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Il tagliaerbe aveva ragione da vendere

Gli standard di Skyrim sono bassini.


Sono le cinque e un quarto di mattina. 
Il sole fa capolino dalle montagne innevate, una sfumatura rosa e gialla che si riflette sui ghiacciai perenni. Qui c’è sempre vento. Refolate gelide di nevischio schiaffeggiano senza sosta spuntoni di roccia e noi due, puntini in mezzo a questa immensità eterna. Il pelo dentro l’armatura è di scarso aiuto, solo l’adrenalina e la concentrazione mi impediscono di sentire le punture del gelo. Illia è imbacuccata nella sua corazza di cuoio e pelliccia. 

I suoi occhi, grigi e vigili, mi fissano.
– E’ un gradino di venti centimetri, basta sollevare la gamba – dico.
– Lo sai che soffro di nevrosi ossessivo compulsiva. Non posso fare scalini –
– Ma l’entrata è qui, basta che sollevi un piede – 
– No. Prenderò la deviazione. Scendo a valle, giro a destra, mi imbatto in un branco di lupi, seguo il sentiero per un paio di chilometri e risalgo la montagna dall’altra parte, se non ci sono scalini. Altrimenti ti aspetto a valle.


– Illia, l’entrata è qui davanti.
– Scalini. Male.


Sospiro. Questa donna è forte, coraggiosa e straordinariamente bella, ma ha le sue fisime. La mia compagnia potrebbe essere il revival di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Mia moglie Lydia crede io sia Dio. Il cane parla. Il cavallo ha l’Alzheimer, appena smonto lo trovo che vaga in stato confusionale e per finire ci sono io, che quando vedo graffiti sul muro sento le voci.


– Va bene, ci vediamo all’interno – dico.
– Buona fortuna –


Entro nella grotta. 
Mi giro e c’è lei accucciata e pronta.


– Illia, scusa… –
– Niente domande.
– E il cavallo?
– Niente. Domande.
– Ok. Allora, procediamo con cautela. Che armi vuoi usare?
– Sono una maga, sai che spacco il culo a tutti con la magia.
– Allora perché hai in mano una daga di ferro?
– Mi piace.


Facciamo un paio di scambi.
Dopo averle dato tutte le pozioni e i bastoni magici del cazzo possibili ci addentriamo nella caverna, un pertugio scavato tra neve e roccia che incanala un vento assordante. Vediamo un bagliore, raddoppiamo le cautele. Mi sporgo e vedo una caverna enorme, profonda, dove mani umane hanno costruito palafitte e capanne. Banditi.


– Quanti sono? – chiede.
– Cinque. Sei con il fabbro là in alto. Ascolta, l’approccio è silenzioso, chiaro? Non fare puttanate. Non fare come mia moglie Lydia.
– Che faceva Lydia?
– Eh, se sentiva voci si lanciava nel vuoto a spada sguainata e moriva dopo avere allertato anche i pesci nel laghetto prima che io riuscissi a tirare fuori l’arco. Prometti che non lo farai?
– Solo se dopo mi ridai la daga.
– Sì, sì.


Strisciamo nell’ombra, occhi vigili per eventuali sentinelle. Ne vedo una in alto che mi dà le spalle. Avveleno la freccia con le ghiandole dei ragni di neve. Incocco, calcolo la parabola della freccia, trattengo il respiro e scocco. La sentinella cade con un gemito strozzato, che per fortuna nessuno ha sentito. Ci nascondiamo dietro una roccia, studiamo la situazione in basso. Due sono a un tavolo che chiacchierano, il terzo sta dietro al bancone. Parlottano tra loro.


– Allora, Illia, facciamo così. Io secco quello in mezzo, appena quelli saltano in piedi tu accoppi il tizio dietro al bancone e… mi stai ascoltando?

Illia guarda altrove, lontano.

– Illia?
– C’è un granchio nel lago, a un chilometro da qui. Lo sento.
– Me ne inculo del granchio, hai capito cosa devi fare?
– No.
– Fa niente, ascolta, mettiti nell’angolo a contare le margherite, ti chiamo se ho bisogno.
– D’accordo.


Punto l’arco. Tendo. Scocco. La freccia trapassa il cuore del bandito da parte a parte, uccidendolo. Gli altri due saltano in piedi armi alla mano.


– COS’E’ STATO?! – urlano, guardandosi attorno.
– DANNAZIONE, DOVE SEI? FATTI VEDERE! –


Sto immobile. Un’ombra tra le ombre, trenta metri più in alto, nascosto tra le rocce. Invisibile. Li vedo guardarsi attorno spauriti. Ora verranno a cercarmi e saranno costretti ad attraversare quella passerella così stretta. Sarà come fare uno spiedino. Avveleno una freccia, preparand


– Bah, qualunque cosa sia, se n’è andata – dice un bandito, sedendosi a fianco del cadavere.


Prende il boccale di birra fradicio di sangue dell’amico, sorseggia e comincia a parlare dei fatti suoi col barista. 


















Forse bluffano, penso. Bèh, io no. Scocco un’altra freccia che si conficca in piena faccia del bandito. Riscattano in piedi sguainando le spade, incazzati neri. Cominciano a girare, esplorano la passerella e i dintorni. Dopo quaranta secondi si risiedono.


– Sarà stata la mia immaginazione – dice il bandito con la freccia conficcata in fronte.
– Sono quei dannati topi, te lo dico io –



























Hmmm.







– Usiamo il Wabbajack! – suggerisce Illia, con un mazzo di margherite in mano.
– Ricordi cos’ho detto del Wabbajack? Si usa solo in casi estremi per ridere.
– Ma è perfetto!


No. Il Wabbajack è un bastone magico, me l’ha regalato Sheogorath. Il Dio della follia. E’ un vecchio amico e ci parlerei per tutta la vita, ma ha un senso dell’umorismo tutto suo. Quel bastone dà risultati imprevedibili. Durante uno scontro con un drago Illia presa dalla furia l’ha usato. Il dannato s’è trasformato in un coniglio di quattro pixel che saltava come un canguro e correva come Bolt, c’ho messo quattro giorni a pigliarlo e appena l’ho colpito è esploso diventando un drago di trenta tonnellate in pieno centro abitato. Ho dovuto abbatterlo a vaffanculi in draghese e ho passato un casino con le guardie.

– Allora cosa suggerisci?
– Arma bianca. Io li sdereno a martellate, tu ci dai di magia, pronta?
– Aspetta, succede qualcosa!

Guardo.
Nella grotta, inspiegabilmente, dall’acqua è emerso il mio cavallo che sta riempiendo di botte i banditi. Mi lancio nella mischia giusto in tempo per vedere Illia sparare laggiù, lontano, verso un granchio che non esiste finché non mi avvicino. Sbuffo e trito di botte i banditi intontiti dal cavallo, che ora passeggia confuso verso un baratro.

– ILLIAAAA! QUI ABBIAMO FATTO!
– E’ tutto qui quello che sai fare? – urla al granchio la mia fedele compagna.


Vabbè.
Sciacallo i morti di oro ed eventuali oggetti di valore, pozioni, verzure varie. Sento gli insulti degli altri banditi troppo tardi, una freccia mi trafigge il braccio. Illia questa volta è prontissima, e spara a forza dieci contro i nuovi nemici. Mi lancio contro di loro nel b

TIRIRIRIRI TIRIRIRIRI TIRIRIRIRI
Cellulare. Chi diavolo è, adesso. Oddio, quello delle riviste.


– Ciao Franco, come stai?
– Ciao Nebo, io bene, volevo sapere com’eri messo con i pezzi, non per metterti fretta ma siamo un po’ a corto di tempo.
– I p… quasi finiti, li sto rivedendo.
– Ah, ok, grande. Me li mandi appena puoi?
– Sereno, in giornata.
– Ciao!
– Ciao, ciao.
Click.

Non ho idea di cosa parli quest’uomo, ma non c’è problema:



Stiamo lavorando per voi

Allorallora, andiamo bene. Il template nuovo procede a gonfie vele, devo smanettare tra Photoshoppe e HTML ma direi che ci siamo. Ho un sacco di buone idee, poi blogspot ha la versione per cellulare che fa un sacco stile. A riguardare i template passati devo dire che c’è stata un’involuzione. Ci eravamo un po’ infighettati, lasciando posto al design. Non è bene. Ho deciso che sdogano le fiche, si ritorna ad essere sfacciati. Basta con ‘sta anda da raffinatezza, oramai Proeliator lo leggono anche i colleghi di lavoro e se continuo a raffinarmi finisce che mi prendono sul serio. Non bene. Sto pensando di buttar dentro anche l’hardcore con cazzi e trombate, in modo da renderlo ulteriormente illeggibile in ufficio.

Un blog che pare un sito porno e invece è pieno di minchiate: ooooh sì. Mi è sempre parsa una figata, fanculo il design e i lettori con le pretese; questo posto dev’essere una spiaggia nudista, non un salotto.

Dover traslocare a tutti i costi invece di scombussolarmi mi ha riempito di creatività. Procederei a velocità superiore se solo non avessi Skyrim che mi obbliga a maratone tra le montagne tra foreste innevate e grotte, paesini e castelli. 





Oh, tanto per parlare di lavoro, su Men’s Health di questo mese ci son due pezzi miei, uno sull’allenamento e il reportage sui Deserterios in Sardegna. Un giorno ci saranno anche i servizi dalle zone di guerra, per ora tant’è.

Vatti a fidare di chi lavora per te gratis

Ok, è ufficiale. Proeliator su Splinder è invivibile, i miei sgherri nell’ombra mi hanno informato che è stato venduto per quattro milioni di euro a una ditta abbastanza sinistra. Ieri notte ho fatto un post di cinque pagine, l’ho pubblicato e stamattina c’erano solo quattro righe.


Potete immaginare chi, tra me e la Leo, in questi giorni abbia le mestruazioni.


Per il momento ci si trasferisce qui, non protestate che non ci sono passere perché è una situazione d’emergenza. So che questo farà perdere una valanga di lettori, ma come mi disse qualcuno anni fa, i cambiamenti vengono dal coraggio o dalle tragedie. Del resto in tre quarti della mia vita sono riuscito a entrare perché qualcosa o qualcuno mi spingeva dentro. Buffo.


Ora state qui a fare gli stronzi che io torno a vedere se riesco a recuperare le robe passate.

Capitolo 6 – Il presagio

Sempre a letto, sempre alle sei, mangiamo crackers e arance. Lei ha gli occhi verde bottiglia, è bianca latte e piena di nei.
«Figure di merda! Figure di merda!» saltella.
«Ho perso il conto alla 2053, ma le ho ordinate per argomento» dico.
«Hmm… ragazze!»
«E ti pareva. Allora, a una festa c’è una quinta con scollatura, vado per fare il brillante e appena apro bocca mi parte un pezzo di patatina giusto sulla tetta di sinistra.»
«Aargh!»
«Non è finita. Mi parte il riflesso condizionato di pulirla…»
«Hahahaha, ceffone?»
«Peggio. Grido inorridito e fuga dalle amiche. Tua.»
«Casa dei genitori di un mio ex, sul tavolo in cucina ci son dei biscotti. Ne assaggio uno, mi giro per dirgli “diobòn che merda” e finisco la frase in faccia alla madre. Che li aveva fatti.»

«Tempismo perfetto» sorrido.
«Te di nuovo.»

«Campeggio» sospiro «Vegeta aveva la morosa olandese, lui la svergina e lei non perde sangue. Il pomeriggio siam seduti sugli scogli, io mi faccio i fatti miei, lui e lei chiacchierano in inglese. A un certo punto Vegeta mi fa “oh Nebo, questa dice che non ha perso sangue perché da piccola è caduta su un cancello”. Io rispondo “sì, di cazzi” e ‘sto imbecille GLIELO TRADUCE.»

«Sarete diventati grandi amici!»
«Pianto e stridore di denti» dico.
Affondo la testa nel cuscino: «Giada» dico, riemergendo «ti amo.»
Mi guarda per un istante, poi si distende: «No.»
«No che?» dico.
«Ami il mio ricordo, non me» sorride, fissandomi «è molto più sicuro. Come ami il suono degli aerei che non piloterai mai. Così ogni volta che li senti dirai

 

 

 

 

 

«Potevo esserci io, lì dentro» mormoro, guardando Giada.

E’ una notte splendida a Jesolo, la patria del divertimento, della gioia, il posto e l’ora ideali per sedere al tavolo con uno squilibrato dopo essere stati drogati e pestati. Cerco di controllare quello che potrebbe essere un attacco di paranoia che si alterna ad allegri flash di lei e me. Il cuore nelle orecchie batte come un martello su un pezzo di stoffa e lei sta lì. Troia, inconsapevole e bellissima, impegnata a regalare a quel tizio risate che una volta erano mie. Non c’è mai una Miriam, quando serve.

«Gnocca, la biondina» commenta Ale.
«Eh, ma ha il moroso. Senti, di preciso cosa intendi per “bruciare”?»

Beve un sorso. La guarda ancora, tira su col naso, fa un gesto con la mano.

«Pensa in grande. Ho gli amici giusti. Ho i posti giusti. Ho i soldi per iniziare. Non hai idea quanta grana si può fare solo frequentando certi locali, quando il palazzinaro o l’industriale in vacanza cercano bamba. O ragazze.»
«Quindi sei uno spacciopappone per VIP nella Milano da bere? E’ un mondo sterile come una roccia, Ale, non sono stoppini.»

«E tutto questo tu lo sai servendo spritz ai tavolini di un bar di Mestre?»
Touché.

«Nebo. Questa roba per alcuni è un mezzo, per altri il fine. I secondi, quelli che vogliono la Ferrari e il villone, durano come un gatto in tangenziale. Io tengo il profilo basso. Non do nell’occhio, non faccio le solite cazzate da circo. Resto buono e intanto mi guadagno tutto quello che possono darmi. Non mi servono amicizie di truzzi o zoccoline, quella è gente che non conta niente e al primo scossone finisce in strada. A me interessano banchieri. Imprenditori. Finanzieri. Carabinieri. Giornalisti. Servizi segreti. Gente che non hai mai sentito nominare e che per questo non può cadere. Grazie a loro mi farò una fama indistruttibile come l’aveva mio padre. Ci sono due mondi, qui. Quello che vedi, fatto da imbecilli avidi e stupidi che sbavano per una foto in copertina o la piscina più grande e quelli che contano davvero. Il potere e gli status symbol sono inversamente proporzionali. Quelli che falliscono sono sempre quelli che pensano al marmo del bagno. Quelli che falliscono sono quelli che vogliono il potere PER il marmo del bagno. Prendi la mafia. I grandi mafiosi. Vivono in buchi di merda grandi come celle, murati dentro cascinali abbandonati e braccati da avversari e carabinieri. Ti sei mai chiesto perché? Se questo è il risultato, chi glielo fa fare?»

«Mai capito» dico.
«Il potere. A loro non importa niente di club, nightlife, yacht o balle varie da vippanza da copertine. A loro interessa essere. Il potere è una cosa talmente grande, talmente enorme, che è invisibile. Il tuo cervello non riesce nemmeno a concepirlo. Puoi intuirlo, ma non riesci ad andare oltre. Vedi solo il bunker, la merda delle capre e le foto degli arresti. Oppure vedi il cellulare figo, la barca. Capisci?»
«Non del tutto.»
«Ci sono due cani e una bistecca, ok? Un cane è bello, di razza, curato, lavato, tenuto bene. L’altro è un cane randagio, malandato, malnutrito e brutto. Tutti e due hanno fame. Chi mangerà la bistecca?»

Ci penso: «Non lo so.»
Ale sogghigna, un sorriso sadico che nessun attore ha mai riprodotto con tanta naturale follia: «Quello a cui decido di darla.»

Madre mia.

«Ho capito. L’invisibilità del burattinaio.»
«Bravo!»
«La tua conclusione, Ale?»
«Rovinare il maggior numero di persone possibile» minimizza.
«E c’è gente che studia cure per il cancro a 1100 euro al mese.»
«Sono sicuro i vermi storceranno il naso quando verrà il momento. Senti, mi sono rotto di star qui con te che sbavi dietro alla biondina. Andiamo da un’altra parte, ti va? Voglio mostrarti una cosa.»

«Torniamo verso Mestre, magari. Che ore sono?» chiedo.
«Le due. E Mestre la vedi dal finestrino, ce ne andiamo a Bologna!»
«A BOLOGNA?! Sono le due di notte, arriveremo alle quattro, se stiamo lì un minuto torneremo a Mestre alle sei. Non so se vedi la mia faccia, ma la cameriera mi ha indicato due volte al proprietario.»

«L’hai mai vista, Bologna?»
«No.»
«Andiamo.»

Si alza. Prima che io riesca a prendere la strada di destra va dritto verso il tavolo della Giada. Lo seguo, inorridito all’idea di quello che leggerò nella faccia di lei appena mi vedrà. Eccola che alza la testa, parte dal basso, arriva alla manica della giacca di lui, rapido sguardo al viso, ora tocca a me. Giada sbianca molto prima di vedermi, e quando finalmente intercetta il mio viso passa dallo stranito a qualcos’altro. Alzo la mano e faccio un saluto di cortesia, un flebile “ciao” che spero lui davanti a me non senta. Lei non ricambia. Passa gli occhi velocemente da me a lui, da lui a me. Siamo fuori dal campo visivo. Mi giro un’ultima volta, con lei che ci guarda e dice qualcosa al nuovo trombatore.

Siamo in macchina all’altezza di Santa Maria di Piave quando mi arriva un suo SMS.

 

COSA CAZZO CI FACEVATE VOI DUE ASSIEME??

Rispondo.

Ale è un mio vecchio compagno di classe.
E tu eri bellissima.

Passano cinque minuti, poi lo schermo si illumina di nuovo.

Non si chiama Ale.

«Casini con le donne, biondo?» sogghigna lui, voltandosi.
[continua]

Il colpo di stato



Il generalissimo entra nella stanza. Sono presenti i massimi vertici della difesa e dei media. Si alzano tutti. Il suo braccio destro, Andrea Frenzi, gli offre un bicchiere d’acqua. Il generalissimo lo prende, beve, si sciacqua la bocca e la sputa in faccia alla Sgrena. 

– Grazie, generalissimo. 
– Da parte di un mio amico. 

Il generalissimo lancia il bicchiere contro il ritratto del presidente della Repubblica, che si schianta a terra tirandosi dietro il crocifisso. 
– Bella mira, signore. 
– Vaffanculo tutti. Allora, cominciamo. 
I presenti si siedono. 


– Quello chi è? 
– Ehm, il giornalista di Repubblica. 

Il Generalissimo sbuffa, estrae la Beretta e gli spara in testa. 


– Signore! Ma che ha fatto!? 
– Silenzio. Cominciamo. 
L’aula annuisce in silenzio. 


– Allora, riguardo questo governo militare di transizione. A me ‘sto paese piace, c’ho fatto un sacco di scopate e mi ero rotto i marroni di vederlo in mano a dei cialtroni. Quindi una sera mi sono chiesto: “perché non ucciderli tutti?”. Siccome non ho trovato buoni argomenti a sfavore, l’ho fatto. 

– Signore, con chi ha, diciamo, dibattuto l’argomento? 
– Con mia moglie. 
– E lei che argomenti ha messo sul tavolo? 
– Il bourbon. Devi interrompermi ancora, Frenzi? 

Frenzi abbassa lo sguardo. 


– Partiamo subito con Internet. Riguardo ai social network: porno amatoriale, vita intestinale, battute, lavoro e foto. Non verranno utilizzati per altro. Negli status il metodo del gancio verrà punito con frustate in piazza. 

– Signore… cos’è il metodo del gancio? 

– Quello che ho appena usato, idiota. Tu aggiorni lo status facebook con frasi del cazzo tipo “peccato”, così tutti ti chiedono “cosa” e tu puoi rispondere felice “non mi va di parlarne”. Come entrare in un negozio, incrociare le braccia e dire “non compro niente”. Frustate. Poi. Tutte le discoteche gay si chiameranno “Google+”. 

– Ma perchè? 
– C’hai mai visto una donna, là dentro? 
– Ma è un social network emergente, che in futuro… 

– Il futuro sono io. Discoteche gay. Poi: il termine “anonimo” è bandito da Internet. Confonde i ritardati mentali, ha un’aura di mistero e incute vago e immeritato rispetto. D’ora in poi verrà sostituito dal titolo “stronzo qualsiasi di cui non frega un cazzo a nessuno”. Senti come è purificante? Dà piena libertà a chiunque di ascoltare l’opinione senza pregiudizi di alcun tipo. Questo titolo verrà sempre riportato per esteso. Non esisteranno account personalizzabili, salvo identità digitali certificate dal comune gli altri saranno “stronzo qualsiasi di cui non frega un cazzo a nessuno_9866788999” e potranno scrivere quello che vogliono riguardo musica, politica, alieni, medicine alternative, ricostruzioni storiche, cospirazioni e varie adorabili cazzate. Sì? 

– Signore, i forum… 
– Non esisteranno. 
– Yahoo answer, Forumalfemminile… 
– Mentre parliamo le forze speciali stanno facendo irruzione nelle abitazioni e trucidando chiunque vi abbia partecipato. 

– E se sono un appassionato di qualcosa non posso aprire un forum? 
– No, usi facebook. Rifletti, Frenzi, brutta faccia di merda. Hai mai risolto un problema che sia uno cercando nei forum? No. Quando trovi la domanda giusta, nessuno gli ha risposto. Se la fai tu, due minuti dopo stai flammando. Via tutti. Riguardo a Youtube, il tasto “dislike” è stato rimosso ed è stato sostituito da “avrei voluto farlo io”. I commenti non esistono più. La SIAE aveva avuto la brillante idea di tassare tutta quella banda di stronzi che intasava la rete coi filmati di youtube, e questo era bene. Rimarrà. 


– Ma… SIGNORE! Tre quarti di blog, flickr, tumblr, tweet cesseranno di esistere! 
– Sì. Sublime. 
– E quei simpa che fanno cazzate e le postano su youtube dandogli nomi che intasano l’indicizzazione? 
– Snidare e distruggere. 
– I monologhi di Santoro! 
– Santoro in questo momento è su un razzo vettore diretto verso il sole. 
– La libertà di parola! 

– Mi sembra già di sentire il suono di migliaia e migliaia di persone inutili che decidono di dedicare il loro tempo a qualcosa di più inutile e meno fastidioso. Guarda le tweetlist, Frenzi. Libere. Niente più hashtag di merda. Niente più righe e righe di followfriday che nessuno ha mai letto né tollerato. Quest’uomo ha emesso un peto che ha svegliato il cane. Questa tizia mostra le tette. Questo fa una battuta simpatica. Questo mi mostra cos’ha cucinato e quasi quasi lo emulo. Perfetto. Direi che con i media abbiamo terminato. Ora parliamo delle zecche. 

– Ecco, generale, a questo proposito – dice il capo della polizia – ho visto che ha rimosso i manganelli e le pistole dall’equipaggiamento. Come conta di disperdere i manifestanti se i poliziotti sono disarmati? 

– Katane. 
– Prego? 
– Katane. Le forze dell’ordine non avranno a loro disposizione né armi da fuoco né manganelli, solo katane. Roba fina, già ordinata dal giappone. Voglio vedere se poi qualcuno ha voglia di spaccar vetrine e auto quando ti corrono incontro duemila Carabinieri a katana sguainata. Tutti così potranno manifestare e ti assicuro che sentirai i colpi di tosse dalla novantesima fila. I vecchi si fideranno a scendere in piazza così come le famiglie, permettendo a tutti di esprimersi. I noglobal, no, gli indignado, insomma quelli lì avranno la loro tanto anelata morte gloriosa e tutti vivranno felici e contenti. Funzionerà. Puoi andare contro un manganello con il casco, puoi perfino fottertene delle pistole, ma quando vedi uno con una katana in mano che ti punta le cose cambiano. 

– …katane.
– Sì.
– C’è il problema degli scioperi, la CGIL sarà inflessibile. 
– Me lo auguro, i cinesi sono dei duri. 
– Non la seguo. 

– L’Italia è sprovvista di sindacalisti, al momento. Sono stati lanciati in brasile, cina, india e corea. Un gruppo è stato abbattuto e due danneggiati dalla contraerea, ma ora che sono sul territorio potranno difendere i diritti dei lavoratori che ne hanno davvero bisogno. Sperando non si facciano vedere con l’iPad, perché lì non posso garantire sulla loro incolumità. 

– Quale aereo hanno abbattuto?
– Non ho mai parlato di aerei.
Mormorio.

– Signore, ci è arrivata comunicazione che se li stanno mangiando vivi. 
– Ai comizi? 
– No, no, proprio fisicamente. 

– A-HA! Sapevo che avrebbero avuto un’utilità, prima o poi. Mettete al lavoro le tizie di Senonoraquando, bisogna che sfornino figli in fretta. Se non sanno come fare, dite alle loro figlie di spiegarglielo. Oh, a proposito di università. Le facoltà che cominciano con “scienze” sono abolite. Filosofia, lettere, arte, ginnastica, via. 

– Troveremo migliaia di professori e insegnanti disoccupati per le strade! 
– Strade della Cina, intendi. Gli facciamo ingravidare le Senonoraquando e poi li mandiamo a dare manforte ai sindacalisti, non c’è problema. Poi. Bisogna che questo popolo di rincoglioniti crei un paese nuovo, quindi il servizio di leva obbligatorio è ripristinato a partire da ieri. Gli obiettori di coscienza sono richiamati a farlo. I renitenti alla leva saranno renitenti ai diritti civili.

– Ma… ma perché?
– SVEGLIA, FRENZI, SVEGLIA! Se domani vorranno davvero ribellarsi a qualcosa o qualcuno, saprebbero farlo? No. Non sanno organizzarsi. Non sanno convivere. Non sanno usare un’arma. Non sanno manco difendersi. Abbiamo addestrato una generazione di vacche indù, non di uomini. Ci credo che son incazzati dalla mattina alla sera, han paura di tutto. Pensa alla Val Susa. Supporto della popolazione locale, viveri, posizione sopraelevata, tempo e uomini a disposizione. Potevano tenere la valle per mesi, li han sgombrati in due ore. Perché?

– Si schioppavano di canne?

– No! Cioè, anche, ma principalmente perché sono fighette incapaci di organizzare gli uomini per competenze e gerarchie. Se solo l’avessero fatto avremmo dovuto calare lo sbirrume dagli elicotteri e non avremmo fatto una bella figura, tanto che l’opinione pubblica avrebbe persino provato empatia e avrebbe notato che ehi, la TAV è veramente una porcata e gli abitanti del posto hanno ragione. Tu!

– Io? – dice uno, alzandosi.
– Tu, tu che scrivi tanto, chi sei?
– Il Dottor Fassina Giacomo della Rovere, giornalista per Liber
Lo sparo assorda tutti.

– Che cazzo, a me non li regalano i proiettili. Abbiamo mica gente del Fatto Quotidiano?
Silenzio.

– Giusto, avevo risolto il problema l’altra notte. Va bene, ci sono domande?





Dal fondo della sala si alza un tipo.
– Generale… la prego, faccia presto.