Recensioni d’arte per hipster del 2300 d.C.

“Dualismi irrisolti”, Italia, 2011, autore ignoto
In quest’opera è lampante come il talento dell’artista emerga.

Le casse d’acqua frizzante su cui è seduta la donna sono una rivisitazione giovane della simbologia cristiana, il Gesù che cammina sulle acque. Citazione trendy che non mancherà di soddisfare i palati più intellectual. A destra la colonna è dipinta con un delizioso spatolato rosa modello miseria proletaria fine 2000, dove la pigrizia del pittore si mescola alla sua presunzione di sentirsi moderno ed alternativo grazie a riviste di bricolage redatte da persone che oggi consideriamo “donatori di organi coatti”.

L’artista ha voluto guardarla con noia e distacco.

Subito sotto, attenzione a cogliere il continuum temporale, un paio di scarpe da ginnastica messe di sbieco, a cui le scarpe della modella – più larghe di due taglie, probabilmente della madre – si affiancano come a volere trasmettere un susseguirsi di eventi fondamentali, ma ciclici. E’ il dramma della monotonia familiare. A sinistra, invece – e qui la genialità dell’autrice – vi è un futuro squilibrato a cui la modella è costretta a dare le spalle. Avanza una vecchia che tenta ancora di essere avvenente indossando una tigre scuoiata ed altri stracci immondi considerati sexy nei primi anni ’80.

Ovvio il riferimento alla vecchiaia che blocca l’uscita verso la luce, verso il futuro sereno di quella sedia di plastica irradiata dal sole. Notate inoltre le didascalie: quel “io puo” che vuole rompere le regole, imporsi sulla scena, con un urlo di autoproclamazione che nonostante tutto cade nel silenzio, sfumando dal rosso e perdendo lettere – e voce – nello spatolato.

Prezzo: 47.000 euro

“La domanda di Amleto”, Italia, 2010, autore ignoto
In quest’opera va valutata nuovamente l’inclinazione dell’obiettivo, che assieme alla posa plastica della modella crea un dinamismo iconoclasta.

Da notare la gestualità teatrale delle mani, chiaro riferimento al celebre monologo dell’Amleto di Shakespeare, che però mostra due sole dita con le nocche rivolte verso lo spettatore. Sebbene alcuni critici affermino si tratti di spasmi, il significato è volutamente ambiguo; da un lato esprime un desiderio di rinascita, dall’altro tenta di demolire gli antiquati cliché del passato e di riappropriarsi della propria essenza. Il colore viola infatti è da sempre stato considerato sfortunato nell’ambiente teatrale. Non è un caso che essa ne sia ricoperta, mentre con sguardo vitreo bacia il – mancante – teschio che nell’Amleto era appartenuto a Yorick, buffone del Re, forse addirittura in un parallelismo con il mondo dell’intrattenimento.

Le parole vergate con un fine stile che ricorda il fumetto anni ’80 cadono sulla modella, fondendosi alla sua aura, esprimendone i più profondi pensieri: un discorso ripreso con qualcuno, forse lo spettatore stesso, che terminano bruscamente, interrotti da sentimenti viscerali. Il blu esprime l’esteriorità della ragazza, o la sua incapacità ad usare il Paint di Windows. Non più l’autoproclamazione della propria femminile intimità, ma un attacco verso la società corrotta che opprime la sua anima ribelle.

Le lettere si perdono vicino al ritratto del bambino, quasi invisibile, che rappresenta gli occhi di ognuno di noi.
Prezzo: 32.500 euro

 

 

 

“L’uomo casertino”, Italia, 2010, autore ignoto
Quest’opera, definita da molti critici “la nuova Gioconda”, è uno dei maggiori punti di riferimento dell’avant guarde italiana di fine millennio.

Alcuni sospettano vi sia un riferimento all’opera del Da Vinci, sebbene manchino prove tangibili. La fronte del soggetto, ove risiede il pensiero, è coperta da un’impenetrabile coltre di capelli di chiaro taglio medioevale. Nessun raggio di luce può entrarvi, né riflesso (o riflessione, arguto gioco di parole) può uscirne.

Geniale l’orecchino di plastica ad indicare la preoccupante condizione degli omosessuali d’epoca.

Il naso indica un carattere altezzoso, di retaggio nobile, borbonico, subito addolcito dalla mascella sfuggente e dal taglio femmineo delle labbra piegate in un’espressione bovina. Ciò suggerisce una generazione lobotomica straziata dalle diatribe politiche (l’inclinazione a destra della testa sfugge ai più) ed incapace di assumere un’identità/ruolo all’interno della propria società.

Il bagno di casa, nello sfondo, viene trasformato in pixel, simbolo supremo della prima era digitale. E’ dunque in una sorta di bagno cibernetico che i ragazzi dell’epoca risolvono sé stessi, masturbandosi nell’afrore dei propri peti ed urlando al mondo la loro non-vita dai terminali. La didascalia rinnova la provocazione dell’orecchino: azzurro e rosa nello stesso soprannome, straziante dualismo maschio-femmina che strugge la sessualità dell’autore. Le parole “tossikello minimale” aggiungono drammaticità, sentenziando la dipendenza dalle droghe e dal divertimento, citando il famoso detto di Huxley “un tempo la religione era l’oppio dei popoli, ora l’oppio è la religione dei popoli”.
Prezzo: incalcolabile