La mia pistola è come il mio pene, piccolo e inaffidabile



A casa di un pittore è facile trovare colori. A casa di un programmatore, computer. A casa di uno sceneggiatore, libri. A casa di un grafico, riviste gay. A casa della Minetti, tanga. Mi chiedo perché a casa di un manager troviamo un fucile e due pistole semiautomatiche. 

La risposta è: perché vuole usarli.
Non so voi come chiamiate una persona ansiosa di usare un’arma da fuoco, io di solito chiamo i Carabinieri. Oggi però gli handicappati diventano diversamente abili, i negri diventano persone di colore[sottointeso diverso dal bianco], le puttane diventano escort e le persone ansiose di usare un’arma da fuoco diventano cacciatori sportivi. 
Quando sento “caccia” penso ai Masai in Kenya. Ancora oggi vanno contro un leone in 5, ognuno armato di una zagaglia. Spesso ce la fanno. Venti-trenta ragazzi che scavano buche e preparano trappole per cinghiali per poi corrergli incontro con un coltello sperando quello ci caschi e non carichi. Gli indiani con l’arco contro i bisonti. Ario in un locale hipster. La caccia alla balena nel 1800, con scialuppe e ramponi tiravano giù una bestia grossa come una portaerei. Quella per me è caccia sportiva. Uno ha punti deboli che l’altro non ha e viceversa, entrambi rischiano di morire o di uccidere l’altro. 

Nel caso del nostro manager, invece, premi un pulsante e uccidi una poiana.

Entrare in un asilo per bambini ritardati e sterminarli a fucilate senza manco le suore a confonderti la mira o le associazioni dei genitori che ti fanno sprecare munizioni viene considerato uno sport. Persino il curling ha più dignità, e tenete presente che stiamo parlando della masturbazione elevata a pratica agonistica. Come risolvere questo imbarazzante problema? Cambiandogli il nome. Stai socializzando con un collega alla macchinetta del caffè e ti domanda che fai questo fine settimana? “sparo a creature indifese per divertimento” suona malino. Così rispondi “vado a caccia, la natura mi rilassa” ed i colleghi annuiscono ammirati dall’immagine poetica. Il panorama mozzafiato, il cinguettìo degli uccelli, la brezza tra gli alberi, i ruscelli di montagna, un cervo che passeggia e tu che li ammazzi tutti.

Un’immagine che trasmette sanità mentale da tutte le parti. 


Volendo analizzare nel dettaglio quella sopra, invece, il messaggio è chiaro: proteggerò la mia splendida famiglia e non esiterò a sparare se zombie/ serial killer/ vampiri/ passanti negri/ commessi dell’Iranistan/ ragazzini con giubbotti di pelle si avvicineranno per farle del male. La Paramount Pictures mi ha spiegato come fare nei contenuti extra dei DVD. Anche tu, sì, tu che guardi. Che cazzo vuoi? Tira dritto, stronzo. Sei sotto tiro. 

Avete presente quando a tredici anni sognavamo di trovarci nella stessa situazione di McLane su Trappola di cristallo? Bene. Anche lui. Solo che ha passato i 40, è un impiegato alle poste impazzito dalla paura verso il mondo esterno e nuota tra attacchi di panico e crisi di paranoia. Insomma, la persona giusta a cui dare una pistola. E difatti per loro la vecchiaia e il caldo si trasformano in un assedio dei GIS o in un carabiniere morto. Una litigata in famiglia diventa una strage. Un momento di depressione diventa omicidio/suicidio. Una passeggiata nei boschi diventa un revival della seconda guerra mondiale. Una gita con tuo figlio diventa un aborto in extremis che in altri casi può sfociare in una faida. Maneggiarla può trasformarsi in un omicidio colposo

Tutto questo perchè sparare è bello e dà quella sicurezza in più: quale ladro verrebbe a casa tua, sapendo che al minimo rumore potresti abbattere televisore, cane, credenza e moglie incinta?