? Dove queste… persone, diciamo così, possono prendere decisioni importanti? –
-Bè, signore, Grillo è un comico –
-Ti sembra che quello che stiamo facendo sia cabaret, testa di cazzo? –
-No –
-No. Berlusconi suonava sulle navi da crociera, ma quando molli il piano e ti metti a fare politica indovina cosa diventi? –
-Un politico –
-Ecco. Allora dimmi: tu davvero vuoi che una persona a capo di questo esercito prenda decisioni vitali per la terra dove i tuoi figli cresceranno? Tu t’immagini uno di questi a capo della difesa? Della sanità? Dell’istruzione? Rifletti bene –

BEEP



-Io… non ci ho mai pensato –
-Non hai mai pensato all’idea che Grillo, noi, la Casaleggio, siamo la Umbrella corporation del ritardo mentale? –
-Cosa? –
Beppe Grillo è un personaggio dotato dello straordinario talento di Magneto, solo con una sostanza diversa: l’idiozia. Il potere di quell’uomo è tale che alza una mano e all’improvviso dagli scantinati bui di tutta Italia emergono frotte di persone di cui non sospettavamo l’esistenza. E’ una scena che ricorda Resident Evil: quello piglia il microfono e VRAAAM! migliaia e migliaia di handicappati appaiono ansiosi di uccidere, distruggere, mutilare e massacrare qualunque forma di vita. Dimmi, come ti fa sentire tutto questo? –
-Signore, io sono solo un impiegato –
-Sì, e Grillo è solo un comico –

BEEP


-Tu stai ridendo? –
-No, signore. Solo che non so che dire –
-Va bene, chiudete tutto. Andiamo a dormire. Domani Casaleggio s’inventerà qualcosa. Avete sentito? Forza, a letto –

Gli impiegati spengono i terminali e si dirigono, mesti, ai propri loculi. Il mattino dopo Nick Banana si sveglia nel suo attico nel centro di Milano. Guarda fuori, settembre porta pioggia e umidità. Sposta le coperte, accende la radio, prende il cellulare e va in bagno. Seduto sulla tazza del water arriva alla pagina di Grillo e legge i commenti.

BEEP


-Sto solo eseguendo degli ordini – mormora.

Gli arriva un SMS dalla figlia. Studia in Svizzera, a Le Rosey.


-Buongiorno papà!

-Ciao tesoro, come vanno le cose?

-Una palla, oggi ci fanno studiare
il processo di Norimberga.






L’ano di Nick Banana si chiude all’istante.
[continua]

Quando la diarrea ti sorprende



Lo scopo per cui esistono le storie è creare un mondo migliore di quello in cui viviamo. Tristi, allegre, eroiche, paurose, drammatiche, comiche, tragiche, il principio della storia è quello di farti vivere qualcosa di diverso dalla tua realtà, o magari di farti vivere la realtà da un altro punto di vista, dentro gli occhi e la mente di un altro in cui sei curioso di stare.


Per questo oggi gli unici a vendere tonnellate di copie sono personaggi già famosi che “scrivono” libri. Per questo l’antiberlusconismo è stata una delle correnti letterarie più floride degli ultimi anni. Li leggi non per la storia, ma perché hai l’impressione di stare nella testa di chi scrive. La curiosità del popolo verso i VIP esiste fin dagli albori. E’ una deformazione, ma il principio rimane quello di stare dentro una realtà migliore. Sei Fabio Volo, sei a casa di Berlusconi, leggi il diario segreto di una ninfetta tredicenne.

Il punto è quello di vivere qualcosa di diverso dalla normalità, nel bene o nel male, per poi tornare nel tuo mondo arricchito e sollevato. Chiudere il libro è una parte fondamentale del processo di lettura. Quando chiudo un albo di Tex mi guardo attorno e vedo persone più piatte, ambienti più brutti, dialoghi meno brillanti, ideali più usurati e sospiro: dovrò aspettare il prossimo mese per avere il privilegio di scorrazzare tra canyon, miniere abbandonate, banditi e confini del mondo ancora non ben definiti.

Questo è il motivo principale per cui “Davvero” di Paola Barbato è una merda.





Piano coi giudizi, negro, di che parli?
Una sceneggiatrice italiana ha inventato un progetto, ha raccattato disegnatori disposti a lavorare gratis in cambio di visibilità ed è riuscita a pubblicare in rete un fumetto in culo alle spese della carta, agli stipendi dei disegnatori, alla censura di supervisori e case editrici. Nel 99.9% dei casi fare gli schiavi “per visibilità” è un’inculata, ma qui se tu fossi un pittore ti starebbero dando la possibilità di esporre in una galleria d’arte vera e non in un fantomatico progetto in mano a sconosciuti. La Barbato non ha guadagnato nulla, anzi, ha sceneggiato ben 70 episodi che potete leggere aggratise qui. Lo scopo era quello di appassionare la gente, in modo che, al passaggio in edicola del 71° numero, lo andassero a comprare.

L’idea è buona.
Peccato che io mi sia rotto il cazzo al numero 20.



Dimmi la trama.

Una tizia viziata che non c’ha voglia di fare un cazzo viene sbattuta fuori di casa dal padre (ovviamente ricchissimo) che le lascia in mano 50.000 euro. Lei scappa a Milano, prima fa shopping, poi va in albergo, poi cerca degli appartamenti, poi finisce in un appartamento dove litiga con qualcuno, poi vuole scoparlo ma non lo scopa e se ne va, poi lui la manda affanculo e allora lei scopa con un altro ma è pentita, è amica di una che ha una storia complicata, poi però deve andare via con l’amica troia e finisce nell’appartamento di un ex dell’amica (ovviamente ricchissimo) ma un po’ maniaco che la aiuta a scappare dal padre violento. Va al concerto di Bruce Springsteen e conosce dei tizi troppo simpa che la accompagnano a casa e le vomitano in bagno. Nel frattempo telefona ai genitori che sono molto preoccupati ma lei dice che sta bene, che non torna, che non vuole che sappiano dov’è e DIO DIO DIO FATE SUCCEDERE QUALCOSA VI SCONGIURO MI STO AMMAZZANDO DI NOIA OH DIO VI PREGO METTETE UN VELOCIRAPTOR NELLA DOCCIA



Ora vi mostro una trama migliore in due vignette.



Facciamo l’autopsia.

La protagonista
Martina infrange subito la regola del “mai completo ritardato“. E’ una donna di una pusillanimità insopportabile. Non ha talento, non ha idee o ideali, non è bella né brutta, non è troia né santa, non ha voglia di studiare ma non ha nemmeno altri interessi, non sa gestirsi i soldi ma è ricca, non sa interagire con le persone ma continua ad avere amici, non ha coraggio ma non ha sfortuna. Più che non ha, Martina proprio NON E’. Che esista o meno non se ne accorgerebbe nessuno, se non fosse che frigna di continuo per qualsiasi cosa. E’ come se avessero preso una comparsa che fugge nelle esplosioni di un film e le avessero dato il ruolo della protagonista. La detesti dal primo momento.


I personaggi secondari
Ogni singolo paio d’occhi disegnato nel fumetto fa di tutto per non farsi ricordare. Il fatto che ogni numero cambi disegnatore non aiuta. Tutti parlano nello stesso modo, hanno lo stesso fisico ed hanno tutti dei caratteri insopportabili. Fanno e dicono le cose più illogiche possibili nelle situazioni più banali, tipo: appartamento universitario, finalmente arriva una tizia che può pagare quello che manca dell’affitto occupando la stanza libera. Bene, i coinquilini fanno subito a gara tra mandarla a cagare, insultarla, deriderla o ignorarla. Così, per darle un’utilità. Un tipo le taglia i capelli con la forbice. Tra questo mare di nulla spunta l’amica zoccola – deve esserci – che però ha il padre oppressivo e violento. Come si risolverà L’UNICO CONFLITTO DI TUTTO STO CIRCO DEL MEDIOCRE?

In tre vignette.

Dal nulla appare un ex ricchissimo e potentissimo e agganciatissimo che parla e si comporta come tutti gli altri personaggi ma le salva portandole in un attico superwow, dove queste due stronze riescono a lamentarsi ancora del fatto che lui sì, è bello ricco famoso stimato ed inserito nel mondo della moda, ma non le lascia essere libere di essere quello che sono.


L’alternativa
L’unico modo per risollevare questa sottospecie di Grande Fratello del ritardo mentale sarebbe un fumetto parallelo. Immaginatevi il padre di Roberta protagonista che deve ingegnarsi per trovare e terminare la figlia puttana. Si potrebbe ricostruire tutto il casino che quel poveraccio deve fare per trovare Roberta; poi quando ce la fa prima si trova una bionda armata di forbici, poi entrambe vengono aiutate da un nemico molto più forte, bello, giovane e ricco di lui. Il padre tuttavia non si dà per vinto, gira per i posti peggiori a caccia d’informazioni, divorzia, s’indebita per pagare un investigatore privato che però viene prezzolato dal bamboccio miliardario per dargli informazioni fasulle.

Incrociamo la sua storia a quella dell’ispettore Locascio, poliziotto idolatrato per il brillante intuito e l’indiscussa capacità, ma che di notte adora percuotere la moglie se non gli fa il Martini come si deve. Quando si mette sulle tracce del padre di Roberta capisce che la missione dell’uomo è sacrosanta, ma nessuno può farsi giustizia da solo.

Il padre di Roberta non ha molto tempo, i soldi scarseggiano e Locascio è già sulle sue tracce.





Se qualcuno del settore è interessato i diritti vengono via con poco.