Simo Haya: un uomo, un genocidio






Il 23 agosto del 1939 Hitler e Stalin firmarono il patto di non aggressione chiamandolo patto Molotov-Ribbentrop. E’ un po’ come chiamare il giuramento di matrimonio “gangbang session”, ma vabbè. Oltre a promettere di non ammazzarsi tra loro i due amigos colsero l’occasione per spartirsi le nazioni dell’Europa. 



Joseph Stalin fu irremovibile: voleva la Finlandia.


Hitler fece spallucce e disse “accattatela”. Del resto è una terra di cui non frega un cazzo a nessuno. Cosa c’è in Finlandia? Praticamente è Skyrim senza draghi. Le persone hanno la stessa emotività dei bot. Le donne hanno vocali dure come granito, sono espressive come crepacci, la cosa più sexy che indossano è il pile e ti battono a braccio di ferro. Se io fossi un dittatore conquisterei il sudamerica, il Messico, alla bruttodio la Spagna, ma per quale innominabile motivo qualcuno vorrebbe conquistare un paese dove le donne si sverginano con le piccozze?



Per le renne.

In Russia ci sono più donne che renne, e questo per un uomo che ha scelto di portare i baffi nella propria bocca è inaccettabile. Stalin vuole la Finlandia e tutte le creature pelose che vi abitano. Hitler è uno all’antica, preferisce farsi cacare addosso dalle nipotine, così acconsente. Stalin torna a casa raggiante e si mette al lavoro. Prima tenta l’approccio soft: prende tre imbecilli, li veste da renne e tenta di farli eleggere al governo finlandese.



-Vuoi vuotare nuoi e nuoi garàntisc buonissimo guoverno – dicono i tizi.

-MRRRRAAAA! – bramiscono le renne scuotendo la testa.

-Nuoi vueri finlandessi cuome voi, votare, da, da, vuotare –

-BRAAAAAA! MMMRRRGNAAAA! –



Il piano fallisce miseramente, così Stalin opta per il piano B: l’invasione armata. Manda dei soldati in un paesino, Mainila, ne stermina la popolazione a colpi di mortaio e dice che i suoi soldati sono stati attaccati da pastori e renne assassine. Mentre il mondo valuta se la cosa sia possibile o meno inizia la guerra d’Inverno. Da una parte ci sono renne e alberi. Dall’altra l’armata rossa con blindati, granate, fucili, bombe e falangi di soldati.



Cosa può andare storto?

 

A Rautajarvi, nel 1905, nasce Simo Hayha. 



Appena uscito dall’utero materno spara un getto di piscio colpendo l’ostetrica, poi afferra un bisturi, si recide il cordone ombelicale e lo usa per tentare di strangolare l’infermiere. A parte questo strano incidente, cresce facendo il pacioso e laborioso contadino. E’ un allegrone che adora arare la terra con il martello pneumatico a -25° e lo fa per buona parte della sua adolescenza. Si innamora di Jutta, una donna dall’aspetto sinistro che parla due volte al mese, solo a dittonghi. Però fa una zuppa di neve buonissima. La giovane coppia conduce la vita tipica dei Finlandesi. Uccidi orsi giganteschi, abbatti alberi, spali neve, fai la sauna e monti i mobili. A vent’anni, però, Simo viene a sapere che Stalin gli vuole trombare le renne.



-Jutta, io mi arruolo – sentenzia Simo.

-Gun. Bam. Dittokka ja dun –

-Non è vero che non so combattere! Ho il mio fucile! –

-Kad, kad. Ddat jkran –

-Vabbè, è un catorcio di Mosin Nagant senza mirino telescopico, e allora? Basta mettere in linea i due pezzi di ferro che ci sono sopra –



Simo lascia Jutta nella sua casa di tronchi. Per lei è il momento più drammatico della vita. La lascia sola, senza nemmeno averle dato un figlio. E’ così disperata e sconvolta che tenta il tutto per tutto pur di farlo desistere: scuote impercettibilmente la testa. Nemmeno questo serve e Simo raggiunge la caserma. All’interno l’ufficiale si trova davanti un branco di contadini incapaci di leggere e scrivere. Alcuni hanno il riflesso condizionato di zappare anche l’aria. Sa che buona parte di loro morirà nelle prossime dodici ore, quindi non si perde tanto in chiacchiere e dà ai novelli soldati il manuale Ikea per la guerra.



-Voi vedete russi, puntate fucile, premete questo. Se non c’è un suono molto forte dovete inserire queste pallottole e riprovare. Capito? –

-Gu – dicono i contadini.

-Gu – annuisce Simo.



La pattuglia di Simo raggiunge Kollaa, un villaggio sperduto al confine con la Russia. Il tenente riceve comunicazione che l’intera armata rossa sta per transitare nei paraggi, il che li fa sentire come il sorcio quando piovono gatti. Si acquattano tra gli alberi e aspettano. L’ufficiale dice a Simo di andare a vedere dove e quanti sono.



Simo si veste di bianco, prende uno zaino, ci mette dentro razioni di cibo per la giornata e munizioni, poi s’incammina nel bosco. Giunto nei paraggi dell’armata rossa s’infila sotto la neve, pressandola davanti al fucile perché non salti quando spara. Si mette in bocca altra neve perché il respiro non faccia condensa e per lo stesso motivo si sospetta anche un ghiacciolo dall’altro buco. Praticamente diventa un pupazzo di neve. Si sistema la foto di Jutta vicino al calcio e attende. Dal bosco emerge la sagoma di un soldato, Simo prende la mira e spara. La testa dell’uomo va in mille pezzi.


-Jutta, funziona! – dice entusiasta alla foto – è più facile di montare un tavolino! –







-Mualediziune – dice il capocarnedacannone russo all’altro – renne hanno cecchino –

-Niet pruoblema, cuompagno, noi siamo tanti. Fuorza, manda dieci suoldati a ucciderlo –

-DA! –

Il russo prende una bottiglia di vodka, la agita davanti ai soldati, poi la lancia verso il bosco.



-Vuoi cuorre a priendere botilia o Stalin amazza familia –

-DA! DA! – urlano i soldati, e corrono verso il bosco. Avanzano in ordine sparso, cautamente, tenendo gli occhi ben piantati verso l’alto. I cecchini di solito è lì che stanno.



-Viktor, vedi niente? – domanda il capocarne.

BANG. Viktor cade a terra con la testa distrutta.



-Anatolj, vedi niente? –

BANG. Anatolj è in una pozza di sangue.



-Nikolaj, vedi niente? –

BANG. Nikolaj è faccia in giù nella neve.



-Vassilli… –

BANG. Vassilli si accascia.

-MIO VERO NOME BETTY, CUOMPAGNO – dice Vladimir dall’ultima fila.

-Sul serio? –

-DA! –

-Betty, vedi niente? –

BANG.



Il capocarne cade a terra folgorato.


-Ah, Jutta, se mi vedessi! Saresti così fiera di me da battere le palpebre – mormora Simo, sprofondando nel suo comodo giaciglio a -30° sottozero – ora basta inserire altri proiettili, vediamo come si fa –









Al campo dei russi l’ufficiale sta accarezzando il proprio cane da caccia quando dal bosco emerge Vladimir in stato confusionale. Dice che sono tutti morti e che lui vorrebbe farsi trasferire alle Galapagos.



-What the shit, Vladimir – dice il tenente – cosa li ha uccisi? –

-Non lo so, cuompagno, io no visto niente! – esclama, poi gli esplode la testa.



Il tenente inorridisce. Il cane si gira e muore. I cuochi stanno facendo la zuppa e muoiono. La truppa in fila per il rancio cade a domino e muore. I medici escono chiedendo se serve aiuto e muoiono. Le jeep esplodono. I soldati corrono ai mortai e aprono il fuoco verso il bosco, ma muoiono.



-SMETTETE DI MORIRE, STUPIDI! – tuona il tenente.



Gli infermieri con le barelle muoiono. Le mine detonano contemporaneamente. Le tende si afflosciano facendo fuoriuscire ufficiali confusi, che muoiono. Un coniglio passa e muore. Un falco nel cielo cade, spezzato in due da qualcosa.  Dal lago vicino esce Gesù Cristo che allarga le mani e dice “sono tornato per fermare questo scem” e muore. Resuscita uscendo da una grotta a venti chilometri da lì, dice “no vabbé però” e muore. Il tenente è paralizzato dalla paura. Dal bosco proviene solo il vento gelido e il frusciare degli alberi alternato alla neve che cade dai pini.



-La muorte – mormora, terrorizzato – la muorte bianca –









Simo torna a Kollaa con il suo fucile in spalla canticchiando “andiam, andiam, andiamo a lavorar” e sorridendo felice al termine della giornata. Il tenente gli corre incontro domandandogli cos’erano quegli spari e il numero dei soldati nemici.



-Uno, perché ho finito le munizioni – risponde Simo.

-Ne hai ucciso qualcuno? Quanti? –

-Bè, soldato più soldato meno, mi sembra che stiamo intorno ai

…542.

Sì. Secondo i libri di storia, Simo Hayha uccise 542 persone con un fucile privo di mirino telescopico. Cinquecentoquarantadue. Il terremoto a L’Aquila ne ha uccisi 308; quest’uomo con un archibugio è stato peggio di un terremoto di sesto grado sulla scala Richter. 




Diomuadonna, Vladimir.

 

Il bello dell’umanità è che sì è incredibilmente varia, ma ci sono alcune cose che all’improvviso rendono tutti uguali. Qualunque essere umano quando viene a sapere che uno ha ucciso 542 persone con un fucile cambia modo di rapportarsi con lui. I russi, soprattutto, sono un popolo particolarmente sensibile a queste cose. Un africano magari ti dice “anch’io”, ma i russi no. I russi valutano con molta attenzione cosa fare. Un italiano gli darebbe il governo, un francese lo decapiterebbe, uno spagnolo lo incarcererebbe, un russo no: un russo decide di mandargli altri bersagli.



-Questa vuolta nulla potrà fermarci, muorte bianca di miei collioni – dice il tenente, spavaldo, di fronte alla foresta – non è vero, Karl? –



BANG. 

Karl muore.



-E’ muorte bianca! – grida il tenente – ai vuostri posti! Ivan, tu sei mio cecchino di elite! Truovalo e ucidi! –

BANG.

Ivan non ha più la testa.



-Aleksej! Prendi il posto di Ivan! –

BANG.

Akeksej decede.


-Boleslav, Boris, Borislav, Boyan! –

BANG. BANG. BANG. BANG.

– Danilj, Grigoriy, Ieronim, Piotr, Igor!

BANG. BANG. BANG. BANG. BANG.

-Ma puttana Eva! – grida il tenente



BANG.

Un portalettere gli comunica che sua moglie Eva è deceduta.



-Cazzo! – grida il tenente.































BANG.

Quando i generali dell’armata russa si trovano di fronte al tenente castrato che li informa dell’accaduto ci rimangono malino. A quanto pare, Simo ha nuovamente giuocato al piccolo Terminator, sterminando i cecchini mandati a ucciderlo. Il conto non ufficiale ora raggiunge i 600 morti, ma questa volta Simo ha anche usato una piccola mitraglietta – questa.










A questo punto decidono di bombardare la foresta dove si rintana Simo. Gli aerei tornano alla base in parte. Uno viene abbattuto, altri due sono danneggiati. I piloti scendono, stringono la mano a tutti e decidono di diventare sommergibilisti.



-Cuompagno Stalin, siamo nella cacchina –

-Muandate altri –

-Nuo! Basta! –

-Alluora mandatene uno solo ma cazzutissimo, tipo il più gigantosauro del cecchinaggio che ammazzi quella roba –

-Da –



Nella foresta di Simo ormai pare siano piovuti russi morti. Il controcecchino è davvero bravissimo e, a differenza di tutti gli altri, trova Simo. Lo vede nascosto tra la neve nel preciso istante in cui Simo vede lui. Il russo ha il mirino telescopico, Simo no. Sparano contemporaneamente. Il russo ci rimane secco, a Simo si apre la testa a metà. Viene riportato al campo e dato per morto ma, naturalmente, non lo è. Si è giocato metà mascella e tutti i denti, ma il proiettile ha lasciato illeso il cervello, quindi è sveglio e pimpante. I Russi vengono a sapere che per ferire UN SOLO finlandese hanno dovuto sacrificare 600 dei loro. Stalin manda una lettera in cirillico: 




“Teneteve ‘sta Finlandia demmerda”




Quando l’ubergeneralissimo Cazzimma a capo della Finlandia chiede a Simo WTF lui si stringe nelle spalle:



-Ho solo seguito le istruzioni che mi avete dato al meglio che potevo – dice.



Fa ritorno a casa da Jutta, che è talmente felice di vederlo da fare un sorriso. Gli cucina la sua zuppa di neve preferita e lo imbocca, perché ora Simo non è proprio ben ridotto, ma è il più grande cecchino della storia dell’Umanità, un eroe nazionale e un VIP. Si ritira a vita privata, sposa Jutta e si dedica alle sue due grandi passioni: allevare cani e sparare alle renne perché, diciamolo, è un po’ come sparare ai russi.



Nel 1996 gli chiesero se era pentito di quello che aveva fatto. Lui guardò il giornalista e gli chiese se avrebbe preferito parlare russo.



E’ morto a 96 anni.