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La resa dei conti

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E’ quasi mezzogiorno di una domenica di inizio primavera. Luca scala le marce con gesti sgraziati, nervoso come un fidanzato che vede avvicinarsi l’indiano con le rose. Lo stereo manda un vecchio pezzo dei Duran Duran. Io al posto del navigatore, Ario e Atza dietro.

«Allora, vi ripeto le istruzioni» dice Luca «vi prego, è importante»
«Sì»
«Vai»
«Dio, sforate le 500 copie vendute» dico, guardando il cellulare.
«Ehilà, ancora un po’ e fai la popolazione di Prozzolo» fa Atza, dietro «a quando lo yacht?»
«Il tuo sarcasmo non mi tange» rispondo con una smorfia.
«A merda il libro di Nebo, ascoltatemi» tuona Luca, spegnendo lo stereo «come tutti sapete, mi hanno licenziato»
«Sì. Oh, se decidi di suicidarti posso darti l’indirizzo di uno che mi sta sui coglioni e gli salti sulla macchina?» fa Ario.
«I disoccupati non si buttano, si danno fuoco» mugugna Atza.
«No, quelli sono gli imprenditori. Gli imprenditori hanno il cash per la benza»
«Non hai cinque euro per darti fuoco?»

«Ecco, è una buona domanda» ringhia Luca «ascoltatemi, per piacere»

«Che ne sai di quanta ne serve?» prosegue Ario, pensoso «già dieci euro diventa impegnativo, oggi metti un deca e all’AGIP ti pisciano a malapena la ricarica per lo Zippo»
«E metti che non basta e rimani solo ustionato?» domanda Atza, scettico.
«Prima provi con qualcosa di più piccolo per vedere se funziona»
«Tipo cosa, un nano?»
«No, quelli non li trovi facile. Un bambino, tipo»

«Vi ho chiesto di ascoltarmi» fa Luca, sbiancandosi le nocche sul volante.

«Certo, vai da una mamma, dici “scusi signora, devo suicidarmi, mi presta suo figlio per il crash test”?»
«Allora un maiale» stringe le spalle Ario.
«Ma che… hai idea di che casino sarebbe dare fuoco a un maiale vivo? Impazzisce, corre dappertutto, incendia cose, urla. Magari c’ha tanto di quel gas in pancia che esplode»
«Atza, mò i maiali esplosivi?»
«Sono i gas intestinali»
«Allora do fuoco al bambino. O esplodono anche quelli?»

«VOLETE TACERE?» fa Luca, rosso in viso.

Luca è stato licenziato. L’unico con ufficio, ventiquattrore, possibilità di carriera e macchinetta del caffè è finito per strada con un preavviso di 13 giorni e una moglie che sogna vacanze alle Canarie. Com’è tipico sono già passate due settimane e non le ha ancora detto nulla, terrorizzato all’idea di scoprire chi è davvero sua moglie. Noi uomini lo siamo tutti, nel profondo. Tette, culi e pompini servono a farci dimenticare cosa conta davvero nella vita.

Per questo Luca ha anche un’amante.

«Il piano è semplice» ansima il guidatore, sudato «voi siete i miei colleghi. Siamo a un pranzo di lavoro e fatalità capitiamo nello stesso ristorante dove sta andando l’Elisa con la famiglia»
«Di domenica?» chiedo.
«Sì. Quelli come me lavorano anche di domenica, ok?»
«Ahaah hahahaha ha, mattinate d’inferno nei parcheggi dell’Autogrill a leggere il giornale» ride Ario, felice «strenue contrattazioni sul menu panino più bibita media e muffin, però che soddisfazione quando ricicli lo scontrino del caffè»
«Vaffanculo» fa Luca con un sorriso tirato.
«AAHAHAHAHAH e tornare a casa fieri di essere riusciti a inculare la cassiera ma non poterlo dire a nessuno, l’emozionante seconda vita di zero zero cassaintegrato, operazione pezzenza»
«Parla quello che si sputtana lo stipendio sul terraglio e l’unica vacanza che fa fare alla moglie è ferragosto in coda a Cortellazzo»

«Ma perché vi siete sposati, a ‘sto punto?» domanda Atza.

«Le fottute amiche di Facebook» sbuffa Ario «a un certo punto le fiche sbarellano. Se tutte hanno la Vuitton falsa devono averla anche loro, e allora è un casino trovare il magrebo che spaccia le migliori. Allo stesso modo, se tutte si sposano devono sposarsi anche loro»
«E vissero per sempre felici e contenti» mugugno.
«COMUNQUE STAVO DICENDO CH

Elisa è delle tante sfigate nate belle, che quindi non hanno mai sentito il bisogno di migliorarsi e hanno messo la passera sottovetro in attesa di Johnny Depp con il fisico di Vin Diesel e i miliardi di uno sceicco arabo. Naturalmente il piano non ha funzionato, e a trentacinque anni sono così disperate da ciucciare le palle a qualunque cialtrone sappia rivendere frasi di Fabio Volo in un ristorante di media statura. Luca è uno di questi. Elisa, a oggi segretaria part time, è convinta di essere la donna di un giovane e affermato professionista che presto la sposerà. Purtroppo la vita, mentre perdi tempo a progettare il tuo futuro, tende a schiaffeggiarti con le tue stesse tette flaccide prima di lanciarti contro la vecchiaia per poi farti precipitare in un mare di merda.

 

SsMbbIC

 

L’eterna poesia

 

Di recente il sesto senso uterino di Elisa ha notato un fremito nella forza. I regali di Luca sono calati tanto da farle sospettare una mancanza di grano. L’ufficio di lui era bello grosso e a Mestre tutti sanno che ci sono stati licenziamenti. La zitella potrebbe aver fiutato il trappolone e si è fatta sospettosa, tanto da essersi permessa di andarlo a trovare in ufficio dove lui l’ha intercettata per un pelo. Per continuare a trombare la zitella per un lasso di tempo accettabile deve rassicurarla. E un pranzo di lavoro con un incontro casuale gli è sembrata l’idea migliore. Così eccoci qui. Atza indossa un completo Zegna anno 1982 di tre taglie più grosso che lo fanno sembrare Frankenstein. Cravatta rosa larga come un tovagliolo. Ai pantaloni non è mai stato fatto l’orlo e sembra Vanilla Ice in gran spolvero. Ario ha riciclato il vestito del matrimonio quando c’era la moda della stoffa lucida-finto-gomma. Nel frattempo è ingrassato vergognosamente, i pantaloni stanno su solo aperti grazie a una cintura dei cinesi a cui è stato aggiunto un buco con il punteruolo. La giacca è inchiudibile e non può alzare le braccia pena l’esplosione. Deve stare seduto dritto, tanto che pare di avere una salma in macchina. Io ho uno splendido gessato grigio OVS business beccato al Mercatino per 40 euro, forse precedentemente utilizzato per un omicidio, e una cravatta enorme che ho ridotto con forbici e spille di sicurezza.

«Credo la cintura stia cedendo» geme Ario «se parte il bottone minimo perfora il sedile e t’ammazza»
«Non avevi un vestito decente?» chiede Luca.
«Non sono aggiornato sulla collezione officina chic, e non ho lo stomaco di Nebo che indossa evidenze giudiziarie. Dio, mi mancano i tempi di quando sciacallavi i cassonetti della Caritas per rivendere porcate. Cos’era, 2001?»
«2002. Mangiati una merda»
«Eh, adesso ricetta da Internet, lava, stira, raddoppia il prezzo e via al mercatino»
«Non è illegale» stringo le spalle.
«Sei stupido? Saranno reati a manciate, tutta la tua vita è un costante latrocinio, cazzo, persino quando facevi basi rap scopavi musica di altri»
«Si chiama campionare»
«Eh, e la merda usata si chiama vintage, giusto?»

La macchina rallenta e parcheggia in mezzo ad altre. Il ristorante è la solita baita fuori mano, meta di gite domenicali di centinaia di coppie che vogliono un motivo valido per non scopare. Scendiamo. Luca si guarda attorno, preoccupato: «Vi avverto» ringhia, serissimo «se m’imputtanate anche questa giuro su Dio, non mi vedrete mai più»

«Datti una calmata, ‘ste cose su vacanze di Natale fanno un casino ridere» dico.
«Giusto, qualcuno scorreggi» fa Atza.
«Non sto scherzando. Elisa è… è l’unica cosa decente che ho»
«Piantala, è un rottame di puttana senza futuro» minimizza Ario.
«Cos’hai detto?»
Il tono è serio.

Ario si volta, sorridente: «E’ un rottame di puttana senza futuro e tu sei una merda che le scippa gli ultimi anni che ha a disposizione per figliare, tutto perché è una quarantenne che somiglia a tua madre e chiavarla non ti fa pensare a tua moglie che vuole pure lei un figlio e invece ha un licenziato anonimo. Andiamo dentro?»

Luca non dice niente. Stringe i pugni.
Ha gli occhi lucidi.

«Ario, leggerino, eh?» dico, supplicante.
«Dai, Luca, siamo tutti qui per aiutarti. Colleghi di lavoro, no?» dice Atza, aggiustandosi la giacca «e colleghi di lavoro sia»

Luca resta immobile, fissando Ario: «Giuro su Dio…» sibila, ma non finisce la frase.
Ci incamminiamo.

Travi a vista, ruote di carri e pentole di rame appese alle pareti, fiori di barena nei vasi, bancone in noce, tovaglietta di pizzo, registratore di cassa e cameriere in camicia e gilet che ci accoglie con un sorriso felice di chi ha addestrato l’occhio a riconoscere gente che spende. Guarda meglio il nostro abbigliamento. Il sorriso si spegne.

«Buongiorno» dice incerto, fissando Atza/Vanilla Ice.
«Salve, avremmo un tavolo prenotato a nome Benetton» dice Ario.
«Benetton?» chiedo.
«Chiaro, con un cognome del genere vuoi vedere che figata di tavolo ci hanno preparato?»

Il cameriere comprende la truffa e il viso passa dalla desolazione alla seccata incazzatura di chi realizza di averlo appena preso nel cacapranzi.

«Benetton, eh?» chiede con un sopracciglio alzato.
«Già»
«Tavolo in centro sala» quasi sputa «una signora è già arrivata»

Sono abbastanza vicino a Luca per sentire i muscoli contrarsi all’unisono, trasformandolo in un manichino di ghiaccio e paura. Io e Atza rimaniamo impassibili, mascherando la confusione grazie all’esperienza di scafati scippatori di gomme in tabaccheria.

«C-che signora?» balbetta Luca, pallido come un fantasma.
Il cameriere nota che qualcosa non va: «Tavolo per cinque, giusto?» chiede.
«Sì, sì, è tutto a posto» fa Ario, prendendo sottobraccio Luca «vieni con me, coglione»
Luca fa tre passi in trance, poi si divincola: «Ario, cos’hai fatto?» dice, tremando come una foglia.
«L’unica cosa sensata» dice lui, accompagnandolo.

 

 

Entriamo in sala da pranzo. La clientela è la solita, famiglie, qualche coppia over 40. Il tavolo al centro, rotondo e con i tovaglioli piegati a spicchio, ha quattro posti più uno occupato. Ci vediamo contemporaneamente. Lei, mani incrociate e sguardo spaventato, vede solo Luca. A me vengono i crampi allo stomaco. Rachele, questo il nome della moglie, si alza in piedi. Luca è immobile.

«Oh, Dio» geme Atza.
«Siediti» fa Ario, guardando me ma parlando con lui.

Non so come, siamo tutti seduti al tavolo. Luca è bianco come la tovaglia. Dal fondo della sala vedo una donna sulla quarantina che sbircia. Le mando l’occhiata più aggressiva possibile, cosa che riesce a spaventarla. Distoglie lo sguardo, allarmata. Luca non l’ha nemmeno notata. Deglutisce a vuoto davanti a sua moglie che, con occhi innamorati e lucidi, lo osserva. Lui tiene gli occhi bassi.

«Tesoro…» esordisce lei.
Lui fa per alzarsi. Ario lo rimette seduto con una pressione sulle spalle.

«Perché non me l’hai detto?» domanda lei, prendendogli le mani.
Lui si copre il viso con le mani.
Inizia a piangere, mentre Ario gli mena pacche sulle spalle.

«R-ripasso?» domanda il cameriere, dietro Atza.
«Intanto vino» dice Ario «caraffate, proprio»
«Preferenze?»
«Rosso, roba pesa»
«Io andrei di roba più seria» dico, sudatino «J&B»
«Capito» fa l’uomo, volatilizzandosi.
Mentre si allontana, lo invidio.
«Ricapitoliamo: come preventivamente spiegato via telefono, il terrone qui presente è stato licenziato due settimane fa ma non te l’ha detto perché ha paura di scoprire che sei un’avida puttana interessata solo al grano» spiega Ario «tu sei qui per dimostrargli che si sbaglia. Noi siamo qui in giacca e cravatta per celebrare questo storico momento. Vi lasciamo soli» conclude Ario, alzandosi.

Io e Atza siamo ben lieti di emularlo. Mentre mi alzo, faccio un cenno con la testa a quella che suppongo sia Elisa. Lei forse capisce, forse no. Al bancone prendo il J&B e gli altri mi emulano. Stiamo fuori a fumare, con l’adrenalina che scivola via.

«Ario» fa Atza, espirando mezza Marlboro «tu sai che lì dentro c’è anche l’amante con la famiglia, vero?»
«Mbè? Siamo giovani e gagliardi, menare cinquantenni non sarà mai peggio dei truzzi del Mojito» fa spallucce Ario.
«Tu sai cos’hai fatto? Hai mai pensato che le persone hanno il diritto di scegliere che fare della propria vita?»
«Perdìo, Nebo, ‘sta frase è così profonda che dovrò mettermi gli occhiali 3D»
«Sono serio, mona»
«L’avreste fatto anche voi, se avebbi avuto le palle di farlo»
«Aveste»
«Eh?»
«Aveste, no “avrebbi”»
«L’avresti fatto anche tu, Fabio Volo dei miei coglioni, se solo non avesti avuto paura di passare per stronzo»
«Avessi» gemo.
«Prima hai detto “avesti”»
«MA ERA D
«Scusate?» dice una voce di donna alle nostre spalle.
Ci giriamo. Da un rapido conto di scollatura, aura di disperazione e miseria, questa dev’essere lei. E’ scortata da un tizio della sua età.

«Elisa, giusto?» chiede Ario.
«Ssssì»

Ario si stacca dal gruppo e le va incontro. Da qualche parte, qualcuno suona un flauto traverso e il vento fa muovere le canne di bambù.

 

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Fanno tre passi verso destra e confabulano. O meglio, Ario parla, lei ascolta. Dalla faccia di lei si capisce che passano svariate emozioni, nessuna di cui sono sicuro. Rientra senza dire niente.

«Che le hai detto?» chiedo.
«Che lui è appena stato licenziato, quella è la moglie che l’ha saputo e noi siamo i suoi amici, ovvero una tavolata di trentenni incazzosi contro una di vecchi coglioni con puttana al seguito, decida lei se è il caso di fare scenate»

Finito whisky e sigarette rientriamo. Al tavolo, Luca e Rachele stanno quasi riuscendo a ridere tra di loro. Una volta seduti passiamo al vino. Il cameriere prende le ordinazioni. Il resto del pranzo passa con propositi, progetti, idee, qualche battuta d’incoraggiamento. Elisa rimane nel suo angolo, lanciando ogni tanto occhiate furtive, facendomi pensare che forse le donne possono essere meglio di quanto crediamo.

La cravatta del diavolo

Milano 14 marzo 2007 Sede de Il sole 24 ore foto di paolo poce/emblema

Gaetano Ciconte, caporedattore del Fatto quotidiano, sta fissando da almeno mezz’ora la cravatta di Vitantonio Lopez, altro caporedattore seduto nel tavolo di fronte a lui, momentaneamente impegnato a scrivere messaggi porno a un’aspirante giornalista che gli ha concesso un pompino in pausa pranzo. Cos’è? Yves Saint Lauren? Gucci? Versace? Gaetano è distrutto dalla bellezza dei tessuti, i riflessi ramati dei gialli che risaltano il fermacravatta di Paul & Shark in oro.

«E se fosse Loro Piana?» mormora, mangiandosi le unghie «Hermés?»

Aggiunge i nomi alla lista. Cancella Gucci, serrando e rilasciando la mascella.
Lo riscrive. Non si sa mai, con Vitantonio.

«Cicciiii» esordisce Beatrice Borromeo, due postazioni più in là.

E’ facile vederla. Beatrice muove il collo come lo muove il pollame: cranio immobile, occhio spento, epiglottide semovente. Questo le ha permesso di avere grande successo in quelle discipline che richiedono un sapiente uso ritmico della testa, e non stiamo parlando di basi hip hop. Beatrice ama definirsi “nobile, ribelle, atea, di sinistra” perché “figlia di nobili miliardari in euro” suona borghese. Nella redazione, il suo collo sporge come un menhir. Gaetano ha imparato a ignorare la voce di Beatrice dal 2006. E’ pur sempre un uomo di sinistra, suo padre simpatizzava per le correnti rosse filoanarchiche e suo nonno faceva saltare per aria jeep tedesche. Oggi Gaetano lavora fianco a fianco una nobile oscenamente ricca e con un gran culo, ma deve disabilitare la ricezione audio altrimenti di notte gli vengono gli incubi di suo nonno che lo frusta.

«Cicciiiinoooo Gaetinoooo»

Lui si gira, inorridito: «Cosa c’è? Stiamo spiegando agli italiani i problemi della crisi, ti pare il tono da tenere? Sii cupa e seria, porca puttana»
«Ho un problemino con l’articolo che mi hanno dato»

Gaetano si guarda attorno. Sono le 14, tutta la redazione è impegnata a selezionare gli articoli da copiare e rivendere l’indomani. Sui monitor si vede Giornalettismo, Linkiesta, Lettera 43, Dagospia. Si va in stampa alle 17, c’è tempo.

«Quale articolo?» domanda, continuando a fissare Vitantonio.
Vuitton? No, troppo volgare.

«Quello sui giovanissimi» dice lei con aria corrucciata.
«Premi F8, ti appare l’archivio. Usa i tag movida, sballo, alcool&droga, mescola. Non servono nomi o fonti, basta una qualsiasi cazzata che faccia berciare la gente al bar. Ci riuscirebbe persino Travaglio»
Armani? Cazzo, potrebbe essere Armani.

«Ma io non voglio fare un articolo come gli altri! Vorrei qualcosa di più… shock, capisci? Che faccia meditare la gente sui brutti tempi che viviamo»
«Chiedi a Marco, io ho da fare»
No, il taglio è troppo moderno. Prada. 

«Travi sta fotocopiando i documenti dei tribunali che gli hanno venduto i giudici, è per il suo prossimo libro, quando fotocopia sai che non vuole essere disturbato» geme Beatrice, guardando verso l’ufficio di Sexytravi da cui proviene il lampo della Xerox. Gaetano sbuffa e si alza. Raggiunge la postazione di Beatrice, guarda il monitor.

«Allora?» chiede.
«Senti qui:

La delusione, per Mattia, è arrivata durante una festa di Capodanno, nella casa di un amico lasciata libera dai genitori, partiti per la montagna. I preparativi per festeggiare il 2014, in zona Navigli, promettevano bene:

«Con la montagna e i Navigli faccio capire che i genitori sono ricchi, quindi cattivi e disinteressati, e lasciano i figli a casa in balia del brutto mondo creato da Berlusconi»
«C’hai più soldi della banca d’Italia, tuo padre t’ha fatta girare per il mondo pur di non avere rotture di coglioni, il problema è che questi c’han casa sui Navigli?»
«Perché sei sempre cattivo con me? Io lo lascio, mi piace. Crea suspance. I genitori capitalisti…»
«Salta l’abominio che sta per uscirti dalla bocca e prosegui»

c'erano birre, vodka, canne, potenti casse per pompare la musica…

«Beatrice, l’unica che pompa potente qui dentro è… nnngh. No. Niente. Scrivi “la serata prometteva bene: c’erano alcolici, erba e musica”. E’ una delle tante feste adolescenti che si fanno dal 1950 in poi»
«Ma così non ha pathos!»
«No, così ha tanathos, nel senso che m’ammazzo di noia a leggere ‘sta merda»
«Io lo tengo. Poi:

e una trentina di amici tra i 14 e i 17 anni. Erano quasi tutti compagni di scuola, in un liceo artistico di Milano. E Mattia sbirciava per vedere se c'era anche la sua ex ragazza, con cui era uscito per qualche settimana, e che l'aveva da poco lasciato con un sms.

«“con un sms”» ripete Gaetano, meccanico.
«Geniale, vero? Con una frase trasmette come i giovani di oggi siano alienati dai cellulari e trattino i sentimenti in maniera fredda, meccanica» sorride Beatrice, sporgendo il mento.
«Mentre noi che nel ’70 ci schiantavamo di LSD e facevamo orge con sconosciuti credendoli il Grande Serpente Mistico eravamo sempre sul pezzo, vero?»
«Io non ho fatto il ’68, ho sciato ad Aspen e ho conosciuto Jay Z»

Dopo la prima puntata della nostra inchiesta sulle abitudini sessuali degli adolescenti, che si focalizzava sull'esperienza di un gruppo di studentesse di un liceo classico milanese,

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«Cristo, l’abbiamo fatto davvero?» geme Gaetano.
«Certo! E’ stato un successo!»
«Siamo davvero finiti a scrivere racconti pedopornografici per stuzzicare vecchi debosciati in cambio di un euro e cinquanta a copia?»
«Non sono racconti! E’ giornalismo!»
«Tu non hai figli, vero?»
«No, ma che c’entra? Tanti qui li hanno e se ne fregano. Son cose che riguardano i… poveri, sai»
«Tu prega non esista l’inferno, o finiremo con stalattiti di fuoco a sventrarci il retrobottega»

il Fatto esplora ora un altro punto di vista. Quello di un 15enne - e dei suoi amici - che raccontano la propria difficoltà nel gestire relazioni basate sempre meno sui sentimenti, e lo spaesamento provocato dall'intraprendenza, talvolta aggressiva, delle ragazze.

«Che quindi sono tutte troie, giusto?» ammicca Gaetano, con un ghigno isterico.
«No, bè, sono tutte lolite arrapate sadomasochiste con le idee chiare, lo sballo, la droga. Insomma, il berlusconismo»
Una colica biliare fa piegare in due Gaetano: «’ntinua» ansima.

CHI VUOLE UN POMPINO? 

«Hai per sbaglio copincollato il titolo di una mail aziendale o cosa?» domanda Gaetano.
«Uffa. Vendeeeeee. Con le baby prostitute dei Parioli abbiamo venduto quasi le stesse copie dei tempi d’oro. Ricordati la linea redazionale: bambina scopata fa vacanza pagata. Se la gente lo vuole che male c’è?»
«Il fatto che esistano disperati non impedisce che gli scafisti vadano in galera»
«Che c’entra?»
«Andiamo avanti»

Passa quasi un'ora prima che Mattia incontri la sua ex. "L'ho vista ubriaca, che girava e chiedeva ad alta voce: ‘Chi vuole un pompino?'. È stata una cosa orribile, tristissima", racconta lui.

«Un ragazzo di tredici anni non pensa una cosa del genere, pensa a un modo per ottenerlo»
«Ma così crei l’antagonista! Giovani bambine assetate di sesso che vogliono violare l’innocenza di…»
«Di chi, di Jay Z?»
«Comunque lo tengo»

La parte peggiore però è arrivata poco dopo: "C'erano quattro ragazzi e due ragazze, tutti di 16 anni, che facevano le loro cose al piano di sopra. Toc. Toc. Toc... Il letto sbatteva contro il muro, era davvero fastidioso.

«Scusa, e le potenti casse che pompavano la musica? Se le sono ficcate nel culo, Beatrice?»
«Aspetta!

Abbiamo alzato la musica al massimo per non sentire. Poi la mia ex, che ha solo 14 anni, si è aggiunta a loro. A quel punto i miei amici mi hanno portato via, ero disgustato".

«I famosi ragazzi tredicenni in piena crisi ormonale che si ritraggono disgustati. E gli amici, che normalmente si sfidano a fare le peggio cazzate, qui invece lo portano via come maturi trentenni. Capisci che questa merda su un qualunque altro sito farebbe irrompere a casa dell’autore venti carabinieri padri di famiglia che massacrerebbero di botte anche il cane di porcellana?»
«Comunque…»
«Lo tieni, sì. Vai avanti»

LA DONNA IDEALE 
Mentre racconta la sua storia, diventa chiaro che Mattia non è il tipico liceale: beve poco, non fuma, è ancora vergine e soprattutto "mi fanno schifo quelli che escono con una tipa perché ha un bel culo. Io vorrei solo che fosse dolce, possibilmente simpatica. Che le piacesse la mia stessa musica, metal soft, che condividesse i miei ideali. Poi, certo, dev'essere carina, però non è quella la priorità".

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«AHAHAHAHAH HAHAHAHAHAH HAHAHAHA» ride Gaetano.
«AAA HAHAHA HAHAHA AHAHA HAHA AHAHAHAHH HHAHHAA HAHA» ride quello che fa le pulizie.
«AHAH HAHAHAHAH HAHAH HAHAHAH HAHAHAHA» ride Travaglio nell’altra stanza, crollando sul pavimento tra un’esplosione di fotocopie.
«AHA AHAHAH HAHAHA HAHAHAHA HHA» ride Vitantonio Lopez, cadendo dalla sedia.

Quando parla delle ragazze Mattia non vuole generalizzare: "Non sono tutte assatanate. Il problema è che più fanno cose elaborate a letto, più scalano la piramide sociale.

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Dall’esterno macchine inchiodano, da cui escono uomini e donne in preda a riso isterico. Un vigile lascia la paletta e si accascia a terra tenendosi la pancia. Una coppia, fuori da un bar, rovescia il tavolo afferrandosi la mandibola inferiore per paura si stacchi, mentre risate bestiali squassano le loro casse toraciche. Il telefono squilla, Gaetano risponde ridendo e dall’altra parte della cornetta c’è qualcuno che ride. Il fax comincia a cacare paginate di AHAHA HAHAHAH HAHAHA HAHAHA. Un elicottero si schianta ed esplode contro le vetrate dei palazzi da cui fuoriescono uomini in fiamme che cadono ridendo.

«Perché fate così?» domanda Beatrice, arrossendo «ho appena dipinto un bravo ragazzo di tredici anni che è introverso e sensibile ma si era messo assieme a una vacca d’assalto più grande di lui, succede in tutte le scuole medie»

Per questo passano la giornata a parlare di sesso mentre noi pensiamo alla musica, ai videogame e

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«AHAHA HAHAH AHAHAHA HAche poi sono quelli che li fanno suicidare o sballare con alcool e droga o alienare, giusto? AHAH AHAHA AHAHAHA HAHAHAHA AHAHA ODDIO BEATRICE AHA AHAHA AHAHAH SEI STUPIDA COME UN RASTRELLO STORTO»
«Volete smetterla?! E’ logico che un adolescente racconti queste cose a un adulto, specificando che a lui fanno schifo i ragazzi che escono con una solo perché ha un bel culo! Senti qui:

IL TERRORE - Avere a che fare con ragazze così aggressive è una costante fonte d'ansia. Per vari motivi: "Intanto non sappiamo bene cosa dobbiamo fare. Metti che ci andiamo a letto e va male: diventa molto imbarazzante". Soprattutto perché, conferma Mattia, "non fai a tempo a uscire dalla stanza che lei sta già messaggiando con le sue amiche per mandare un resoconto completo di tutto quello che abbiamo appena fatto. Descrivono ogni dettaglio e poi ti danno il voto, dicono se sei stato bravo o no. È davvero una sfida avere a che fare con queste cose".

«Beatrice, io capisco che siamo un branco di perdenti nell’anima che vivono nel tacito patto della mediocrità elevata a standard e viviamo per demonizzare l’eccellenza, ma è da prima di Cristo che se una donna scopre che un uomo a letto è una merda lo fa sapere alle altre» dice Gaetano.
«Ma loro sono bambini!»
«E quindi quale improponibile delirio politicamente corretto ha partorito il tuo cervello, oh mostrogallina? Che a tredici anni se uno entra-esce-aah le tredicenni se lo tengono per loro? In quale epoca, in quale Stato, in quale pianeta tutto questo è mai accaduto, vostra stupidità? Escludendo gli stupri in Afghanistan, dico»
«Sto solo dicendo quello che mi hanno raccontato»
«Sì? Abbiamo le registrazioni? Le sbobinature?»
«No, naturale. Ma fammi continuare.

È più sicuro, spiega, sperimentare con chi conosci bene: "Se l'hai appena incontrata va a spifferare tutto, ma proprio tutto, di sicuro. Il ragazzo che non riesce, o non viene, o non è particolarmente dotato vive poi nel terrore".

«Insomma cresce?» fa Gaetano, guardandola.
«No, anzi, rimane bloccato, terrorizzato dalle donne, complessato e frustrato. Diventerà un guardone che si eccita con le ragazzine»
«Hai appena descritto il nostro lettore medio» espira Gaetano, guardandosi attorno sconsolato.

I PRELIMINARI - La versione delle ragazze che il Fatto ha incontrato

«No, dai, va bene cazzari, ma “il Fatto ha incontrato” è oltre» fa Gaetano «tanto varrebbe photoshopparci su Marte vicino alla sonda Discovery»
«Non importerebbe a nessuno dei nostri lettori»
«Questo cos’è?» domanda Gaetano, indicando la fine del paragrafo»

Mattia spiega il sesso come se fosse uno tra i pochi ad averne colto l'importanza.

«Cos’ha che non va?» chiede Beatrice.
«”L’importanza del sesso” secondo chi, poiana dissenterica coi blasoni?»
«Bè, la gente normale»
«Tipo vecchi pederasti bavosi che ci leggono? O più tipo la nipote del presidente della Valentino con master a New York? Lasci l’iPhone sul tavolino quando vai in cesso, porca puttana, non dirmi che conosci il valore delle cose»
«Posso continuare?»

Ma non è il rischio di una gravidanza indesiderata a farlo innervosire: "Quello che davvero non concepisco è che si sia sverginata con un tipo, che tra l'altro ha davvero la faccia da stronzo, con cui è uscita per una settimana, che l'ha mollata per un'altra e poi è tornato da lei. E la sera stessa in cui si sono rimessi insieme lei c'è andata a letto, senza precauzioni e senza il minimo rispetto per se stessa". E per l'8 marzo, dice Mattia, non avrebbe senso regalare le mimose alle sue amiche: "I fiori non li vogliono. Le uniche ad apprezzarli sono le prof".

Beatrice si stacca dal monitor con un sorriso di trionfo: «Devo farti notare perché è geniale?»
«Sì, ti prego»
«La chiusa dell’otto marzo, che dovrebbe far meditare la gente sulla condizione della donna, ha senso solo per le professoresse, che sono colte ed etiche. Per le bambine di oggi quei fiori non hanno alcun significato e questo dovrebbe farci tutti meditare. E poi lui, che si dimostra maturo e responsabile quando dice “il rispetto per se stesse”…»
«Una frase comune in bocca a un adolescente, vero?»
«Certo!» dice Beatrice «cioè, così mi ha detto il bidello della scuola privata dove andavo da piccola quando l’ho trovato sbronzo al caffè degli Artisti»
«Giuro sulla tomba di mio nonno » dice Gaetano, asciugandosi le lacrime «siamo veramente le radiazioni che hanno fatto venire il cancro a ‘sto paese, ahahahaha hahahahaha ha» ride e piange coprendosi la faccia.

Si siede.

«Che fai, piangi? Guarda che un pezzo del genere farà riflettere molta gente!»
«SU COSA?!» ulula Gaetano, con gli occhi strabuzzati «DALL’ALTO DI COSA?»

«Bè… siamo giornalisti. Abbiamo l’obbligo di informare i lettori del fatto ch
«Ma smettila, dilophosauro Chanel, non vedi che hai appena cagato un abominio di moralismo sessantottino con più buchi di un eroinomane? E la cosa drammatica è che tu queste farneticazioni non le hai manco partorite di tuo, ti sono state ficcate dentro da anni e anni di bombardamento mediatico fatto da altri come noi che hanno perso coerenza, credibilità, onestà, ideali, ma continuano a ripetere le stesse stronzate da anni. Anni! Anni a ridere del moralismo di bocca di rosa e poi anni a linciare le olgettine! Anni a venerare Lolita e anni a linciare Ruby! Perché? Perché una donna di venticinque anni che ha tutto nella vita dev’essere tanto stupida e bigotta?»

«Ohè, voi due, calmini» dice Vitantonio, alzandosi e andandogli incontro.
«BIGOTTA IO?!» sbotta Beatrice «io sono apertissima, ma certe cose vanno raccontate!»

«No!» tuona Gaetano, alzandosi in piedi «gli adolescenti scopano. Mentono. Bevono. Fumano. Si drogano. Si picchiano. Muoiono. E questa è l’ultima speranza che abbiamo. Se gli adolescenti sono tutti come questo tuo fantomatico “Mattia” siamo fottuti»

«Ma che stai dicendo?»
«Ho detto calma!» dice Vitantonio, mettendosi di fianco.

«SVEGLIA, BARONESSA VON PARACULO. L’adolescenza della gente “normale” è ed è sempre stata una doccia di merda! E’ una trincea che macina suicidi, omicidi, dipendenze, incidenti, morti assurde, e questo la rende un brodo primordiale che forma le persone. Non è un colloquio di lavoro da modella con tuo zio presidente, cioè la gara di scatto coi tetraplegici. Nell’adolescenza la gente trova chi è, prova, sbaglia e ripete. Impara a gestire frustrazione, paura, delusione, gioia, solitudine. O meglio, lo faceva, finché non siamo arrivati noi col nostro ditino del cazzo a dire che questo fa male, che quello non va bene, che quello è sbagliato, impegnatissimi a fare gli stiliti dall’alto di nulla e a creare degli automi fragili come cristalli che se ricevono uno “stronzo” su un social network si suicidano. E facciamo la morale a ragazzini di tredici anni mentre noi a cinquanta ci crogioliamo degli incassi derivati da pedopornografia spacciata per informazione»

«E tu cosa ci fai qui, allora?!»

«Datevi una calmata» fa Vitantonio, sporgendosi e mettendo una mano sul petto di Gaetano.
«Sono qui perch

Gaetano si interrompe mentre l’occhio intercetta il microscopico logo sulla cravatta di Vitantonio.

 

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Qualche informazione utile

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PER QUELLI CHE HANNO ORDINATO IL LIBRO
– Le spedizioni partiranno dal 16 marzo. Vi arriverà a casa una copia dell’edizione ignorante a tiratura limitata, numerata e autografata.
– Non è prevista alcuna mail di conferma. Voi ordinate, dopo il 16 marzo arriva. Giuro.

 

PER QUELLI CHE VENGONO A MANTOVA
Sabato 8 marzo e domenica 9 marzo ci sarà uno stand della Limited Edition Books dove venderemo le copie in edizione normale. Con autografi.

 

PER QUELLI CHE VOGLIONO COMPRARLO IN LIBRERIA
– Sarà disponibile in tutta Italia dopo il 16 marzo. Se la vostra libreria non ce l’ha perché abitate in posti irraggiungibili tipo Mestre, cazziate i commessi e fategliene ordinare una copia. Arriva in fretta.

 

PER QUELLI CHE VOGLIONO LA VERSIONE DIGITALE
– Arriverà per ultima. Non ho una data precisa né un sito dove scaricarlo, tranne che sarà dopo il 16 marzo. Appena ho qualche informazione più precisa ve la dico. Il fatto è che se non fosse per un forum non avrei mai conosciuto Internet e, comunque, buona parte dei miei amici non ha idea di cosa sia un eReader. Se a Mestre dici “ti mando il PDF” la gente scappa perché crede si parli della guardia di finanza. Ecco perché ho spinto tanto per il cartaceo; volevo qualcosa di piccolo, leggibile e maneggiabile da passare ai vostri amici o le vostre morose. Qualcosa da leggere in cesso, in aeroporto, sotto l’ombrellone in relax. Un libro non si rovina con la sabbia, non gli si scaricano le pile, incassa botte sereno, non ti deconcentra con le notifiche FB e soprattutto puoi mollarlo sulle sdraio senza paura. E’ scritto e pensato per contesti dove la sola preoccupazione è ordinare un mojito o uno screwdriver. Quindi, se volete leggervelo su uno schermo, pazientate.

PER QUELLI CHE VOGLIONO SAPERE SE CI SARANNO ALTRE PRESENTAZIONI IN GIRO PER L’ITALIA

– No. La missione è il degrado. Di recente sono stato a una presentazione in libreria e la Leo mi ha svegliato a gomitate. Stiamo elaborando una strategia coi ragazzi della Limited. Io insisto su feste in spiaggia con stripper peruviane, rum e dubstep. Chris dice che non attirerebbe il pubblico femminile. Tsk tsk tsk,

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Per me gli editori conoscono le donne sbagliate.

 

La vera trama di Robocop

Buio. Samuel L. Jackson recita un paio di scioglilingua ed esordisce con una domanda che tiene sveglio ogni uomo sulla faccia della Terra: «E se vi dicessi che perfino il più malfamato quartiere americano potrebbe diventare completamente sicuro? Se vi dicessi che si potrebbe raggiungere questo obiettivo senza rischiare la vita di un singolo tutore dell’ordine?»

Silenzio drammatico.

«Sono Samuel L. Jackson in completo Gucci. Benvenuti alla mia trasmissione»

Parte uno splendido logo in 3D, animazioni in 3D, scenari 3D, lucine di Prometheus 3D che faranno da cornice a personaggi più monodimensionali di Jerry Calà.

«E’ con noi il generale Incapacis dalla sala operativa del Pentagono. Generale Incapacis, bentornato!» sorride Samuel.
«E’ un piacere, negro liberato» risponde il militare da una finestra digitale. Ha il pettorale sinistro dell’uniforme coperto di badge. Si riconoscono l’onorificenza “medaglia al valore per aver premuto un tasto”, “10 videocassette riportate in orario”, “5 anni senza milkshake” e la lustrissima medaglia “12 mesi senza autodistruzione”.
«Grazie per l’inedita possibilità di assistere all’operazione Freedom!» dice Samuel, aprendo un’altra finestra collegata a Teheran. Per strada dei mostri metallici metà alien e metà terminator girano per casupole di melma&merda puntando fucili su chiunque non abbia mai mangiato un McChicken. Un padre di famiglia abbraccia il figlio, si mette una cintura esplosiva e viene sparato contemporaneamente da un caccia, un terminator, un bipede alto tre metri e un soldato. Il figlio esce con un coltello e viene liofilizzato dai mitragliatori di un aereo. Il collegamento si interrompe.

«E’ fantastico vedere delle macchine americane che aiutano a portare la pace e la libertà nel mondo» sorride Samuel, eccitato «una volta lì ci sarebbero stati uomini e donne americani a rischiare la loro vita. Generale Incapacis, possiamo avere un suo commento?»
«Bè, vedi, abbiamo avuto il Vietnam. Avevamo aerei, armi batteriologiche e portaerei, ma dei contadini con capanne di fango ci hanno sconfitti. Poi l’Iraq. Avevamo aerei stealth invisibili ai radar, ma dei cammellieri armati di Liquidator e fionde ci hanno rotto il culo lo stesso»

«Ma ora l’America…» suggerisce Samuel, sulle spine.
«Aspetta, ho appena iniziato. Poi c’è stato Beirut. Avevamo speso miliardi per infiltrare la CIA e ce li hanno sgamati tutti durante l’operazione “pizza hut”»

«Una… una soffiata di un traditore, immagino»
«No, loro proprio se lo dicevano al telefono e poi si presentavano a parlare di cose segrete in impermeabile e occhiali da sole nei pizza hut di Beirut. Erano gli unici clienti da tre anni»

«Un caso, senza dubbio»
«Un caso di ritardo mentale, ma fammi continuare. C’è stata la volta che invece di scortare Hillary Clinton sono tutti andati in puttan tour e hanno tentato di non pagare dicendo “siamo della CIA” così le puttane sono andate a batter cassa alla Casa Bianca. Poi c’è stato l’Afghanistan. Aerei senza pilota governabili dall’altra parte del mondo, l’addestramento per cui ogni SEALs ci costa come produrre la trilogia del Signore degli Anelli. Ognuno di loro è dotato di armi ed equipaggiamento d’avanguardia, monitorati 24/7 da satelliti e droni»

«E…?»
«Niente, quattro pastori sodomiti ce ne hanno accoppati 21 con un petardo da 20 euro dopo averci detto “provate ad andare lì, lol”. Abbiamo perso anche lì. Segue la cyberguerra con la Cina. Eravamo blindatissimi. Ogni iPhone ha un microchip collegato ai servizi segreti USA. La CIA ha in mano tutti i social network e tutti i provider di email. Abbiamo speso miliardi di dollari per sapere quale adolescente scopava con chi, ma un nerd ci ha sputtanati worldwide in cambio di un Mars e una coca piccola. In sostanza, abbiamo perso anche la guerra su Facebook. A questo punto abbiamo capito che il problema sono gli americani»

«In che senso?» fa Samuel, confuso.
«Siamo stupidi come la merda. Se sostituissimo le forze dell’ordine americane con delle scimmie del borneo otterremmo le stesse prestazioni. D’altra parte pensaci, Samuel: davanti all’asilo di tuo figlio preferiresti un robot che non sa distinguere una tazza del cesso da un cinghiale o un poliziotto americano?»

«Bè, secondo m
Titolo del film.

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BROBOCOP

 

Dopo questo coinvolgente prologo Avatar Pacific rim Elysium Pathfinder John Carter Robocop inizia con un’inquadratura del protagonista, Alex, che muove molto le possenti spalle entrando nella centrale di polizia  e dimostrando subito allo spettatore che lui è giovane, bello, eterosessuale, ribelle e spaccone. Entra, si prende a pettàte con altri bro con dialoghi eccezionali tipo “è personale? Hai qualche problema?”, i bro sono dei beta e se ne vanno, lasciando Alex a parlare con il capo della polizia, una donna.

«Ok, bro» dice lei «hai dimostrato di essere un bro. Ora raccontami qualcosa da bro»
«Niente zia, stavamo infottati col nigga che aveva un fucile uelamadonna, io gli punto la pistola, tutti si puntano la pistola e tac, scatta l’indizio, allora noi bruuuum bruuum e ci becchiamo col capo gangsta ma bang bang bang bang bang» fa Alex.
«Con ‘sta storia m’hai sfondato l’acquedotto nelle mutande, bello» fa la donna «ma vacci piano»

Nella sede dei produttori di droni l’atmosfera non è allegra.
«La gente non vuole i terminator per le strade» dice un creativo «è strano. Non hanno visto il film?»
«Stiamo calmi» medita il capo «useremo la tecnica del politicamente corretto hollywoodiano. Funziona sempre»
«Non la seguo»
«Metti uno che è metà e metà, tutti stanno zitti. Avatar? Si tromba la puffa blu e sta coi selvaggi, ma è un Marines. Pathfinder? Si tromba la tipa sporca e sta coi selvaggi, ma è vichingo. John Carter? Si tromba l’aliena e sta con gli alieni selvaggi, ma è un cowboy. Superman? Si tromba l’umana e sta con gli umani, ma è un alieno. Obama? E’ negro e fa il simpa, ma è pur sempre figlio dell’1%. Noi metteremo uno che ha la faccia da umano, ma è un terminator. Semplice. Diciamo alla gente che lui SA cosa si prova a bere Monster e portare il cappello a visiera al contrario sotto il sole e loro lo ameranno»
«GENIO!»

Ora siamo in un centro disabili. Mutilati di ogni sorta fanno riabilitazione. Il dottor Ritardia sta spiegando a un mutilato con una chitarra che oggigiorno va molto di più la musica elettronica, quando si presenta il capo produttore, deride lo storpio e dice al medico di costruire brobocop. Il dottor Ritardia indice un reality per reclutare il miglior rottame umano possibile. Quelli del marketing droni gli mostrano diapositive rotten.

Click.

1

«Questo è un poliziotto del New Jersey. Ha mangiato da schifo fino ad avere la gotta, non l’ha curata e hanno dovuto amputarlo. Ora è grasso a mostro senza gambe»
«Mi serve un terminator, non un pouf da salotto. Prossimo» fa il dottore.

Click.

2

«Questo è uno che guidava a fari spenti nella notte per vedere se è poi così difficile morire»
«E a quali conclusioni è giunto?»
«Sì, è difficile. Sono dieci anni che pare un quadro dadaista»
«E cosa faccio, lo monto su uno snowboard per lanciarlo addosso ai criminali? Prossimo»

Click.

3

«Questo guidava la SWAT nel Minnesota. Un figo tutto muscoli ma passivo aggressivo. Dopo un pomeriggio a fare shopping con la moglie si è lanciato una granata sotto i piedi per protesta. Ha funzionato, come vede»
«Hmmm. Non avete qualche idiota senza futuro che fa risse nei bar?»
«No, dottore, li hanno tutti fatti ufficiali di marina. Non ha visto Battleship?»
«No. Prossimo»

Click.

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«Questo è Stephen Hawkin. Uno intelligente»
«Ma allora siete deficienti!» sbotta il medico «ci serve qualcuno psicologicamente equilibrato tipo i piloti dello Jaeger, gente tutta muscoli, disobbediente, psicologicamente ottusa e dotata di incapacità relazionali e grilletto facile. Voi dareste poteri fisici illimitati a questo… coso?»

Intanto, Alex the bro torna a casa dove ci sono due manichini con scritto a pennarello MOGLIE e BAMBINO. Bro beve una birra, bacia la testa del manichino BAMBINO, tromba in modo sexy il manichino MOGLIE, fuori parte l’antifurto della macchina, esce, la macchina esplode. Ospedale. Il dottor Ritardia mostra le foto sanguinolente al manichino MOGLIE.

«Vede, signora, suo marito è ridotto a un attaccapanni» dice il dottore, illustrando il corpo martoriato di Alex Bro. Una moglie vera sarebbe inorridita e sconvolta, vomiterebbe sul pavimento e urlerebbe in lacrime di toglierle da davanti quella roba. MOGLIE emette sospiri. Non si scompone nemmeno alla notizia che il pene di bro è un lontano ricordo, giacché è stato grattato dal marciapiede mezz’ora fa.

«Ma possiamo salvare suo marito!» esclama il dottore, serio.
«Cosa-voi-salvare-di-preciso-?» domanda MOGLIE.
«Bè, l’unica parte che era già da buttare prima dell’attentato: il cervello»

Bro si risveglia nel corpo di Terminator. Il dottor Ritardia lo guarda con orgoglio. Bro fa la stessa cosa che fa qualunque bro, ossia lo mena, spacca cose e corre via, esattamente come Avatar. Dopo aver dimostrato che è un impulsivo idiota come i piloti di Pacific rim e che la sua collocazione psicologica è “hai guardato la mia donna? Hai problemi?” lo riportano in laboratorio davanti a uno specchio e lo smontano. Tipo Ironman, solo che invece dell’armatura ci sono i componenti di Jeeg. Bro guarda abbastanza inorridito il suo corpo smembrarsi finché gli rimangono la testa, i polmoni e la mano sinistra.

«Scusi» domanda Bro, stringendo gli occhi «ma la mano sinistra?»
«Sì» gongola il dottore «ti abbiamo salvato anche quella»
«Ma perché?»
«Buttarla era peccato»
«Avete buttato via intestino, fegato, reni, milza, cuore, pancreas, stomaco, un braccio intero, una gamba intera e la mano faceva peccato?»
«Così ti fai le seghe»
«Ma se al posto dei coglioni c’ho la versione BDSM di Ken della Barbie, cosa masturbo, il tasto accensione?»
«Ci abbiamo pensato dopo. Sai, gli stagisti… però volendo ti puoi mettere uno strapon»
«AH, STUPENDO, GRANDI ORGASMI ALLA MANO SINISTRA!»
«Pensa a tua moglie. Il sesso è dare, prima che ricevere»
«Dottore, a spanna peso come un B-52, l’unica cosa che posso scoparmi è un carroarmato»
«Può stare sopra lei. Basta che ci avverti prima che disattiviamo le telecamere interne, o la fica slabbrata di tua moglie finirebbe trasmessa in streaming all’Interpol»
«Cazzo, romantico a bestia! “Tesoro, scusa un attimo, prima di scoparti con un pezzo di plastica devo compilare il modulo per la privacy, yo-ho, mondo? Vorrei chiavare, posso? Autorizzazione negata, tesoro, devo guardare negri che s’ammazzano. Tieni lo strapon, fai da sola”»

«Senti, passiamo alle cose serie: devi diventare un supersoldato o resti qui in Cina»
«Io voglio la pensione d’invalidità e ritornare a casa»

Brobocop nei test si dimostra incapace di sparare a un terrorista senza curarsi del fatto che si sta facendo scudo di una donna, quindi lo collegano alla NSA che lo collega a Skype, Facebook e tutti gli account iTunes del pianeta. Ora brobocop ogni volta che vede qualcuno per strada sa che tipo di porno guarda, che musica ascolta, chi si scopa e quali status sarcastici ha pubblicato. Trovandosi in America, questa conoscenza lo trasforma in un mostro assassino che vorrebbe giustiziare sul posto chiunque. Per salvare la vita delle beliebers devono imbottirlo di psicofarmaci e si presenta alla folla festante, a Detroit, con la stessa espressività di Moira Orfei.

La gente sta per cagarsi sotto dalla paura, ma fortunatamente Hannibal Lecter, latitante da dieci anni, in un improvviso lampo di imbecillità ha deciso di assistere alla presentazione di un robot poliziotto in mezzo a poliziotti davanti alla centrale della polizia. Brobocop lo arresta e sono tutti contenti. Da quell’episodio gira in moto guardando la gente per strada e ricollegando indirizzi, amici, parenti, email, scansioni retiniche e corporali. Questo non preoccupa affatto la gente, anzi, li rende felici come gli abitanti della Germania comunista o della nord Korea.

Brobocop si mette a indagare sulla sua morte. Guarda cose, appaiono incomprensibili scritte rosse e tutto gli è chiaro. Sa chi è stato, perché e come. La deduzione, l’errore, i dialoghi, sono sottointesi. In meno di venti minuti smaschera i poliziotti corrotti, poi decide di ammazzare chi l’ha creato e lo tiene in vita grazie al classico tradimento del medico Ritardia che ripete “scientifico” ogni cinque minuti e questo basta a far capire che è uno scientifico. Finisce che bang bang bang bang e tutto il popolo convive con i droni felice e contento, perché non è importante la macchina, è importante l’uomo che ci sta dietro. Insomma, l’NSA è buona, tarallucci e vino per tutti. Comprate senza paura l’iPhone 5 e geotaggatevi. Se non vi fidate di Facebook usate Skype. O Instagram. O Gowalla. O Whatsapp. O un Nokia.

In sostanza, vivi o morti andremo con loro.
Recensione finale: una merda.

Il tempo è giunto, signori

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Libro stampato. Se lo prenotate sul sito della Limited avrete una copia con copertina diversa (edizione ignorante, tiratura limitata 300 copie) numerata e autografata dal sottoscritto a Mantova comicsL’editore mi ha chiesto di fare un post autopromozionale, ma siccome parlare di libri è palloso ho scelto un modo più immediato.

Alzate il volume delle casse e

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Ci vediamo a Mantova, niggaz. Vi conviene venire la mattina, perché appena scopro dove sono i bar è la fine.

EDIT: il libro si può prenotare da domani. Chi vuole la può ritirare a Mantova o ve la spediscono a casa dal 16 marzo.