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Le origini del veneto



Mestre. Treviso. Verona. Vicenza. Bassano. Belluno. Il livello culturale di questa regione rasenta talmente tanto l’incapacità di intendere e di volere che al Gazzettino presero me per fare la cronaca bianca.

Figuratevi che cos’era la media degli altri curriculum.



Qui fioriscono partiti indipendentisti, il M5S ha grande seguito, l’abbigliamento è così omologato che pare la versione gay degli operai vietnamiti, la pettinatura più in voga è “Balotelli” per lui e “frisèe Non è la Rai” per lei. Le religioni dominanti sono videopoker e reality, gli sport più praticati pilates e prostituzione casalinga. Le sole razze tollerate sono quelle che hanno una categoria su youporn. Qui parole come “altruismo” significano sboccare nell’etilometro per salvare quelli dopo. In città girano prevalentemente SUV, quelli che non ce l’hanno si appiccicano “auto di cortesia” sulla propria per smettere di vergognarsi. Mutui trentennali ospitano esaurimenti nervosi e cani, di solito 3000 euro di pedigree che latri a ogni stronzo che passa il tuo essere zitella. Qui i risparmi vengono ben investiti: cause civili, antidepressivi e mutui per le ferie da postare su Facebook. 

Se proprio sei una che ha svoltato, avvocati divorzisti e stivali da cavallerizza.
Del resto si sa che il punto G delle venete è alla fine della parola shoppinG.



Un prodotto tipicamente veneto è il bar Ikea.

Si tratta di locali sbocciati dalla geniale pensata “apriamo un bar uguale a 989485 altri, ma alziamo i prezzi e avremo una clientela esclusiva”. Così mentre al mondo esistono posti come il Bennigan’s pub di Trieste, il Bella Vida cafè a Praga o il Trabuxu a La Valletta, in veneto i bar somigliano  all’incubo di un designer palleggiatesticoli. Dopo due anni chiudono in bancarotta tra piagnucolii e suppliche di aiuti statali, convinti che la loro chiusura “solleverà un polverone”. In realtà finiscono in sedicesima sul Gazzettino senza che freghi un cazzo a nessuno tranne a una coppia che esulta dicendo “e vai, sono falliti, ora potremo aprire un bar come il loro, ma per una clientela esclusiva”. Anni di questa strategia hanno fanno sì che oggi, in veneto, è possibile bere mojito annacquato a 12 euro seduti in una cucina Ikea.
Stranamente a nessuno piace strapparsi le palle e prendercisi a sberle, così questi posti rimangono deserti.



Allora come fanno a durare così tanto? 
Con la bamba.

I gestori la comprano dai magrebini, la tagliano con l’intonaco e la vendono nel retrobottega ai cosiddetti “avventori esclusivi”, ossia persone che pur di sopportare l’orrore della propria vita snifferebbero sperma incrostato. Dopotutto fanno un lavoro che detestano in grado di pagargli oggetti inutili atti a sedurre donne ignobili con cui far rosicare persone che odiano, però tengono duro in attesa di Equitalia.
Questo di letto di Procuste termina quando in caserma dei Carabinieri arriva il nuovo comandante, prende il fascicolo “coglioni inutili da spazzare via per fare bella figura” e seleziona le prime venti schede. BAM! Il centro città diventa un’ecatombe di AFFITTASI VENDESI CEDESI finché una coppia decide di investire l’eredità paterna e aprire un bar.

-Però per gente esclusiva, eh? – sgomita lui alla moglie, ammiccando.





L’economia veneta in breve.
Ma qual è la storia di questa gente?
Cosa li spinge a legarsi le palle alla turbina di un F-35 e con un sorriso smagliante fare pollice in su al pilota? 

Se fosse un film partirebbe dalla fine, con lei in carcere che viene massacrata di botte da una prostituta romena e lui che si sta facendo spaccare i denti per succhiare meglio l’aidsburger di capitan Cazzoauncino. La telecamera indugia sui canini sanguinolenti a terra, indietreggia verso le sbarre mentre i suoni delle percosse svaniscono. Cielo bianco, poi azzurro. Nuvole. Scende adagio su una scuola e inquadra Cecilia, appoggiata al muretto, che legge Io e te 3MSCCecilia ha tredici anni, è figlia di un’imprenditrice e di un medico. Nessuno dei due genitori voleva che alla piccina mancasse niente. Le hanno presentato i rampolli delle famiglie bene, pagato rette in scuole cattoliche, iphone, iPad, iMac, vacanze in costa Smeralda, vestiti di Prada, scarpe Louboutin, trucchi di prima scelta e paghetta settimanale superiore allo stipendio di un operaio bosniaco.

Ma Cecilia è infelice.

Odia i genitori oppressivi, i professori che la criticano, i compagni di classe  che sono tutti bravi ragazzi. Lei vuole stare in mezzo a gente vera che sa stare al mondo, fa esperienze emozionanti e si ribella alla società. Per compensare le sue mostruose insicurezze Cecilia si accompagna a scarti da suburbia. In mezzo a loro è la più bella, la più intelligente, la meglio vestita, la più colta. Le donne del gruppo la odiano, gli uomini le muoiono tutti dietro e, cosa più importante, questo infastidisce molto sua madre.

Cecilia racconta aneddoti di inimmaginabili sofferenze patite per ingraziarsi i subumani affinché la compatiscano. Scopre che essere compatita le piace un sacco, così ingrandisce le storie fino a raccontare balle clamorose. Del resto, il pubblico è troppo stupido perché possa capirlo né ha le conoscenze per verificarlo. A sedici anni, fuori da una discoteca di gente vera – ossia scimmie impizzate di cartoni – conosce Manuel. Ha sette anni più di lei, è nato da una gangbang nei cessi di una discoteca di domenica pomeriggio. Tiene la voce in gola per sembrare più duro. A quindici anni ha mollato scuola per un lavoro di merda che gli possa comprare lo scooter e ora frequenta ragazzi che condividono la sua passione per le droghe, cosa che ne stermina alcuni con coltellate, incidenti stradali, eroina e/o suicidi post test HIV. 






Quando Cecilia sente queste storie capisce che è lui l’uomo della sua vita. Giovane, ribelle, duro, trasgressivo. Passano pomeriggi romantici a base di ketamina e coca cola light. Manuel deflora la fica di Cecilia su cui la madre aveva speso 600 euro di depilazione laser nella speranza che servisse a figli di commercialisti e avvocati. Dramma. Dolore. Tragedia. Conflitti. C’è tutto quello che Cecilia sognava. All’ennesima litigata a base di “smetti di vedere quel coglione” Cecilia fugge e va a vivere con i genitori di Manuel, persone semplici ma vere.

Lui disoccupato, lei finta invalida.

Insieme vedono milioni di volte gli unici film che Manuel capisce: il Padrino, Fast&furious, Blow e Scarface. Grazie a questi comprendono cosa devono fare: fottere il sistema, vivere come fuorilegge in fuga, una coppia innamorata contro il mondo omologato. Osare. Fare qualcosa che nessuno, NESSUNO, in quella città di fighetti, avrebbe il coraggio di fare: spacciare.

Partono con fumo e ganja, poi con cartoni e pastiglie fino a planare sulle dolci innevate  colline della cocaina. Le cose vanno benissimo. Loro sono più furbi delle forze dell’ordine e, quelle volte che la beccano, basta una telefonata alla madre di lei. Sono uniti. Inseparabili. Ribelli. Bellissimi. Cecilia come copertura lavora come banconiera, lui anche. 

Le amiche di lei si sposano, figliano, trovano lavori ordinari e patetici.
Cecilia le guarda e al mal di stomaco risponde, spavalda: “io sono migliore”.

Dopo qualche mese, con l’apertura mentale che solo la cultura ti dà, con l’esperienza che si ottiene solo confrontandosi con persone diverse, nasce il loro sogno: aprire un bar. Due anni dopo, grazie all’eredità dei genitori, Cecilia e Manuel consegnano al vecchio proprietario del locale una valigia di contanti e quando lui se ne va fanno l’amore sul vecchio bancone. Tre anni dopo gli affari vanno malissimo; nessuno vuole bere il loro mojito da 12 euro con menta di strada e rum cinese. Sono pieni di debiti, litigano sempre e Manuel ha un’altra.
Una mattina Cecilia sta pulendo il bancone, piangendo lacrime silenziose e facendosi molte domande, quando davanti al bar si fermano due volanti dei Carabinieri. Li osserva tra il terrore e l’incredulità. La telecamera la inquadra, sola in mezzo a un bar deserto. Le ombre dei militari si allungano verso di lei, percorrendo la lama di luce del mattino. L’inquadratura si sposta lentamente a sinistra e mette a fuoco il titolo del Gazzettino: “Nuovo comandante dei Carabinieri di Mestre”.
Primissimo piano del volto di Cecilia. Nelle iridi si intravedono riflesse due sagome, stagliate contro la luce esterna. Le labbra di lei tremano. Con un ultimo movimento che fa scendere le lacrime, Cecilia getta un’occhiata alla foto di Al Pacino in bianco e nero sul muro, poi un Carabiniere ci si para davanti. Ora la telecamera inquadra il bar dall’esterno e sale, lenta, verso i tetti e poi al cielo. Non c’è colonna sonora, solo il suono del traffico pigro del mattino. Lentamente riemergono i suoni delle sevizie e i gemiti di dolore del carcere. I titoli scorrono lassù, nel cielo che si fa via via più azzurro.

Benvenuti in veneto.

Una nazione di impotenti



A vent’anni, mentre guardi una donna con al collo la tazza di un WC che lecca l’arto mutilato di un tizio, credi di avere visto tutto. E’ esaltante. Forgiato da jpeg a bassa risoluzione raffiguranti sesso yffy ti aggiri per la rete con rinnovato coraggio: non può esserci niente di peggio, dici. Poi vedi uno che infila il cazzo nella testa decapitata di una vecchia, vomiti nel cassetto della scrivania e capisci che Internet troverà sempre il modo di stuprarti le orbite. Sempre. Là fuori, da qualche parte, qualcuno sta partorendo un’immagine, una frase, una domanda che ti spalancherà le porte di abissi umani. 

E quando tu guardi l’abisso, l’abisso guarda in te.

Sì. Internet è un palantir.





GORE THREAD SCAT PORN HO UNA PUSTOLA SL PENE KSA DVO FARE E’ GROSSA E NERA
CHEMBUSTER SCIE CHIMICHE VERITA’ POSSO KUOCERE UN UOVO SU 1 MOTORE ACCESO
@ASSISTENZA TWEETER M STANNO VIOLENTANDO HELP CIAO BELLA AI FOTO D PIEDI
CIAO BARBARA SN UN TUO GRANDE AMMIRATORE VOLEVO SAPERE SE VAI BENE DI CORPO


Quelli che usano troppo Internet perdono la capacità di scindere quello che fa ridere sullo schermo e quello che fa ridere ad alta voce. Così al tavolo del ristorante esclamano “ho così fame che mi mangerei la fica di una morta, AHAHHAHAH” e il primo appuntamento termina in cella d’isolamento.

Ieri mattina il signor Luigi Preiti si è presentato a palazzo Chigi con una pistola automatica, ha svuotato tutto il caricatore verso due carabinieri ed ha tentato di fuggire. Sono riusciti a bloccarlo prima che ricaricasse (aveva altri proiettili in tasca e in borsa) e ora è agli arresti. Interrogato, Luigi Preiti dichiara che l’obiettivo erano genericamente “i politici”. Quando però ha visto che non era possibile ha scelto l’opzione B: rendere paralitico un brigadiere rimasto vedovo di recente e con una figlia di 23 anni.

E’ in momenti come questi che la libertà d’opinione diventa dittatura della merda. 

Qualunque giornalista e parlamentare sente l’irrefrenabile bisogno di dire una stronzata: la destra dice che è colpa di Grillo, la sinistra dice l’immancabile “Luigi Preiti è un povero Cristo”, i grillotardati raggiungono picchi di stupidità inauditi grazie a quel povero coglione del microchip che dichiara “la violenza va sempre condannata, però…” e omette  il resto con un sorriso sarcastico. Il resto degli opinionisti d’Italia dicono che Luigi ha fatto bene ma ha sbagliato mira. Mi affascinano, queste parole. Sono le stesse che pronunciarono ai tempo di Tartaglia e della statuetta in faccia a Berlusconi: ha fatto bene ma ha sbagliato miraLo zingaro che accoltella un albanese e lo ferisce? Ha fatto bene ma ha sbagliato miraBaggio ai rigori? Ha giocato bene ma ha sbagliato mira.

E’ un commento bellissimo.

Denota così tanta frustrazione, meschinità, pusillanimità e impotenza che ti sembrano personaggi dei Vanzina. Sono parole dettate dal cuore di persone troppo piccole, misere e codarde per vivere, che passano la loro esistenza spiando delle imposte socchiuse. Non è un commento, è IL commento di chi ha troppa paura di osare, ha delegato le proprie azioni agli altri e campa sperperando la vita sul bagnasciuga criticando quelli che prendono il mare, odiando quelli che navigano e ridendo di quelli che affondano. 

Quando a questa gente qualcosa va male non è mai per colpa loro.

Luigi Preiti ha fallito come imprenditore, come marito, come padre, come cittadino e come uomo, ma non perché s’è rovinato al videopoker. No. La colpa è di quello in alto. I non meglio identificati politici, cioè la versione mediocre del Diavolo. E’ da questo humus di voyeur marci di bile che è nato il chiunquismo. A furia di guardare il mondo dalla finestra ti convinci di viverlo. A furia di sentirlo raccontare ti convinci di conoscerlo e magari che tu non avresti sbagliato mira… se solo non fossi uno stronzo inetto che non ha mai meritato un cazzo di niente e invecchia piagnucolando sotto al tavolo della vita.

Per colpa dei politici, beninteso.
Bisognerebbe proprio che qualcuno facesse qualcosa.

Del salone del mobile, dei miei cambiamenti e del futuro dell’editoria italiana



Siccome per la mia vita il 2012 è stato l’equivalente della raffica di mitragliatori nel finale de L’ultimo samurai mi sono trovato a decidere che fare di me. O rimango a Mestre e trovo un qualsiasi lavoro in grado di farmi sbarcare il lunario oppure vendo casa ed emigro tentando di entrare in un mondo dell’editoria al collasso che taglia, licenzia e non paga. 


La prima è il giovane contadino che ara l’orto. La seconda è un imbecille che risale sulla Costa Concordia sgomitando tra profughi e cadaveri mentre urla agli elicotteri “fatemi passare, a bordo di sicuro si è liberato un posto da cameriere”. E’ un uomo che si mette il preservativo dopo essersi fatto un doppio aidsburger nella darkroom gay. E’ un quarantenne eroinomane che smette di fumare. E’ Pistorius che mette la sicura.

«RRobe, io pensavo…» dico al telefono.

«Butta male»

«Metti che volessi trasferirmi, dove mi converrebbe andare?»

«Voi fa’ cinema?»

«In che senso?»

«Capito. Lascia perde Roma, vai a Milano»

«Ale, io pensavo…» dico al telefono.

«Oh Dio, no»

«Metti che volessi trasferirmi, dove mi converrebbe andare?»

«Vuoi fare cinema?»

«Continuate a chiedermelo, è per quel provino hard del 2006?

»

«Vieni qui, pirla»




Mi documento.
Nell’unica città dove ascoltano i Club Dogo ci sono degli eventi che richiamano milioni di persone e di giornalisti, nello specifico il Salone del mobile. Creo un profilo Twitter fasullo fingendomi un’azienda di mobili, contatto tutte le redazioni che mi interessano domandando chi c’è, dov’è e quand’è. Buona parte di loro risponde e in questo modo so chi ci va, quando ci va e che viso ha. Loro invece non sanno che faccia ho io, cosa che mi risparmia l’effetto stalker e rende credibile l’essere lì per caso. Il passo successivo è farsi accreditare da qualcuno. Chiamo tutte le mie vecchie testate domandando accrediti e ricevendo “STIAMO MORENDO OH DIO NEBO HAI UN POSTO IN FALEGNAMERIA TI PREGO AIUTO”.

Hmm.
Dovrò improvvisare.

L’ingresso giornaliero al salone del mobile costa 23 euro. Rido delle loro farneticazioni. Già la metro andata e ritorno costa 5 euro, mi sembra l’unica cifra accettabile calcolando che probabilmente i mobili esposti li ho fatti io nel 2002 a Gaggio di Marcon. Un lettore di Proeliator scopre da Twitter che vado al salone. Lui è veneto, è lì per lavoro, vuole conoscermi e forse mi procura un pass.

Ho un aggancio, ho le coordinate, ho chi mi ospita: è ora di comprare un biglietto del treno.






Arrivo alle 21, troppo tardi per lavorare ma l’orario giusto per cazzeggiare e ambientarmi. Vago per le strade in compagnia di Minoggi che barcolla perché è già oscenamente ubriaco alle 22 e per trovare la macchina deve usare il GPS. Mi guardo attorno entusiasta; in nessun posto ho mai visto tanti bersagli da poligono camminare liberamente. Tizi con i baffi arricciati, vestiti come rincoglioniti e dotati degli immancabili occhiali a montatura d’osso bevono e parlano di design, minimalismo, innovazione, Internet. Sembrano ignorare i torrenti di fica che li circondano. Tizie che hanno trasformato la loro lingua in sciarpe da cazzo deambulano indossando guardaroba che vanno dalla collezione LSD primavera estate alla versione triste di Tempi moderni. Culi, tette, occhiali d’osso. Gente in skateboard su una città che è per il 90% pavè. Ovunque risuonano gruppi indie rock. La vita freme. La telecamera si allontana da me ruotando e mi rendo conto che qui c’è quello che mi serve. Qui, in questa specie di Alice nel paese della droga, posso farcela.

Qui posso vendere spray colore bianco a graffittari esquimesi.





Il giorno dopo è una splendida giornata di merda. Il cielo plumbeo piscia una pioggerella triste che mescolata ai palazzoni aumenta la desolazione, ma io sono pieno di buoni propositi. Quando vedo l’albergo dove devo intrufolarmi noto che il meno elegante è in giacca e cravatta di Prada. Io sono in felpa, tshirt, pantaloni larghi e Timberland. Il mio talento nell’essere quello vestito sbagliato non mente mai. Finisco in mezzo a cinesi e mistress hostess tailleur e vagine ricostruite. Raggiungo il bar, il lettore mi vede, mi gira un pass e già che c’è mi presenta un imprenditore russo che pare la salma di Riccardo Schicchi gonfiata con la pompa da biciclette. Due chiacchiere in dialetto e lui torna a lavorare.


BEEP.
Entro nel salone aggratis.

Le persone presenti sono svariati milioni e si dividono in evasori fiscali, gente bionda che parla solo a dittonghi, escort da 8000 euro a botta, omosessuali d’assalto vestiti come Pulcinella e turisti. Vago per i padiglioni e osservo i mobili. Alcuni sono capolavori. Di stile non capisco un cazzo, ma di tecnica sì. Per uno che ha tagliato, piallato, inchiodato e verniciato il legno, questa roba è straordinaria. Mi innamoro di SHĀKE. Vorrei fotografare ma il tizio me lo impedisce riportandomi alla realtà. Cos’è che dovevo fare?

Sulla lista c’è 1) crearmi una rete di contatti 2) cambiare vita e 3) cambiare città. Meglio sbrigarsi o entro il pomeriggio non ce la faccio.
Secondo l’idea del salone dovrei presentarmi con un foglio stampato con invito e accredito stampa. Rido nuovamente delle loro farneticazioni. Arrivo al bancone giornalisti e affronto la receptionist con il tono del maresciallo che cazzia l’appuntato.

«Buongiorno, sono NEBO, vorrei il mio pass stampa»

«Certo, mi dà l’invito?»

Sgrano impercettibilmente gli occhi. Guardo la sua collega, riguardo lei.
«Signorina, pensavo che per me non servisse l’invito»

 

Panico.

«Ah. Ah, bè, f-forse c’è il suo nome nel database, può ripetermelo?»

«NEBO» rimarco, sconvolto da tanta incompetenza.


Ticcheti ticcheti ticcheti tic.

«N-non ci risulta…»

«”Non le risulta”» ripeto.

«Di che testata è?»

«Sono NEBO DI CASA IN FIORE, signorina…» dico, poi abbasso deliberatamente lo sguardo sul tesserino con il suo nome «Silvia»
L’orrore si dipinge sul volto della poverina. Sono effettivamente vestito più di merda di tutti, questo statisticamente mi rende il più spaccaculi in un mondo dove i designers indossano tonache da monaci, capelli fucsia, berretti da notte anni ’20 e altra roba imbarazzante. La collega le sgomita.

«Ohi, Silvia, direi che…»

«…sì. Sì, certo. Senta, facciamo così, lei mi compila cortesemente il modulo, firma e io la accredito, non c’è problema»

«Se bisogna» sbuffo.



E’ carina, la sala stampa.
Ci sono il caffè e la colazione gratis.

Buona parte dei giornalisti che mi servono non ci sono, così dopo essermi rifocillato ritorno a caccia. Cammino senza vedere niente di utile per quasi un’ora, finché l’occhio mi cade su una donna grassa con un tesserino rosso dello staff.




Per infiltrarsi nei posti davvero cool la donna grassa è perfetta. Funziona così: le PR gnocche servono solo a fare presenza, il lavoro sporco lo fa l’unica cessa che si deve guadagnare a morsi un posto che le miss 90-50-60 ottengono solo esistendo. La ricompensa delle donne grasse è zero. Le colleghe la trattano di merda, i fighi la schifano, i clienti la evitano, i datori di lavoro la sottopagano, ma è la chiave di volta di tutto ed è quella più debole del branco.
Con il pass stampa in bella vista sto a guardarmi attorno e le sorrido. Lei lo nota incredula e se ne va. Rimango lì fingendo di fotografare la folla. Lei ripassa guardinga, le regalo un altro sorrisone e un cenno del capo. Si ferma, confusa ed emozionata. Le vado incontro. Vieni a me, piccola balena spiaggiata sugli scogli della vita. Posso essere quello che lenisce il tuo dolore esistenziale. Posso essere il tuo futuro marito, il tuo amante, il padre dei tuoi figli. Posso essere quel giornalista che ti aiuterà ad uscire dall’inferno delle agenzie di comunicazione. Posso essere la scopata dopo anni di astinenza. Vieni, anima oppressa da lavoro e solitudine, da mottarelli e da abbonamenti in palestra mai rinnovati, da un letto troppo largo e freddo, da un blog lacrimoso e sarcastico sulla vita da single. Teniamoci compagnia. Riscaldiamo i nostri cuori al fuoco della passione e amiam

PASS FULL ACCESS!

Mi dirigo nei privée. Il buttafuori, un tipo color arancione dalle lampade, mi ferma dicendo che l’ingresso è riservato ai VIP. Mostro la tessera dei giornalisti, niente. Mostro il pass di stamattina, niente. Si intesisce. Non capitano molti giornalisti espositori. Gli passo quello della ciccionaBeep. Luce verde. Vedo che è tentato di domandarmi come faccio a essere un giornalista espositore VIP, ma gli dò una pacca sulla spalla dicendogli che lo perdono e che lui fa solo il suo lavoro. Si fa da parte.


E ta sboro, Zoidberg.


Il privée è carino. Champagne e tartine gratis, una giornalista del Fatto quotidiano stronza come la merda e un paio d’imprenditori che mi scambiano per non ho capito chi e salutano senza avvicinarsi.


Però la coreografia è carina.

Appurato che anche qui non c’è un cazzo da fare me ne vado indignato dalla mancanza di superalcolici. Riproverò domattina, ora è tempo di rilassarsi. Grazie alle chiavi gialle, blu e rosse di Doom il resto dei giorni li impiego in maniera più proficua. Alcuni contatti si riveleranno utili, altri meno, altri molto. Il resto del tempo lo passo a chiacchierare e sbronzarmi coi milanesi girando per il doposalone senza niente di rilevante da segnalare.

Ecco, sostanzialmente, come mai non ho postato in questi giorni.
Cambiare vita è un casino.

Lo scontro finale



Svizzera



Paola osserva suo padre che lavora con Photoshop. I monitor attorno a loro raccontano l’inizio di quella che verrà ricordata come l’epifania del Grande Ritardo Mentale.

Milioni di adolescenti prive di figure genitoriali riversano nei social network la loro disperazione, rallentando la rete globale e obbligando il mondo a inventare scuse patetiche per coprire il tutto. Alle 11.00, nonostante le connessioni siano state riportate ai livelli di “Orgosolo banda larga”, la petizione è sulla bocca di tutti. Dagli USA piovano smentite, i giornalisti pubblicizzano la petizione che oltrepassa i dieci milioni di firme. Il TG1 apre titolando “la petizione della morte” e tutto ad un tratto l’Italia è di nuovo compatta: firmano tutti, pretendendo il sangue in diretta. Nick scuote la testa.

«Qualcosa non va, papà?»
«Gli adolescenti sono forti ma scostanti. Appena le scuole finiranno andranno a casa a mangiare. Sai le famiglie solite, televisore che parla e tutti zitti. Quando sentiranno che quella di Bieber è una trollata si calmeranno»

«Oddio»
«Già. Ci servono più uomini, e non ne abbiamo» mormora Nick «a meno che… Dammi il numero del tuo ragazzo»







Milano

I vertici di analisi e cyberwarfare sono sudati nonostante l’aria condizionata. Aspettano che Davide smetta di piangere, scambiandosi occhiate che si perdono fuori dalla finestra, dove gli influencer tentano in tutti i modi di cambiare l’opinione pubblica sfruttando i fake a disposizione.

«Ditemi che ce la stanno facendo» piagnucola Davide «vi prego»

Fuori, l’intera situation room è sepolta da un muro di allarmi, cicalini e segnali lampeggianti che avvertono il sovraccarico dei server.

«Dunque, i processori dell’SWG4, costretti ad accumulare quantità spaventose di puttanate, hanno raggiunto temperature antecedenti la fusione. Il sistema di raffreddamento sta cedendo. Gli addetti ai server devono darsi il cambio per estinguere gli incendi. Molti leggono per sbaglio più di cinque commenti delle Beliebers e impazziscono. Il compartimento nord ha terminato la propria attività in una fiammata che ha incenerito server, scaffali e cavi. Un tecnico, dopo aver letto la pagina Twitter della figlia adolescente, si è lanciato nelle fiamme»

Davide scuote la testa, sconsolato.

«Avete qualche speranza?»
«In che senso “avete”?»
«Bè, voi mica siete previsti, in Costa Rica. Ripeto, avete qualche speranza?»
«Come i grattacieli giapponesi quando arriva Godzilla. Per badare alla petizione ci siamo dimenticati di controllare le pedine, che come tanti bambini spastici sono corsi qui e lì farneticando e distruggendo il poco che restava della nostra immagine pubblica. Grillo, sul blog, sostiene che uno vale uno solo se la pensa come lui, gli altri sono schizzi di merda pagati dal PD. Qualcuno smentisce non si sa a che titolo, Grillo ritratta non si capisce a che titolo. Stronzi qualsiasi telefonano alle redazioni dei giornali per esprimere il loro parere autorevole quanto richiesto che poi viene smentito da altri stronzi qualsiasi. Byoblu, il portavoce dei parlamentari (che sono a loro volta portavoci del popolo) litiga con Grillo che è il portavoce del movimento»

«Non ho capito niente»
«Siamo l’unico partito con due portavoce, nessuno dei quali eletto. Praticamente una famiglia in cui la donna delle pulizie compra la seconda macchina ma proibisce a tutti di avere la patente»
«Ma… ma detta così sembriamo un branco di coglioni» obietta Davide.
«E’ solo un’impressione»
«Giusto, capo, sono solo parole»
«Infatti»
«In realtà siamo dei geni, basta guardare in faccia i nostri parlamentari»
«Onesti»
«Giovani»
«Intellig

Tutti si voltano.

«…belli. Sono belli. Avete visto Marta Grande, i-il sorriso da gioconda…»





Fuori dalla sala privata, tra le fila di computer, gli influencer tentano in ogni modo di svuotare l’oceano con un cucchiaino bucato. Fabio sta gestendo tutti i fake di cui è capace quando il cellulare, in tasca, vibra. Lo estrae appena, vede il nome di Paola. Si guarda attorno. Tutti i capi sono in riunione. Abbassa la testa e risponde.

«Amore, non è davvero il momento» bisbiglia.
«Amore un cazzo» ruggisce Nick.
«Oh… oh, scusi, signore. Capo. Eeh… Dottor Banana»
«Puoi parlare?»
«Poco, sono tutti in riunione nella stanza ovale»
«Va bene. Chi c’è al mio posto?»
«Signore… non so se posso dirglielo. Tecnicamente lei non è più al comando»
«Allora scegli da che parte stare, ragazzino, ma in fretta»

Fabio stringe il cellulare.

«Potrò uscire con sua figlia?»
«Dipende se me lo chiede un terrorista o no»
«Signore, lei era il capo dei terroristi»
«Quindi sai con chi cazzo hai a che fare. Chi c’è al comando?»

«Davide Casaleggio»
«Splendido. Ora fai esattamente quello che ti dico»






Nella sala ovale decine di occhi fissano il pavimento in cerca di risposte. Nell’attesa alcuni postano su facebook errori grammaticali, altri smentiscono cose e quelli a fianco smentiscono le smentite. E’ come giocare a forza 4 con la merda. Davide Casaleggio fuma in silenzio, tamburellando con la gamba e squadrando i presenti. Nessuno sa cosa fare. Dopo la frase “noi non incontreremo le parti sociali perché noi siamo le parti sociali” l’opinione pubblica esprime un gradimento equiparabile a un weekend nella vergine di ferro. Ad un tratto bussano alla porta.

«Chi è?»

La porta si apre. Fabio si guarda attorno, quasi chinato. Davide osserva il badge sul petto dell’influencer e arriccia il naso schifato.

«Uno zero meno un cazzo. Che vuoi?»
«Ecco, io ho pensato…»
«HA! E’ QUESTO IL PROBLEMA, PORCA PUTTANA» batte il pugno sul tavolo Davide «voialtri pezzenti vi ostinate a pensare. LA GENTE pensa, IO dico quello che la gente suppongo che pensi»
«Sì, ma riguardo al problema che non sapete risolvere…»
«Io sono il Cristo, risolvo tutto»
«Ecco, avevo pensato che si può combattere il fuoco con il controfuoco. Cioè, mettere ritardati contro ritardati» tenta Fabio.

Alcuni si girano.

«Siamo il M5S, tutti i ritardati li abbiamo noi»
«P-però non abbastanza motivati. Io avrei un’idea per motivarne una frangia più psicologicamente danneggiata delle beliebers» ansima Fabio, mostrando un foglio con una stampata.






Nel silenzio il cuore di Fabio batte come le pale di un elicottero. Tutti gli occhi sono puntati su Davide Casaleggio che esamina la jpeg con attenzione. Annuisce. Sorride.

«Ho avuto un’ottima idea, ragazzi. Useremo gli animalisti, e sarà il più meritevole di noi a gestire questa cosa» annuncia enfatico, alzando la cornetta.

C’è uno squillo.
Due.
Tre.











«Parla, figlio mio» risponde Gianroberto Casaleggio.






Poche ore dopo, come un’onda di sangue e acciaio che tutto distrugge e travolge, entrano in scena gli animalisti. Uomini e donne incapaci di avere una vita affettiva si scagliano con la bava alla bocca contro qualunque forma di vita in grado di parlare, impattando con le falangi di beliebers in un crescendo di rabbia repressa e frustrazione sessuale che porta entrambi al parossismo. 


BEEP

SQUARTERO’ LE VOSTRE MOGLI E CAGHERO’ NELLE ORBITE VUOTE DEI VOSTRI CADAVERI SE TOCCATE I BEAGLE, IO SONO UN PACIFISTA MA NON HO PROBLEMI A FAR SALTARE PER ARIA UN OSPEDALE DI BAMBINI CECHI

BEEP

CSAAAAAAA?!?!?! MA KM T PERMETTI FIGLIO DI PUTTANA TI VENIAMO A PRENDERE CON LE KATENE E TI MASSACRIAMO DI BOTTE, VAFFANKULO HAI BIGGEL SE SERVONO X SALVARE @JUSTIN

BEBEEP

SEITE SoLO DELLE BAMBINETTE DI MERDA VI STUPRO TUTTE NE O Già STDRUPATE DUE HAHAH HAHAHAH AHAHA W I GATTI IO NON HAVREI PROB A VIVISEZIONARVI TUTTE COME LA PCCOLA VERONICA SE NON CI CREDETE GUARDATE

IO ADESSO O APPENA UCCISO IL GATTO MIO E KUELLO DELLA VICINA KME FACIO A SPEDIRLO A @JUSTIN PERDONO GIA’ SANGUE

BEEP

BEEP

BEEP
COS’HAI FATTOOOOOOOOOOO TROIAAAAAAAAAAAAAAAA

IO ADESSO VI MANDO LA POLIZIA E VIEDIAMO CHI VA IN GALERAAA TRA ME CHE HO SOLO STUPRACCHIATO DUE BAMBINETTE SCEME O VOI CHE AVETE SQUATTATO DEI GATTI!!!!!!!!!!

MA COSA CENTRA VOI SIETE ASSASSINE BASTARDE PUTTANE VI SPACCO LA TESTA


I meetup vengono presi d’assalto da ogni essere dotato di una connessione Internet. Poi, con un primo storico per l’Italia, la protesta scende per le strade. Carabinieri e polizia devono intervenire in assetto antisommossa per fermare la replica di Gangs of New York tra le posse di beliebers che sventolano carcasse di animali e gli animalisti che le trucidano con asce, balestre e frecce incendiarie. 



Sono pronto a difendere gli animali dell’Internet.


Molti riempiono le Liquidator di urina e le sparano sulla folla dicendo “salvatevi”, altri agitano tubi di alluminio e quarzo puntandoli verso il cielo per abbattere gli aerei e venire falcidiati dalle catapulte che proiettano flaconi di sangue infetto. Le beliebers imbottiscono i corpi dei propri animali domestici   di Coca Cola e Mentos rendendoli bombe letali che detonano tra le gambe degli animalisti tra schegge di osso, carne frollata e profumo di menta. Un elettore del M5S lombardia, infettato, si abbassa la patta con aria strafottente. Si posiziona a testa in giù e si piscia in bocca gorgogliando in una risata “ahaglaglagla non vi temoohaglalala”.

HOL AVVELENATO IL MIO CANE JUSTIN COME TE LO SPEDISCO T PREGO RISP CI TENEVO TANTO

JUSTIN MI SONO RECISA L?ARTERIA FEMORALE X TE T PREGO RISP O UNA BOTTIGLIA X CONTENERE IL SANGUE MA MI SENTO 1 PO’ DEBBOLE

JUSTIN IO LI ODIAVO COMUNQUE I CANI DI MERDA

Io capisco voler bruciare vivi negri, froci, ebrei, donne, vecchi e bambini, ma come si fa a ridurre così un cane?!? Cazzo veramente non avete cuore

JUSTIN BIEBER SI VESTE CON VESTIARIO ANIMALE……. VUOL DIRE KE LE FIBBRE KONTENGONO GRASSI ANIMALI INFORMATEVI PERCHE’ SIETE VOI A AVERE LE MANI SPORCHE DI SANGUE


Alle 15.00, ovunque ci sia copertura Internet l’Italia è in fiamme. Bande di ciccioni con la maschera di Guy Fawkes si scontrano con ragazzine che indossano maschere di Justin Bieber e si uccidono a colpi di dildo chiodati.  Le mamme Twilight assaltano le chiese chiedendo all’unanimità di essere trasformate in vampiri per difendere l’Italia ma vengono sodomizzate a morte con pali di frassino dagli atei dell’UAAR. Una troupe di Studio aperto viene assalita e trucidata da un uomo vestito da panda con la maschera sporca di feci che violenta i cadaveri e grida alla telecamera “ciao Sic” per poi postare degli autoscatti su Instagram.


Durante la seduta d’emergenza in parlamento, mentre fuori infuria la battaglia e si discute l’intervento dell’esercito, i grillini dichiarano che voteranno caso per caso. Messi alle strette si dicono disposti a prendere in considerazione la proposta solo se prima verranno sostituiti gli assorbenti con le coppette riciclabili. I giornali, soverchiati da immagini di guerriglia urbana che sembrano quadri dipinti da gente sotto LSD si dimenticano completamente della petizione e corrono a documentare uno dei capitoli più bui della Storia d’Italia.

Nei sotterranei della Casaleggio i server raggiungono la temperatura dell’ano di Faye e fondono. L’incendio si propaga ai generatori elettrici. I piani interrati piombano nel buio, poi, dalle scale, le fiamme li raggiungono. Influencer e analisti tentano una via di fuga tra i fumi tossici calpestandosi tra loro. Fabio fa in tempo a stampare un primo piano di una vagina e usando il cellulare come pila lo agita per terrorizzare i colleghi. Un’esplosione infrange la teca con il cadavere di Anne Nicole Smith. L’ultima cosa che Fabio vede è Davide Casaleggio che lecca i piedi del corpo con aria ebete. Al primo piano l’intero edificio viene evacuato da guardie carcerarie vestite da puffi che indicano l’uscita, poi vengono travolti dalla valanga umana.


Dopo due giorni di guerriglia a qualcuno viene in mente di staccare Internet.All’improvviso buona parte dei sopravvissuti smette di avere un motivo per uscire di casa. Con aria confusa, i superstiti fanno ritorno alle proprie abitazioni. Quando il mattino seguente i Carabinieri fanno irruzione nella sede della Casaleggio associati trovano solo un mucchio di rovine e di cadaveri.

Di Casaleggio e Beppe Grillo non c’è traccia.






Epilogo




Il Costa Rica è una terra splendida, verde e rigogliosa. Attorno alla favelas la foresta canta i suoi interminabili monologhi di vita e fertilità. Alberi e piante combattono la loro battaglia per avere un posto al sole, salendo verso il cielo e allargando le proprie foglie fino a mettere in ombra le altre, sotto, che private dei raggi solari appassiranno. Eppure, se per un caso fortuito la pianta di sotto riceve un raggio di sole, riprende a combattere determinata quanto prima. E’ buffo come la specie dominante del pianeta  spesso dimostri di avere meno caparbietà di un organismo così elementare.

Grillo e Casaleggio sono sulle sdraio a godersi il caldo tiepido di giugno.
Beppe si alza gli occhiali e guarda verso il guru.

«Ohè, Gian, sai che alla fine penso che abbiamo fatto bene? Almeno così ora distruggeranno tutto e ricostruiranno»
«Ma infatti» annuisce Gianroberto.
«Secondo te se l’aspettavano che finisse così?»
«Alcuni sì»
«Eh, va là» ride Grillo.
«Oh, hai fatto il figo col fuoristrada, hai perso il controllo e quando hai capito che eravate fottuti ti sei buttato fuori e la famiglia a bordo è morta, qualcosa si poteva intuire»

Scoppiano a ridere tutti e due. Beppe sbuffa. Fa troppo caldo, per lui. Si alza ed entra in casa per un po’ d’ombra. Appena varcata la soglia l’ultima cosa che vede è una mano con una siringa, poi il buio. 









«Ma che…» biascica, intorpidito.

La sua voce rimbomba, fredda, tra le pareti bianche fatte di pannelli. Riapre lentamente gli occhi. Quando si rende conto di quello che vede, sgrana gli occhi e fa un salto indietro, urlando. Quello che ha davanti è un mostro. Ha un viso umanoide, con la mascella più pronunciata e sporgente. Occhi gialli e cattivi lo fissano con pupille a lametta. La pelle è verdognola e squamosa, un unico manto che scompare nel colletto di una camicia bianca. Il resto del corpo è perfettamente umano, infilato in un completo di Prada. Le mani sono rosee e lisce. Il rettiloide lo scrutaa facendo scivolare fuori la lingua lunga e biforcuta di tanto in tanto.

«E tu chi… che CAZZO SEI?!» ulula Grillo.

Grillo si guarda attorno. Decine di rettili come lui vanno e vengono in quello che sembra un laboratorio. Non lo badano. Alcuni gli gettano un’occhiata disgustata.

«Ma tu… voi… SIETE RETTILIANI!»
«Ssssssì» annuisce la lucertola «e tu sssei uno ssssstronzo» 

La bestia si china e lo tira su per il braccio. Grillo è pallido. Indossa ancora il costume da bagno.

«NON TOCCARMI!! Cosa… cosa volete farmi?»
«Sssseguimi» dice, facendogli un cenno.

Grillo inizialmente è incerto, poi si incammina a piedi nudi sul pavimento di gomma. Attorno a lui, decine di rettili scrivono al computer, altri parlano al telefono, altri ancora chiacchierano. Tutti si ritraggono schifati al suo passaggio. Dalle vetrate si intravede una città che potrebbe essere Manhattan.

«Vedi, Beppe, noi rettiliani ssssiamo una specie molto rinomata per diffondere e pressservare la vita nella galassssia»
«Nella galassia?»
«Sssì. Lo ssspazio è ben definito e governato dalla confraternita ssspaziale. Voi, come sssspecie emergente, dovressste avere un posto nel parlamento galattico. Che cazzo, ce l’hanno persino gli zambidi, sssarebbe un vosssstro diritto. E invece no. Per eoni gli educatori della confraternita hanno cercato di aiutarvi a evolvere; Crisssssto l’avete crocifissso. Cesssare l’avete pugnalato. Kennedy l’avete sssparato. Tesssla l’avete ignorato. A quessto punto la confraternita ha deciso di mandare noi, perché ssiamo i più bravi coi casi difficili. Ssse non ci riusciamo noi, dovranno deratizzare il pianeta e darlo alle scimmie del pianeta Nolat che sssstanno ssstrettine» 

«Come “deratizzare”?»
«Niente di violento, di sssolito mettiamo in commercio un farmaco capace di ingrandire il pene. In meno di un anno tutti i massschi hanno un pene talmente grande da rendere la penetrazione impossibile e la razza si esstingue da sssola»

«Cioè voi siete buoni?»
«Al limite della ssstupidità, tanto che ssstiamo ancora insissstendo perché il farmaco non venga venduto. Quelli della confraternita ssspingono molto per liberare la Terra»


Raggiungono una porta. Il rettiliano sfiora la superficie e la porta scompare, rivelando una sala elegante di legno e ottone, piena di statue di cera e targhe. Il rettile si siede su una sedia e fa cenno a Grillo di sedersi. Il comico, incredulo, lo fa. Il rettile tiene le mani in grembo. Osserva Beppe con un accenno di sorriso costernato. Esamina ogni ruga, ogni dettaglio del viso del comico.


«Ma se esistete davvero è un’opportunità pazzesca!» esclama Grillo «io posso fare molto, per voi! Se mi date la possibilità di…»

Il rettile scuote la testa senza staccargli gli occhi di dosso. Poi, all’improvviso, ogni apparente sentimento di empatia gli scompare dallo sguardo. Le pupille diventano due gelide biglie d’acciaio.

«Tu sei un cattivo, Beppe» 
«Io!? No, tutto il contrario!»
l rettile lascia passare il silenzio. Beppe ricambia lo sguardo, poi ha un istante di incertezza. A quel punto il rettile fa un sorriso comprensivo.

«Hai visto che lo sai»
«No. No, ti sbagli. Ho sempre voluto fare del bene»
«No, Beppe. Ssssei un truffatore. Lo sssei sempre stato. Hai fatto una delle truffe più vergognose, abiette, crudeli e dannose che ssssi potessero fare. E non a sssspese dei pochi che comprano il tronchetto della felicità dalla Wanna Marchi; l’hai fatto a sssspese del tuo paese. Hai deliberatamente dissssinformato, mentito, occultato, distorto e plagiato ogni cosa pur di ottenere fama, soldi e potere» 

«Io sono solo un comico!»
«E Hitler era sssolo un imbianchino. A me quesssste cazzate non le racconti. Solo nei film i cattivi sono brutti e stronzi. Nella realtà i cattivi sono ssssimpatici e carismatici, altrimenti come facevano a diventare cattivi?»

«Io non ho mai fatto del male a nessuno! Ho solo fondato un movimento!»
Il rettile lascia scorrere la lingua e continua a fissarlo.

«Va bene, ho esagerato. Ho detto qualche bugia»
«Qualche?»
«HO DETTO UN SACCO DI BUGIE, VA BENE?»
«Continua»
«Ho inventato tante cose, è vero. Ho inventato tutto. I premi nobel, ho estrapolato delle frasi. Ho decontestualizzato i discorsi. Ho omesso tutti quelli che dicevano il contrario. Ho inventato la stronzata della democrazia online e ho manipolato dei ragazzetti stupidi. Ma è anche colpa di Casaleggio! E POI LO FACEVANO ANCHE GLI ALTRI POLITICI! Che ho fatto io che non ha fatto Berlusconi? O Craxi?!»
«Ecco, siamo sulla strada giusta» annuisce il rettiliano «risponditi»

Grillo è pallido. Non gli sta venendo torto un capello, ma in quella stanza c’è qualcosa di sbagliato. La percorre con gli occhi. Niente e nessuno lo minaccia, eppure ogni fibra del suo corpo suona l’allarme rosso.

«Che ne so di cos’ho fatto, ho usato Internet?»
«Il tempo delle battute è finito, Beppe»
«Ho fatto fallire la vecchia classe politica?»
«In effetti grazie a te tutti i sssacrifici, le riforme e le tasssse sono stati buttati nel cessssso, ma il punto non è quello. Ti aiuto: il motivo per cui ssssei qui è la risposta alla frase “ma allora chi dovevo votare”»
«Chi dovevano votare?! PDL?! PD?! INGROIA?! UDC?!»

Il rettile sorride e scuote la testa.

«Tu ssssei la sclerosi multipla dell’Italia. Una malattia che impedisce la cressscita e porta a una morte orribile. Hai sterminato la classsse politica emergente – onesssta – e affondato l’Italia. Alla vigilia delle elezioni gli italiani avrebbero potuto documentarsi sui candidati, studiarne i curriculum, i volti, la storia, la capacità. Incontrarli, parlarci, conoscerli. Leggere idee e programmi e votare quello più compatibile con le loro. Non c’è mai un candidato o un partito giussto per tutti, c’è quello giusto per TE. Giovani, magari. Emergenti e sconosciuti, magari. Ma ci sono. Certo è faticoso e noioso trovarli, ma alcuni l’avrebbero fatto lo stesso se ssssolo non ci fossi sssstato tu a dire “io so, io vi dico chi votare e voi mi crederete perché sono simpatico e urlo le parolacce”.

Adesso tutta la classe politica migliore è stata sterminata.

Quelli che sarebbero stati grandi uomini di sssstato si reinventano, perché in politica comunque non possono più entrare. Per farla hanno studiato, si sono preparati impegnando anni e risparmi, ma ssssiccome non avevano abbastanza soldi per farsi vedere, siccome gli elettori non avevano abbastanza voglia di andarli a cercare, ora ssssi trovano fuori dal mercato del lavoro. Da un lato sono avvocati che non hanno lavorato per anni perché la politica t’impegna 24/7.

Chi ti assume se vede che non lavori da tre anni?

Dall’altra ssssono politici impossibilitati a rifare politica, visto che hanno tolto il finanziamento ai partiti. In poche parole, oggi uomini e donne competenti, preparati e idealissssti faranno gli spazzini, “Paolo, 28 anni, disoccupato e laureato in scienze ambientali” dorme in parlamento e in futuro farà politica solo chi ha le risorse economiche per farla. Tipo Briatore, o il prosssimo Berlusconi»

«E io che ne sapevo?!»
«E’ questo il problema delle generalizzazioni, Beppe. Sssono facili, sssono semplici e ti fanno sembrare intelligente, finché per ammazzare trenta Berlusconi ssspari in testa a un Pertini. A livello generazionale hai fatto un danno paragonabile a un olocausto nucleare»
«ADESSO E’ COLPA MIA SE GLI ITALIANI SONO DEI COGLIONI?! Lo sono sempre stati! Sempre! L’Italia è un paese di merda proprio perc

Grillo si blocca.
Nella mano del rettile è spuntato un oggetto.

«Ssssai a chi piacciono le persone che sssputano sul proprio paese, Beppe?» domanda il mostro tamburellandosi la coscia.

«N-no»
«A nessuno»
«VA… va bene»


Il rettile rimane in silenzio a fissarlo.
«Perché sono qui?»
«Per essssere punito»
«Punito IO?! E Berlusconi?»
«Vedi, tra te e i politici c’è una sossstanziale differenza. Tu non hai truffato l’Italia per la tua gente. Quessssto avrei potuto tollerarlo. Se prendi Berlusconi lui ha truffato per foraggiare la sssua greppia. Berlusssconi ha comunque qualcuno. Fanno ssschifo, ma ci sono. I ssuoi figli. Le ssue amanti. I ssuoi amici. Noi non ci sssentiamo di punire qualcuno che lavora per la sssua tribù, per quanto disonesta sia. Tu sssei diverso. Tu hai sssempre e solo pensato a te ssstesso. Quando ti sei buttato dall’auto lasciando morire una famiglia per fare il figo. Quando hai introiato un paese, chi c’era al tuo fianco? Chi c’era di insostituibile? Di importante? Nessssuno. Hai mandato dei ragazzini al macello solo per te stessso. Tu sssei tale e quale a Jim Jones, Beppe. Un egoisssta fanatico con gli occhiali da sole al chiuso»
«Che c’entrano gli occhiali da sole?»

«Oh, andiamo. Jim Jones. Gheddafi. Kim Jon Il. C’è un motivo se i politici veri si coprono gli occhi il meno possibile: gli occhi sssono lo specchio dell’anima, Beppe, e la tua è nera come la pece»




Beppe lo guarda allarmato.

«Cosa volete farmi?»
«Non patirai nesssuna tortura fisica, ssse è quello che ti preoccupa. Sssarà molto peggio. Reimpianteremo il tuo cervello nel corpo di un comico mediocre, togliendoti le ssssinapsi con cui facevi ridere. A quel punto avrai due possssibilità: o girerai per strada gridando “ssssono Beppe Grillo, ma i rettiliani mi hanno impiantato il cervello in quesssto corpo per punirmi dei miei peccati, oppure tornerai a fare cabaret in posssti di merda tipo bagaglino. E un giorno, forsssse tra due anni, forssse domani o forssse mai, ti verremo a prendere»
«Oh, Dio, no! Mi hanno votato! LORO MI HANNO VOTATO!»

«No» sorride il rettile «loro hanno votato un padre che non sei. E’ questa la verità a cui tutti risalgono, Beppe, e la bugia più disgustosa che hai osato dire. Oggi le ideologie sono obsolete. Non ci sono più filosofie di vita abbastanza forti da reggere. Guardati attorno, ci sono facce nuove per strada. L’occidente è alla fine. Equilibri geopolitici si spostano, placche tettoniche così immense e incontrollabili da far sentire tutti piccoli. E’ di questo che gli uomini hanno bisogno: di padri che afferrino loro la mano dicendo “non ti preoccupare”, “ora ti spiego”, “ci penso io”, “ti perdono”. Quesssta è una generazione cresciuta da padri deboli che vota padri forti. E’ per questo che Nick Banana ce l’ha fatta, perché lui è un padre. Tu, come ti ho detto, sssei solo uno ssstronzo»

Il volto del rettile comincia a cambiare, assumendo un contorno familiare. Beppe ha già visto quel volto. La luce nella stanza diventa via via più vivida fino ad accecarlo. La vita di Beppe Grillo, comico molto in voga negli anni ’90, termina alle 15.23 al settimo piano di un grattacielo di Manhattan nel 2014.




















Italia

La pentola con la carbonara viene appoggiata sulla tovaglia di fiandra. Fuori è fine giugno. Le finestre aperte lasciano entrare sole, cinguettii di passeri e il suono del traffico, pigro, dell’ora di pranzo. Cora e Nick chiacchierano ai due estremi del tavolo. Lucrezia e Paola fanno finta di mangiare, ma con la coda dell’occhio assistono al raro evento di tutta la famiglia riunita. Squilla il cellulare di Paola. E’ Fabio.

«Posso?» domanda.
«Digli che stai mangiando e di richiamare» accenna Nick.
«Ciao tesoro!» trilla Paola, girando l’angolo e sparendo nell’altra stanza.
Appena chiude la porta, il tono cambia.

«Fatto?» chiede, gelida.
«Ssssì, sssignora»
«Bene. Telefonate alla Bayer e dite che il farmaco va rimandato»
«Agli ordini»

Paola sbircia dalla porta.

«Uff… anche questa è fatta. Bel lavoro, Fabio. Lunga vita alla Terra»
«Lunga vita alla Terra»






Fine(?)

Il pugno di Dio



Le Rosey è uno dei collegi più rinomati del mondo tra ex nazisti, top manager senza esclusione di colpi, nobili decaduti e debosciati, borghesi arricchiti e puttane da yacht club. 

Fondato nel 1880 a Gstaad, in Svizzera, e mantenutosi elitario grazie a rette fantasmagoriche, Le Rosey è il miglior nido dove depositare le uova della futura high class. Qui ragazzi e ragazze di famiglie dell’alta borghesia europea studiano, si conoscono e soprattutto si accoppiano tra di loro, creando una rete d’amicizie siglata a sperma che in seguito tornerà comoda per fondare banche fallimentari, aziende terzomondiste o affittuari dei Parioli. E’ una specie di Hogwarts dove tutti gli alunni sono Draco Malfoi e il sogno proibito di qualunque pusher, dato che pochi saprebbero dire se c’è più neve fuori o dentro l’edificio.

L’Audi di Nick varca il cancello. Padre e figlia attraversano la hall a passo svelto tra boiserie di noce, quadri con ritratti di gente in uniforme che non ha mai visto un campo di battaglia, trofei sportivi, cervi impagliati e qualche armatura. L’ingresso è sbarrato da un portiere in giacca e cravatta che alla loro vista scatta in piedi. Venti minuti dopo, in un ufficio che pare uscito dai sogni erotici di Gordon Gekko, Nick e Paola stanno guardando il rettore che si accende la pipa di schiuma di mare. 

«Un’intera aula informatica per… due giorni?» ripete il rettore, scettico.

«Sì» annuisce Nick «più vitto e alloggio e la completa libertà di movimento per me e mia figlia maggiore. Lucrezia non deve sapere che sono qui»

«Con il dovuto rispetto, dottor Banana, questo è un collegio, non un albergo»

«Un albergo non ha dei server propri e men che meno computer d’avanguardia. Ho bisogno di un posto da cui sia possibile comunicare e ricevere dati fuori dalla giurisdizione italiana»

«E’ una cosa illegale?»

«Tecnicamente no»

«Uhm. E… praticamente?»

«Praticamente è un’azione di cyberterrorismo internazionale atta a far crollare l’attuale governo in carica nella repubblica Italiana, destituendone le cariche e influenzando l’opinione dell’elettorato in vista delle prossime elezioni. In subordine, manipolare dei minori, rovinare un paio di carriere, falsificare dei documenti e simulare uno scoop giornalistico di portata globale»

Il rettore si inumidisce le labbra.

«Lei scherza»

«No»


«Allora mi dia un motivo per cui dovrei avallare questo delirio. O chiamare la polizia»

«Potrei usare parole che in questa stanza suonerebbero surreali o sinistre tipo giustizia e bene superiore. Potrei dirle “perché ho una Centurion”. Ma credo su di lei faccia più effetto sapere che ho un angelo custode nel suo paradiso fiscale»

«C-cosa?»

«Rettore» sospira Nick Banana, sporgendosi sulla scrivania «se non avessi come migliore amico una mangusta non metterei mia figlia minore in un nido di serpenti, le pare?»

Il rettore sposta lo sguardo su Paola, poi lo riporta su Nick Banana.

«Le mostro l’aula»

«Grazie» sorride Nick.



«Il corpo di Cristo» mormora Davide Casaleggio, inserendo in bocca a un influencer la caccola appena estratta. L’influencer inghiotte, china la testa e sfila.

«Il corpo di Cristo»

«Amen» deglutisce il successivo.

«Un attimo…» si ravana il naso Davide «il corpo di Cristo»

«Amen»

«Cazzo, ho finito il corpo di Cristo» sbotta Davide. La ragazza tiene gli occhi bassi, pallida.

«Vabbè» sbuffa, sbottonandosi la patta «passiamo al meglio di Cristo»

«SIGNORE! UTILIZZO NON AUTORIZZATO DEL FAKE 320!» grida un influencer dal fondo della sala.

Davide si sporge.

«Cosa vuol dire?»

«Qualcuno ha craccato un profilo d’alta classe! Ha aperto una raccolta firme!»

«Mettila sul grande schermo»

Man mano che gli occhi di Davide Casaleggio scorrono, le labbra sbiancano.

Noi popolo cinque stelle chiediamo al signor comesichiama di dare dimostrazione della sua onestà, e a Beppe Grillo di prendere una posizione chiara. Se davvero il signor comesichiama è convinto di quello che dice, inietti a uno dei suoi figli un decilitro di sangue infetto prelevato da un sieropositivo in diretta streaming.

«Che cazzata» ride «cancellatela»

«La password è cambiata, ci ha rubato l’account»

Silenzio.

«E quanti account ci hanno rubato?» domanda Davide.
«Password errata!»
«Password errata anche noi!» grida un gruppo di influencer. In meno di un minuto la cyberoom diventa una cacofonia di urla disperate.

«STIAMO PERDENDO I FAKE MIGLIORI! COSA FACCIAMO?!»
Davide è una statua di cera, lucida e pallida. Le mani gli penzolano dai fianchi madide di sudore.

«Io… io non…» mormora «non lo so»
Poi chiama suo padre.





Paola batte freneticamente sulla tastiera del computer di fianco a Nick. Entra negli account, modifica le password, esce e ripete col successivo. Nick lavora a Photoshop presto e bene. Quando l’operazione è terminata, digita degli indirizzi. CNN, BBC, FOX NEWS, NBC, USA TODAY, WSJ, THE GUARDIAN, LOS ANGELES TIMES, THE SUN, DAILY MIRROR. Apre un sito e trascrive i numeri di cellulare di giornalisti freelance stranieri trovati sui siti che pagano in visibilità.

«Cos’è?» domanda Paola.

«Si possono mandare SMS da un numero che conosci a un numero che conosci. Guarda» dice.


Digita dei numeri, preme invio. Il cellulare di Paola trilla, lei interrompe quello che sta facendo e legge.

«Fabio mi ha appena scritto che mi molla perché gli piace il cazzo»
«Già. Ora mandiamo questa mail e contemporaneamente mandiamo un SMS ai giornalisti da parte di un loro amico. Il testo è “non chiamarmi, pubblicala subito, sta diventando virale. Fai presto, poi ci sentiamo”. Il bello dei giornalisti americani è che mettono tutti i numeri online. Voilà» sorride, premendo un tasto.
«Come sai che quei giornalisti si conoscono?»

«Non importa. Lavoro sulle percentuali. Tutti i siti d’informazione hanno ricevuto una mail con il test dell’HIV che ho appena falsificato, ma credono di essere i soli ad averlo. Tra loro, uno riceve un sms da un collega che gli dice di pubblicarla in tutta fretta prima degli altri. Te l’ha detto un collega, quindi è affidabile. Hai poco tempo e non puoi permetterti di bucare una notizia del genere. Se fossero cartacei si aspetterebbe l’edizione del mattino e avresti tempo di verificare le fonti, ma questo è Internet e quella è l’America, il mondo dove la differenza tra una promozione e un licenziamento è questione di secondi. Adesso, tra tutti, basta che uno solo pubblichi la notizia e…»

Dieci minuti dopo il sito di Fox News fa un titolo così grande da occupare tutto lo schermo.










Nella redazione notturna dell’ANSA i giornalisti si sfidano all’ennesima gara di basket da cestino tra un aggiornamento di siti stranieri e Dagospia. La dottoressa in giornalismo Maria Querci della Rovere clicca refresh sul sito di Fox news mentre sull’altro schermo osserva, pigra, un tumblr erotico in bianco e nero. In un attimo le pupille si dilatano, la bocca si schiude, la postura sulla poltrona diventa tesa. Poi, come se fosse una frusta, scatta e urla.

«Oh, CAZZO!»














A Le Rosey l’alba rischiara le finestre. Fuori dall’aula informatica il vociare degli studenti e le risate suonano alieni, colonna sonora di un mondo inconsapevole così vicino eppure lontano. 

«Papà» sospira Paola, staccando la testa dallo schermo «hanno cambiato tutte le password, mi sa. Abbiamo una sessantina di fake e basta»
«Basteranno»
«Ma dove troviamo le firme per la petizione, con sessanta account?»

«Oh, c’è sempre un modo, basta osservare. L’umanità sta in cima alla catena evolutiva per un solo motivo: scimmia vede, scimmia fa. Tu guardi il leone e impari dove sta, come fa a mangiarti i bambini, quanto dura, dove dorme. Osservi. Dall’osservazione nasce un principio. Da un principio nasce una regola. Dalla regola nasce una tecnica per eluderla… E da una tecnica portata a termine dall’uomo non esiste via d’uscita. Trovato il punto debole colpiremo con tutta la forza, la potenza e la determinazione di cui siamo capaci. Saremo esplosioni nucleari, puntatori laser e mirini telescopici. Saremo ingegneria genetica, antibiotici e vaccini. Saremo il pugno di Dio» dice Nick, girando il monitor verso di lei.

E’ la pagina di Repubblica.








«Hai trollato le beliebers?!» sbotta Paola, saltando sulla sedia.

Nick apre Twitter e crea l’hashtag usando i fake e aggiungendo l’indirizzo della petizione.

RAGA CE’ GRILLO KE DCE KE L’HAIDS NN ESISTE!!!!! FACCIAMOGLIELA PAGAREEEEE!!!1! FIRMATE QUI!! #PETIZIONEBIEBER

JUSTIN SIAMO KN TE!! KUEL BASTARDO D MERDA D GRILLO KM FA A DIRE KE L’AIDS NN ESISTE?!?!?!?! FIRMATE FIRMATE FIRMATE #PETIZIONEBIEBER 

SE L’HIVS NN ESISTE BEVITELO TU!! #PETIZIONEBIEBER

CA…….O JUSTIN NOOOOOOOO!!! #PETIZIONEBIEBER GRILLO 6 UN FIGLIO D PUTTANA KE CERCA DI GUADAGNIARE FAMA DA 1A DISGRAZIA MONDIALE!!! VERGOGNA!!!!! LAISD ESISTE!!!!!!!!!!!!

«Uno vale uno, no?» sorride Nick Banana.
Alle 8.10 di mattina, quando le scuole iniziano a fare lezione, improvvisamente i server di tutto il pianeta subiscono un aumento di traffico del 3200%.
[continua nella puntatona finale]