Quel che non dicono i testi hip hop italiani

Quel che non dicono i testi hip hop italiani
– Papà, io sono un rapper.
Così esordisce Gianfilippo, un uomo sulla trentina, alla sua riunione di famiglia. Le reazioni dei parenti sono varie. Le donne che votano a sinistra hanno un moto d’affetto istintivo, dovuto al fatto che si innamorano di ciò che non capiscono. I maschi presenti sono il nonno, il padre, lo zio ed il fratello minore di Gianfilippo, un dark con due occhiaie spaventose che pippa coca come un bracco e minaccia di suicidarsi ogni due minuti.
– Vedi – esordisce il padre, rivolgendosi allo zio – ma non poteva semplicemente nascermi handicappato?
Lo zio scuote la testa. Il nonno si sporge:
– Gianfilippo, cosa cazzo è che sei?”
– Un rapper, nonno.
– Ma vai in chiesa?
Qui Gianfilippo esita. Molti gangsta di New York hanno crocifissi e nei video li vede pregare. Tenta il tutto per tutto:
– Sì! Vado in chiesa”
– Allora sei uno stronzo – taglia corto il nonno, che militava per Rifondazione.
– Questa non è la mia vera famiglia – risponde Gianfilippo, sprezzante – i miei fratelli sono laggiù, fuori, in strada.
Il padre drizza le orecchie: – Come sarebbe?
– SI! I miei veri fratelli sono là fuori! –
Il padre si gira verso la moglie, che comincia a diventare viola, e le chiede se c’è qualcosa che deve dire. La moglie scuote immediatamente la testa, ma il suo colore par quello di una ferrari.
– ORA BASTA! – urla Gianfilippo, gesticolando – questa è una cazzo di situazione, io me ne vado, qui l’aria sta diventando pesa.
– Il nonno si dev’essere cagato addosso – sospira la zia alzandosi verso l’anziano, che bestemmia e la allontana a bastonate.
Per strada Gianfilippo medita. Ha trent’anni, rappresenta il vero anche se parla uno slang non suo, veste marche non sue con nomi non suoi, fa musica non sua e rappa di storie che non sono sue su un flow che non è suo ed ascolta musica non sua in macchina. Di suo padre. Gianfilippo è un soldato di Zion. Non sa cosa voglia dire, ma deve avere qualcosa a che fare con la ganja. Più o meno come quando un professore all’università disse “protesto vibratamente” e lui rispose “sento la sua vibra, prof”.
Suona il cellu. Guarda chi è. HCTIB.
Lo rigira.
BITCH.
Risponde usando il suo nome in terza persona.
– G.J.Gangsta
– Ciaaao, bellissimo…
E’ la donna della sua vita, Fly Keem, una donna che si trucca con il fucile a pompa, pesa tre volte lui, ha più piercing che cervello ed un complesso di Edipo da Guinness dei primati.
– Eyyò, bitch, com’è?
– Com’è cosa?
– Chi?
– Non so, tu hai detto com’è.
– Yò, non importa. Spara.
– Come stai?
– Pff.. i soliti casini – minimizza lui.
– Capisco cosa intendi.
Non è vero, ma Fly Keem vota a sinistra.
– Allora, quando ci bekkiamo? – continua lei, sensuale.
– Yò.. non so, devo andare a New York uno di questi giorni, qui ci sto stretto.
– Anch’io.
Ed è vero. Fly Keem ha appena buttato un paio di pantaloni che ora sono usate come lenzuola matrimoniali da una coppia di barboni.
– Stasera?
– Ok. Mi metterò il maglione attillato…
Che, ovviamente, i barboni aspettano per usarla come trapunta. Viene la sera.
Gianfilippo cammina nel suo rionez con l’andatura di un ammalato cronico di emorroidi, saluta gente per strada fagendo gesti da bambino spastico e si trova con la balena, che viene scambiata da molti per un pilastro di marmo travertino.