Quando una cosa è così sbagliata da diventare giusta

– Oddìo – dice Frank.

Lo vedo stranamente teso, poi seguo lo sguardo e capisco perché. E’ appena entrata un pezzo di figliola dai capelli corvini e due smeraldi conficcati nel viso con gambe chilometriche e tette in grado di confondere le idee anche al più scafato leccatore di protesi. Fa il suo ingresso trionfale al Dining room tra bicchieri che cadono, drink che vanno di traverso e donne che cercano sullo smartphone le palestre più vicine.


– Quella è Angelica Tiengo – mugugna.



Le guardiamo il paraurti svoltare a sinistra e sparire nelle salette.


– Chi è quella tigre da ribaltabile? – fa Ario.
– La peggior figura di merda della mia vita – sospira Frank.
– Cioè?
– L’ho sverginata.
– Cazzate.
– SKUSA FRANKCESKO MA IO NN C KREDOOOOOOO

– Nebo, la smetti di parlare come Internet?

– No, sul serio. L’ho sverginata.
– Allora facciamo così, io ordino altri tre Havana cola, torno, mi sbottono e tu racconti tutto entrando nei particolari.
– Ario, non c’è da ridere. Mi vergogno ancora adesso.
– Mi eccita di più se passi per coglione, non iniziare, aspetta –
– Nooo-o.


Per ascoltare questa storia straordinaria io ed Ario dobbiamo aspettare altri due giri, poi un sospiro è l’inizio. 

– Allora, a quindici anni facevo scout.
– Gna ha haha sfigato demmerda, lo sapevo.
– Se fai così non ti dico niente.
– Ok, ok, sto muto, parola di lupetto.
– ARIO STAI MANKANDO D RISPETTO A FRANK CN QST ATEGGIAMENTO CAXXO!!!!!!!!!!
– Piantala, Nebo.

– Dicevo, a quindici anni ero a scout. I miei sono sempre stati molto cattolici, ci tenevano, così un’estate mi mandano in ritiro spirituale. E’ una specie di gita in qualche buco sperduto dove fai cose da scout con ragazzi delle parrocchie. Ufficialmente serve a far avvicinare i piccini a Dio, in realtà serve ad accoppiare amici e fidanzatine tra figli di famiglie credenti. Quell’estate siamo in un cascinale spersi per le colline dalle parti di Vittorio Veneto. Siamo ragazzi e ragazze in piena adolescenza, ci vuol poco che iniziamo a metterci gli occhi addosso. Io non sono mai stato… insomma, bellissimo. Però dopo qualche giorno noto che una certa Angelica – quella – mi guarda spesso. Già allora era un pezzo di fica stellare che normalmente avrebbe avuto la fila di spasimanti, ma aveva un difetto che la escludeva dall’accoppiamento: la sedia a rotelle.


– …Uh?
– LOL EPIC FAIL!!!!!!!!
– Nebo, te devi piantarla con Internet. Davvero.
– LO S’O MA NN RIESKO EPPOI O VISTO TANTE KOSE LOLLINE
– Che palle. Frank, come sedia a rotelle? Quella stangona lì?
– Sì, al tempo aveva dei problemi ai muscoli o che ne so e i medici preferivano aspettare fosse un po’ più grande per operarla. Di più non so dirvi, fatto sta che era su una sedia a rotelle. A me lei piace, poi è l’unica donna che mi fila. Ci attacco bottone con un niente. Chiacchieriamo un sacco, blabla, due giorni dopo ci diamo un bacio, nel pomeriggio una limonata.


– Come hai fatto a limonarla? Ti sei seduto in braccio a lei?
– ARIO SMETTI D TROLLARE O T BANNO DA GOOGLE
– Quella troll di tua madre, Nebo.
– Il punto è che dopo tre giorni di limonate io le metto le mani sulle tette, lei non protesta; qualche tentativo a vuoto e mi fa pure raggiungere l’ingresso dei fornitori. Capisco che ci sta e ti giuro che è talmente fica da farmi dimenticare il suo problemino. Il pomeriggio parliamo, lei dice che è d’accordo nel provare. La sera siamo tutti in ‘ste tende da campo nel cortile del cascinale, lei però dorme dentro. Sto fuori ad aspettarla per un’eternità e proprio quando decido di andarmene la sento che arriva. E’ notte, c’è solo un gruppetto di sfigati davanti al fuoco che canta “il cowboy arturo” e io la spingo su per la collina, al riparo tra gli alberi.

Lì le cose si fanno complesse.

Tirarla giù da quel coso è difficile, avevo i muscoli di un quindicenne e lei pesava. La prendo per le gambe e faccio per tirarla giù, proteste. Faccio per sollevarla dalle spalle, proteste. Mi caco il cazzo e me la carico in spalla in un’esplosione di sibili infastiditi ed imprecazioni. Mi giro per appoggiarla sulla coperta e finalmente siamo in posizione tattica. La coccolo un po’ per metterla buona, limoniamo, ci tocchiamo, tento di sfilarle il reggiseno senza riuscirci. Mi dà una mano. Vi giuro, alla vista delle prime tette della mia vita vado fuori di testa. Nelle mie mutande si accende uno stratoreattore, tanto che non mi fa nemmeno impressione toglierle jeans e mutandine con le gambe che vanno affanculo da tutte le parti. La tocco appena; smadonno per trovare il buco perché tra buio, pelo ed inesperienza era un’impresa.

– ROFL LO STAI FACCENDO SBAGLIATO!!!
– Hai rotto i coglioni.
– ARIO STAI FAILANDO LOLOLOL

– Riesco a entrare. A lei la cosa sembra andare bene. Quando faccio un po’ di strada incontro della resistenza, lì le cose cambiano. Si lamenta, si preoccupa. Esco, la rassicuro, riproviamo. Dai e dai a un certo punto SPRà, entro del tutto e lei caccia un urlo. In quello stesso momento, lontano, la canzoncina del cowboy arturo smette. Me ne frego, vado avanti perché è tipo la cosa più bella dell’universo e tra un gemito e l’altro vengo un po’ fuori e un po’ dentro. Ansimiamo uno sopra l’altro. Io guardo verso giù e mi cago addosso.

La sedia a rotelle.
Non c’è più.

Mentre armeggiavamo per metterla in posizione non mi sono accorto di averle dato una spinta col piede, così questa ha lentamente disceso la collina impattando dritta contro il falò dei bimbiminchia. Ora, dovete capire che una sedia a rotelle vuota che appare da sola nel cuore della notte suscita un certo terrore, così quelli chiamano a gran voce Don Sandro, che appare armato di una torcia elettrica, nota la sedia e punta il faro verso la collina, dirigendosi verso di noi a grandi passi. In un attimo realizzo a cosa saremmo andati incontro, cosa avrebbero detto a mia madre, cosa avrebbero detto i miei amici ed impazzisco di paura. Le luci si avvicinano, io mi alzo, tiro su i pantaloni e dico ad Angelica:

– Cazzo, è Don Sandro! Corri!








E’ naturalmente inutile dire che la piccola Angelica non ha corso, così Don Sandro ha scalato la collina per trovarsi di fronte ad Angelica nuda, a gambe aperte, con la passera usata di fresco e che tra una bestemmia e l’altra tentava di aggrapparsi ai fili d’erba per strisciare nell’ombra. A voi questa scena vista dall’esterno cosa sembra? Ecco. Vi risparmio l’arrivo dell’ambulanza a sirene spiegate, la volante della polizia che cercava di farsi dire chi l’avesse violentata, i genitori che arrivano nel cuore della notte ed il bastimento di botte che ho ricevuto da due famiglie in stereofonia. Non ci siamo mai più parlati, da quella volta. Gli scout manco mi vollero più ai campi estivi. 

Ecco, questa è la storia mia e di Angelica Tiengo – conclude Frank, finendo in un sorso l’havana cola.







– Frank, amico mio – dice Ario, sospirando – quella è la notte in cui sei diventato uomo.
– Vaffanculo, Ario.
– NO! Non vergognartene. Secondo la comunità, quando a soli quindici anni Frank decise di volere una donna prese una paralitica e la stuprò nel bosco mentre sotto i sudditi cantavano e bruciavano olii propiziatori. Questa non è la storia più sfigata del mondo, è una leggenda di Omar.
– See, e Erika. “Omero”, Ario.
– Tòh, mi sei tornato normale?
– Questo racconto mi ha rinsavito. Comunque è Omero.
– Quello lì. Guarda com’è cresciuta bene, dopo. E’ merito tuo se ha capito che le conveniva imparare a correre. Frank, tu sei il messia. Essa non camminava, tu con il tuo bastone magico l’hai trasformata in una centometrista. Tu hai osato intingere la più sacra delle tue estremità lì dove nessun mortale avrebbe osato. Tu, Frank, e non il chirurgo, l’hai fatta camminare. Sei il Cristo redivivo. Un giorno scriveranno canzoni, su di te.










Ario paga da bere a tutti, siamo a casa per l’una.
E’ ormai chiaro che io non conosco persone normali.