Per un pugno di rose

Per un pugno di rose

«Buonasera, avete deciso?»
«Sì, il listino.»
«Prego?»
«Dico, per favore, potrebbe portarci il listino?»
«Ma… siete seduti da un pezzo. Vi ho visti.»
«Ne ho piacere, comunque nessuno ci ha portato i listini.»
«Stanno lì, no?» dice indicando un bancone.
Non perdiamo la calma.

«E io come posso saperlo, signorina?»
Mi guarda. Ci pensa.
Ci pensa molto. Guarda il bancone. Riguarda me. Guarda la mia donna.

«In effetti ha ragione, le porto il listino.»

La coraggiosa cameriera si fa strada trucidando colleghi con una katana, arriva al bancone dove recita due versi della bibbia al contrario. Il pavimento ruota mostrando una voragine senza fondo dove alcuni incauti avventori precipitano urlando, Dio abbia pietà della loro anima. Al centro del baratro, tenuti insieme da un sottilissimo filo d’oro, due listini. L’eletta espande la sua aura, spalanca le braccia, evoca il potere di Grayskull, l’aquila di Trider, Excalibur e ed evoca Reelay, demone dell’aria. Volando riesce ad agguantarli. Tornata sulla terraferma sgozza tredici bambini, prende una goccia di sangue da ognuno e su un vassoio in platino poggia due listini rilegati in pelle umana e scritti nella lingua proibita. Ce li porta inginocchiandosi, lacrime rigano il suo giovane viso.

«Non vi ho portato l’aperitivo della casa» ringhia con voce strozzata dal pianto.
Commette seppuku con un cucchiaino da dessert prima che il maitre riesca a fermarla.

«Perché dici queste puttanate?» chiede la mia lei.
«Non so, mi vengono» spiego leggendo con orrore i prezzi.

Seduti uno di fronte all’altro, ufficialmente insieme da due mesi. Nessuno dei due ha mai parlato di S. Valentino, ma da come s’è tirata direi che la sorpresa le è piaciuta. Siam nella fase di studio, quella con le domande trabocchetto, i sorrisi ad occhi spalancati, le risate brevi, le trombate maratona e lo sguardo attento mentre lei mi racconta i problemi di sua madre ed io come si mixa un basso campionato.Sorrido pensando a cosa dirò tra sei mesi di sua madre. Stranamente sorride anche lei.

È una donna che sa adattarsi rapidamente, ma i suoi gusti son facili. Le ho comprato un paio di orecchini sotto suggerimento sorellifero che le verranno consegnati dopo che avrà detto “no, il dolce non lo prendo” per poi mangiarsi le parti migliori del mio. L’atmosfera è dolce e complice, io mi sto perdendo nella fossetta alla base del suo collo quando percepisco l’aura negativa.

È qui.
È nella sala.
I maschi urlano e si preparano al contraccolpo, ma è tardi. Molti vengono falciati senza pietà, ho visto operai ed imprenditori, atei e religiosi uniti nell’invocare i santi al momento culminante. E ora tocca a me. Prima che io riesca a fare una mossa prende in ostaggio la mia donna mettendogliele in faccia. Con una lentezza studiata e drammatica mi fissa, imperturbabile: «Compra bella rosa».
Maledetto.

Strozzato da una camicia, stritolato da pantaloni importabili, martoriato da scarpe disumane, tento l’estrema difesa conscio che il tempo è fondamentale. Il duello sarà deciso in due scambi, non più. Lei non dice niente. I suoi occhi mi puntano una pistola in faccia. Porto la mano al portafogli.

«Quanto?»
La sala è scossa da un mormorio.

«Tre.»
Dietro di me sento urla e gemiti.
Apro il portafogli mentre sudo copiosamente. Fa che io abbia moneta, Fa che io abbia moneta, fa che io abbia mon
Bingo. Tiro fuori.

«Uno» dico estraendo la moneta.

Ci studiamo. I suoi occhi passano da me ai cinque euro, dall’euro a me. Occhi fissi su di lui, se guardo lei è finita. Avanti, mangiamerda, vieni a prenderteli, su, sono qui. Tu vuoi la monetina. Tu vuoi la monetina, forza, molla la mia fica e vieni a prendere l’obolo. Non vuoi trattare.

«Due» osa.
«No» dico «o così o mi cambi CENTO» mento senza vergogna.
Ringhia: «D’acquerdo.»

Lei sorride, alcuni in sala svengono. Mi siedo scaricando l’aura in eccesso. Quando le do gli orecchini rimane davvero sorpresa, poi tira fuori un DVD “l’ho visto alla casa del disco, è giusto un pensiero”. 6 giga di acqua registrata con l’idrofono. Ho l’irrefrenabile impulso di mollare tutto, correre a casa e sentirli. La sua scollatura ed il suo sorriso suggeriscono di aspettare.

Nella pausa postorgasmica il mio garage pare sia in mezzo ad un maremoto.