Polverosi scaffali



Venticinque anni, aria da brava ragazza, bionda. Arriva al bancone della farmacia in un pomeriggio qualunque e chiede un test di gravidanza. La dottoressa espone la gamma di possibilità. Visto che entrambe sono donne e ben educate si crea una certa complicità, la donna sceglie e si avvia alla cassa. La dottoressa batte lo scontrino, a quel punto la ragazza aggiunge due scatole di preservativi.

-Se posso – sorride la dottoressa – con questi è difficile che resti incinta –
-Brava – replica candida la cliente – poi come faccio a sapere di chi è? –

Alle sue spalle una confezione di arkocapsule si schianta sullo scaffale degli omogeneizzati inseguita da una mano. La spalla urta il perno che si sgancia facendo franare addosso al ragazzo un centinaio di ALOE VERA, MENTA DILUITA, CARBONE VEGETALE, OMEOLIFE, che lo schiacciano sulla mensola delle creme di bellezza in esposizione e terminando la corsa con le mani sulla pubblicità 100×60 dei solari Bilboa, spaccandolo all’altezza delle tette. Tutta la gente si gira.

-Sto bene, sto bene – dico, riemergendo dalla montagna di farmaci.





Farmacia. Un luogo di perdizione dove anime dannate si presentano in pellegrinaggio per cercare sollievo e raccontare i fatti propri ad una categoria di professionisti che odiano. E’ una cosa che mi ha sempre affascinato: fuori, i farmacisti sono tutti stronzi. Dentro, li tieni ore a chiacchierare dei cazzi tuoi come se fossero il tuo migliore amico. 


Nel 1995 faccio un lavoretto estivo e nessuno fa caso a me. Metto i prezzi, spolvero scaffali, sistemo cose, scarico casse, butto l’occhio che la gente non gratti roba (lo fanno di continuo), addobbo le vetrine e soprattutto mi dedico alle mie attività predilette: guardo, ascolto e mi rendo ridicolo.

La gente va dal farmacista perché è l’anticamera del medico. Nel debilitato intelletto di molti c’è differenza se uno dice “sono andato in farmacia” e “sono andato dal medico” perché la prima suona vaccata, la seconda suona come una lapide gelida nel triste autunno di una vita spezzata. Quindi se tu hai un problema non vai dal medico di base, vai in farmacia dove ti dicono di andare dal medico di base e finisce con te che non ci vai ma compri un rimedio omeopatico per i crampi allo stomaco.

Mangi due pastiglie di niente, muori e i parenti denunciano il farmacista.

Non sempre però le cose finiscono così bene. Spesso le persone che Darwin avrebbe flagellato di meteoriti qui vengono ricollocate sulla strada evolutiva.

C’è l‘esercito di vecchi che partono dalla cartella clinica di loro nonno nel 1906 e ci mettono dentro malattie veneree di nipoti promiscue e parentele omosessuali. I subumani provenienti dalle più remote province di Mordor che hanno il vocabolario di una zebra, tirano fuori un biglietto scarabocchiato dalla morosa con su scritto POMATA PAA MONA e pretendono la dottoressa ne deduca “Vagisil”, nome che si ottiene perché l’uomo scoppia a ridere dicendo “AHAHA SI SI XE EA! MEO RICORDO PARCHE’ NA VOLTA ME SO CONFUSO E ME SO LAVA I DENTI CO QUEA”.

Lavarsi i denti col Vagisil, capite?
Figuratevi l’altra che s’è sparata in berta mezza confezione di pasta del capitano.
Poi la donna che confessa di aver preso il Viagra del marito “per vedere che effetto le faceva” e ora vede Avatar in 3D da almeno 24 ore. La badante rumena che compra clisteri modello Typhoon per la vecchia che supplica per l’eutanasia, l’indiano che pretende ricette miracolose tipo “denti di tigre, lacrime di elefante e rose tritate” e per guarire il figlio dalla febbre lo sopprime con una bomba batteriologica. Il tossico che chiede le siringhe per il cane col diabete. Quello che vuole a tutti i costi mostrare il cazzo alla dottoressa perché “se lo vede troppo grosso”.
I turni di notte. Voi non avete idea della gente che alle tre di mattina, mentre tenti di dormire, ti chiama per dirti che il suo pappagallo ha la tosse e il pronto soccorso non sa cosa farci. I tossici che vogliono le siringhe per il cane che ha il diabete.

Thum.

Mi giro. A terra c’è un uomo sulla quarantina, immobile. La gente attorno fa cerchio. Una delle dottoresse schizza fuori dal banco gridando a me di chiamare il pronto soccorso. Siamo in orario di chiusura, non c’è nessun altro in grado di farlo perché tanti se ne sono già andati. Tutti sappiamo il numero del pronto soccorso, no? Uno, uno…

-Polizia- 
-SALVE C’E’ UN UOMO MORTO NELLA FARMACIA DOVE LAVORO E NON SO BENE CHI CHIAMARE COSI CHIAMO QUI CHE POI VOI CHIAMATE IL PRONTO SOCCORSO PERCHE’ IO SONO AGITATINO E NON MI RICORDO IL NUMERO E-
-No, no, no, piano. Tu come ti chiami? –
-NEBO –
-Dove sei? –
-FARMACIA SPARAFLASH WOW SPLATTER A MESTRE –
-Va bene, resta lì –

Oh, è una frase importante. 
Io sto davanti al telefono sporgendo la testa dal bancone. L’uomo non è morto, si contorce e si lamenta, cosa che mi fa sprofondare in un baratro d’orrore anche peggiore perché sono un ragazzino di 15 anni che ha mentito alla polizia. Mi uccideranno. Potrei andarmene, cercare rifugio all’estero che al tempo per me significava la periferia di Noale, ma questo trasgredirebbe l’ordine perentorio di mantenere la posizione. Che faccio? L’omino mugola. Quando la gente si accorge che non è morto gli si fa più vicino, lo tocca, cercano di consolarlo perché, tutto sommato, pare arzillo.

Fuori una volante con le sirene arriva, si ferma a metà sopra il marciapiede e lascia entrare tre agenti dall’aria preoccupata. Si fanno largo, guardano e uno sbotta.

-Ciò, anca qua?! –
La stanza si congela.

-Dai, Samuele, no ti pol farne perdar tempo, eh? – dice il più vecchio con le mani sui fianchi.
-Shtommaleee… –
-See, e come ti sei fatto male, ‘sto giro? –
-La saracinesca non era adeguatamente segnalata nella procedura di discesa ed io ho subito un trauma, ci sono gli estremi per… –
-PERMESSO – grida un infermiere, entrando. Come lo vede espira e sbotta un vaffanculo, poi si china, lo guarda con malavoglia.
-Dai, Samuele, non hai niente –
-Ma la saracinesca non è segnalata come da apposito modulo, pertanto io sporgo denuncia per-
-DAI, DAI, ARIA – fa l’infermiere, dopodiché lo solleva di peso. Il tipo frigna qualcosa mentre lo portano via.
-Non si preoccupi, signora – dice l’agente rivolgendosi alla farmacista – è uno di Marghera, fa sempre così. Un po’ è matto, un po’ prova a truffare la gente, ma è inoffensivo –

La gente se ne va, delusa. Dopo pochi secondi da fuori partono urla belluine e Samuele si ripresenta in farmacia sano come un pesce, viola in viso, urlando.

-CHI MI HA RUBATO IL PORTAFOGLI?! –

E capisco che quella è la prima cosa vera che dice da molto tempo.