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F-104 Starfighter |
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Nel 2005 tra un gatto che suona il pianoforte, una petizione online ed un documentario indipendente che smaschera complotti iniziano a circolare video di tizi che fuggono da una parte all’altra della città eseguendo piroette, capriole, balzi spettacolari. “Ooh, merdaviglioso, ma km fanno?!” si domanda il popolo. La risposta “con il montaggio” non viene presa in considerazione. No, da qualche parte nel mondo devono esistere uomini che impiegano le loro giornate a correre per le città imparando a dominare gli elementi urbani. Guerrieri della notte, acrobati, ladri guasconi che scippano i ricchi per poi sparire nella giungla di cemento rimbalzando tra carcasse di automobili e palazzoni abbandonati. I video raggiungono un numero mostruoso di visualizzazioni.
“E’ lo sport del nuovo millennio” tuonano blogger ed opinionisti.
E’ vero.
Così come noi palestrati chiamiamo sport quello che in realtà è il più bieco narcisismo spesso condito da insicurezze e tendenze compulsivo ossessive, il parkour è il passo successivo. Non mi sforzo nemmeno di sollevare me stesso o un peso: fuggo. Sì, fuggo. La fuga come scelta di vita. La fuga nel senso più epico del termine. La fuga che oltrepassa buonsenso, intelligenza, razionalità, giudizio. La fuga che riporta l’uomo allo stato scimmiesco, quando davanti al predatore urlava “ho moglie e figli, mangiati loro” e fuggiva per chilometri ferendosi, mutilandosi e fratturandosi pur di essere altrove. La fuga del pianista della Costa Concordia, il quale appena sono saltate le luci è scattato attraversando la plancia facendosi largo a testate, ha guadagnato il parapetto massacrando coppiette, si è tuffato dall’undicesimo piano atterrando in acqua a cazzo dritto, ha percorso 150 metri a nuoto emergendo sull’isola con un sonoro “WAAAAA!” ed è entrato in un bar chiedendo se poteva telefonare a Schettino, che era ancora a bordo. Tempo totale impiegato, 3 minuti. In una sola azione quell’uomo ha polverizzato Usain Bolt, Tania Cagnotto e Federica Pellegrini. Questo è lo spirito del parkour.
Non deve quindi stupire che tale disciplina abbia origine dall’esercito francese.
– Anch’io posso essere così, dice il cicciottenne vergine.
– Fuggire, sempre, pensa la commessa H&M che ha lasciato l’università.
“Com’è possibile?” tuonano i giornali, scandalizzati. Com’è potuto succedere che una studentessa con le amiche a Ibiza sia tornata con il perimetro della fica pari alla falla della Costa Concordia? Com’è possibile che il responsabile sia poi fuggito con una moldava? Tragiche fatalità, il sistema, la società degenerata? Certo. Ma non bisogna sottovalutare che se la figlia avesse una password alla fica sarebbe “password” ed assieme alle amiche “12345” e “admin” hanno deciso di entrare ad una convention di programmatori Linux. Non bisogna sottovalutare che in discoteca si va solo per drogarsi e scopare.
Il problema è che la verità sta alle donne come la Guardia di finanza a Cortina. Le donne hanno orrore della verità. Quando ci esci la prima volta dicono che non vogliono figli, dicono “decidi tu, è lo stesso”, dicono che in un uomo guardano “le mani e gli occhi”, che le dimensioni non contano, che hanno avuto solo 7 morosi e che dopo cena vogliono pagare la loro parte.
Dicono anche di guardare Spartacus per la trama.
Secondo questo principio indossano minigonne da colonoscopia, nastro isolante al posto del reggiseno, tacchi uso Excalibur, tanga commestibile, trucco ispirato alla bukkake marathon international award 2009 ed al posto della cintura una bandoliera di preservativi con cui si fanno autoscatti mimando di avere un microfono in mano, ma sia chiaro: vanno in discoteca solo per ballare.
Per riempire la tua bettola bisogna salvare le apparenze. Non puoi chiamare il tuo locale “drogatoio 69” o “la monta delle contadine di Codroipo” perché nessuna donna ci metterà piede. Devi usare nomi tipo Showroom, VIP club, Deca-dance, King’s, Mojito, Just Cavalli. Se fai serate a tema nessuna verrà ad un titolo come “le mie palle, il tuo mento” perché ti rovina il finale. Se però la chiami “notti d’oriente” falangi di ventitroienni si catapulteranno all’interno seguite da ogni maschio in età riproduttiva disposto a giocarsi lo stipendio un gin lemon dopo l’altro. D’altra parte cosa potrebbe spingere impiegati con suv a rate trentennali in questi posti, se non la danza? Il leggero suono dei passi sul pavimento, le melodie celestiali, gli sguardi che in un lampo comprendono il passo, ne improvvisano le traiettorie, si intersecano in un turbinio di braccia e gesti senza tempo.
La vita delle donne che bazzicano questi luoghi è un inferno di sensi di colpa. Non solo perché a trent’anni sono talmente usurate da accorgersi di aver partorito solo quando inciampano nel cordone ombelicale, non solo perché al posto del vibromassaggiatore ormai devono usare dildosauri, ma perché trovare giustificazioni morali diventa via via più difficile. L’ultima linea di difesa è che un vestito o un atteggiamento “non vogliono dire niente”. Certo. Immaginate di essere per strada, davanti a voi dei tizi escono da una banca sparando. Vi riparate dietro un angolo e vedete un poliziotto che sta controllando la patente ad uno. Gli correte incontro.
– Presto! Stanno facendo una rapina, sono armati!
– E perché lo dice a me?
– Io mi vesto come mi pare e piace, se permette. E’ un problema SUO se non sa riconoscere un poliziotto vero da uno finto. Arrivederci.
C’è una sola cosa che le donne odiano più della realtà.
La logica.
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Incursore del COMSUBIN dopo 72 ore di scontri a fuoco ininterrotti a Bala Murghab, Afghanistan, agosto 2010 |
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Nicolai Lilin dopo un servizio fotografico per Vanity Fair. |