Di vita, di morte, di Ario

Bar Verdi, 22.30. Io, Atza, Luca, la Nadia e la Leo siamo un po’ mogi. Dal fondo della strada risuona “More” di Usher, poi un’auto inchioda e tira un colpo di clacson seguito da vaffanculi. Ci giriamo. La Nissan Almera di Ario ha appena tagliato la strada a una station wagon e si affianca a noi, mostrandoci la lingua tra due dita. Parcheggia sul posto degli handicappati e ci raggiunge.

«Ohelà, sfigati, ho una roba pazzesca da raccontarvi» esordisce.




«Ario, non è giornata» fa Atza.

«Perché?»


«E’ morto il padre di Nebo» fa Luca «no aspetta, volevi dirlo tu?»
Scuoto la testa.
«Maddai, quando?» domanda.
«Tre settimane fa, abbiamo già disperso le ceneri in mare»

«E allora è acqua passata, ha ha hahha»




Le ragazze sbarrano gli occhi.
«ARIO, MA CHE CAZZO»

«A posto, a posto» dico «è fatto così. E poi mica è morto ieri»
«Appunto, ne è passata di acqua sotto i ponti, ohohoHAHAHA HAHAHA HA»
«ARIO!!» sbotta Nadia.

«Adesso posso raccontare la mia storia?»
«Se proviamo ad avere un po’ di empatia?» dice Leonora.
«Ma è una storia fighissima»
«Prima chiedigli scusa, almeno!»
Sospira.

«Va bene, Nebo, scusa se ho pensato di buttarla sul ridere, rimaniamo qui a compiangerti e a fare finta di sapere cosa si prova, serve un casino»

Il tavolo sembra una scena di Pompei. Sono tutti immobili, nessuno osa alzare la testa, spostare lo sguardo o muovere gli oggetti. Atza ha un bicchiere a mezz’aria. Nadia è rossa come una Ferrari. Solo io e lui ci guardiamo. E’ lui. E’ sempre, solo lui. Un uomo che riesce a dire la cosa sbagliata nel momento sbagliato alla persona sbagliata e a farla diventare giusta. Mi spunta un sorriso, lui si gira verso Nadia:

«Adesso, prima che ‘sto stupro diventi un omicidio, posso raccontare?»










«Racconta» mormora lei.


«Ooh, allora, vi ricordate Edoardo? Quello nazi che odiava i froci, stava con la Martina e sono andati a convivere due anni fa? Beh, si sono mollati e lui è andato a Londra per farsi rivoltare il calzino»
«Il cosa?»
«Dai, il calzino rivoltato. I chirugi… chir…»
«Chirurghi»
«Quelli. Insomma, i dottori ti rivoltano l’uccello e te lo mettono dentro così sembra una fica. Per avere i soldi necessari a realizzare il suo sogno, nel frattempo, spurga gonadi negre col culo»

«Che storia» dice Luca.
«Quando l’ha capito dev’essere stata la giornata più di merda del mondo» ammette Atza, poggiando finalmente il bicchiere.
«Ma chi l’ha detto, magari è felice così» dico.

«Eh beh, ti svegli alle 6.00, ti lavi i denti, ti scarnifichi le gengive con il filo interdentale, gorgogli il Listerine che ti ustiona le ferite, accecato da lacrime di dolore ti radi amputando tre brufoli che sanguinano come la madonna di Civitavecchia, alché ridotto tipo Rob Zombie ti siedi per cagare, lo stronzo viene fuori a metà e anche se spingi lo senti ormai freddo che rientra, inculandoti. A quel punto sorpresa, ti piace il cazzo»


«MA NON FUNZIONA COSI’!» sbraita Nadia.

«Era anche finita la carta igienica»
«Hahaha»
«Ario, se ‘sta tragedia provi a guardarla dal punto di vista della donna…»

«Cioè dalla finestra della cucina?»

«Non ti interrompo più» soffia Nadia.


«Grazie. Dicevo, prima che lo scopo della vita di Edo fosse diventare la Tania Cagnotto del tuffo su minchia ha avuto tutta una specie di evoluzione personale che l’ha portato a diventare un impaziente sodomita. Prima sua morosa ha iniziato a notare che le sparivano i trucchi, poi in un armadio gli ha sgamato parrucche, tacchi, minigonne e biancheria femminile. Lei chiede spiegazioni, lui scappa di casa, poi torna e fanno finta di niente»

«Come sarebbe, scusa…»
«SAREBBE che se sei una donna che convive e pianifichi un figlio non tutte hanno il coraggio di ammettere che la loro casa è costruita su fondamenta falsate e ti racconti che va tutto bene» bercia Nadia, prendendo lo spritz dalla mano della Leo.

«Ah, questo pensa una donna?»
«Sì»
«Vabbè ma allora il femminicidio è un’attenuante»
«Vaffanculo»

«Comunque, lui a letto non funziona più. Niente. Zero. Lei fa mille acrobazie per avere un minimo di eccitamento ma nisba. Una notte lui finisce in pronto soccorso, ok? Quando il chirurgo ha visto le lastre ha detto “o questo s’è infilato una lampadina nel culo o il suo colon ha avuto una buona idea”. Era una lampadina. Una lampadina. Quanto devi essere coglione per infilarti nel culo una lampadina

«Dai, non è vero»
«La Martina dice di sì»
«Una lampadina? Perché una lampadina?»
«Avrà finito le pile»
«Siete delle bestie» dice la Leo.
«Vero. A ogni modo, è a quel punto che Edo si pente, ne parla con Martina e le regala uno strapon»
«Oh, Dio»
«Da allora Martina è costretta a giocarsi il nervo sciatico pur di sollevare una proboscide di lattice e schiaffarla nel culo del suo futuro marito/convivente. Te la immagini la Martina? Minuta, piccina, con ‘sto pitone attaccato davanti?»

«E’ una storia tremenda» dico.
«Perché?»
«Come “perché”? Il sogno di farsi una famiglia finisce in cenere, scusa…»
«Nebo, che cazzo, adesso non è che finisce sempre tutto in cenere, eh»
«Mangiati una merda»

«Comunque, in breve, ho deciso di andare a Londra»
«Scusa, a fare…?»
«A incularmi Edoardo, no?» sbotta «quando ti ricapita d’incularti un nazi?»


Ci scambiamo occhiate furtive.

«E’ una cosa gay, Ario»
«No»
«E’ una cosa tanto gay» annuisco.
«Quindi vi fidereste a lasciarmi vostra morosa nuda in casa?»
«No»
«No»
«No»
«Allora non sono gay, sono un giustiziere, la giustizia non ha orientamento sessuale»
«E a tua moglie cosa dici?»
«Che ci vado per lavoro»
«Ma se fai l’operaio»
«Mbè? Lei fa “colloqui” da tre mesi che durano fino a mezzanotte e mezza, cosa rompe i coglioni?»

Io e Luca l’abbiamo accompagnato stamattina in aeroporto.