Capitolo 4 – I cambiamenti hanno due strade

«Ti fa male qualcosa?»

Mi ascolto. Sì. Tutto. La vita è uno schifo. Abbasso il parasole, guardo nello specchietto. Il buco del dente si vede benissimo, un triangolo isoscele acuminato. Il resto ancora attaccato alla gengiva diventerà nero in 72 ore senza rimedio. Sto in un down spaventoso. Impreco, guardandomi e passando il pollice sul bordo affilato.

«Cristo, e non c’è modo di metterlo a posto»
«Come no? Esistono i dentisti»
«Questo è morto e sepolto, c’è poco da fare i fighi col trapanino»
«Useranno attack e il bianchetto»
«Non ho tanta voglia di ridere, Ale»

«Oh Gesù, certo che te lo rimettono a posto, Nebo. Protesi, capsule, ricostruzioni… la chirurgia dentale ha rifatto da principio i denti di tre quarti degli attori che vedi nei blockbuster. Ti ricordi che denti c’aveva Tom Cruise su Top Gun?»
«No»
«Fidati, si sistema. Poi pensa al lato posit
«POSSO FUMARE A DENTI STRETTI!» esclamo.
«ESATTO!»
Jesolo fa capolino.

Arriviamo in una laterale di via Bafile, vicino all’entrata della Capannina. Scendiamo, vengo investito da una seconda rata di botte. Al fianco sinistro ho una fitta atroce ogni volta che mi muovo. La testa ha un bozzo sulla fronte che non tornerà mai a posto del tutto. Un braccio è indolenzito, contrarre il bicipite mi fa venire brividi di freddo dal male. Mani sbucciate e spelate. Il sangue che ho sulla camicia è dovuto ad un taglio sul labbro inferiore che si è infilzato nella scheggia del dente. E’ gonfio e pulsa. Siamo in una laterale buia, sterrata, nella pineta. Venti metri più in fondo c’è la spiaggia illuminata a malapena dai fari della Capannina. Sembra di guardare l’utero dall’interno.

Mi incammino verso il mare e la luce, seguito da Ale o da quello che abita il corpo del mio compagno di classe. Non so cosa possa cambiare una persona fino a renderla irriconoscibile. Di solito l’attitudine che hai da bambino dice quello che sarai da grande. Con enormi sforzi tolgo camicia e pantaloni ed entro in acqua coi boxer. Il freddo anestetizza, la salsedine disinfetta cicatrizzando e strappandomi un gemito. Faccio pian piano entrare l’acqua in bocca, sciacquo, sputo. Sento pizzicare il taglio, ma nulla di più. Non faccio l’errore di chiudere gli occhi o di rilassarmi. Risalgo. Mi levo le mutande fradice, indosso i jeans e uso le parti sane della camicia per asciugarmi. Con pochi passi sulla sabbia ritorniamo alla civiltà. Tra turisti, sbarbati e ubriachi Jesolo è piena di gente a torso nudo in qualunque momento del giorno e della notte. C’è il truzzo su di giri, lo sbarbato ubriaco, quelli del bagno di notte, l’addio al nubilato, americani in vacanza, quelli che si fanno il bagno nelle fontane, quelli che hanno perso una scommessa. Nessuno bada a due in più. Io saltello entusiasta tra macchinoni e plastiche al seno.

«Guarda che macchina, guarda!»
«Quale, la diligenza?»
«Sì, l’unica che invece le cavalle le carica»
«Ma va là, è targata Cartagine»

Negozi e bancarelle che vendono ciarpame di ogni tipo stanno aperti fino a tardi, una maglietta si compra o si sgraffigna senza problemi. Dieci minuti dopo ho una camicia hawaiana blu e posso arrancare per piazza Drago tra tope stellari che mi guardano inorridite e luci, gente, alcolici. Ale è frizzante e mi tiene su vedendo che sto sprofondando in una buca colossale. Decidiamo di berci qualcosa. Seduti al tavolo del pub parliamo di niente, uno che guarda da una parte e uno dall’altra la gente che passa. Prendi quelle che stanno arrivando, ad esempio.
«Ale» dico, interrompendolo «ma tu, nella vita, cosa fai?»
«In che senso?»
«Nel senso, ti alzi e?»
«E’ tanto veneta, ‘sta cosa, sai? Lavoro, lavoro, lavoro… cosa faccio? Mi occupo di un po’ di tutto. Pubbliche relazioni, incontri, eventi…»
«Dici cose, vedi gente»
«Più o meno»

Vi prego di notare lo spacco di quella tizia in fondo con moroso.

«Va bene, appurato che ti pagano perché ti fai vedere, mi spieghi la trasformazione da figlio di papà timidone e fancazzista al Guido Nicheli della situazione? Pure l’accento milanese, scandalo»

Scoppia a ridere. Passano tre tizie da far girare anche le colonnine spartitraffico. Le comunicazioni tra uomini si interrompono, come si confà tra gentiluomini. Le altre donne sibilano infastidite.

«Per chi è il mojito?» fa la cameriera.
Mio. Lui Jack Daniel’s.

«Mettiamola così: secondo me i cambiamenti arrivano dal coraggio o da una tragedia. Nel mio caso la mia famiglia ha fatto un botto contro un camion sulla Milano Venezia e ci sono rimasti secchi tutti. Papà, mamma, fratello e sorella. Morti sul colpo mentre ero sbronzo a una festa. Quando ti capita una cosa del genere…» dice, fermandosi un istante «…ecco, ti domandi cosa ci fai ancora qui»

Il mio corpo è paralizzato.
In fondo a destra si apre la porta del bagno ed esce la mia ex.