Il lettore modello

Il lettore modello
Sapete, come vi avevo accennato, io adoro il dialetto romano: lo trovo di una potenza straordinaria. Cresciuto fin da piccolo ai film con Thomas Milian doppiato da Amendola (il compianto), sono ora schifato dai film trash moderni con i vari de sica/Boldi/Comico in del momento perché non sono veri. È la differenza tra l’osteria e il McDonalds. Il primo fa piatti freschi e caserecci. Il secondo ricicla la stessa merda da anni.
Il bello del Monnezza è che era uscito fresco fresco dal Colosseo, dal più bieco ed ignorante popolo di strada che ogni giorno affila la propria lingua in un corpo a corpo estasiante. Battute che ancora oggi massacrano, distruggono, piegano e conquistano. Io non sono uno colto e non sono un artista, ma so riconoscere il talento quando lo vedo. Non importa se è rivolto contro di me, il talento è talento.
E davanti al talento, signori miei, bisogna sempre essere umili e rispettosi.
Qualche mese fa quando aprii questo blog mi venne suggerito di disabilitare i commenti anonimi, perché permettono ai peggiori idioti di venire a perder tempo insultando. Ma io dissi che in mezzo al fango, cercando, si possono trovare delle perle. Ed avevo ragione. Signori, vi presento un Dio.
"Aho raccontace de quanno hai incontrato minni e topolino a paperopoli.... Ah Niebbò, potevi aggiungerce anche quarche ufo e quarche carcio volante a sta cazzata... Ma vaffanculo va...."
Il commento è introduttivo, ma dice molto ugualmente. Notate la metafora surrealista, l’esagerazione mirata alla denigrazione. Rafforzo, insulto finale. Molti di voi faranno l’errore di cercare di indovinare chi sia. Non importa. Non è rilevante, siate UMILI ed osservate il genio all’opera. Genio puro, originale della strada, non la merda che vi spacciano su “Vacanze di Natale”. Questa è arte, è poesia, è estro e creatività nella sua forma più grezza e potente. Occhio al secondo:
"Aò, macchè te credi che parlo a cazzo io? Ma mannaggia cristo se parlavo a cazzo annavo a fà il papa a San Pietro. Ma porca cotica te do consigli io, pijame come 'n fratello maggiore, quello normale. Magari a prossima vorlta c'aggiungi pure na bella foto de na sorca co e zinne de fori e fidate che 'a gente sbrocca".
Qui siamo alla standing ovation. C’è talmente tanta carne che ci sfamiamo un reggimento. “Aò macchè te credi che parlo a cazzo io?” già di per sè è un’introduzione chiassosa, irriverente, volgare e GROSSA. Subito dopo un riferimento blasfemo, spiazzante e meraviglioso. “Porca cotica” mi fa girare la testa, ma “PIJAME COME ‘N FRATELLO MAGGIORE, QUELLO NORMALE” è l’apoteosi, il trionfo del burinismo selvaggio e brutale. Sfregio finale. Perfetto, rotondo, letale. Sublime nella retorica e nella scelta dei termini. Gli chiedo di non smettere, perché quello che scrive scende nella mia sete di conoscenza come Sciuèps nella gola di un assetato. E lui, magnifico nella sua generosità, elargisce copioso. Occhio, perché si entra nel vivo dell’opera.
Maccheccazzo ma ndo stiamo, all'arcifrocio qua? Aho a Zorro arinfilate a sciabbola 'n tasca cher mio culo 'n te fa da fodera. Ma che te frega der mio nome! Me potevo sta sitto porco due. Mi madre m'o diceva sempre: "va contà li capelli caduti dar barbiere piuttosto che sta affà 'n cazzo tutto er gionno". So sempre stato no stronzo io e me facevo i profumi d'oriente sopra a puzza demmerda. Va be ce beccamo eh, magari mentre te vedo sfilà al gay praid da casa mia sulli carretti porta-tasche pe li cazzi.
E’ commovente, stupendo, BELLISSIMO. “Aho a Zorro” è l’equivalente della sberla sulla nuca per attirare l’attenzione. Carica, spara la bomba: “va a contà li capelli caduti dar barbiere piuttosto che sta ffà ‘n cazzo tutto er giorno”. Questa è commovente, da cadere sulle ginocchia e pregare, Pregare, PREGARE perché non smetta, supplicare che l’ignoranza così genuina che traspira da queste parole non cessi e continui ad irrigare la pianta rinsecchita della nostra umanità potata da Silvia Vada. Vi siete rimessi? Asciugati le lacrime? Altra droga dal DIO.
Mannaggia san pishtu quanno si scemo. Quanno li criceti ce se pijeranno 'a terra, te ce mettono a te a girà su 'a rota. Ma c'hai proprio a testa vota aò! Senti visto ch'er cervello 'n ce sta, mettece na madonna in quella nicchietta cosi te cavo li occhi e ce venno a pregà. Ma che devo staffà qua? A perde tempo colli butta'ncazzoinculo? C'ho na sorca in sti ggiorni pe le mani che fa de diametro 200 cm, c'è perdo mezz'ora solo a leccalle na chiappa e secondo te me metto a fa chiacchere sulli cazzi qua co te? Ma che dio t'aresti e poi te liberi e poi t'ariaresti.
E questo, signori miei, è stile. No, di più: è talento innato. Lo si vede nel susseguirsi di post. Insomma, parliamoci chiaro: che razza di cervello può concepire “ma che devo staffà qua? A perde tempo colli butta’ncazzoinculo” e tutta la parte che segue? Vogliamo parlare delle dolci parole che riserva al candido giglio che ara? Notate i post in successione, è un crescendo, un prolifico genio distruttore mosso da sana cattiveria, incanalato da anni di severo addestramento. Quest’uomo caca napalm al mattino e crede sia normale, immaginate un dialogo qualunque con una tale DIVINITA’ della parola. Niente gli resiste, niente lo doma, niente lo arresta. E’ un fiume in piena, una vena parolaia inarrestabile e deliziosamente genuina.
Quest’uomo può tutto.
Ed io, davanti a lui, sono solo un alunno impreparato. La topa in apertura è in suo onore. Lo prego, lo SUPPLICO di continuare a postare.
PS: la tipa in alto è sotto suggerimento del maestro.