Ascensore per l’inferno

Ascensore per l’inferno

24 dicembre.
Ascensore del condominio.

Giacca, cravatta e pantaloni stretti che praticamente mi sto inculando da solo e se mi guardano in gola avrei delle gran brutte adenoidi. Entra lui, trentacinque quaranta. Pacchetti, giacca in camoscio o quel che è, profumo da troia. Apparentemente un agente immobiliare.

– A che piano?
– Quarto – rispondo ravanandomi i coglioni.
– Io secondo, come facciamo?
– Eh, preme il due, scende e io continuo – dico mentre la riga dei pantaloni mi strizza Ernesto e mi provoca una smorfia.
– Ma.. no, scusi, l’ascensore non è come da Coin… – mi fissa.

Premo “2”. L’ascensore fa il solito scossone, parte.
Primo piano.
Secon *bùm*.
Luci spente, parte un allarme nelle scale.

– Ah Dio – flauta l’uomo con voce agitata – ah Dio siamo chiusi dentro. E adesso? No ma io devo uscire, mi manca l’aria –
– Stia tranquillo – spiego – al quarto c’è tutta la mia famiglia, a quest’ora con sto casino staranno già vagando per il condominio con borse del pronto soccorso. Comunque – dico sporgendomi – per sicurezza premiamo il pulsantino del campanello.
– NOOO! – urla.
Faccio un salto che fa agitare l’ascensore.
– Come no, mica indovinano che c’è qualcuno qui dentro, il campanello serve a quello –
– Ne è sicuro? –
– Ma.. scherza? – domando.
– No, senta, qui dentro ci sono anch’io, per cortesia, lasci perdere quel bottone, chiamo io col cellulare.
– Sì, ma questo bottone suona in portineria, sistemano loro.
– Mi scusi, sa, non mi fido – insiste l’omino tirando fuori il cellulare.
– Ma cosa vuole che mettano in un ascensore, il pulsante d’autodistruzione così ci giocano i bambini? E’ fatto apposta, sta lì, mica l’ingegnere ha detto dai, tra il quarto e il quinto piano mettiamo un detonatore, abbia pazienza –
– Senta, lei è qualificato per una cosa del genere? –
– C’è scritto premere in caso di emergenza!
– A me questo sembra un blocco, non un’emergenza.
– Eh, infatti, per l’emergenza c’è il tasto premi e portali tutti all’inferno con te.
– Ha poco da fare lo spiritoso, in non mi fido e non mi fido, basta.

La vigilia di natale mentre tutta la mia famiglia mi aspetta sono chiuso in ascensore con un idiota.

– Pronto? Tesoro, ciao, sono chiuso in ascensore.
Come ascensore, quale?
– Eh, non di casa nostra.
Ma allora quale?
– Della… massaggiatrice.
SEI ANDATO ANCORA IN QUEL CAZZO DI POSTO, SEI UNO STRONZO, AVEVI DETTO CHE NON CI ANDAVI PIU’, L’AVEVI PROMESSO DAVANTI AL
– Ti ho de
BAMBINO, SEI UNA MERDA, PAOLO GUARDA, C’E’ TUA MADRE QUI, ADESSO LE DICO CHE RAZZA DI UOMO SEI, MI FAI SCH
– TI HO DETTO che è solo per gli auguri.. gli auguri! Gli auguri di Natale! Natale!
IFO TU, IL NATALE E QUELLA TROIA, ADESSO VIENI A CASA E VEDI
– Elena, non posso parlare, c’è gente.
CULO CHE TI FACCIO, E NON ME NE FREGA NIENTE SE C’E’ GENTE, VIENI SUBITO A CASA
– Ma NON POSSO! SONO BLOCCATO IN ASCENSORE!
E TI STA BENE, ALLORA NON VENIRE PROPRIO, PASSA IL NATALE CON QUELLA COREANA DI MERDA E VERGOGNATI, CHE MI FAI SCHIFO
Click.

Leggo la targhetta pesocapienza, in questi casi aiuta.
Il silenzio è intimo.

– Eh, sa… mia moglie – dice il tipo mettendo il cellulare in tasca.
Annuisco serio, come solo un uomo può empatizzare con un altro.

– Quel.. pulsante, dice davvero che va alla portineria?
– Giuro.
– Bè, allora…
Faccio per premere ma la corrente ritorna, facendo sussultare l’ascensore mentre l’uomo lancia un grido terrorizzato. Si apre al secondo piano.
– Vede? – dico cercando di rallegrarlo – tutto è bene quel che fini

– Arrivederci.
– Arrivederci – dico.