Prologo
A Metropolis ogni cosa viene disintegrata dalla rissa di Superman e i suoi compagni di sbronze. Case esplodono. Palazzi crollano. Strade vengono sventrate. Enormi astronavi devastano tutto. Bruce Wayne corre tra le macerie col SUV telefonando al suo amministratore delegato.
«Jack, dovete uscire tutti!»
«EH MA STIAMO IN PAUSA CAFFÈ»
La Wayne tower crolla uccidendo tutti i dipendenti.
Africa
Lois Lane e un fotografo hipster si presentano da un signore della guerra circondato da mercenari. Il fotografo ha una macchina a rullino, perché se un giornale ti paga 20,000 euro per un reportage è felice di sapere che le foto potrebbero venire male o non venire affatto. Persino Jamal, capo dei mercenari, realizza che nessuno è tanto idiota. Prende la macchinetta, la spacca, tira fuori il rullino e trova un aggeggio che lampeggia.
«Ah, sei della CIA!» grida, puntando la pistola alla testa del fotografo «ci state localizzando!»
«Jamal, piantala, sarà la spia del flash» dice un mercenario.
«Nono, il vostro capo ha ragione, sono della CIA» dice il fotografo.
«Visto?» fa Jamal.
«Ma se è della CIA ti pare che lo dice? Secondo me è la batteria» dice un altro mercenario.
«SIETE TUTTI DELLA CIA!» urla Jamal, e ammazza tutti.
Superman arriva, salva solo Lois Lane e volano a casa felici.
Gotham
Batman ravana di botte un branco di zingari e ne marchia a fuoco uno. I giornali riportano la notizia spiegando che un marchio del genere, in carcere, equivale a una condanna a morte. Perché il carcere è pieno di gente dabbene lì per errori giudiziari, e appena vedono uno col certificato Batcriminal© lo sopprimono. A Metropolis, Lois Lane passeggia davanti a un poligono di tiro, Superman la riporta a casa appena in tempo. Al TG vede il povero zingaro marchiato e la trova una cosa ignobile; uccidere 560,000 innocenti tra macigni e detriti va bene, ma marchiare a fuoco uno spaccino è brutto. Si indigna, poi va alla festa dove finalmente conosciamo Lex Luthor. Si tratta del Woody Allen dei millennials: figlio di papà, mezzo ritardato, balbetta, fa battutine che capisce solo lui, non becca figa neanche se è sfondato di soldi e soprattutto indossa il completo con maglietta e scarpe da ginnastica.
Che sta male persino a Brad Pitt.
Woody Allen Luthor spiega a una senatrice che sì Superman è buono, ma potrebbe diventare cattivo, quindi è il caso di costruire un’arma di Kryptonite capace di ucciderlo. Questo discorso dovrebbe interessare parecchio Clark Kent, purtroppo il nostro supermoralista è impegnato a origliare i sussurri dell’auricolare di Bruce Wayne, che si sta facendo guidare dal maggiordomo verso i sotterranei del palazzo. Visto che si tratta di girarsi, scendere una scala e aprire una porta a vetri ci riuscirebbe anche un deficiente, ma Bruce è obnubilato dal figame e dev’essere diretto tipo macchinina. Superman capisce la sua identità e lo intercetta.
«Cosa ne pensa di Batman a Gotham?» gli chiede.
«Cosa vuole, gli zingari son inevitabili. Lui anche si sforza di bastonarli tutti, ma…»
«Non ha capito. A Gotham la brava gente vive nella paura.»
«SEEEEEH LA PAURA, ADESSO! Non è che tutte-tutte hanno alzato i prezzi, calma. È terrorismo. Le nuove sparano cifre alte perché credono di averla d’oro, poi imparano. Fidati, due settimane e abbassano la cresta.»
«Ma che dice?» fa Clark Kent.
«Poi chiaro, Pattaya è un altro mondo. Scrivi, scrivi. Che ‘ste zoccole di provincia leggano. C’ho fatto quindici giorni con Tony Stark, ok? So di che parlo. Una sera c’ho ‘ste due diciottenni, una che mi spompina, una che mi lecca il buco del culo. Avevo mangiato… cos’era? Bè, quella roba che danno lì, etnico… vabbè insomma mi parte una scorreggia. Tragedia. La diciotthay si stacca e c’ha i capelli lilla, giuro su Dio. Ho piazzato un parimpampum che l’ha trasformata nella dolce Creamy. Questa suda, vomita, collassa. L’altra s’incazza. Non mi entra il pappone con la katana in camera?!»
«Signor Wayne…»
«Aspetta! Il fatto è che nell’altra stanza Tony era fatto come il castello errante di Owl, mi spiego? È che a Tony la bubba mette violenza. Per quello m’aveva chiesto di trombargli anche la sua, sennò finiva che la fistava con l’armatura e l’apriva come un pollo. Successo uguale con Hulk a Cancùn nel 2004, abbiamo dovuto seppellirla a rate dietro una gelateria. Comunque
«Signor Wayne, non tollererò oltre questi racconti disgustosi.»
«Fammi finire. Tony mi piomba in camera con tutta l’armatura, il pappa sbrocca, alza la katana, dice qualcosa nella sua lingua e Tony BWANG!! sai come fa con la mano, no? Spara e spatascia il pappa sul muro. Dovevi vedere la scena, pezzi di scimmia per tutta la stanza, le zoccolette fuori di loro, io ancora col coso blindatissimo di Viagra che non so dove metterlo, quand
«SIGNOR WAYNE!» tuona Clark «io parlavo di BATMAN! La gente di Gotham ha paura per colpa di BATMAN.»
«Ah» fa Bruce «invece a Metropolis con le invasioni aliene fanno una vita che lévati, no?»
«Superman difende la moralità, i valori e la giustizia. Il popolo lo ama.»
«Ma chi se ne frega del popolo, se Martin Luther King avesse chiesto l’opinione del popolo oggi sulla lapide ci sarebbero incisi i like e negli autobus i negri non potrebbero salire. Ora scusami, devo andare.»
Wayne corre a recuperare il dispositivo di hackeraggio e non lo trova più. È stato rubato da un misterioso figone. La insegue, lei scappa gattamortando, poi la trova a un’altra festa. Qui lei spiega di non essere stata in grado di aprirlo e quindi glie l’ha restituito mettendoglielo in macchina.
«Scusa, come facevi a sapere che sarei venuto qui?» fa Bruce Wayne.
«Perché, tu come facevi a sapere che ci venivo io?» domanda lei.
«E quando mi avresti messo il dispositivo in auto?»
«Non so. Non so nemmeno qual è la tua macchina.»
«Io non so nemmeno chi sei tu!»
A Metropolis, Lois Lane prova a mettere la testa nel forno a microonde, ma Superman la salva. Bruce finalmente apre i file crittati degli archivi di Woody Luthor, scopre dove tengono la Cryptonite e visiona filmati buffi di altri supereroi, poi una foto del figone misterioso datata 1902.
«Bestia, è Raffaella Carrà» mormora.
Metropolis
Superman si presenta al processo dove deve giustificare la carneficina dell’altra volta. Tra gli invidiosi che vogliono provare a spremergli soldi c’è anche un paralitico a cui Woody Allen Luthor ha regalato una bomba superpotente mascherata da sedia a rotelle. Schioppano e fuori tutti credono sia stato Superman. Batman fa un’incursione nell’azienda di Lex Luthor per rubare la Criptonite, devasta mezza città e riesce nell’impresa, poi dal cielo scende il giustiziere alato.
«Con ‘sto pipistrello hai rotto» dice Superman «ti lascio andare per misericordia, ma non voglio più vederti in giro. E poi uccidi. Il vero Batman non uccide.»
«Ma vaffanculo. Parlando di cose serie, tu sanguini?»
Superman vola via senza rispondere.
«Perché la faccia da puttanella mestruata ce l’hai» borbotta Batman, poi torna a casa, si spacca di crossfit, costruisce una lancia e tre proiettili a puzzette, si fa fare l’armatura dal suo maggiordomo/ingegnere/fisico/meccanico/interior designer ed è pronto a combattere. Va sul tetto del palazzo di Gotham, accende il batsegnale e aspetta. Intanto, Woody Allen Luthor fa rapire la madre di Superman e la fa nascondere, poi rapisce Lois Lane e la butta giù da un palazzo per attirare l’attenzione di Superman. Lui arriva, la salva e Woody lo ricatta: o uccide Batman o sua mamma muore. Superman non ha scelta e va dal pipistrello.
«È ora delle botte» fa Batman.
«Avrò anche ucciso innocenti, ma tu ti credi al di sopra della legge.»
«Non è colpa mia se il popolo elegge imbecilli che rendono illegali le cose belle.»
«Arrenditi. Sono un Dio, non posso perdere.»
Se unissi la strategia militare di Robb Stark, il popolo di #vinciamonoi e la mia carriera scolastica non renderebbe comunque l’idea di quanto Superman perde. Batman lo frulla di cazzotti così forte che al cinema la gente si ripara. Non so cosa si sia calato Ben Affleck per girare quella scena, ma è un nuovo livello. Nemmeno alla sagra della pesca sportiva di Badoere ho visto tante botte ignoranti. Dopo quindici minuti, Superman ha il piede di Batman sulla trachea.
«Mar…ta…» biascica.
«Sta per mortacci tua?»
«Nooh… Mmmmrta…»
«Ah, MARTA! Ne conoscevo una, in Kansas» dice Batman «ma che c’entra?»
«Sua madre si chiama Marta!» grida Lois Lane in lacrime, uscendo dal nulla «vuole che la salvi tu, visto che stai per ucciderlo!»
«’sta Marta mica è bionda, attempata?» fa Batman, togliendogli il piede dal collo.
Superman tossisce: «Come lo sai?»
«Quella che conoscevo era una MILF della madonna. Il marito era morto per salvare il cane e l’aveva lasciata sola a mantenere figlio e pulcioso.»
«Anche la sua» fa Lois Lane.
«Eh, ma la Marta che dico io svoltava i soldi in un bar.»
«Anche la sua!»
«Nel retro, dico. Spurgava scroti a camionisti e piloti Jaeger di passaggio. Abituata com’era ai grezzabbestia quando m’ha visto s’è infoiata. Io manco avevo voglia, dovevo solo far benzina. Però un minimo di beneficenza bisogna farla, mica siamo animali. Così le ho allungato ‘sti 32 dollari e l’ho obliterata in cesso. Tutta contenta, durante e dopo. Ma non dirmi che era…»
Lois Lane sgrana gli occhi e muove impercettibilmente la testa.
«Era cosa?» chiede Superman, rialzandosi a fatica.
«Mmmmnniente» fa Batman «dai, dai, amen della gente morta, facciamo la pace. La tua famiglia sembra simpatica, dopotutto.»
No, ok, ‘sta parte è inventata.
Nel film per diventare amici gli basta scoprire che la mamma ha lo stesso nome.
“A Putin e Al-Baghdadi basterebbe così poco!”
Woody Allen entra nella vecchia astronave dei nemici di Superman e crea un Uruk-ai, lo ingrandisce con Photoshop scala 1:40 e lo libera in centro. Il mostro fa quello che fa qualsiasi mostro in CG, ossia urla senza motivo, agita molto le possenti spalle senza motivo e spacca roba senza motivo. Fugge dagli elicotteri militari su un grattacielo. Immagina che bello vivere al trentesimo piano, sentire un tonfo e poi vedere un cazzo di tre metri che ti penzola davanti alla finestra. Superman non ha voglia di farsi un altro processo per strage, così lo lancia nell’atmosfera. Il governo USA ne approfitta per sparare a entrambi una testata nucleare. Il mostro fottesega, atterra in una zona desertica dove arriva Batman, poi raggiunto da Superman un pelino sgarruppato. Sembrano farcela, ma Lois sono almeno tre minuti che non sta per morire, così si getta in un laghetto per annegare. Batman si trova da solo contro l’Uruk-ai. Il mostro spara un’alitata di fuoco in grado di incenerire palazzi. Batman chiude gli occhi. La fiammata esplode in tutta la sua devastante potenza e il pipistrello sembra fottuto quando SE PER CASO CADESSE IL MONDO IO MI SPOSTO UN PO’ PIU’ IN LA’/ SONO UN CUORE VAGABONDO CHE DI REGOLE NON NE HA, pompano le casse.
«Signora Carrà!» esclama Batman, aprendo gli occhi.
Il figone misterioso si svela essere Wonder Woman, che armata di scudo e spada mena il mostro.
«E dimmi» le fa Batman «tu sanguini?»
«No, figliolo, ho il superpotere della menopausa» fa lei, frustando il mostro.
Il mostro crepa perché Superman si sacrifica e muore (vabbè, figurati). Seguono quaranta minuti di funerale, epiloghi vari, scene di rara inutilità, Bruce Wayne che decide di cercare Aquaman per chiedergli se non si vergogna, gente che lascia ghirlande e scrive “qui giace Superman, se cercate il suo monumento guardate stocazzo”. Poi Lois Lane va a dormire e lascia il gas aperto.
Primissimo piano della bara di Superman.
Per un istante la terra si solleva.
Fine.