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Un giorno con un agente immobiliare

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Sono in macchina con l’agente immobiliare, un’Audi A6 immersa nel traffico di Milano. Lui ha la mia età, una cravatta regimental anni ’90 larga come una pinna, un completo Pal Zileri da matrimonio mafioso e scarpe a punta. Dice che sto per vedere un quartiere molto sportivo.

«I giovani oggi vogliono una location poliedrica, che gli permetta di interfacciarsi con immediatezza a realtà differenti dalla loro. Il social è anche street, oggi.»

Vorrei cacargli in faccia e andarmene, ma ho bisogno di una casa. Così faccio finta di capire cosa cazzo abbia detto. Mi domanda se sono sposato, dico che ho una ragazza.

«È una… vecchio stile o moderna?»
«Non la seguo.»
«Cioè, bada alla differenza tra il sesso consensuale e quello diversamente consensuale?»
«Mi sta chiedendo se le piace essere stuprata?»

Spiega che a Milano la parola “stupro” non si usa in caso di violenza sessuale. Qui una donna dice di essere stuprata se la critichi o se è pentita di essere venuta a letto con te. La violenza carnale, a Milano, si chiama sex misunderstanding. Rifletto sui pro e contro della bomba a piazza Fontana quando dal finestrino noto un uomo. Corre tenendosi un braccio sanguinante, inseguito da tre energumeni. Dico all’agente di fermare la macchina, ma lui ride e scuote la testa.

«Le ho detto che questo è un quartiere sportivo. Quelli stanno facendo reality fitness. Si tratta di jogging, parkour e crossfit insieme. Serve a simulare una rapina per rendere l’allenamento più real, invece del solito monotono weight lifting. Stanno benissimo, si fidi.»

Dico che mi pare una puttanata, ma lui dice che a Milano è così. Tutto si mescola, qui. Ci sono officine con bar, librerie con discoteche, fabbriche con ristorante, negozi d’abbigliamento con pizzeria, palestre con vegan pub e negozi di alimentari sostenibili con iPad e arredi Zara home. Rassicurato, osservo l’uomo venire massacrato di botte. Dall’altra parte del marciapiede una coppia con un bambino urla in mezzo a un capannello di persone. L’agente nota la scena e mi tranquillizza ancora: si tratta di uno scambio culturale. In certe zone di Milano, quelle più cosmopolite, a volte esci a fare la spesa e quando torni trovi in appartamento altre realtà familiari.

«Cioè la suburra ti espropria casa?»
L’agente ride del mio provincialismo.

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Milano ha voglia di fare e disfare, costruire e ricominciare. Dunque i desperados ti fanno un favore ad alleggerirti. Un trasloco coi computer, la televisione, la lavatrice, i mobili è uno strazio. Invece così prendi il bambino e sei pronto. Un nuovo inizio. Mobilità, questa è la parola chiave. Aggiunge che coi giusti mediatori culturali è possibile comunque ottenere indietro qualcosa, tipo la roba di valore affettivo. Questo mi conforta. In sette anni mia morosa ha buttato via ¾ del mio guardaroba mentre io non ho ancora trovato il modo di far sparire il suo pelouche demmerda; è bello sapere che nemmeno un manipolo di zingari può riuscirci.

Parcheggia sotto un condominio grigio circondato da aiuole che pullulano di immondizia. Tra il ciarpame noto figure umane coperte da cartoni, sacchetti della spazzatura sventrati. Uno sta cucinando un ovetto al tegamino su un falò, accompagnandolo da un delizioso Tavernello. L’agente dice che non devo preoccuparmi, si tratta di una precisa scelta stilistica dell’interior designer. Ora va l’industrial grunge, ma domani se gli gira potrebbero essere tutte boiserie di noce e carta da parati. Quando domando se è vero, mi dice di leggermi qualche rivista d’interior design.

Con la tessera dell’arcigay ti fanno lo sconto.

L’ascensore ha due travi di legno che formano una X. Sui muri leggo Rekon, Jamal Abi, Degrado Krew, Milano Bronx d’Italia, Welcome to favelas, Francesca troia, w lega nord. Le scale sono impreziosite da un tappeto marroncino che sospetto un tempo fosse rosso. Arriviamo al sesto piano senza incontrare anima viva, né sentire alcun rumore provenire dalle case. Al terzo mi sembra d’intravedere un uscio socchiuso. C’è odore di urina, vomito e qualcos’altro che somiglia a muffa e mostarda. Dico che per me possiamo anche andare perché qui dentro sembra il set di Fallout, ma lui insiste dicendo che sono provinciale. Qui, spiega, abitano fior di laureati.

«Guardi» dice, suonando un campanello a caso.
«Chi rompe collioni?» risponde l’interfono.
«Salve, sono l’agente immobiliare Vanghetti, volevo sapere se lei è laureato.»
«Sono laureato in coltelli, filio di putana, vengo giù, ti ammazzo.»
L’agente dice che oggi si laureano in un sacco di cose.

Sono sei mesi che giro appartamenti con tutte le agenzie immobiliari possibili. Le stesse che dal vivo mi fanno vedere cacai immondi, poi via mail mi mandano posti stupendi che costano tre volte il budget che gli ho dato. Alla fine ho risolto grazie al passaparola. A trentacinque anni ho imparato che non importa se vuoi andare in affitto o comprare: importa solo evitare le agenzie immobiliari. Ora inizia il capitolo mobili, dove forte del mio passato da falegname mi sono fissato col recuperare vecchi mobili, restaurarli o farmeli per conto mio evitando il più possibile la plastica e le gite all’Ikea, che temo più della morte.

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Ma questa è un’altra storia.

Qualcosa nel buio ci protegge, ma se accendiamo la luce ci ucciderà.

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Dopo i fatti di Parigi gli stimaticolleghi© sostengono ventre a terra la teoria che l’Italia sia protetta dalla mafia. Lo dice un tizio il cui curriculum non è verificabile, cazzo, è certamente vero. La notizia rimbalza all’estero e questo fa agitare il pollame starnazzante: davvero gli psicopatici di Parigi non vengono da noi perché c’è Totò ‘o curtu?

Ricapitoliamo quello che dei magrebini fallit terroristi hanno provato a fare nel nostro paese negli ultimi anni.

Nel 2001, PRIMA delle Torri gemelle, in Italia è stato sventato un attentato a Lignano pineta. Sempre prima delle Torri, a maggio fu sventato un tentativo che puntava la metropolitana di Milano. A ottobre l’ambasciata ammeregana a Roma. Non fai in tempo a rilassarti che il mese dopo ecco arrivare uno convertitosi all’Islam per lo stesso motivo di quell’altra psicopatica, ossia che sono dei falliti. Questo stronzo vuole radere al suolo il tempio della Concordia ad Agrigento. Fallisce. A maggio 2002 c’è un doppio tentativo alla cattedrale di Cremona e al Duomo di Milano. Il mese dopo, alla basilica di Bologna. Nel 2003 si riprende con allegria, quando un fanatico dentro un’auto imbottita di esplosivo si da’ fuoco contro la sinagoga di Modena il 12 dicembre 2003.

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Portentosi, ‘sti uomini di mafia. Pensa il tempo speso in appostamenti, intercettazioni, magari con la polizia che gli rompe il cazzo e cerca di arrestarli. Ah, se solo la mafia avesse più mezzi e ci decidessimo ad abolire le forze dell’ordine e l’esercito, che paradiso sarebbe. Ma non divaghiamo.

Il 29 marzo 2004 un altro coglione si fa esplodere al McDonald di Brescia. Nel 2005 viene sventato per un soffio un grosso SBRAANG al porto di Napoli per mano di algerini e nel 2006 tocca di nuovo alla metropolitana di Milano e alla chiesa di San Petronio a Bologna. È un falso allarme dovuto a un errore di traduzione (dei Carabinieri, chiaro, la mafia mica sbaglia traduzioni), ma non lo è quando per un pelo viene sventata una carneficina al Duomo, a Bande nere e nei supermercati per mano di tre marocchini nel 2008. Nel 2009 ecco un altro suicida contro la caserma militare a Milano. E tre mesi dopo un secondo, sempre a Milano e sempre sventato.

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Perché cazzo la mafia dovrebbe sventare un attentato alle caserme?
Vabbè, sono stupido io.

Torniamo a bomba (ha ha!) all’aprile del 2010, quando i cammellieri impazziti per le troppe seghe tentano di accoppare Ratzinger e altri cercano di far saltare per aria vari quartieri di Napoli. Sempre a Napoli, altri puntano la stazione centrale e la metropolitana. Torniamo a Milano, la cara vecchia sinagoga nel marzo 2012 viene puntata dal solito manipolo di beduini. Nel frattempo altri camel lover nel marzo 2013 provano a formarsi in Puglia. Vengono fermati dai Carabinieri, dicono i giornali, ma certamente è stato merito di Giuseppe ‘o mariuolo e Salvo ‘o muccobombo. Bloccati questi, altri ci provano a Brescia nel giugno del 2013. Pochi mesi dopo tocca per l’ennesima volta a Milano in ottobre: per pochissimo non fanno deflagrare la metropolitana. E mentre noi all’EXPO deridevamo il “vietato introdurre catapulte” (ha ha ha, stupidi addetti alla sicurezza!) e facevamo sagace ironia sulle file (ha ha ha, stupidi paranoici!), è stato fermato per i capelli un tentativo di kaboom. A giugno c’è stato un altro tentativo in Vaticano e rieccoci a San Petronio nell’ottobre 2015, dove i fanatici ritardati tentano il colpaccio ma gli va storta.

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Cioè, la mafia non solo interra fusti radioattivi in madrepatria contaminando il cibo e condannando interi paesi a morire di cancro e leucemia, non solo costruisce palazzine che crollano uccidendo chi ci abita, non solo scioglie bambini nell’acido e costringe bambine a prostituirsi, fa saltare per aria gente che non ha soldi per pagare il pizzo, strozza realtà umane e lavorative, usa e getta schiavi di vent’anni. Non solo gestisce il traffico di droga che poi fa spacciare agli immigrati che ci guadagnano i soldi con cui, stando a tutti gli articoli qui sopra, comprano esplosivi per farci attentati.

No. Oltre a questo, nel tempo libero ci salva dai terroristi.

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È la verità?

Penso che nessun giornale, nessun politico, nessun opinionista e nessun “controinformatore” dica la verità. E non per malafede, ma perché secondo me è troppo complessa, intricata, connessa e sfaccettata per essere compresa da un popolo che davanti a 120 morti s’indigna per il cane. Voglio dire, guardiamoci negli occhi. Siamo piccoli, limitati, stupidi, meschini e inconsapevoli. Alterniamo indignazioni da lavandaie a ironie moraliste. Pur di non smentire i nostri pregiudizi da centro sociale preferiamo dare alla mafia i meriti dello Stato: davvero pensiamo di avere l’apertura mentale per capire l’architettura segreta del mondo? Di essere in grado di reggere la risposta? Noi che c’eravamo indignati per “annichiliscilo”? Che quando c’è una manifestazione urliamo “GUARDATE RAGHE UN AGGENDESECRETO“?

Dopo Parigi ci stiamo cagando addosso e vogliamo una pacca sulla schiena. Potrebbe succedere anche da noi? Ci saranno, attentati da noi? Secondo me vogliamo solo una rassicurazione, non la verità. E dalla tempesta di link qui sopra, io cammino tranquillo per strada. Continuavano a provarci prima e continueranno adesso, ma noi continuiamo a parare. Il come, il chi e il perché non lo so. Lo Stato ha un sacco di apparati e organi e sigle che mi sfuggono, ma dopotutto sono uno scrittore. Non saprei nemmeno elencare i nomi di 10 politici del partito che ho votato. Non so il nome dell’ufficiale che comanda la caserma di Mestre, per dire. Non so nemmeno il nome di chi mi ha cucito la camicia che ho addosso. O da dove viene la droga che uso, né il petrolio con cui hanno fatto la plastica della tastiera su cui sto scrivendo.

Non so un sacco di cose, ora che ci faccio caso.

Io, tu, noi, siamo insieme in un piccolo cerchio di luce circondato dal buio da cui provengono rumori orrendi. Ogni tanto un artiglio prova ad afferrarci. Possiamo interrogarci per ore su cosa gli impedisca di farcela, ma qualunque cosa sia, ci protegge secondo un patto non detto ma molto chiaro: non accendere la luce.

Lo ringrazio di cuore perché mi permette di camminare sereno per strada, ma non voglio avere niente a che fare con lui. Perché credo sia qualcosa di molto, molto più cattivo e potente della mafia.

1944: LA COTTOLENGO SHUFFLE

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Washington, marzo 1943.
Il generale Eisenhower, capo supremo delle forze alleate, entra nell’ufficio presidenziale e scatta sull’attenti. Alla scrivania, il presidente Roosevelt alza la testa e squadra il militare: «Sì?»
«Il D-day è alle porte, presidente.»
«Lo so. Cosa vuol dire quella D, poi?»
«È segreto.»
«Sono il presidente degli Stati Uniti.»
«È segreto anche per lei.»
«Allora per chi non lo è?»

«Generale, lei non ha idea di cosa significhi quella D, vero?»
«Tanto non lo sa nessuno» minimizza Eisenhower.

Lo sbarco in Normandia è stato pianificato, ma c’è un problema: buona parte dei soldati destinati alla mattanza sono ragazzetti inesperti che alla prima granata potrebbero andare in panico e rovinare tutto. Non c’è modo di trasformarli in veterani, però Eisenhower pensa che si potrebbe almeno prepararli con


«…un’esercitazione, ho indovinato?» sorride Roosevelt.

 

 

 

 

 

 

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«Fuori di qui, pazzo» dice il presidente, rimettendosi a scrivere.
«Ma perché? Sono belle, le esercitazioni!»
«Ogni volta che quel cottolengo galleggiante chiamato “marina” fa un’esercitazione raggiunge ineguagliate vette di ritardo mentale, generale. Muoiono come mosche.»
«E se invece lo chiamiamo… non so, esercizio?»
«NIENTE SIMULAZIONI, CAZZO, NIENTE! SIMULAZIONI!» tuona Roosevelt battendo i pugni sul tavolo «GIURO SULLA MADONNA DI CASTELMONTE, EISENHOWER, FAMMI SOLO UN’ALTRA SIMULAZIONE DEL CAZZO E IO T
L’exercise Tiger si divide in due fasi.

Prima gli inglesi bombarderanno la spiaggia di Sampton sands, nel Devon, simile in tutto e per tutto a quella della Normandia. Questo ricreerà l’odore, la distruzione e i detriti di un vero campo di battaglia. Poi verranno fatti sbarcare i marines, inconsapevoli si tratti di una simulazione. A quel punto gli inglesi continueranno a bombardare, ma spostando la traiettoria dietro una linea di nastro bianco tirata lungo la spiaggia in modo da non colpirli.

Tutte le munizioni vere.

Siccome le possibilità di una catastrofe non sono abbastanza mostruose, Eisenhower mette a capo della flotta americana l’ammiraglio Don P. Moon e come ufficiali delle navi da trasporto degli stronzi qualsiasi assegnati alla marina perché da piccoli andavano a pesca in un laghetto del Wisconsin. Compartimenta le informazioni in modo che nessuno faccia la spia. Fa evacuare 30,000 acri di territorio inglese dando alle famiglie dei paesi limitrofi cinque settimane per levarsi dai marroni senza dire loro perché, né quando potranno fare ritorno a casa. Né se la troveranno intera.

L’operazione inizia subito in un clima di rilassata professionalità.

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Slapton sands, ore 2200, 24 aprile 1944
Accampamento militare inglese

«STIAMO NELLA MERDA PESA, COLONNELLO» grida il sergente maggiore inglese sotto la pioggia «metà cannoni sono impantanati e l’altra metà non riusciamo a calibrarli! Con ‘sto buio rischiamo di sparare in alto mare, ma se tiriamo corto disintegriamo i villaggi vuoti!»
Il colonnello, bagnato fradicio, entra trafelato nella tenda: «Comunicate alla flotta americana di posticipare lo sbarco, perdìo, qui è un macello!»
«Ho bisogno di sapere la frequenza segreta, signore» dice il marconista.
«Quale frequenza segreta?» fa il colonnello, poi si gira verso il tavolo degli ufficiali «voi ne sapete qualcosa?»
Silenzio.

 

 

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USS Idaho, 9 miglia dalla costa, stessa ora

«Dite agli inglesi che siamo in perfetto orario» ordina l’ammiraglio Moon.
«Su quale frequenza?»
«Che ne so, io? È lei l’addetto radio.»
«È stata affidata a un ufficiale per motivi di segretezza, signore.»
«Allora chiamatelo.»
«È segreto anche quello, signore.»

Mancano due ore alla più grande esercitazione mai eseguita dall’uomo e i militari si accorgono che in un raptus paranoide l’intelligence ha secretato il secretatore col segreto. Potrebbe non essere in plancia, potrebbe non essere a bordo, potrebbe benissimo essere a casa a trombarsi la moglie, per quel che ne sanno. Fatto sta che le radio non riceve né trasmette.

«Provate frequenze a caso.»
«Ma abbiamo l’ordine di silenzio radio…»
«STACCE» fa l’ammiraglio Moon, sporgendo il petto «noi siamo americani, ribelli e leader naturali. Le regole sono fatte per essere infrante. Poi siamo in Inghilterra, haha, chi vuoi che ci senta? I vecchi radioamatori? Hahaha ha ha, hellò hellò oggi ho fatto il pane? I bambinetti con le radioline pissi pissi bau bau? Ha ha haha ha la regina oh my God portatemi il my tea haHA HAHA HAHAH AHAHAH

 

 

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Sottomarino nazista Krapfen-3

«Herr komandant, rileviamo molto traffico radio tra riva e mare. Non si capisce cosa dicono, ma dal numero di trasmissioni sembrano tanti, indaffarati e di buonumore.»
«Informate il comando e chiedete di mandare dei ricognitori.»

 

ORE 2358
Accampamento militare inglese

«Notizie dagli americani?»
«Bè, io ho comunicato che ritardavamo a chiunque fosse all’ascolto, ma non ho certezza abbiano recepito. Cioè, finora posso garantire per un camionista dello Yorkshire, per un pastore portoghese che mi ha anche invitato a casa sua e un tizio con accento strano che mi ha detto ya ya sehr good aber was cazzo ritardate?»
«Sarà stato polacco.»
«Ma infatti.»
«Comunque direi che annulliamo» fa il capitano, sudatino.
Il colonnello si mordicchia le labbra, poi: «No, no, proseguiamo secondo i piani, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto due cannonate le voglio tirare. Tutti ai posti di combattimento, fuoco alla mezzanotte in punto.»

 

ORE 2359
Spiaggia

Quando il primo marines esce dall’LST pronto a tutto si trova davanti la noia. La pioggia ha smesso di scendere, la sabbia è liscia e bianca, la quiete della notte disturbata solo dal vento e dalla risacca. I compagni escono passeggiando, spaesati. Non c’è segno di vita.
«Ehi, crucchi, c’è nessuno?» grida un marines al buio davanti a loro.
Grilli.

«Hitler merda!» grida un altro.
Whooosh, fanno le onde.

«Potrebbe essere un tranello, vediamo come rispondono a questo» fa un altro, sparando qualche colpo verso gli alberi nel buio.
Nessuno risponde.

«Qui non c’è nessuno, sergente» dice, mentre altri marines escono dagli LST col fucile in spalla e un sorriso rilassato.
«Facciamo la prova del nove» dice il militare, portandosi le mani attorno alla bocca: «DELISSIA, DELISSIA, ASSIM VOSSE ME MATA, AI SE EU TE PEGO AI AI SE EU TE P

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Una tempesta di fuoco trasforma la spiaggia nell’equivalente termico del centro della Terra. Uomini, mezzi, carri armati, jeep, tutto vola verso il creatore in un virile detonar d’armi alleate. Senza perdersi d’animo, la seconda ondata sbarca in mezzo al fuoco sparando all’impazzata verso il nulla.

Nella sala comando della flotta, l’ammiraglio Moon ascolta le comunicazioni dei soldati ed è felice la simulazione sembri così verosimile. Dopo sessanta minuti di sterminio amichevole, gli inglesi spostano il fuoco dietro la linea bianca. Gli americani però sono ribelli e leader naturali, quindi senza indugio oltrepassano la linea per inseguire il nemico e ricominciano a esplodere felici mentre sparacchiano a querce, frassini, odorosi pioppi e sonnolente poiane.

È un giorno glorioso, per la marina degli Stati Uniti.

Nel frattempo le altre cinque LST attendono il loro turno. Sono mezzi grossi e maneggevoli come una vacca sbronza, quindi devono essere sempre scortate da almeno due incrociatori. Sono con loro l’HMS Azalea (inglese) e l’HMS Scimitar (americana). Presi dall’euforia dell’esercitazione, la fregata americana decide di simulare anche lei una manovra di disimpegno. Subito centra un LST e fugge in cerca di riparazioni. La HMS Azalea resta sola, così sola che i sopravvissuti dicono di non averla mai vista. A bordo dell’HMS Azalea un marinaio nota dei motoscafi non identificati approcciarsi alle paperelle in barile dette LST.

«Rigaz, quelli li avete visti?» dice «mica son nazi, vero?»
«Eccallà, il solito paranoico» dice il nostromo.
«Nel dubbio io avviserei il resto della flotta.»
«Così poi ci prendono per il culo? Non serve avvisarli, sicuramente li hanno visti anche loro. Saranno motoscafi dei nostri.»

No.

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Richiamati dal porcaio di onde radio, i nazisti arrivano alla festa con nove E-boat pieni di siluri. Quando il primo sventra un LST, il cargo deflagra in un geyser di fuoco alto trenta metri, proiettando un carroarmato nella stratosfera. A bordo i soldati superstiti devono indossare i giubbotti di salvataggio, ma non quelli veri: quelli della COOP, ossia un salsicciotto da gonfiare a bocca e mettersi attorno alle ascelle. Tutto si trasforma in un circo di lemmings. I primi non riescono a trovare il tubicino dove soffiare e affondano come tanti genovesi. I secondi s’infilano il salsicciotto attorno alla vita uso paperella gonfiabile, si tuffano e il peso dell’equipaggiamento li tiene giù mentre il giubbotto gli spinge il culo in su: risultato, affogano a pecorina in centinaia. I terzi dimenticano di slacciarsi l’elmetto, che causa della sua conformazione appena impatta con l’acqua fa effetto sacchetto e col peso dello zaino e dell’uomo da’ una tirata tale da spezzare l’osso del collo. I quarti fanno tutto correttamente, ma si tuffano nell’enorme chiazza di carburante che sta venendo spanto dagli altri LST sventrati, con pirotecnici risultati. I quinti esplodono qui e lì per cannonate amiche, siluri nazisti, mitragliate inglesi.

Presi dal panico, senza istruzioni e con la radio che urla “è tutto finto”, “questo no”, “questo forse”, “questo probabilmente”, tutti aprono il fuoco.

Contro tutti.

 

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«SIGNORE!» urla il nostromo «I NAZISTI!»
«Ma perdìo, sparate!»
«A cosa?!»
«Ai nazisti! Quest’esercitazione non è un’esercitazione, fuoco!»

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«SIGNORE!» urla il secondo «IL 4 È SALTATO PER ARIA! I NAZISTI!»
«Perdìo, sparate verso le fiammate di quei cannoni, sono loro di sicuro! Fuoco!»

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HMS Azalea
«SIGNORE!» urla il nostromo «SIAMO STATI COLPITI DA FUOCO AMICO!»
«Dite agli LST di non rispondere al fuoco, riveleranno la loro posizione! E fuoco a volontà!»

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«NON STAREMO QUI A FAR LE ANATRE!» urla il capitano «RISPONDETE AL FUOCO!»
«A quale!? Qui sparano tutti!»
«Spara nel mucchio, Dio saprà riconoscere i suoi»

 

Sulla spiaggia

«Dove stracazzo è il tenente?!» urla il sergente della terza ondata.
«Vuole provare a trattare con quel castagno in fiore» risponde il soldato, indicando una figura che si allontana.

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«Avrà una medaglia. Dite agli altri di sbarcare, abbiamo bisogno di rinforzi!»
«Non rispondono, signore! Sulla nostra frequenza ricevo solo uno strano glu glu glu e su quella degli inglesi c’è un’interessante inchiesta di Beatrice Bo

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«…il bilancio è di 946 morti» conclude il segretario della Difesa, nello studio ovale.

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«Però Eisenhower dice che ‘sta cosa ci ha insegnato molte cose.»
«Tipo?»
«Che le frequenze radio bisogna condividerle. Oh, e che i salsicciotti di salvataggio son più da party in piscina che da guerra. Magari potremmo farne un modello a pois per i civili, rientrare nei costi, dare un’immagine più sbarazzina all’esercito. Chissà.»
«Classificate tutto a livello oltre il top secret» fa Roosevelt «nessuno dovrà mai saperne nulla. Ai familiari dite che sono dispersi in combattimento.»
«In Inghilterra?»
«Sì. L’importante è che nessuno sappia mai nulla. Riderebbero di noi fino alla fine del mondo. Esistono prove che tutto questo è accaduto?»
«Oddìo, qualche carrarmato potrebbe sbucare dalla sabbia, ma è improbabilissimo.»

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I sopravvissuti all’operazione furono minacciati di corte marziale se ne avessero parlato con qualcuno. Ai medici fu detto di trattare i feriti come fossero veterinari: non dovevano chiedere niente. Quando nel 1974 iniziarono a saltar fuori resti, domande e casini, gli USA dissero che sulla spiaggia della simulazione c’erano stati “solo 29 feriti” e nessun morto.

Parlarono di 639 morti totali attribuiti ai nazisti, ma la BBC sa fare il suo lavoro. Secondo un telegramma segreto di Don P. Moon i morti erano 749. La differenza è di 110, ossia i morti sulla spiaggia seppelliti in fretta e furia in fosse comuni. Tre mesi dopo il D-day, Moon si suicida. Di quell’operazione nessuno parla volentieri. Restano punti oscuri, vaghi o contraddittori. Oggi, i veterani che parteciparono allo sbarco in Normandia, dicono che non hanno incubi sul D-day, ma sull’operazione Tiger.

Nel 1953, Eisenhower fu eletto presidente degli Stati Uniti.

“Viemme sotto ma su un palco, non su un foglio stampato der cazzo”

Come sapete, domenica a Lucca si terrà un dibattito con Spataro e Natangelo. Mi arriva un messaggio sul mio profilo personale, a cui rispondo più confuso che altro.

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In contemporanea contatto Spataro e gli chiedo WTF. Lui risponde che questa pletora di fascis questi attivisti per la legalità e la giustizia lo perseguitano da un pezzo. Si sono anche presentati per contestarlo, senza però fare mai niente di eclatante. DIce che sono istigati da tale Tizzanini, forse lo stesso di cui fa un quadro molto interessante Il Giornale (un pregiudicato per aggressioni e traffico di droga), Repubblica (un capo ultras violento) il Secolo XIX° (aggressione e percosse). Spataro mi linka il profilo di Natangelo, dove appare lo screenshot di un messaggio simile.

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Spataro si augura non lo seguano al dibattito.

 

 

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Io invece spero tanto di sì.

Dove mi trovate a Lucca comics 2015

Se siete tra quelli che vengono a Lucca e avete voglia di fare due chiacchiere, avere informazioni segrete sui progetti a venire o fare a botte, questo è il mio calendario presso lo stand della Star Comics:

 

Sabato 31 novembre dalle 12:30 alle 13:30, firme e disegni con Kota. Poi:

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Domenica 1 novembre alle 10, invece, un professore dell’Università cattolica mi ha chiesto di salire su un palco con un tizio che non conosco e il vignettista del Fatto quotidiano.

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Purtroppo non posso portarmi dietro l’avvocato, ma potrebbe essere interessante esserci, vedete voi. Nel resto della settimana sarò in giro a ficcanasare e guardar cosplayer. Sempre se riesco ad accreditarmi, perché quest’anno ci sono buone possibilità io e altri autori restiamo fuori della porta a causa di un buffo regolamento.

Se voi riuscite a entrare, vi aspetto.