Rocco Siffredi è statisticamente sfigato



Come disse Bukowsky anni fa, non mi fido delle statistiche perché un uomo col culo nel freezer e il cazzo nel forno ha una temperatura normale. 

Prendete la frase che ti dicono in concessionaria dei tizi dai denti rifatti che trombano vostra moglie e pestano la loro: “quest’auto fa 40 chilometri con un litro”. Appena senti questo mantra immagini ingegneri in camice bianco che si congratulano tra loro per avere inventato la prima automobile a moto perpetuo. La compri fiducioso, a fine mese fai i conti e scopri che invece di una macchina piloti un Evangelion col cavo attaccato al distributore Eni. Non è possibile, pensi, avrai sbagliato a fare i conti. Fai il pieno, nove chilometri dopo la spia della riserva si accende col suono delle sirene antiaeree, WEEEEEEEE e venti metri dopo il motore si spegne. 



– Caro, che succede? 


La vagina al tuo fianco ti guarda confusa. Come ogni donna del pianeta ignora il funzionamento meccanico di pressoché qualunque cosa e considera la benzina un liquido magico e prodigioso alla stregua dello shampoo di Gucci o un farmaco omeopatico. Tu invece sai leggere quegli arabeschi euro/litri che scorrono sul distributore, serri la mascella e tenti di sorridere anche quando lei ti domanda con voce angelica se si può riparare col crick. In realtà il tizio con i denti di ceramica non ha mentito. Nella media bisogna considerare anche l’unica domenica dell’anno gita-moglie-e-suocera verso ignote località montane, cinque ore di autostrada dritta e piatta a velocità costante dove anche fare gli abbaglianti diventa una gioia incontenibile. Se aggiungi il ritorno in discesa a motore spentostatisticamente la tua auto ha consumato pochissimo ed è stata un investimento per l’ambiente ed il futuro dei tuoi figWEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE 


– Tesoro, non faremo tardi da mia madre, vero? 
– P’pà, pecché non mi ‘compagni a giocaae coi miei ‘mici? 

– Ora facciamo il gioco del silenzio – dite, coprendo le fosse. 


Nelle pubblicità tutto questo viene subdolamente occultato. Gli unici spot ambientati nel mondo reale hanno l’auto che scava buche nell’asfalto o si parcheggia da sola o diventa Vultus 5 o è guidata da una donna che sa controsterzare. In quelle fantasiose, invece, boschi. Colline, montagne, quiete e silenzio (chiaro indice del motore spento). Non ci sono cornuti che fanno i furbi né vecchi col cappello a venti all’ora né asiatici che ignorano l’utilità della frizione, la tengono onnipremuta e fondono due-tre motori al mese. Non ci sono. Allo stop non c’è Feng Dong che dieci chilometri dietro di voi confonde freno con frizione e procede a due all’ora verso il vostro paraurti con aria sconvolta. Non c’è il vostro sguardo terrorizzato specchietto/parabrezza/specchietto/parabrezza e lo scatto disperato della vostra utilitaria per sottrarsi all’inevitabile avanzata cinese. Non c’è il camionista rumeno sbronzo che sorpassa senza guardare. Non c’è Alessandro Minoggi al volante.

Nel complesso mancano tutte le cause dei bombardamenti alla Libia.

Questa specie di religione di massa campa grazie a difese mentali, piccoli rassicuranti trucchi che sono in grado di farvi fare rate per generazioni senza battere ciglio fino a farvi dire dal finestrino del SUV all’amico in 600 “guarda che la mia consuma meno della tua”. Per fare un paragone, calcolando l’infanzia, le ore di sonno, il tempo passato a masturbarsi dentro e fuori dai set, Rocco Siffredi ha scopato poco.

Statisticamente.