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Il principio dell’idea residuale

Qual è la più grande risorsa del mondo?
Qual è il materiale che più abbonda sulla terra?

Gli idioti.


Ebbene sì. 15.000 persone hanno votato Renzo Bossi, dopotutto. Quelli che hanno comprato il tubo Tucker? La Wanna Marchi? Siamo un paese talmente pieno d’idioti che tre quarti delle leggi servono a salvaguardarli. Noi stessi, senza accorgercene, facciamo parte di questa popolazione. Perché dimenticare i cospirazionisti? Gli sciachimisti? I dietrologi? I rettiliani? Stiamo parlando di milioni di persone che là fuori esistono in attesa di essere capitalizzati. Oggi se si vuole investire negli idioti c’è una strada legale, redditizia e funzionale che aggira il reato di circonvenzione d’incapace.

Avete voglia di stare a casa a trombarvi ventenni in doppietta e guadagnare 10,000 scudi al mese, ogni mese, senza alzarvi dal letto né di dovervi mai più preoccupare di bollette, spese, benzina, vacanze, regali? Se la risposta è sì, bene: è ora di capitalizzare gli idioti dell’Internét usando il principio dell’idea residuale.

Vado a spiegarmi.

Si dice che l’italiano segua il calcio come la politica e la politica come il calcio.  E’ vero. Tutti noi abbiamo una squadra del cuore basata sulla simpatia, non sulla cultura. Perché uno di Potenza tifa Milan? Perché un veneziano tifa Roma? Perché gli piglia. Se ci pensate nella politica è la stessa cosa. In serie A troviamo la destra s’è presa gli imprenditori e i ricchi. La sinistra i laureati in scienze delle merendine e i sessantottini nostalgici. Il centro i cattolici. In serie B troviamo SEL che s’è presa i frosci, le femministe e i feticisti dei piedi. La Lega che s’è presa contadini e operai. L’IDV che s’è accaparrata gli antiberlusconiani. Il partito dei Pensionati che s’è accaparrata i vecchi.

Ma esiste un mare dove galleggiano le idee residue.

Microrealtà, Fronti Popolari di Giudea che campano odiando tutti in attesa di un messia, falangi di focomelici troppo impegnati a lanciarsi la merda per costruire qualcosa o eleggere qualcuno. Ve lo vedete davvero uno come Favia a stare in piazza tra la gente a osannare Grillo che grida vaffanculo? E’ tutta gente arrivata dopo e montata sul carro. Se per un caso assurdo i grillini avessero veramente eletto uno di loro sarebbe uscito qualcosa di invendibile.

FAREBBIMO LA MARCIA SU ROMA!!!!! SSSSSSSSIIIIII!!! TIRIAMO FUORI LA VECCHIA
TAGLIA TESTE FRANCESE E POI VEDRETEAHAHAH SI STANNO GAGANDO SOTTO I MAIALI

Noi faremo la stessa cosa ma con più intelligenza. Sceglieremo il gruppo di idioti più numerosi e facili da capire, prevedere, imbonire e quindi turlupinare: gli sciachimisti.

Grazie a pagine come Protesi di complotto e Siamo la gente, il potere ci temono sappiamo esattamente cosa vogliono quei mattoidi. Possiamo rintracciare i profili, diventare loro amici e poi amici dei loro amici. In breve saremo perfettamente integrati nella loro sfera sociale e potremo attingere a piene mani dai loro farneticanti deliri. Sapremo chi sono, cosa vogliono, come lo vogliono e cosa votano. Che cazzo, hanno messo persino una mappa online su come trovarli. Sapremo le loro preferenze, i loro gusti, i loro orari, le loro professioni. Come si vestono, dove vanno, cosa guardano, il loro orientamento religioso e sessuale. Risaliremo ai loro forum. Sapremo gratis quello che in altri casi richiede milioni tra agenzie di marketing e studi di settore. Del resto questi beoti sono così impegnati a combattere il Nuovo Governo Mondiale che passano le notti a scrivere in Internet i loro dati sensibili.

Insomma, avremo tanto di quel materiale su di loro che sapremo stilare un programma elettorale mirato e convincente come nessun altro.

Vi spiego cosa fare.

Io e le mie due ragazze bisessuali fondiamo un’associazione. Basta un atto associativo da depositare presso un notaio o un registro pubblico. Creiamo uno statuto, tipo “siamo qui per sconfiggere il potere sionista massonico” e “le due ragazze devono farmi un doppio pompino almeno una volta a settimana”. Creiamo il logo che deve per forza contenere grafica anni ’80 e font Papyrus, poi nome e programma elettorale. Vuallà: è appena nato il

Programma elettorale del PLV:

SANITA’

-I fondi per la ricerca verranno tutti dedicati all’annosa questione dell’esistenza effettiva dell’AIDS. Che cazzo, non si può fotografare, quindi non esiste.
-Tutto il traffico aereo verrà interrotto. Se ci si vorrà spostare si useranno le macchine elettriche. Anche per andare negli USA, basta fare il giro dall’altra parte. O noleggiare un galeone. Naturale, non inquinante, buono per l’ambiente, tranne che per i 98798689 pini necessari a costruirlo.
-Istituzione di un team di ricerca che studierà gli effetti delle scie chimiche. I ricercatori dovranno produrre risultati o verranno radiati e il loro compenso requisito.
-Stop immediato alle sperimentazioni sugli animali. I farmaci verranno prodotti secondo il metodo “buona la prima” o testati su carcerati condannati per reati di omicidio, stupro e maltrattamenti sugli animali. In caso il farmaco uccida il paziente, la casa farmaceutica verrà chiusa.
-Chiusura immediata di tutte le case farmaceutiche che producono farmaci non omeopatici.
-Pratiche come chemioterapia e radioterapia verranno dichiarate illegali giacché dannose. I macchinari per la cura del cancro verranno sostituiti a questi, in grado di rigenerare il DNA.
Acqua diamante verrà distribuita come cura generica.
-A tutti i contadini verranno dati dei crystalbuster e dei genesa crystal, splendidi congegni in grado di far loro avere neve, pioggia o cieli puliti a comando.

ECONOMIA

-Abbattimento del signoraggio e immediato ritorno alla lira.
-Cancellazione del debito pubblico. Non paghiamo debiti agli alieni.
-Se la gente avrà pochi soldi, basterà stamparne ancora e distribuirli gratuitamente per le strade.

 

LAVORO

-Istituzione del reddito di cittadinanza. Fine.

ISTRUZIONE

-Abolizione dei titoli di studio. Se sono bravo con i Lego posso benissimo costruire un ponte, o almeno ho il diritto di provarci.
-Chiusura immediata di facoltà massoniche e obsolete quali fisica, ingegneria, medicina, biologia che producono solo scettici, massoni, sionisti e oscurantisti.
-Apertura di nuove facoltà dedicate alla ricerca sull’energia orgonica, l’omeopatia, la cristalloterapia, la naturopatia e la parapsicologia.

SICUREZZA

-Reintegro della pena di morte per qualunque cosa.
-Ogni sentenza potrà essere ribaltata se raggiunto il quorum dei voti online.
-Frontiere aperte a tutti.
-Abbattimento di clandestini e immigrati.
-Messa al bando delle oppressive forze dell’ordine.
-Più forze dell’ordine per le strade.
-Istituzione di una task force che indaghi a fondo su possibili infiltrazioni aliene.
-Smantellamento di basi militari. Creazioni di monasteri dove vengono addestrati maghi guerrieri capaci di lanciare psyball di potenze devastanti, le uniche in grado di respingere parassiti alieni invisibili che infestano la Terra.
-In caso di invasione da parte di una potenza straniera sarà la gente che si unirà per scacciarli con torce, forconi e psyball energetiche.

Fatto questo, la campagna elettorale (via Internet) consiste nel coprire di merda gli altri e promettere le cose sopracitate agli sciachimisti parlando con tono lamentoso da vittima incazzata. Si creano due liste, una per la camera e una per il senato. I candidati siamo io, le mie due ragazze bisessuali e dei tizi di cartone selezionati per fare numero. Non possiamo portare un vero sciachimista né mostrarlo così com’è, sarebbe un problema.

Il solo modo per uccidere l’invisibile parassita alieno nella mia testa

Bisogna mettere ragazzotti bellocci, giovani e laureati a 30 e lode, ossia involucri capaci solo di ripetere a macchinetta qualunque cosa e disposti a tutto pur di non essere ributtati in mezzo a una strada.

-Qui vediamo Hillary Clinton cambiare forma alla propria pupilla
-Chiederemo allo Stato di intervenire.

Si comincia la raccolta firme, e qui sta la parte davvero geniale: a oggi ne servono 30.000, tutte autenticate da un pubblico ufficiale. Sono tante? Affatto. Ricordatevi che siamo a capo di un esercito di pazzi fanatici; la prima, vera, unica speranza che hanno di passare da minoranza di minorati a sovrani indiscussi. Ciò significa che obbligheranno vicini di casa, parenti, amici, colleghi e amanti furry a fare un salto in comune. Firmeranno A MIGLIAIA. In meno di niente avrete le firme e sarete ammessi alle elezioni. Per avere i rimborsi elettorali (e accedere in parlamento) è necessario che l’1% dei votanti in Italia metta la X sul nostro simbolo. Meno gente vota e più è facile arrivare alla percentuale necessaria.

Ditemi, leggendo in giro, quanti sono i ritardati mentali che voterebbero questo partito? E’ una risposta che fa paura, lo so.

In Italia siamo 60.000.000. Diciamo che loro siano 200.000. L’astensionismo va crescendo. Gli Italiani aventi diritto al voto tra patria ed estero son circa 47.000.000. Di questi le percentuali che vanno a votare, stando agli ultimi sondaggi, fluttuano tra il 30% e il 40%. Il 40% di 47 milioni è 18 milioni.

L’1% necessario a farci entrare in parlamento sono 180.000 voti.
Siamo appena entrati in parlamento.

Uno sciachimista festeggia, sobriamente, in famiglia.

Questo è il momento dove molti sbagliano. In parlamento bisogna andare, far casino, frignare e protestare dicendo vaccate. Ricordate i tizi di cartone che avevate raccattato per presentarvi? Eccoli qui. Verranno pagati 14.000 euro al mese per fare le vittime e frignare dicendo che sono in minoranza. Voi, siccome col cazzo che vi presentate, verrete decurtati di 4000 euro per assenza.

Come promesso, 10.000 euro al mese più rimborsi e benefit. L’importante è non fare mai nulla che ti obblighi a prenderti delle responsabilità, perché lì è finita. Basta guardare Pizzarotti del M5S: vola nei sondaggi, ali di folla, grandi applausi, ci vediamo in parlamento… poteva stare buono, seguire il metodo e diventare ricco. Macché. Ha voluto diventare sindaco ed è andato tutto affanculo. Inceneritore? Acceso. IMU? Al massimo.

Per strada la gente ti sputerebbe in faccia, se solo tu non fossi alle Paradise island con le tue due bisessuali nella suite imperiale dell’Atlantis hotel a fare orge dalla mattina alla sera.
Naturalmente bisogna muoversi.

Non ne sapete nulla? Male, perdìo, male.
Ai miei tempi se chiamava voja de scopà. T’AA RICORDI SIGNO’?

Ricordatevi che la Storia non perdona chi arriva secondo.

Ma che cazzo, Flycat.




L’hiphop italiano ha avuto momenti d’oro. Gente che prendeva in mano un microfono e creava perle assolute che ancora oggi, a riascoltarle, non puoi fare a meno di percepire il talento mostruoso di cui erano dotati.


Radical StuffGet down (vi prego di notare Kaos nella seconda strofa)
Colle der fomentoSolo hardcore (Danno, santo Dio)
Neffa e i messaggeri della DopaAspettando il sole (forse il pezzo più bello mai creato in Italia)
Frankie Hi NRGAutodafè (tutto l’album è un capolavoro)
Articolo 31Strade di città (alcune rime fanno smascellare ancora oggi)
Kaos 1Cose preziose (la canzone d’amore più bella del mondo)
La FamigliaOdissea (ho sempre compatito quelli che sentono il suono dei mandolini senza essere italiani)
Chief e sociR.A.W. (con Phase 2 che vi prego)

Avendo fatto rap per 12 anni alcuni li ho conosciuti di persona. Memorabile fu quando Mondo Marcio (che tra l’altro è alto tipo due metri) allo Sherwood festival mi scambiò per Primo dei Cor Veleno e corse a congratularsi con me per il nuovo album, per il concerto, per quanto avessi spaccato tutto. Siccome io avevo fatto un nuovo album e avevo anche fatto un bel concerto impiegai dieci minuti buoni per capire che aveva sbagliato persona.

-Te lo devo dire, uomo – disse dopo avermi pregato di chiamarlo “Marcello” – Le guardie, i pompieri e l’ambulanza è un pezzo fighissimo –
-Sì, è vero, Primo in quest’album ha dato il meglio –

Lui crede che io parli di me in terza persona.








-Ma Squarta – prosegue – quanto c’ha messo a fare la base? –
-Oh bella frà – dice Primo, passando.

Marcello lo ignora.

-Guarda che Primo t’ha salutato – dico.
-Ma – annaspa Mondo Marcio detto Marcello – ma come, quello è Primo? –
-Eh sì –
-Ma allora tu chi sei? –
-Nebo. Dei Genoma –
Mondo Marcio sbianca, si gira e se ne va.

-Comunque anch’io ho fatto un album bellissimo, eh Marcello? – grido -Marcello, vieni qui, voglio fartelo ascoltare, non vuoi sapere di giochi erotici con il salame, Marcello? –

A quanto pare no. Oggi avrei simulato un accento romano, avrei acceso l’iphone per registrare la conversazione e poi l’avrei messa nel prossimo disco. Ma avevo un’altra testa. Capii che la nuova scuola stava diventando qualcosa di diverso e che, come Darwin insegna, dovevo adattarmi o estinguermi. Oggi sono qui col Dodo e la tigre dai denti a sciabola e vi dico, non è una brutta vita.
La scena hiphop è morta?
Tutt’altro.






Tra i miei preferito spicca Salmo Le Bon. L’ho scoperto nel featuring con Bassi Maestro. La sua strofa è un tale capolavoro di matematica, stilistica, potenza e genio che vale la pena ascoltarla. Ha scritto pezzi narrativi spettacolari come Joko ono e, per me, è uno dei nomi più interessanti dell’hiphop nostrano. Lo segue Fedez, ‘sto ragazzino che ha uno stile tutto suo, se ne frega degli sputi e ha quell’autoironia che ai miei tempi mancava. Eccolo qui.

A cercare, il rap italiano è ancora vivo, vegeto e fresco. Ha cambiato stile e musicalità, si è evoluto e come tutte le evoluzioni, non sempre vengono apprezzate o capite. I Power Francers sono nati da quel brodo e ora spopolano. Il fatto che siano andati in una direzione diversa da quella che ci aspettavamo non significa che abbia sbagliato strada, significa che noi, classe di mezzo, avevamo sbagliato a prevederne la traiettoria.

Che ne è di quelli che non si sono adattati, ma nemmeno hanno avuto il buongusto di estinguersi? Oh, beh. Jax dopo essere collassato mentalmente e aver tentato di emulare Vasco Rossi con atroci risultati ha iniziato a mettersi lo smalto e il rimmel, poi si è autoproclamato opinionista e ha messo in rima Beppegrillo.it, finendo a fare featuring con gli 883 in canzoni che grondano sfiga da tutte le parti in un’orgia di riciclati, raccomandati, imbucati, falliti con atteggiamenti Briatoreschi, tutti a cantare “com’era bello il passato”.

DJ Gruff non voglio parlarne.
Quando uscì questa farneticazione capii che era finito tutto il finibile.

Fabri Fibra a quanto pare s’è scopato Lea di Leo e le ha passato l’epatite. Una splendida e geniale metafora che gli perdona tutti i dischi che ha sfornato dopo Mr.Simpatia.


Poi c’è Flycat.































YO.


“Chi cazzo è Flycat”, direte voi.
Secondo wikipedia si tratta di un “riconosciuto personaggio di spicco del panorama Hip Hop/Spray Art internazionale”.

E’ per questo che non sapete chi è.

“La forte carica emotiva che ha sempre contraddistinto Flycat lo ha portato al di là di quelli che possono essere gli schemi pre-definiti della Graffiti Art, collaborando con diversi artisti appartenenti ad altrettanti diversi modi di “creare”, spaziando così dalla fotografia alla grafica, dalla musica alla poesia, al giornalismo, dal design alla video-art e alla moda”.


Chissà chi ha compilato questa pagina. In realtà Flycat è un tizio brutto in maniera assurda che è diventato amico di tutti e s’è riciclato in vari modi sfornando persino un disco. E’ uno di quelli della vera vecchia scuola, ossia si prende troppo sul serio, se la tira come se fosse un senatore, è fermamente convinto di essere un genio e nel complesso pare la parodia di Ali G.



Lui blogga per il Darfur.
Che fine ha fatto? Ha fatto un nuovo videoclip, featuring Sara Tommasi. Se avete ascoltato i rapper precedenti ora potete godere di questo immenso capolavoro e trovare contemporaneamente la risposta alla domanda “è vero che la vecchia scuola era meglio della nuova?”

Ma che cazzo, Flycat.
Ma che cazzo.

L’anatra e le tigri



E’ il 1917, la prima guerra mondiale. 


Tattiche e strategie vecchie si mescolano ad armi nuove. In un assalto morivano 12.000 uomini, 23.000 rimanevano mutilati, guadagnavi sei metri e il generale si complimentava perché avevate fatto enormi progressi. La balistica è in mano a ingegneri tipo SALeNTiN0_32cm e RokkoIlCastigatore_30cm che giungono alla brillante conclusione “per una grande guerra grande ci vuole un grande cannone”. Creano armi dal calibro via via più mostruoso i cui proiettili impiegavano alcuni minuti per raggiungere l’obiettivo e avevano un margine d’errore talmente ampio da essere ipotetico, ossia sparavi verso il duomo di Milano, ti accendevi una sigaretta, facevi due chiacchiere con il commilitone e BRAAM, a Garbagnate cinquecento persone saltavano in aria.

Buttavi la cicca e riprovavi.

La vita di trincea consisteva nello svegliarsi in una pozza di fango gelato, contare i morti per la febbre e il tifo sotto una pioggia di acciaio e tritolo che assordavano, mutilavano, uccidevano e distruggevano qualunque forma di vita. Dopo aver fatto colazione con brodo e lardo rancido l’ufficiale ordinava l’attacco.  Uscivi dalla trincea correndo incontro alle mitragliatrici nemiche. Se avanzavi, morivi. Se ti fermavi, morivi. Se tornavi indietro ti sparavano i Carabinieri e morivi. Una volta arrivato nella trincea nemica ti accoltellavi con degli sconosciuti tra bombe che esplodevano, proiettili vaganti, lanciafiamme, baionette lorde di sangue infetto e interiora sparpagliate.

Tutto questo perché i tuoi nipoti potessero votare Renzo Bossi.


Son soddisfazioni.






Siamo a 3000 metri di altezza. Fa buio alle 16. La temperatura di giorno è di -10° e di notte raggiunge i -30°. Gli Alpini sono tricerati in una posizione d’inferiorità, ossia alle pendici di una cima non meglio specificata. Sopra di loro ci sono gli Austriaci, soldati meglio equipaggiati, più nutriti e più sereni. Hanno sistemato un reticolato di filo di ferro che non solo blocca il passaggio, ma anche la visuale.

Per eliminarlo si usano shrapnel, proiettili da cannone che in caduta si aprono e fanno uscire centinaia di palle di piombo roventi.





Inizialmente erano nati come arma antiuomo per complicare la vita ai medici militari che invece di questo



si trovavano davanti questo.





Usarlo per i reticolati è tipo provare a sciogliere le cuffiette ingarbugliate con un petardo. Solo un maschio poteva inventare un metodo tanto idiota. In guerra servono tizi con le tronchesi o, ancora meglio, coi tubi di gelatina. Piccole grondaie piene di esplosivo che infili dentro ed esplodono spaccandolo e fondendolo. Strisci nel buio della notte, arrivi sotto il naso delle sentinelle nemiche e accendi la miccia.
All’improvviso sotto la volta stellata, in tutto il panorama buio e innevato, appare un cerchio di luce visibile a milioni di chilometri con su scritto “ciao, spara qui” con prevedibili conseguenze.






Il sergente Tobia Zambon è nato in Cadore, ha 49 anni, una moglie, due figli adolescenti e prima della guerra faceva l’operaio. Ha mani grosse come badili. Lo chiamano “crucco” perché dopo anni di guerra è un fine conoscitore dei popoli nordici. A Natale prese tutti i panettoni destinati alla compagnia e li fece recapitare alla trincea austriaca con su scritto “uno è avvelenato”. Gli austriaci, innamorati della cucina italiana ma disciplinati come automi, furono costretti a guardarli, annusarli e buttarli via.

-Sergente- chiama il capitano -metta su una squadra e tolga dai marroni quel reticolato-

Si fanno avanti quattro volontari. Si mettono la casacca bianca mimetica, prendono i tubi esplosivi e cominciano a strisciare nella neve. 

Il silenzio è assoluto.
Tengono la bocca contro la neve per non far vedere la condensa nella luce della luna. Ogni movimento pare risuonare contro i costoni di roccia. Si vede poco o niente. Un metro dopo l’altro arrivano sotto il reticolato e con movimenti al rallentatore tirano fuori le tronchesi. Provano a tagliarlo tenendolo fermo perché non si vedano le vibrazioni. Non funziona. Il filo spinato austriaco è straordinariamente forte e resistente. Due tronchesi si scheggiano, una si rompe. I soldati guardano il sergente nella penombra, scuotono la testa e fanno passare i tubi di gelatina all’interno.

Lo sparo e la testa di un alpino esplodono quasi contemporaneamente, trasformando la faccia del ragazzo in una maschera deformata. Il sergente grida qualcosa ma è coperto dal resto degli spari. I quattro ragazzi mollano tutto in preda al panico e si girano per scappare, diventando automaticamente bersagli. Ai fucili si aggiungono le voci delle mitragliatrici. Il sergente tenta di accendere la miccia lo stesso, ma viene investito da una raffica. Rotola su sè stesso mentre i tre ragazzi si alzano in piedi, creando delle sagome contro la luce della luna e venendo falcidiati.

Tobia si presenta dal capitano scuro in viso.

-Com’è andata?-
-Li hanno accoppati tutti-
-Chi erano?-
Marco Spesi, 19 anni. Luca Bisanzon, 22. Andrea Gigli, 18. Checco Zulian, 21-
-Hm. Lei come sta?-
-Neanche un graffio. Ma quei podeva esser me fioi-
-Eh, sergente, è la guerra. Metta su una seconda squadra e riprovi-

E Tobia, la notte dopo, riprova. Questo giro la squadra riesce a malapena a fare dieci metri, poi nel silenzio risuona il tonfo sordo di una granata sulla neve. Esplode un paio di metri davanti a loro, sollevando una nuvola di neve che si macchia di rosso subito dopo perché una scheggia ha tranciato il braccio di uno di loro. Si ritirano, ma non abbastanza in fretta. Gli austriaci rovesciano tanto di quel piombo a valle che una raffica quasi taglia in due uno dei ragazzi, che rimane a terra urlando suppliche strazianti alla madre.

-Com’è andata?- domanda il capitano.
-NAMMERDA-
-Tutti morti?-
-NAMMERDA-
-Chi erano?-
-18, 18, 23 e 22, NAMMERDA-
-E lei come sta?-
-NAMMERDA-
-Eh, sergente, è la guerra-
-E’ NAMMERDA-

Il capitano nota che Zambon è lievemente alterato, così lo lascia stare. La guerra di trincea è fatta così. La gente impazziva facilmente, creando una sindrome che la psichiatria mondiale non ha mai più rivisto in queste dimensioni, detta shell shockIl mattino dopo Tobia sta seduto in disparte, non parla con nessuno, manda affanculo persone random e continua a scrutare il reticolato finché, alle prime ore del pomeriggio, ha una faccia talmente brutta che gli mandano il medico a parlargli. Non serve e cominciano a temere l’uomo sia sbroccato di testa. La notte, quando tutti stanno dormendo, si presenta in armeria.

-Ciao zì- saluta il carabiniere.
-Go da ciol tre tubi de gelatina-
-Me devi fà vedè l’ordine-
-No lè. Dame tre tubi-
-None-

Zambon sbuffa.

-No stà far el teron, dame ‘sti tubi!-
-Ah mister grappa, t’ho detto noneeeee-
-Mia moglie m’ha fatto arrivare una soppressa-
-E che me frega, io sò de Frascati: ‘a porchetta de Frascati batte tutti li affettati
-Mi ha fatto arrivare anche una bottiglia-

Al carabiniere passa un lampo negli occhi.

-Mmmde che?-
-Bianco. Frizzante-
-‘nnaggia … pigliali, però se te vede er tenente so cazzi tua-
-Sì, sì-

Zambon prende i tubi, si mette il telo mimetico ed esce. Non lo vede nessuno mentre si dirige da tutt’altra parte, solo soletto, scomparendo nella montagna. Il giorno dopo nessuno lo trova. Alcuni credono si sia suicidato, altri che abbia disertato dopo quello che gli è capitato. C’è anche un carabiniere incazzato a mostro, ma non è intenzionato a dare spiegazioni. Alle due di pomeriggio in trincea la situazione è la solita, finché si sente una salva di esplosioni, troppo lontane per essere minacciose. Si guardano attorno tutti, austriaci e italiani, senza capire. Poi succede. Dalla parte superiore della montagna si stacca un masso, precipitando a valle. Rimbalza contro uno scaglione che, schiacciato dal peso, si spacca trasformandosi in una frana. In meno di dodici secondi sopra gli austriaci si materializzano tonnellate di roccia, alberi, terra e neve che procedono verso di loro rombando. La vedono arrivare e la trincea è percorsa da ordini e grida. Potrebbero salvarsi correndo verso il lato est, lontano dalla frana e dalle trincee. Solo che non possono.

C’è il loro filo spinato.



Quando il colonnello degli alpini dà la carica si trova davanti a un tumulo senza molto da fare. Il sergente Zambon rientra due ore dopo e  consegna la bottiglia al carabiniere. Vengono entrambi puniti.














Riadattato da “La vendetta del tagliafili”, Martino Michieli, Ricordi di guerra alpina 2, Casa editrice Panorama, 2008.

La vera trama de Lo Hobbit

Ognuno ha i simboli fallici che si merita.



Dei nani vivono in una miniera dove la temperatura sfiora i -50°, non esistono né donne né luce del sole e gli uomini passano le giornate a picconare la roccia. Un giorno arriva un drago, gli scassa il culo e si stabilisce lì. La metafora della donna è tremenda. I nani diventano esuli. Incontrano Voldemort sotto steroidi che parla come i selvaggi di Avatar, di John Carter o di Jersey Shore: ringhia, urla, indica e muove molto le possenti spalle. Cavalca lupi mannari che ringhiano di continuo. Comanda un esercito di mostri il cui scopo è essere cattivi. Spaccano il culo ai nani e loro continuano a fare i profughi frignanti.

Interessantissimo, no?
I nani sono i Palestinesi del fantasy.

La Contea è come Topolinia: non piove mai, nessuno chiava, tutti sono zii o nipoti e nessuno lavora. La gente si definisce “semplice e laboriosa”, ma di quelli che conosciamo nessuno fa un cazzo dalla mattina alla sera. Dopotutto si lavora e si fatica per il pane e per la fica e nella Contea, così come nelle miniere dei nani, l’utero si è estinto. Bilbo Baggins è un uomo di mezz’età che passa le giornate a chiacchierare con il suo effemminato nipote finché un vecchio spilungone appare alla sua porta.

-Buonasera – dice Bilbo, intimidito.
-Nel senso che è una buona giornata per te, che speri lo sia per me o che stai avendo una buona giornata?-
-Non compro niente-

-Bilbo, non mi riconosci?! Sono Gandalf! Il tizio dei fuochi artificiali!-
-Non compro niente lo stesso-
-Hai voglia di un’avventura?-

Una persona normale domanderebbe “di che tipo”, “in che senso”, “dove”, “con chi”, “perché”, “quando”, “mi pagate”, “c’è il free bar” ma soprattutto “c’è figa”. Bilbo scuote la testa e si barrica in casa. Gandalf gli incide “stronzo chi legge” sulla porta e se ne va. La sera si presentano tredici zingari vecchi, obesi e affetti dalle più disparate patologie.

-Ciao, io sono Ptarr figlio di Troll-
-Ciao, io sono Grwad figlio di Brnz-
-Ciao, io sono Kmal figlio di Krall-
-I vostri genitori hanno ruttato per tutto il battesimo? –

-Ciao, io sono Chralgh figlio di Beeurp –
-Io sono Mrwzgr figlio di Gloork –
-Ciao, noi due siamo Fuck e Fiko – dicono due nani, tenendosi per mano.


“E facciamo la donna a turno”



I tredici profughi gli entrano in casa e razziano la dispensa in un fiorire di rutti, scorregge e facce buffe. Bilbo invece di chiamare aiuto o percuoterli con un ciocco di legno rimane in disparte. Per ultimo si presenta un tizio con lo sguardo da psicopatico e l’eyeliner. Tutti gli straccioni si intesiscono: è Thorin, il figlio di Hamas, Re dei nani.



Quell‘Hamas.



Si siede in disparte, silenzioso e misterioso. Passa la serata a lanciare occhiate di superiorità e disapprovazione interpretando l’imbecille che alle feste fa tappezzeria con l’aria del tenebroso sperando di fare colpo. Nella vita reale finisce a seghe, in questo mondo è un Re temuto e rispettato.

-E così lei sarebbe lo scassinatore – gongola uno rivolgendosi a Bilbo.
-Guardi, a violazione di domicilio e rapina a mano armata aggiungo anche diffamazione, non ci metto niente-
-Haha, lei non sembra uno scassinatore. Sa combattere, almeno? –
-No, altrimenti vi avrei già buttati fuori-
-Ed è pronto per l’avventura? –
-MA QUALE AVVENTURA, LA FOCOMELIADE? AVETE SBAGLIATO CASA, IMBECILLI!-
-Ora canteremo una canzoncina-

I nani cominciano a ballare e cantare coglionando Bilbo. Gandalf ride. Tutti ridono, a parte il figlio di Hamas che da seduto guarda tutti così.

“Non pensate alla nostra patria? Ai nostri fratelli?”


-Bravi, ora fuori da casa mia – dice Bilbo.
-No, aspetti, firmi questo contratto. Dice che ha diritto al 14% della refurtiva e che non garantiamo per la sua incolumità-
-Ma vaffanculo-
-Ve lo dicevo che non ci serviva a niente- dice il figlio di Hamas.
-Ecco, appunto- annuisce Bilbo -potete andare-
-Prima canteremo un’altra canzoncina, questa volta seria-
-Aspetta, è seria seria che tipo ci si tocca i coglioni?- domanda il figlio di Hamas.
-Sì, mio signore-
-Allora la canto io-


“Lontano sui nebbiosi monti gelati
In antri oscuri e desolati
Ruggenti pini …”




-…ruggenti pini? – domanda Bilbo.
-E’ una figura retorica- sussurra un nano.
-Che cazzo di figura retorica è “ruggenti pini”?-
-Boh, che il vento tra i pini fa grrr-
-“Grrr”? Il vento s’è ingolfato? Gli diamo una spinta?-
-Guardi, stando al Castiglioni-Mariotti…-
-Il vento soffre di meteorismo? “Ruggenti pini”? Perché non “massi fischierini”? Tanto ormai è ammesso e concesso tutto, in questo sporco mondo di merda –
-Zitti!-

“sulle vette
Nei venti il pianto, nella notte
Il fuoco ardeva, fiamme spargeva
Alberi accesi, torce di luce”


-Bravi, Maria Callas ve lo sgrulla coi denti- completa Bilbo battendo le mani -ora di corsa a fare in culo, marsh-


“Sono molto deluso da te”


I nani si addormentano e Bilbo e va a dormire. Il mattino dopo non li trova, cambia idea senza motivo e li raggiunge.  Del resto se degli zingari ti hanno rapinato e deriso viene spontaneo sacrificare la tua vita per loro. Dopo tre quarti d’ora di nani che scorreggiano segue una ventina di minuti di paesaggi della National Geographic. Il figlio di Hamas peggiora: odia tutti, anche te che stai guardando il film. Gli orchi sono stronzi. I draghi sono merda. Gli elfi sono traditori. Bilbo è inutile. Gandalf è infido. La compagnia è immatura. Non vuole parlare coi maghi. Non vuole accendere il fuoco. Non vuole accamparsi. Non vuole che si chiacchieri. 

-Oh, raga, come butta a patata?- chiede Bilbo.

“Non pensi alla mia patria perduta?”



-Fa niente, fa niente-

La compagnia si divide in tre parti: la maggioranza è composta dall’armata dell’ospizio, un branco di vecchi arteriosclerotici sordi o babbei che fanno sembrare intelligente il biologo di Prometheus. Poi ci sono Gandalf e Hamas che piazzano trombonate da democristiani anni ’50 con tono enfatico. In ultima c’è Bilbo che si guarda attorno con aria spaesata. Questa triade permette momenti di grande cinema tipo Bilbo, avere coraggio significa avere il coraggio di avere coraggio e altra roba da baci perugina. Nessuno accenna l’argomento “donne”, mai. Del resto se i funghi non esistessero non riusciremmo a immaginarli. 

Incontrano tre troll che se li vogliono mangiare, Bilbo si mette a fare scenette divertentissime per una classe di bambini ciechi ed è tutto un fiorire di scorreggie, muco, saliva e faccette buffe. Arriva l’alba, Gandalf li salva spaccando una roccia a martellate, i troll muoiono. Esaltati si mettono a ficcanasare nel bottino e trovano tre delle spade più potenti dell’universo.

-Non è una cosa un pelo forzata, ragazzi?- domanda Bilbo.


“Ricordo ancora i nostri fratelli caduti”



-Vabbè, dicevo, per me stasera piove –

Nel frattempo, un mago che vive da solo nella foresta si tiene degli uccelli sulla testa che gli cacano roba bianca sulla tempia. Le metafore si sprecano. Scopre che nel bosco fatato c’è un negromante che vuole resuscitare i morti. Se la fa sotto, scappa e incontra la compagnia della scorreggia. E’ tutto spaventato, Gandalf gli fa fumare la pipa e il mago fa una faccia buffissima perché, a quanto si capisce, nella pipa di Gandalf c’è ganja! Il cinema scoppia a ridere e io mi guardo sull’iPhone incidenti stradali per tirarmi su di morale. Dopo questa preziosa informazione gli arteriosclerotici finiscono nella città degli elfi. Hamas non è contento, guarda tutti con odio e diffidenza finché c’è il primo vero colpo di scena.

Gandalf … mio Dio, dietro di te!

Cosa? Orchi?




Quando una donna appare in scena si scatena il panico, poi una volta appurato che non è lì per rubare la loro verginità si rilassano e la ignorano. Il capo degli elfi spiega agli sfigoboys che la loro mappa si può leggere solo con la luce della luna di un certo giorno dell’anno.

-Oh, no! Dovremo aspettare qui … con quella roba?-
-Galadriel? E’ una donna, non una roba-
-IIIIH, NON DIRE QUELLA PAROLA!-
-Intendi “donna”?-
-IIIIH-

Fatalità il giorno giusto per leggere le rune è proprio quello. Ci sono le coordinate per tornare in Palestina, loro sono felici e se ne vanno. Gandalf  preferisce rimanere perché sì, ha creato la compagnia, avallato la loro avventura e pianificato il percorso oltre ad averli salvati dai troll e averli messi nei casini, ma ora basta. Che si arrangino. Segue altra raffica di immagini da National geographic, due montagne che fanno a cazzotti con loro sopra, poi finiscono catturati dal popolo più stupido del mondo. Cadono per duecento metri rimbalzando contro speroni di roccia e atterrano in una gabbia senza un graffio. Chi li ha catturati? Chi sono i loro carcerieri?

I grillini.

Immaginate di essere il popolo più numeroso del pianeta che però non sopporta la luce del sole. Praticamente sgomiti per entrare in un forno crematorio, ma vabbé. Crei una caverna enorme e profondissima dove vivere. Per spostarvi da una parte all’altra costruite passerelle larghe un metro, traballanti e insicure che sporgono sopra voragini senza fine. Perché i titoli di studio non valgono niente e quello che fa un ingegnere può farlo benissimo anche Skardi dei Pitura Freska. Posizionate il trono del vostro Re su una di queste passerelle, giusto giusto al limite del precipizio. Sapete come i pirati buttavano in acqua i prigionieri, no? Ecco, decidete di mettere lì il trono.

Geniale, no? E’ l’evoluzione della stupidità. Una volta mettevano il pulsante di autodistruzione in bella vista, oggi mettono direttamente il Re su una trappola mortale. Portano i prigionieri al cospetto del Re, un ciccione che parla un italiano fluente ma governa gozziliardi di analfabeti.

-Ah, degli stronzi della casta! – annuisce il Re -vaffanculo!-
-VAFFANCULO!- gridano gli sgherri.
-QUI UNO VALE UNO, MA UNO COMANDA TUTTI GLI ALTRI!-
-SIIII! W LA DEMOCRAZIA DEL POPOLO!!-

I nani si guardano confusi. Stanno per essere sterminati quando puntualmente arriva Gandalf a salvargli il culo, anche se non si sa come li abbia raggiunti o trovati, ma vabbé. Seguono quindici minuti di orchi e goblin che si tuffano nel vuoto. Magari è una forma di protesta, non si sa. Comunque milioni di persone su una passerella vengono sterminate da dei nani che corrono. Durante il genocidio Bilbo passeggia a cazzo, incontra Gollum, gli frega l’anello e giocano agli indovinelli. Si riunisce al gruppo, fuggono dalla caverna dei grillini e vengono inseguiti da Voldemort palestrato che agita un sacco le possenti spalle. Si arrampicano sugli alberi che crollano sotto il peso dei nani obesi. I lupi mannari fanno per salire anche loro, ma Gandalf tira fuori le pigne al napalm e dà fuoco alla foresta. 

-Scusa, Gandalf, ma ‘ste stronzate non potevi usarle prima? Tipo coi troll?-
-No-
-E tra sessant’anni durante l’assedio di Minas Tirith? Sai, mettevi ‘ste robe sui trabucchi e lanciavi. Mica male-
-Non si può-
-E se montavi sulle aquile bombardando i nemici dall’alto? Tipo gli A-10 in Iraq?-
-Non è possibile, Bilbo-
-Come “non è possibile”, vecchio rincoglionito? Abbiamo pigne incendiarie, spade che spaccano la roccia, pini che ruggiscono e un mondo senza fica ma non possiamo avere un A-10 Thunderbolt?-
-No

Sono comunque circondati e fottuti. Hamas decide di fare il negro, scende dall’albero, sguaina la spada e va incontro a Voldemort in un rallenty che dovrebbe essere epico, se non fosse che l’altro è alto due metri, pesa 100 chili, cavalca un lupo mannaro da 300 ed è incazzato a mostro. Hamas è alto un metro e un telecomando, pesa 40 chili ed è a piedi. Voldemort lo scrocia di botte uso Bud Spencer e tutto sembra perduto, finché Gandalf tira fuori la radio e dice “bravo due zero, bravo due zero, richiesto supporto aereo immediato”. Arrivano le aquile e li portano via.

Il film finisce qui.







Recensione?
Prendete una bottiglia, spaccatela per terra, cospargete il moncherino di benzina e schiantatevela su per il culo con tutta la forza che avete. “Lo Hobbit” è la stessa cosa. Tutto è fatto per essere commercializzato. Ogni cosa, ogni scena, ogni inquadratura più che un film è una reclame. Senti l’odore di plastica dovunque. L’aquilone che brucia nel cielo? Vendibile. I piatti che volano? Li potremo comprare. La canzone? La potremo acquistare su CD e iTunes. Gli interni della casa di Bilbo, i tappeti? Idem. Le spade? Certo. I nemici? Già fatte le action figures. Tutto è studiato e inquadrato perché tu lo possa ammirare, valutare e comprare. Il seguito dei film esiste già, devi solo comprare i biglietti. Comprare i cofanetti con i dietro le quinte, le scene tagliate, le interviste. Non c’è niente, NIENTE di cinema. E’ solo marketing per imbecilli, finto come i cattivi, le grotte, i combattimenti, i giganti, i set. E’ tutto finto dal principio alla fine. I personaggi non esistono. I dialoghi sono atroci. L’evoluzione umana personale è nulla. 

Però c’è il 3D! Hai visto che figo il 3D?!



Non c’è niente da salvare?
Sì. Martin Freeman è un attore straordinario.
Spreme sangue dalle rape, riesce a dare umanità, sentimenti e pensieri a un personaggio piatto come un banco da obitorio. A volte con uno sguardo, a volte con un gesto, è sempre al posto giusto. Dosa ironia e serietà, caparbietà e paura, dubbi e coraggio, frustrazione ed esaltazione. Vederlo sullo schermo è un piacere, l’unico, che ti aiuta a tollerare questa tortura di due ore e quaranta.

C’è odore di banana nell’aria, e mia figlia ha una faccia colpevole


Ho diciannove anni. Linda ne ha sedici. Tra di noi c’è quella chimica che contraddistingue gli adolescenti, quando scopano qualunque cosa si muova e lo chiamano vero amore.



Un giorno, per variare la routine, compro una confezione di preservativi alla frutta. Sulla confezione c’è scritto “da non utilizzare per il sesso genitale”. Vabbè, tanto che mi frega? Linda accoglie con gioia la novità, selezioniamo insieme i gusti e così come nelle scatole di cioccolatini, anche in questo caso quelli alla banana vengono lasciati per ultimi. Siamo a casa di lei, i suoi genitori arriveranno per pranzo e sono le 11. C’è tutto il tempo. Tiro fuori il preservativo, apro la confezione alla banana e all’improvviso ho di nuovo dodici anni.

E’ il Natale del 1992. I miei genitori hanno regalato a mia sorella un Mio Mini Pony viola che profuma di bosco, ossia un pezzo di plastica intriso di una sostanza ripugnante che lo fa puzzare come una piantagione di banane marce. Questo. L’offerta dice che la confezione non è aperta. Dio abbia misericordia di chiunque l’aprirà. Quel mini pony è un batterio. Dovunque lo si sistemi, impesta l’ambiente. Ceste. Armadi. Vestiti. Umani. Immaginate di lasciare in bagagliaio sotto il sole per tutta l’estate un casco di banane e poi di aprirlo. Per l’intero dicembre 1992 ho vissuto con le finestre aperte a -2°, con mia sorella in cappotto che girava per il salotto gridando “vooola mio mini pony”. Mio padre, cacandosi la minchia di pagare un riscaldamento inutile, lo gettò via. Mia sorella pianse talmente tanto che ne arrivò un altro.

Sempre alla banana.

-Tutto bene? – domanda Linda togliendosi il mio pene dalla bocca.
-Sì, sì, continua – dico riposizionandola, ma il cuore è pesante. 

L’odore di banana è pungente e infido. Associare quel fetore a un pompino uccide qualunque tipo di libido. Mi concentro con tutta la forza che ho. La vedo che comincia a stancarsi, io c’ho due palle così e sono annichilito dall’orrore. Basta. Devo terminare l’opera così la faccio alzare, la sistemo a pecorina e comincio a trombarla.

-Non sono fatti per il sesso vaginale – precisa lei.
-Ma tu sì –

Ci dò con tutta la cattiveria possibile, cercando di schiodarmi dalla mente mia sorella che canta “voooola, mio mini poooony”. Io che trombo Salma Hayek mentre fa un 69 con Penelope Cruz. Beyoncé che la lecca a Jennifer Lopez. Una gangbang su Britney Spears. Nelly Furtado che mi cavalca. 

Linda ormai è ridotta a un siluro urlante di cui non si distinguono i lineamenti. La trombo uso mostro con il volto rigato di lacrime, gli occhi stretti, la mente che mi ripete “voooola, mio mini pooooony” e il disgusto che mi assale. Stacco le mani dai suoi fianchi e comincio a prendermi a sberle mentre Linda, privata dei blocchi, decolla contro la parete del divano ove si conficca, sprofondando in un crescendo d’urla belluine. La sensibilità al pene scende, non sento quasi più nulla, è come infilarlo in una terrina. Di Linda rimane solo il culo che sporge dal divano in pelle. Insisto, inseguito dallo spettro di questa bambina che dice “voooola, mio mini pooooony” e sfrutto l’attrito della parete superiore. Tutto sembra perduto quando immagino La Pina che viene investita da un autobus e percepisco il tremito. E’ lui, è Ponente, è l’estasi, è l’eterno dualismo, la genesi, il climax. Estraggo e apro il fuoco con un urlo di trionfo, irrorando quel che resta di Linda. Crollo, spossato. La cappella pulsa. Linda, a fatica, riemerge dal divano.

-Ma che cazzo è successo?! – domanda, ansimante.
-L’odore di banana, non lo reggevo –
-Quale odo
Queek.





















C’è un momento di difficoltà. Linda diventa viola, mi guarda.

-Non era il culo! – grida – mi hai fatto entrare aria! –
Il cervello di un diciannovenne elabora freneticamente quello che ha appena sentito.

-C’è dell’aria … là dentro? – domando.
-Eh, sì! –
Queeek.

-Smettila – dico, indietreggiando.
-Non è colpa mia! –
Què. Què. Quèèèèk.




Què.


A un tratto l’odore di banana mi assale le narici. Linda, oramai ridotta a cratere, sta deodorando l’ambiente dell’odore sacrilego. Le intimo di fare qualcosa perché altrimenti non potrò mai più prendere sul serio la sua vagina.

-E COSA FACCIO, COGLIONE, MI METTO UN TAPPO!? –
Què! Què! Quèèèèè.

Fisso il buco del destino con rinnovato timore. E’ davvero possibile da una donna escano questi suoni? Linda si alza e tenta di guadagnare il bagno mentre il suo sesso scricchiola come un galeone spagnolo. Corre nuda emettendo suoni cavernosi quando la porta di casa scatta. Linda sbianca, fa retrofront e si lancia sui vestiti. Io la emulo, rapido e preciso. Il bello dei rapper è che felpe, magliette e pantaloni sono così larghi che se li lanci per aria ti scendono addosso come un paracadute, permettendoti di infilarli in poche mosse. Linda invece ha un bellissimo vestito di lana che indossa con la fretta dettata dalla disperazione. 
Ci sediamo sul divano contemporaneaQuèèèèè! Linda stringe in mano le mutandine che non ha avuto il tempo di indossare. Fa sparire il reggiseno sotto il divano. Io fingo indifferenza spaparanzato a guardare MTV con l’aria del consumato piacione. Entrano il padre, la madre, la sorella e la zia.


-Ciao, ragazzi – fa il padre – come stai, Nebo? –
-Bene, grazie – dico.
-Sei sudato –
-E lei come sta, invece? – tento.


Fa per rispondermi, poi si blocca. Annusa l’aria. Linda è in piedi vicino a me, una statua di sale che non osa muoversi perché al minimo tentativo di deambulazione dalle sue viscere sgorgherebbero geyser puteolenti.


-Ciò, ma – fa il padre – … cossa xé sto odor? –
-Me par … banana – fa la zia.

La madre si avvicina e annusa. Arriva anche la zia, poi la sorella. Tutta la famiglia sta annusando i peti vaginali di Linda. Io guardo gli angoli del soffitto. Chiudo gli occhi. La voce spettrale di mia sorella canta “vooola, mio mini poooony”. La madre raggiunge la cucina, prende il cesto di frutta e annusa le banane tra le arance e l’uva. Scuote la testa, ritorna in salotto, inspira a piene narici.


– Avete mangiato banane? –
– nnoh… – guaisce Linda, pallida come un cencio.
-Ragazzi, se avete mangiato frutta guasta fa male –

Osservo con distaccato timore il padre che dice alla propria figlia che la sua fregna sa di banana decomposta. C’è un che di poetico, in tutto questo? Chissà. Io, del resto, sto per essere ucciso.

-Zia, ti assicuro che non ho mangiato … –
Quèèèèèè!

-EH, COME NO, SENTI CHE ALITO! –

Studio le vie di fuga. Potrei barricarmi in cucina, avrei almeno una quarantina di secondi per sfondare la finestra e darmi alla macchia. Oppure potrei prendere in ostaggio la vecchia madre che si sta guardando attorno, finché i nostri occhi non si appoggiano tutti sullo stesso posto contemporaneamente. Del resto è un così bel tavolino. Artistico, design minimalista. Nero, basso, perfettamente in ordine, una confezione vuota di CONDOM FRUIT PASSION cattura l’occhio. La madre afferra la scatola con uno scatto da prestigiatrice, fulmina la figlia, fulmina me, poi prende la parola.

-Va bene, Aldo, scarichiamo la macchina –

Il padre si stringe nelle spalle e si dirige verso l’entrata. La madre mi indica e sussurra “tu e io dobbiamo fare un discorso”. Annuisco con aria colpevole. Povera donna, ignora che tra pochi istanti io sarò in viaggio per la Cayenna. Non appena si gira stampo un bacio a Linda e saluto. Lei si muove come un pinguino. Domandano se mi fermo a pranzo. Declino l’invito e cammino senza girarmi fino al vialetto, smooth criminal come Michael.