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Qualche informazione utile

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PER QUELLI CHE HANNO ORDINATO IL LIBRO
– Le spedizioni partiranno dal 16 marzo. Vi arriverà a casa una copia dell’edizione ignorante a tiratura limitata, numerata e autografata.
– Non è prevista alcuna mail di conferma. Voi ordinate, dopo il 16 marzo arriva. Giuro.

 

PER QUELLI CHE VENGONO A MANTOVA
Sabato 8 marzo e domenica 9 marzo ci sarà uno stand della Limited Edition Books dove venderemo le copie in edizione normale. Con autografi.

 

PER QUELLI CHE VOGLIONO COMPRARLO IN LIBRERIA
– Sarà disponibile in tutta Italia dopo il 16 marzo. Se la vostra libreria non ce l’ha perché abitate in posti irraggiungibili tipo Mestre, cazziate i commessi e fategliene ordinare una copia. Arriva in fretta.

 

PER QUELLI CHE VOGLIONO LA VERSIONE DIGITALE
– Arriverà per ultima. Non ho una data precisa né un sito dove scaricarlo, tranne che sarà dopo il 16 marzo. Appena ho qualche informazione più precisa ve la dico. Il fatto è che se non fosse per un forum non avrei mai conosciuto Internet e, comunque, buona parte dei miei amici non ha idea di cosa sia un eReader. Se a Mestre dici “ti mando il PDF” la gente scappa perché crede si parli della guardia di finanza. Ecco perché ho spinto tanto per il cartaceo; volevo qualcosa di piccolo, leggibile e maneggiabile da passare ai vostri amici o le vostre morose. Qualcosa da leggere in cesso, in aeroporto, sotto l’ombrellone in relax. Un libro non si rovina con la sabbia, non gli si scaricano le pile, incassa botte sereno, non ti deconcentra con le notifiche FB e soprattutto puoi mollarlo sulle sdraio senza paura. E’ scritto e pensato per contesti dove la sola preoccupazione è ordinare un mojito o uno screwdriver. Quindi, se volete leggervelo su uno schermo, pazientate.

PER QUELLI CHE VOGLIONO SAPERE SE CI SARANNO ALTRE PRESENTAZIONI IN GIRO PER L’ITALIA

– No. La missione è il degrado. Di recente sono stato a una presentazione in libreria e la Leo mi ha svegliato a gomitate. Stiamo elaborando una strategia coi ragazzi della Limited. Io insisto su feste in spiaggia con stripper peruviane, rum e dubstep. Chris dice che non attirerebbe il pubblico femminile. Tsk tsk tsk,

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Per me gli editori conoscono le donne sbagliate.

 

La vera trama di Robocop

Buio. Samuel L. Jackson recita un paio di scioglilingua ed esordisce con una domanda che tiene sveglio ogni uomo sulla faccia della Terra: «E se vi dicessi che perfino il più malfamato quartiere americano potrebbe diventare completamente sicuro? Se vi dicessi che si potrebbe raggiungere questo obiettivo senza rischiare la vita di un singolo tutore dell’ordine?»

Silenzio drammatico.

«Sono Samuel L. Jackson in completo Gucci. Benvenuti alla mia trasmissione»

Parte uno splendido logo in 3D, animazioni in 3D, scenari 3D, lucine di Prometheus 3D che faranno da cornice a personaggi più monodimensionali di Jerry Calà.

«E’ con noi il generale Incapacis dalla sala operativa del Pentagono. Generale Incapacis, bentornato!» sorride Samuel.
«E’ un piacere, negro liberato» risponde il militare da una finestra digitale. Ha il pettorale sinistro dell’uniforme coperto di badge. Si riconoscono l’onorificenza “medaglia al valore per aver premuto un tasto”, “10 videocassette riportate in orario”, “5 anni senza milkshake” e la lustrissima medaglia “12 mesi senza autodistruzione”.
«Grazie per l’inedita possibilità di assistere all’operazione Freedom!» dice Samuel, aprendo un’altra finestra collegata a Teheran. Per strada dei mostri metallici metà alien e metà terminator girano per casupole di melma&merda puntando fucili su chiunque non abbia mai mangiato un McChicken. Un padre di famiglia abbraccia il figlio, si mette una cintura esplosiva e viene sparato contemporaneamente da un caccia, un terminator, un bipede alto tre metri e un soldato. Il figlio esce con un coltello e viene liofilizzato dai mitragliatori di un aereo. Il collegamento si interrompe.

«E’ fantastico vedere delle macchine americane che aiutano a portare la pace e la libertà nel mondo» sorride Samuel, eccitato «una volta lì ci sarebbero stati uomini e donne americani a rischiare la loro vita. Generale Incapacis, possiamo avere un suo commento?»
«Bè, vedi, abbiamo avuto il Vietnam. Avevamo aerei, armi batteriologiche e portaerei, ma dei contadini con capanne di fango ci hanno sconfitti. Poi l’Iraq. Avevamo aerei stealth invisibili ai radar, ma dei cammellieri armati di Liquidator e fionde ci hanno rotto il culo lo stesso»

«Ma ora l’America…» suggerisce Samuel, sulle spine.
«Aspetta, ho appena iniziato. Poi c’è stato Beirut. Avevamo speso miliardi per infiltrare la CIA e ce li hanno sgamati tutti durante l’operazione “pizza hut”»

«Una… una soffiata di un traditore, immagino»
«No, loro proprio se lo dicevano al telefono e poi si presentavano a parlare di cose segrete in impermeabile e occhiali da sole nei pizza hut di Beirut. Erano gli unici clienti da tre anni»

«Un caso, senza dubbio»
«Un caso di ritardo mentale, ma fammi continuare. C’è stata la volta che invece di scortare Hillary Clinton sono tutti andati in puttan tour e hanno tentato di non pagare dicendo “siamo della CIA” così le puttane sono andate a batter cassa alla Casa Bianca. Poi c’è stato l’Afghanistan. Aerei senza pilota governabili dall’altra parte del mondo, l’addestramento per cui ogni SEALs ci costa come produrre la trilogia del Signore degli Anelli. Ognuno di loro è dotato di armi ed equipaggiamento d’avanguardia, monitorati 24/7 da satelliti e droni»

«E…?»
«Niente, quattro pastori sodomiti ce ne hanno accoppati 21 con un petardo da 20 euro dopo averci detto “provate ad andare lì, lol”. Abbiamo perso anche lì. Segue la cyberguerra con la Cina. Eravamo blindatissimi. Ogni iPhone ha un microchip collegato ai servizi segreti USA. La CIA ha in mano tutti i social network e tutti i provider di email. Abbiamo speso miliardi di dollari per sapere quale adolescente scopava con chi, ma un nerd ci ha sputtanati worldwide in cambio di un Mars e una coca piccola. In sostanza, abbiamo perso anche la guerra su Facebook. A questo punto abbiamo capito che il problema sono gli americani»

«In che senso?» fa Samuel, confuso.
«Siamo stupidi come la merda. Se sostituissimo le forze dell’ordine americane con delle scimmie del borneo otterremmo le stesse prestazioni. D’altra parte pensaci, Samuel: davanti all’asilo di tuo figlio preferiresti un robot che non sa distinguere una tazza del cesso da un cinghiale o un poliziotto americano?»

«Bè, secondo m
Titolo del film.

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BROBOCOP

 

Dopo questo coinvolgente prologo Avatar Pacific rim Elysium Pathfinder John Carter Robocop inizia con un’inquadratura del protagonista, Alex, che muove molto le possenti spalle entrando nella centrale di polizia  e dimostrando subito allo spettatore che lui è giovane, bello, eterosessuale, ribelle e spaccone. Entra, si prende a pettàte con altri bro con dialoghi eccezionali tipo “è personale? Hai qualche problema?”, i bro sono dei beta e se ne vanno, lasciando Alex a parlare con il capo della polizia, una donna.

«Ok, bro» dice lei «hai dimostrato di essere un bro. Ora raccontami qualcosa da bro»
«Niente zia, stavamo infottati col nigga che aveva un fucile uelamadonna, io gli punto la pistola, tutti si puntano la pistola e tac, scatta l’indizio, allora noi bruuuum bruuum e ci becchiamo col capo gangsta ma bang bang bang bang bang» fa Alex.
«Con ‘sta storia m’hai sfondato l’acquedotto nelle mutande, bello» fa la donna «ma vacci piano»

Nella sede dei produttori di droni l’atmosfera non è allegra.
«La gente non vuole i terminator per le strade» dice un creativo «è strano. Non hanno visto il film?»
«Stiamo calmi» medita il capo «useremo la tecnica del politicamente corretto hollywoodiano. Funziona sempre»
«Non la seguo»
«Metti uno che è metà e metà, tutti stanno zitti. Avatar? Si tromba la puffa blu e sta coi selvaggi, ma è un Marines. Pathfinder? Si tromba la tipa sporca e sta coi selvaggi, ma è vichingo. John Carter? Si tromba l’aliena e sta con gli alieni selvaggi, ma è un cowboy. Superman? Si tromba l’umana e sta con gli umani, ma è un alieno. Obama? E’ negro e fa il simpa, ma è pur sempre figlio dell’1%. Noi metteremo uno che ha la faccia da umano, ma è un terminator. Semplice. Diciamo alla gente che lui SA cosa si prova a bere Monster e portare il cappello a visiera al contrario sotto il sole e loro lo ameranno»
«GENIO!»

Ora siamo in un centro disabili. Mutilati di ogni sorta fanno riabilitazione. Il dottor Ritardia sta spiegando a un mutilato con una chitarra che oggigiorno va molto di più la musica elettronica, quando si presenta il capo produttore, deride lo storpio e dice al medico di costruire brobocop. Il dottor Ritardia indice un reality per reclutare il miglior rottame umano possibile. Quelli del marketing droni gli mostrano diapositive rotten.

Click.

1

«Questo è un poliziotto del New Jersey. Ha mangiato da schifo fino ad avere la gotta, non l’ha curata e hanno dovuto amputarlo. Ora è grasso a mostro senza gambe»
«Mi serve un terminator, non un pouf da salotto. Prossimo» fa il dottore.

Click.

2

«Questo è uno che guidava a fari spenti nella notte per vedere se è poi così difficile morire»
«E a quali conclusioni è giunto?»
«Sì, è difficile. Sono dieci anni che pare un quadro dadaista»
«E cosa faccio, lo monto su uno snowboard per lanciarlo addosso ai criminali? Prossimo»

Click.

3

«Questo guidava la SWAT nel Minnesota. Un figo tutto muscoli ma passivo aggressivo. Dopo un pomeriggio a fare shopping con la moglie si è lanciato una granata sotto i piedi per protesta. Ha funzionato, come vede»
«Hmmm. Non avete qualche idiota senza futuro che fa risse nei bar?»
«No, dottore, li hanno tutti fatti ufficiali di marina. Non ha visto Battleship?»
«No. Prossimo»

Click.

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«Questo è Stephen Hawkin. Uno intelligente»
«Ma allora siete deficienti!» sbotta il medico «ci serve qualcuno psicologicamente equilibrato tipo i piloti dello Jaeger, gente tutta muscoli, disobbediente, psicologicamente ottusa e dotata di incapacità relazionali e grilletto facile. Voi dareste poteri fisici illimitati a questo… coso?»

Intanto, Alex the bro torna a casa dove ci sono due manichini con scritto a pennarello MOGLIE e BAMBINO. Bro beve una birra, bacia la testa del manichino BAMBINO, tromba in modo sexy il manichino MOGLIE, fuori parte l’antifurto della macchina, esce, la macchina esplode. Ospedale. Il dottor Ritardia mostra le foto sanguinolente al manichino MOGLIE.

«Vede, signora, suo marito è ridotto a un attaccapanni» dice il dottore, illustrando il corpo martoriato di Alex Bro. Una moglie vera sarebbe inorridita e sconvolta, vomiterebbe sul pavimento e urlerebbe in lacrime di toglierle da davanti quella roba. MOGLIE emette sospiri. Non si scompone nemmeno alla notizia che il pene di bro è un lontano ricordo, giacché è stato grattato dal marciapiede mezz’ora fa.

«Ma possiamo salvare suo marito!» esclama il dottore, serio.
«Cosa-voi-salvare-di-preciso-?» domanda MOGLIE.
«Bè, l’unica parte che era già da buttare prima dell’attentato: il cervello»

Bro si risveglia nel corpo di Terminator. Il dottor Ritardia lo guarda con orgoglio. Bro fa la stessa cosa che fa qualunque bro, ossia lo mena, spacca cose e corre via, esattamente come Avatar. Dopo aver dimostrato che è un impulsivo idiota come i piloti di Pacific rim e che la sua collocazione psicologica è “hai guardato la mia donna? Hai problemi?” lo riportano in laboratorio davanti a uno specchio e lo smontano. Tipo Ironman, solo che invece dell’armatura ci sono i componenti di Jeeg. Bro guarda abbastanza inorridito il suo corpo smembrarsi finché gli rimangono la testa, i polmoni e la mano sinistra.

«Scusi» domanda Bro, stringendo gli occhi «ma la mano sinistra?»
«Sì» gongola il dottore «ti abbiamo salvato anche quella»
«Ma perché?»
«Buttarla era peccato»
«Avete buttato via intestino, fegato, reni, milza, cuore, pancreas, stomaco, un braccio intero, una gamba intera e la mano faceva peccato?»
«Così ti fai le seghe»
«Ma se al posto dei coglioni c’ho la versione BDSM di Ken della Barbie, cosa masturbo, il tasto accensione?»
«Ci abbiamo pensato dopo. Sai, gli stagisti… però volendo ti puoi mettere uno strapon»
«AH, STUPENDO, GRANDI ORGASMI ALLA MANO SINISTRA!»
«Pensa a tua moglie. Il sesso è dare, prima che ricevere»
«Dottore, a spanna peso come un B-52, l’unica cosa che posso scoparmi è un carroarmato»
«Può stare sopra lei. Basta che ci avverti prima che disattiviamo le telecamere interne, o la fica slabbrata di tua moglie finirebbe trasmessa in streaming all’Interpol»
«Cazzo, romantico a bestia! “Tesoro, scusa un attimo, prima di scoparti con un pezzo di plastica devo compilare il modulo per la privacy, yo-ho, mondo? Vorrei chiavare, posso? Autorizzazione negata, tesoro, devo guardare negri che s’ammazzano. Tieni lo strapon, fai da sola”»

«Senti, passiamo alle cose serie: devi diventare un supersoldato o resti qui in Cina»
«Io voglio la pensione d’invalidità e ritornare a casa»

Brobocop nei test si dimostra incapace di sparare a un terrorista senza curarsi del fatto che si sta facendo scudo di una donna, quindi lo collegano alla NSA che lo collega a Skype, Facebook e tutti gli account iTunes del pianeta. Ora brobocop ogni volta che vede qualcuno per strada sa che tipo di porno guarda, che musica ascolta, chi si scopa e quali status sarcastici ha pubblicato. Trovandosi in America, questa conoscenza lo trasforma in un mostro assassino che vorrebbe giustiziare sul posto chiunque. Per salvare la vita delle beliebers devono imbottirlo di psicofarmaci e si presenta alla folla festante, a Detroit, con la stessa espressività di Moira Orfei.

La gente sta per cagarsi sotto dalla paura, ma fortunatamente Hannibal Lecter, latitante da dieci anni, in un improvviso lampo di imbecillità ha deciso di assistere alla presentazione di un robot poliziotto in mezzo a poliziotti davanti alla centrale della polizia. Brobocop lo arresta e sono tutti contenti. Da quell’episodio gira in moto guardando la gente per strada e ricollegando indirizzi, amici, parenti, email, scansioni retiniche e corporali. Questo non preoccupa affatto la gente, anzi, li rende felici come gli abitanti della Germania comunista o della nord Korea.

Brobocop si mette a indagare sulla sua morte. Guarda cose, appaiono incomprensibili scritte rosse e tutto gli è chiaro. Sa chi è stato, perché e come. La deduzione, l’errore, i dialoghi, sono sottointesi. In meno di venti minuti smaschera i poliziotti corrotti, poi decide di ammazzare chi l’ha creato e lo tiene in vita grazie al classico tradimento del medico Ritardia che ripete “scientifico” ogni cinque minuti e questo basta a far capire che è uno scientifico. Finisce che bang bang bang bang e tutto il popolo convive con i droni felice e contento, perché non è importante la macchina, è importante l’uomo che ci sta dietro. Insomma, l’NSA è buona, tarallucci e vino per tutti. Comprate senza paura l’iPhone 5 e geotaggatevi. Se non vi fidate di Facebook usate Skype. O Instagram. O Gowalla. O Whatsapp. O un Nokia.

In sostanza, vivi o morti andremo con loro.
Recensione finale: una merda.

Il tempo è giunto, signori

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Libro stampato. Se lo prenotate sul sito della Limited avrete una copia con copertina diversa (edizione ignorante, tiratura limitata 300 copie) numerata e autografata dal sottoscritto a Mantova comicsL’editore mi ha chiesto di fare un post autopromozionale, ma siccome parlare di libri è palloso ho scelto un modo più immediato.

Alzate il volume delle casse e

Cliccate
QUI

 

Ci vediamo a Mantova, niggaz. Vi conviene venire la mattina, perché appena scopro dove sono i bar è la fine.

EDIT: il libro si può prenotare da domani. Chi vuole la può ritirare a Mantova o ve la spediscono a casa dal 16 marzo.

Storie di droga in un mondo che si droga

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Conoscevo Consuelo dai tempi dell’AIDA, un drogatoio di Jesolo chiuso per innumerevoli reati nel ’99.

E’ una bionda ossigenata con cinque centimetri di ricrescita, sopracciglia depilate e ridisegnate a pennarello senza motivo, occhi azzurri che guardano il mondo come un cane guarda un gioco di prestigio con le carte, piercing al naso, quarta di reggiseno, manigl corrimani dell’amore, tribale sul culo, gambe tozze e sgraziate regalo di generazioni di tiratori d’aratro. Le Consuelo d’Italia solitamente restano gravide prima dei 20 perché il fiocinatore di turno, causa abitudine, si lega il goldone alla base del cazzo a mò di fifì credendo funzioni con il principio del laccio emostatico. Consuelo è sfortunata. Nel ’99 a Mestre cambiano i vertici della polizia, scopa nuova fa rumore e i tutori della legge aprono i fascicoli targati “inutili coglioni senza futuro”. La sua compagnia viene ferocemente triturata e Consuelo passa da “Io e te 3msc” a “un happy meal e una coca media”. Nel 2000 lavora al merdonald della stazione e la dà in omaggio col McMenu, ansiosa di trovare qualcuno che le fecondi l’unico ovulo non illegale al suo interno.

«Eccoci arrivati!» esclama Atza, girandosi verso di lei «hai fame, Consuelo?»
«Che sboro, me magnaria ea mona de na morta»

 

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In giro corre voce questo biondo parabordi covi un tesoro nascosto. Il suo fidanzato Misha di professione “ho lo scooter” le aveva affidato un intero mattone di fumo. Quando la mannaia in divisa si presentò a casa dello scaltro scooterista fu talmente estasiata dal quantitativo di droga presente da non soffermarsi nei dettagli, e il mattone andò perduto nelle 876486546 pagine di verbale necessarie per spedire Misha a lucidare scroti magrebini. Per qualche mese Consuelo se ne dimentica, poi ne parla alla migliore amica che ne parla alla migliore amica e in tre settimane il merdonald ha una fila di rottami ansiosi di uscire con lei. Tra loro c’è Atza, che ne esce vincitore grazie al fascino da metallaro con occhio infossato, pallore mortale, aria dimessa, trench di pelle nera e rullanti riverberati sotto la pioggia.

«Dai, vedrai che ti piacerà, vero Nebo?» chiede Atza, guardando nello specchietto retrovisore.

 

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«…Nebo?»
«Ciò, dio can, ma gò da caminàr in ‘sto luamaro?» domanda Consuelo osservando il fango sottostante «vara che gò ‘e scarpe de Gucci!»

Atza per avere la droga deve trombarla e per trombarla deve portarla fuori, ma c’è un problema: senza divisa del McDonald, Consuelo veste sobria come un’ucraina ubriaca. I tacchi della madre la obbligano a camminare come un tirannosauro, calze autoreggenti cinesi sporgono da minigonna inguinale leopardata, maglione cinese con decolleté aumentato a forbiciate illustra un paradiso di carne eccessivo anche per un bordello di Saigon; collo, orecchie e polsi totalizzano più oro di Mister T. E’ impresentabile in qualunque posto Atza sia anche solo remotamente conosciuto. Deve quindi condurla in luoghi ove gli umani sono in percentuale inferiore ai bovini. Opta per un trogolo a Mellaredo di Pianiga, amena località di lap dance e cadaveri interrati.

«Magari avvicino la macchina» sorride Atza.
«E ghe sboro, voria anca vedar! ‘e go pagae duzento euro, sa!»

Siccome li ho presentati io, almeno la prima sera devo fare il gesto di uscire con loro. Ecco perché entriamo in tre nel locale.

«I mi morti, xé roba da schei!» trilla l’elefante.

In realtà, no. E’ un cacaio dove maschi di ogni età e provenienza portano le loro vergogne a cenare per dare loro un’impressione di socialità prima di scoparle o squartarle in oscuri motel. In questo caravanserraglio l’aria profuma di promesse di divorzio, suppliche di sconti e ignobili menzogne sul proprio status lavorativo. Attraversando i tavoli trovi chirurghi che si spacciano per ragionieri e ragionieri che si spacciano per chirurghi, pompieri, SEALs, incursori della marina, ghost writer di Fabio Volo, registi televisivi, agenti della CIA. Al nostro ingresso tutti i maschi si girano in preda al panico. Chi siamo, testimoni scomodi? Conoscenti della moglie? Ci squadrano, deducono “threesome con grassona, uuuno di noiiii, voi siete uuuno di noiiii” e tornano a guardare il volto delle loro perversioni. Durante la cena Consuelo esprime il proprio gradimento a bestemmie, tracanna mezzo litro di rosso e si smolla. Sbocconcellando il tiramisù semicongelato, confessa. Possiede il tesoro. Cosa più importante, ne ha con sé massicce dosi.

«Ciò» ammicca «dopo xé femo do bombe?»
Annuiamo con convinzione, senza sapere quello che sta per succederci.

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Di ritorno l’atmosfera è molto più allegra. Decidiamo di rullare le trombe e squillare i tamburi in camporella. Siamo a Mellaredo di Pianiga, l’asfalto è oggetto di venerazione da parte degli abitanti, non è quindi difficile trovare uno sterrato erboso che scende piano nel buio, allontanandosi dalle luci gialle della statale. I fari della Y10 di Atza illuminano un muro nero tagliato dalle goccioline di pioggia. Facciamo altri dieci metri. L’erba lascia il posto alla terra, i fari illuminano una fila di vigneti. Spegniamo il motore e ci mettiamo all’opera. Il fumo è un po’ invecchiato ma niente male, Ce ne facciamo tre e stiamo lì a ridere come idioti di cose che non fanno ridere, tipo stilare un elenco dei conoscenti caduti durante il proprio dovere. Tre overdosi, cinque carcerati, due accoltellati, incidenti stradali e conseguenti mutilazioni, qualche suicidio.

«Devo pisciare» dice Atza, e tenta di aprire la portiera.
Qualcosa la blocca. Riprova con più convinzione.
La serratura si apre, la portiera non scorre.

«Haha, che ha?» fa Atza, ridendo.

Provo io dalla parte del passeggero. Uguale. Abbasso il finestrino e mi faccio luce con il cellulare. Sbianco. Senza aggiungere nulla esco dal finestrino e le Adidas sprofondano nel putridume fino alla caviglia.

«Atza» dico inorridito «ATZA»
«Cosa? Cosa c’è?!»

La Y10 è affondata. Non impantanata, proprio affondata. Le ruote sono quasi sparite, il fango arriva a tre centimetri sopra la linea della portiera. Chi riesce ad affondare in un campo? A parte i genovesi, intendo.

«Oddìo la macchina di mia madre!» grida Atza in preda al panico, accendendo il motore e innestando la retromarcia. Prima che io riesca a dire qualcosa un’ondata di fango e merda decolla da sotto la macchina e m’investe in pieno, glassandomi senza che l’auto si smuova di un millimetro.

«Ma…» balbetto «ma quei brutti cadaveri…»
«Cioè semo blocai qua? Qua drento?!» barrisce Consuelo nei sedili posteriori «semo drio afondàr nel leame? Ah no no no me manca l’aria, me manca el respiro, vojo ndar fora! Aah! Famme uscir!»
«Calmati» dice Atza.
«FIGA TA MARE» grida Consuelo, battendo i pugni contro il vetro.
«Ferma, oh! Esci dal finestrino, piuttosto!»

Dal sedile posteriore, abbassare il sedile impedisce l’accesso al finestrino. Il capodoglio spiaggiato allora tenta di scavalcarli, ma farla passare nell’intersezione di una Y10 è come cercare di far passare un’anguria nel culo di una donnola. La cicciabomba tenta l’impresa. Le riesce in parte. Frana spaccando il poggiatesta e rovinando di faccia sul cruscotto. Barrisce. Per girarsi, la montagna di lardo perde le scarpe e piazza un ginocchio in faccia di Atza, poi tenta il tutto per tutto ma il suo culo immondo non passa per il finestrino. Vi resta naturalmente incastrata con tette, braccia e trippa da una parte, portammerda e cosciotti dentro che si agitano come teste dell’hydra.

E tutto questo sa succedendo davvero, penso mentre un piede della mortadella umana scartavetra la faccia di Atza.

«Aiutoooo» urla Consuelo «tireme fora!»
Le afferro le mani e tiro. Le tette penzolano nel vuoto, lei si divincola urlando come una bestia scannata. Dall’autoradio parte “Alfieri” di Elio e le storie tese.

«NO VOJO MORIIIIIR»

In un mondo che ci è ostile, rovinato dalla drooogaaa..

«Rilassati» dico, appoggiando un piede alla portiera e tirando con tutta la forza che ho, scatenando una selva di ululati dalla mia parte e di oscene scorreggie dall’altra, la cui aria mefitica investe in pieno la faccia di Atza che urla anche lui, poi abbassa il finestrino e si eietta fuori tossendo.

«AH DIO NO NO FERMO CHE ME CAGO DOSSO, FERMO!» bramisce il parabordi.
«Ho un’idea» dico, mollandola «ma devo toglierti i vestiti»
«COSSA?»
«Uso il fango per farti scivolare fuori»
«VOLE’ SDRUPARME?»
«Ma no, deficiente» dico «ti faccio scivolare»
«NO VOJO CHE ME SDRUPE’»
«Consuelo, guarda!» dico, prendendo una manciata di fango e sparandogliela sotto le tette «vedi, è scivoloso!»

«Ma cosa cazzo dicihihihi» piange Atza, coprendosi la faccia mentre io giuoco all’allegro fanghetto ricoprendo i bordi del finestrino e ricominciando a tirare le mani di Consuelo, cosa che scatena una seconda selva di peti. Piange lei, piange Atza, qua l’unico che lavora sono io. Sto oramai strattonando il corpo esanime e semisvestito della butrona quando il contadino ci trova, richiamato dalle urla. Dobbiamo calmare Consuelo e convincere il latifondista – con fucile – che non la stavamo stuprando e che non è una prostituta, poi il vecchio va a prendere il trattore e ci libera dalle paludi di Mordor restituendoci un golem di palude al posto della Y10. Ritorniamo a casa fortunatamente senza incrociare pattuglie. Non rivedremo mai più Consuelo né parleremo dell’aneddoto, consci del fatto che se un sussurro fosse giunto alle orecchie di Ario avremmo finito di vivere per sempre.

I diritti dell’universo

Banchetto

Strada. Ragazza del banchetto mi punta in diagonale.

«Ciao! Tu ami gli animali?» esordisce con uno splendido sorriso, tenendo in mano un foglietto.
«Sì, fin da bambino» annuisco.
«Ah, grande! Allora ti lascio…»

«I miei genitori avevano due pappagallini» spiego, ignorandola «li guardavo vivere in una gabbia di neanche un metro quadro e li trovavo bellissimi. I miei genitori divorziavano, gli amici non mi chiamavano e le donne mi mollavano, ma quei due pappagallini no. Stavo ore a guardarli beandomi del fatto che non avrebbero mai volato né cacciato né visto un posto diverso dalla mia cucina per tutta la loro vita. Stavano dentro quel cubo d’acciaio a bere, mangiare, cacare e invecchiare. Li guardavo e li amavo. Rosicchiavano le sbarre, sì, ma rimanevano sempre lì con me, capisci? Un becco non può rompere una sbarra di ferro. Ho quindi deciso che gli animali sono meglio degli uomini»

Mi guarda confusa.
«S-sull’ultima frase sono d’accordo con te, ma… ehm, io ti chiedevo se volevi lasciarci un contributo per…»
«Sono cresciuto. Ho avuto una ragazza ma ero sicuro guardasse gli altri ragazzi. Quindi li desiderava. Anch’io guardavo le altre, ma per un uomo è diverso»
«Ma che c’entra?»

«Ci arrivo. Io la sgridavo e lei replicava. Mi giudicava, capisci? Apriva bocca e parlava. Aveva opinioni. Pareri. Diceva che ero un insicuro, ma sapevo che in realtà erano i suoi amici a metterle in testa certe idee. Una donna non può pensare certe cose su di me da sola, così le ho detto di smettere di frequentarli»

Lei mi guarda.
Occhi vacui, confusi e via via più astiosi.

«L’ha fatto, naturalmente. Se mi ami fai quello che dico io. Ma per strada continuava a guardare uomini più muscolosi di me, meglio vestiti di me, con una macchina più bella della mia, con un lavoro migliore del mio. Allora abbiamo iniziato a uscire di meno, ma ogni volta che non eravamo insieme e la chiamavo sentivo che era allegra. Più allegra di quando stava con me, il che era intollerabile»

«Sì, ma io volevo spiegarti che siamo un’associazione…»
«Le chiedevo se era con qualcuno e lei diceva di no. Ero così spaventato mi lasciasse che le ho chiesto di sposarmi. Ha detto di no e mi ha lasciato. Ti pare un bel comportamento, dopo tutto quello che ho fatto per lei? Rispondimi sinceramente»
«Non lo so, non la conosco»
«Nemmeno io conosco tutti gli animali, però mi hai chiesto se li amo. Tu ami il rottweiler che ha sbranato quel bambino? Ami le lontre che stuprano cuccioli di foca a morte? I delfini che uccidono le focene per divertimento? »

«I delfini non fanno una cosa del genere!»

«Sì. Ma solo per allenarsi a uccidere i loro figli. Per non parlare dei pinguini, il pigoscelide di Adelia è necrofilo. Uccide e scopa i corpi. Per non parlare delle scimmie, che per scoparsi una femmina le uccidono e mangiano il figlio davanti. Li ami?»

«Sì. Cioè, no! E’ diverso»
«Lasciami finire. Dopo che la mia ragazza mi ha lasciato ho passato un brutto periodo dove le telefonavo venti volte al giorno, le mandavo messaggi e l’aspettavo sotto casa o fuori dal lavoro. Una sera l’ho vista rincasare con un altro, le ho mandato un SMS per dirglielo e due giorni dopo mi ha denunciato per stalking. Ti risparmio la menata del processo, è stata abbastanza noiosa, comunque m’è passata. Ho preso un cane»

«Ah… ah. Bello, anch’io ne ho uno»
«Sì? E dove l’hai preso?»
«Un mio amico aveva la cagna che aveva partorito»

«Ecco. Io invece sono andato al canile, quindi sono più buono di te. Ho scorso file di cani con un atteggiamento di orgoglio o di indipendenza e sono passato oltre, mi ricordavano troppo la mia ex. Ho trovato un bastardino dall’aria così afflitta da mettermi a mio agio. Era magro, triste e solo. Finalmente avevo trovato un essere così bisognoso da non poter scegliere. Quando l’ho portato via ero felice di sapere che gli altri cani rimanessero soli, era come vendicarmi di quegli stronzi degli esseri umani. Così imparano a fare tanto gli orgogliosi. L’ho subito portato dal veterinario e per fargli esami e vaccini. Lui non era d’accordo, tremava e guaiva, ma io so qual è il suo bene. Ho dovuto farlo, perché da quando l’ho preso al canile solo la morte l’avrebbe liberato da me, e non volevo correre il rischio morisse prima del tempo. L’ho chiamato Spritz perché è ironico e perché l’alcool è l’unica cosa che dà un senso alla mia vita»

«Cioè hai preso un cane al canile e l’hai curato»
«Esatto. Sono un uomo buono, io. Poi l’ho portato a casa ed è diventato il mio migliore amico. E’ proprio un membro della famiglia, il caro Spritz»
«Su quello sono d’accordissimo, io ne ho due. I cani sono così umani… ma meglio»

«Meglio, infatti» annuisco «sono meno pretenziosi. Non ti contraddicono quando spieghi perché bisogna votare Grillo. Non ti fanno notare che stai ingrassando. Non ti dicono che sbagli. Stanno lì e ti fanno sentire buono. Perché noi che amiamo gli animali siamo buoni, giusto?»

«Certo»
«Voglio dire… guardali. Li abbiamo vaccinati contro la loro volontà, li teniamo in un tale stato di carcerazione in cui cagano e pisciano quando glielo diciamo noi, non fanno nulla di loro spontanea volontà, scopano quando noi decidiamo che scopino e basta agitargli un guinzaglio davanti per renderli felici. A volte è meglio castrarli o sterilizzarli, è più pratico per loro. Prendi i gatti. Se li sterilizzi poi sono molto meno inclini a scappare. Ti dirò, se avessi potuto avrei fatto sterilizzare anche la mia ex. Avrebbe avuto molta meno voglia di vedere altri uomini, no? Sarebbe rimasta con me per sempre. Sono o non sono la persona migliore che tu abbia mai visto? Sono persino più buono di te, perché non mangio carne»

«Anch’io sono vegetariana» dice, alzando un sopracciglio.

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«Lo so, è diventato così di moda che oggigiorno bisogna essere vegan, per sentirsi più buoni degli altri. Anzi, pure quelli sono mainstream, tocca diventare fruttariani. Ma perché?» domando.

«Cos… Perché uccidere un animale è orribile»
«Risposta esatta. E come hai risolto la contraddizione del cane?»
«Quale?»
«Bè, il cane mangia carne. Tutti gli animali domestici mangiano carne. Il mangime per cani contiene carne. Per dimostrare che amo gli animali ne faccio macellare di più. L’unica soluzione è boicottare le aziende che macellano animali, ma questo le farebbe fallire e il mio cane morirebbe di fame. Come fai?»

«M-ma gli animali non possono scegliere, noi sì»
«Esatto!» esclamo, illuminandomi «e noi scegliamo di aumentare il numero di animali domestici, il che aumenta il fabbisogno di cibo per cani, il che aumenta il numero di animali uccisi per sfamare i nostri! Un essere umano mangia carne quanto, tre, quattro volte a settimana? Un animale mangia carne due volte al giorno. Cazzo, per dimostrare che amo gli animali sono costretto a farne massacrare gozzilioni. Però tutto sommato va bene, vacche e galline non sanno cos’è l’affetto, sono meno animali degli altri»

«Aspetta un attimo, chi ti ha detto che il numero di animali domestici è aumentato?»
«Il numero d’iscrizioni all’ENCI. Per non parlare dei gatti, ma quelli non si possono contare. Sai, a volte mi domando se questo dato si possa incrociare con il numero di divorzi, anche quello in aumento. Ogni tanto ho come l’impressione che… so che è assurdo, ma è come se questi due dati insieme mi suggerissero qualcosa. Qualcosa che mi sfugge. A te non capita?»

«No. Ho altre cose a cui pensare. Per esempio le crudeltà dell’uomo sugli animali. Passo giorni interi a riversare odio, insulti, minacce e auguri di torture in rete quando vedo queste cose. Mi aiuta a far sapere al mondo che io sono buona e che so amare. Per quello a me fanno più pena i mendicanti coi cani che con i bambini. Io poi adoro fare i campionati di compassione, mi fanno sentire troppo sensibile»

«Ti capisco. Ma posso farti una domanda?»
«Sentiamo»

«Ti è mai passato per la testa che siamo sacchi di carne che parassitano il calore di un sasso che si sta spegnendo nel bel mezzo di un universo sospeso nel nulla, e che il nulla non ha né spazio né dimensione, perciò sostanzialmente non sappiamo chi siamo, cosa siamo, dove siamo né dove andiamo? Hai mai riflettuto sul fatto che la nostra stessa esistenza è un’ipotesi, non una certezza, dato che non è misurabile in nessuna unità di misura? Che non esiste né una fine né un inizio? E che tra al massimo cinquant’anni saremo morti?»

«Io… amo gli animali»

«Lo so. Ma non scriveremo mai la data “2080”. La nostra vita si sta consumando secondo dopo secondo e tu la passi a odiare sconosciuti che fanno azioni ipotetiche su creature supposte in uno spazio inconsistente. Nel 2080 parte delle tue molecole saranno l’insalata in un McBacon tra un hamburger di manzo e una fettina di maiale che alimenterà l’organismo di un uomo che schiaccerà una zanzara pensando alle tette di una ragazza nata nel 2068. Hai mai pensato…» dico, incerto «…che siamo solo mostri ben disegnati?»

Per un istante mi fissa, come se qualcosa le si stesse accendendo nel cervello. Poi scuote la testa, fa un sorriso e mi porge il foglietto: «Ti lascio un opuscolo per la nostra associazione a difesa dei diritti degli animali. Fai le coccole a Spritz da parte mia»

«Grazie» dico, e riprendo a muovermi su un paio di Ranger boots scamosciati, composti con le molecole del signor Torquato Tasso. Sta iniziando a piovere, non vorrei bagnarli.