Appunti sparsi su Guardiani della galassia (1 e 2)

In uno studio psicoanalitico di Alien, gli autori hanno evidenziato il parto/nascita dell’alieno, poi hanno notato che per tutto il film sono presenti esperienze psichiche del bambino nei primi mesi di vita (audio di respiri, battiti e suoni). Hanno aggiunto che l’interno delle astronavi di Giger ricorda l’interno di un corpo umano; l’entrata dell’astronave è una vagina. Ci sono uova nella caverna inferiore. Il computer si chiama Mother. In conclusione, Alien è la rappresentazione della paura del bambino di vivere in un mondo dove non ci sono padri e le madri sono cattive. Nel mondo reale, la madre di Ridley Scott è stata “la prima femminista che ha conosciuto” e suo padre era un militare sempre in giro per il mondo.

Perché il processo creativo viene dalla memoria.

Ora andiamo a parlare di “un blockbuster senza pretese”, come è stato definito da buona parte degli opinionisti di Internet: Guardiani della galassia. Parla di un bambino a cui muore la madre, rifiuta di accettarlo, scappa, vive in un mondo tutto suo alla giornata finché incontra una bambina arrabbiata e ferita come lui. Diventano amici; trovano un gruppo che li protegge e insieme affrontano il dolore, la malinconia e la solitudine che provano tutti i bambini mentre diventano adolescenti. Guardiani della Galassia 2 è il passaggio all’età adulta, l’ultimo gradino – il più atroce – che coincide con la morte del padre e la trasformazione in uomo.

I personaggi principali sono cinque, ma in realtà è uno solo: Starlord, o meglio, il rosso. Nel film, il rosso è il colore dei buoni e della famiglia. Ognuno dei suoi compagni è una parte del suo Io, e ne contiene una parte.

 

 

 

Gamora
È l’eros. Il desiderio infantile del bambino verso la madre. Quando nel primo film Gamora tende la mano a Starlord, lui rivede la madre sul letto di morte. Il maschio adulto cerca nelle donne un succedaneo della propria madre. Nel fumetto, Gamora è definita “la donna più pericolosa dell’Universo”, ossia quella che alla fine ti sposi. Gunn ne sa, dato che ha divorziato nel 2008. Tra Gamora e Starlord c’è qualcosa che non si esplicita ma è molto profondo. Notare: Gamora è verde ma coi capelli rossi. Starlord la reputa estranea. Alla fine, nel momento del climax, quando lei gli tende la mano

…col movimento di camera, dal verde c’è la transizione al rosso.

È in quel momento che Starlord passa da bambino ad adolescente. Gamora diventa l’erede della madre (la cui coperta è rosa, cioè rosso che si spegne). Eppure, dai capelli sapevamo fin dall’inizio che aveva qualcosa di lui.

 

Drax
È la malinconia del passato, dell’innocenza perduta e del proprio ego infantile. È un peso ingombrante, indistruttibile e patetico, come lo scaffale di giocattoli anni ’80 nella casa di un quarantenne. Drax ricorda Hulk perché le scarnificazioni rosse, sopra la sua pelle blu, somigliano alla giacca di Starlord che si straccia per farlo uscire. È l’Hulk della nostalgia. Nella scena del combattimento iniziale col mostro su vol.2, difatti, Drax decide di combatterlo dall’interno. Perché Drax è una cosa interiore tutta maschile, diversa ma uguale a Inside out. Ha lo stesso colore, stazza e tono di Sadness e la stessa innocenza di Bing bong, perché noi gestiamo e affrontiamo la tristezza in modo diverso dalle donne. Non c’importa quante ne prenda Drax; a livello inconscio sappiamo che la nostalgia non la batti a cazzotti. È per questo che su GotG la sospensione dell’incredulità non cade: sappiamo che stiamo guardando altro.

 

Rocket
È l’aggressività adolescenziale, quella fase della vita in cui pensiamo solo a picchiarci per frustrazione sessuale e rabbia verso il padre/ostacolo, quella figura che si mette di mezzo tra noi e il nostro desiderio verso la madre e ci obbliga a diventare adulti per avere delle donne che la sostituiscano. Anche per questo odia Gamora, non si fida di lei e fa di tutto per liberarsene. Quando su vol.2 Rocket si contende il controllo della navicella spaziale con Starlord, è una bella rappresentazione dei sedici anni tra botte, seghe e accenni di maturità. Ricordate nel vol.1, quando è Rocket che si presenta da Yondu armato per riavere Starlord? State assistendo a una lite tra adolescente e genitore. Insensata, patetica, eppure serissima per Rocket.

 


Groot
Su di questo personaggio ci sarebbe da dire molto. Prima di tutto, è l’unico a non avere desideri. Drax e Gamora vogliono vendetta, Rocket e Starlord vogliono soldi. Lui non vuole nulla. Ma quando alla fine del primo gli amici stanno per morire, Groot li salva dicendo “noi siamo Groot”. In conclusione, James Gunn ha usato la parola “groot” per rappresentare il concetto di famiglia. Si presenta assieme all’aggressività perché rappresenta il primo abbozzo di nuova famiglia dell’adolescente che lascia il nido: la compagnia di amici con cui vai in giro a fare danni. Alla fine si sacrifica l’idea di gruppo per (ri)nascere) idea di figlio. Ecco perché quando Drax guarda baby Groot lui si immobilizza: quello sketch è il conflitto interiore dei trentenni tra nostalgia del passato e desiderio di paternità. Groot è la cumpa. Baby Groot, comprare una culla.

 

La Milano
Gunn l’ha chiamata così in onore di Alyssa Milano, la sua prima cotta. Il che depone parecchio a favore del fatto che la Milano sia la Ryley di Inside out, contenente le cinque emozioni principali.

 

 

 

Yondu
Per evitare possibili fraintendimenti, Yondu è così freudiano che ha due parti rosse: la testa e il cazzo. Lo so, può essere ridicolo parlarne, ma Yondu è identificato da un simbolo fallico che incute una paura boia a Starlord: la bacchetta. Che fatalità lascia una scia rossa ed è indistruttibile finché non incontra il padre biologico. Quella bacchetta è così importante che su vol.2 viene inquadrata al rallentatore in 3D mentre ti punta la faccia. Non ditemi che non c’è Freud, in questa roba.

La scena che riassume tutta l’epopea della crescita è quando Yondu, a bacchetta spezzata, abbraccia Starlord e lo porta fuori dal pianeta verso lo spazio, finché i suoi retrorazzi non ce la fanno più. Con Yondu, Starlord abbandona il padre biologico, quell’Ego che vuole annientare tutte le altre personalità per replicarsi (come i padri che cercano in tutti i modi di far piacere ai figli Guerre stellari) abbracciando il padre mentore, che lo spinge al limite delle proprie possibilità per permettergli lo spazio. E quella vastità nera con loro due rappresenta il resto della vita che Starlord dovrà vivere come vorrà. Ma senza più un padre.

Come in tutti i film generazionali, arriviamo al climax. Il Perozzi di Amici miei. Silente di Harry Potter. Obi Wan Kenobi su Guerre Stellari. La morte del padre unisce le personalità di Starlord nel dolore, una cosa lunga, silenziosa e straziante. Si chiude con la rabbia adolescenziale, Rocket, in lacrime dopo aver realizzato quanto lui e Yondu fossero simili. E mentre il primo volume si conclude con una frase che direbbe qualunque adolescente di sabato sera “cosa facciamo? Qualcosa di buono, di cattivo o di così così?”, il secondo si chiude con un silenzio assordante. Perché è così che inizia il primo giorno del resto della vita.

Guardiani della galassia usa un linguaggio nuovo. Conosce Internet e usa i suoi ritmi, le sue esagerazioni e i suoi segreti. È qualcosa di diverso e anomalo. Se quando siete usciti dal cinema avevate una sensazione strana, se per motivi inspiegabili non avete notato incoerenze, buchi, oppure li avete notati e ve ne siete fregati, è perché Guardiani della galassia parla d’altro.