La droga uccide in modo molto divertente

La droga uccide in modo molto divertente

A Mestre son tre o quattro i posti dove puoi fumare in santa pace, noi ne avevamo uno vicino ad un campo sportivo. Questo posto era – ed è tutt’ora – meraviglioso, protetto, coccoloso ed intimo. Se da qualunque parte d’Italia (tranne Venezia) venite a Mestre in treno ci passate sopra per forza, è un ponticello sospeso su un fiume in mezzo al verde. Da una parte c’è una casa abbandonata, dall’altra un campo sportivo. Si arriva, ci si siede nella nicchia a lato dei binari e si guarda l’acqua, si fuma e ci si racconta puttanate.

Non è raggiungibile in macchina ed in caso di sbirri li vedi arrivare a molte miglia di distanza. Le vie di fuga sono migliaia. Quando sei lì la cosa migliore del mondo, la più divertente in assoluto, è prendere treni in corsa. In pratica più avanti c’è un passaggio a livello ed i merci hanno i vagoni piatti sempre in coda. Quando il treno arriva si ferma o rallenta, tu ci sali sopra e fai un venti o trenta metri, poi scendi quando accelera troppo. E’ una sensazione MERAVIGLIOSA, ti dà una idea di libertà con una – moderata – punta di adrenalina. Lo chiamavamo “al sorse” che in italiano significa “al topo” perché la prima volta che ci finimmo passò una pantegana più grande di un gatto.

Quella notte eravamo fatti come i fichi.

Si festeggiava il compleanno della ragazza di Dario, e otto o nove persone si accamparono lì e cominciarono a drogarsi ed alcolizzarsi dalle nove di sera. A mezzanotte eravamo completamente rincoglioniti da alcool, ganja, cioccolato ed esalazioni provenienti dal fiume. Io vado a pisciare alla latrina, ovvero un secondo ponticello di cemento largo un metro. Si affiancano Dario e Tex, attaccano a pisciare anche loro.

– Questo posto è strafigo, eh – dice.
– Sì, e poi non ci sgameranno mai, haha, se arrivano gli sbirri li vediamo ed abbiamo un sacco di vie di fuga, haha, li inculeremmo tutti –
Alle nostre spalle passa un merci e comincia a frenare, facendo un casino mostruoso.
– Sai che figo se arrivano?
– Hahahahhahahaha
– Sarebbe da chiamarli noi!
– HAHAHAHAHAHAHAHAH!
– DAI, CHIAMIAMO GLI SBIRRI!
– DAI, CAZZO, DAI, VEDI CHE FIGURA DEL CAZZO GLI FACCIAMO FARE!
– AHAHAHAHAHAHA DAI DAI QUAL E’ IL NUMERO? –
– CENTOQUINDICI!
– NO AHAHAHAHAHA QUELLI SONO I POMPIERI AHAHAHAHAH

Ridiamo tutti e tre, nessuno si ricorda il numero degli sbirri. Ario, nel casino del treno che frena, si gira verso il gruppo e urla “ragazzi qual è il numero degli sbirri?!”. Rispondono a stento “cosa?”. Ario urla: Dico, qual’è il numero degli SBIR-RIII!!
La tragedia si compie.

Nel casino generale alle orecchie degli strafatti amici arriva solo “sbirri”. E i guerrieri della notte scattano ognuno in direzioni diverse urlando “udio scampa”. Il treno che ci separa da loro smette di frenare ed aumenta la velocità. Dall’altra parte io, Ario e Tex guardiamo la scena: Ma che cazzo hanno da scappare?
– ODDIO, SON ARRIVATI GLI SBIRRI – urla Ario – SCAPPIAMO!

Tex ancora con il cazzo in mano comincia a girarsi di qua e di là come un ossesso pisciandoci addosso, urlando “Dove? Doveaaarrh” e finendo nel fiume. Io e Dario corriamo in tondo lanciando gridolini “iiik” “aaah” “oooh”, poi vediamo i vagoni piatti passarci davanti. E ci viene la peggiore idea della nostra vita. Come un sol uomo saltiamo sul vagone di coda del treno. In dieci secondi il treno acquista la velocità a cui bisogna scendere.

– Che facciamo, saltiamo?
– Ma no, poi ci prendono.
– Sì ma se restiamo qui ci ammazziamo.
I sassi sotto di noi corrono troppo veloci.

– Salta, salta!
– Ma col cazzo, salta prima tu! Sei tu che hai avuto l’idea della madonna!

Il vento comincia ad essere troppo forte, gli alberi a fianco di noi sfrecciano sempre più veloci.

– Distendiamoci!
– Ghe sboro, GHE SBORO, xe copemo!
– DOVE VA ‘STO TRENO?
– E IO CHE NE SO?

Avete mai provato a stare distesi su un treno senza pareti nè tetto? Non è gradevole. Le vibrazioni dei binari ti fanno sobbalzare e ad ogni sobbalzo retrocedi di un dieci o quindici centimentri verso una pietraia che, proiettata a settanta chilometri orari, è come un tritacarne. Io e Ario stiamo distesi in silenzio con le dita ficcate nelle fessure delle assi mentre il treno acquista velocità.

– Oddio, dove finiamo?
– E’ UN MERCI, CAZZO, NON FA FERMATE! FINIREMO IN ROMANIA!
– OH DIO NO LA ROMANIA È PIENA DI ROMENI

Sfrecciammo nel passaggio a livello di Carpenedo ed io guardai negli occhi un tizio al volante di una mercedes che fece una faccia indescrivibile. Dopo dieci minuti il treno rallentò per arrivare, appunto, in stazione a Mestre. Passammo a fianco di un interregionale per Padova e provammo quello che prova Superman quando il bambino dal finestrino dell’aereo lo guarda. Scendemmo con i capelli alla Michael Jackson prima dell’operazione, attraversammo i binari e ce la squagliammo. Il giorno dopo venimmo a sapere che:

1) la ragazza di Ario scappando si era storta una caviglia, aveva raggiunto casa zoppicando e per tenerlo nascosto ai genitori ora ogni volta che cammina a piedi scalzi le fa male il piede.
2) Eddy era caduto fracassandosi un sopracciglio.
3) Tex era riuscito ad uscire dal fiume ma aveva vomitato per tutta la strada, era arrivato con 40 di febbre a casa, lo portarono in pronto soccorso e diagnosticarono epatite A.
4) Edo aveva preso il cinquantino e convinto di essere inseguito da una macchina nera arrivò a Quarto d’Altino, finì la benzina, fece il pieno con i pochi soldi rimasti ed arrivò a S. Bruson di Dolo. Nessuno si spiega come. Non avendo soldi per farne altra chiamò Tex disperato chiedendo che lo venissero a prendere, ma Tex era in pronto soccorso. Rispose non si sa chi al cellulare che lo mandò affanculo ed Edo dormì dietro la baracca del benzinaio. Lo riaccompagnarono a casa i poliziotti e sul verbale c’è scritto “trovato in evidente stato confusionale rifiuta di fornire le proprie generalità”.
5) Di Lele non avemmo più notizie e dopo sei mesi di telefonate a casa la madre ci disse che vendeva gelati in Germania.

Ario pianse per tutto il percorso di ritorno dicendo che voleva farsi prete perché Dio gli aveva salvato la vita. Il giorno dopo, passata la botta, al telefono bestemmiava come al solito. Io tornai a casa, entrai in bagno e giurai che non mi sarei mai più drogato. Era il 1997.