La bambina nel bosco (2/4)

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CAPITOLO 2 – Impicci

«Ti avviso, se non andiamo al mare inizio lo sciopero del sesso» dice Leonora.
«Ho da lavorare.»
«Infatti non ho detto che ti mollo, ho detto che ti revoco l’accesso a tempo indeterminato. No abbronzamento, no accoppiamento.»

Una bella intervista ti fa scoprire dei lati reali e nascosti di personaggi pubblici. Un’intervista stupida è il nome del cane, il colore preferito, il tatuaggio, ringrazio tutti, eccetera. Più uno è un VIP, più inutili sono le interviste perché più rigidi sono i paletti dentro cui è definito il personaggio. Quando sono stato a una cena di presentazione del libro di Sgarbi a Mestre ho trovato un uomo colto, brillante, pacato e carismatico. Nemmeno somigliava a quello che è in TV. Ed è così per tutte quelle maschere che stanno in uno schermo. A pochi interessa sapere chi sono davvero.

Nel caso dei doppiatori, però, è diverso. Sono VIP anomali. Li intervistano solo gli appassionati, e solo in caso abbiano doppiato qualcosa di clamoroso. Inoltre non hanno mai la voce che usano al lavoro. E la Reaper, molti anni fa, aveva doppiato un cartone animato di discreto successo. Alle nove e mezza di sabato sera trovo su un sito in disarmo il copincolla di una vecchia intervista alla Reaper. Link e cache a troie, ma ho il nome del giornalista. Vado su Linkedin, lo trovo. Abbiamo un amico in comune. Prendo il telefono.

«Leonora ti ha finalmente mollato» dice dall’altra parte del telefono Frozzi.
«No, vaffanculo. Conosci Enrico Logan, de Il resto del Carlino?»
Silenzio.

«Quello fuggito in Argentina con uno stagista di vent’anni che poi l’ha derubato?»

 

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Frozzi è il vicedirettore di una rivista di Milano. Un raffinato muccobombo sulla quarantina che veste sempre nero e conosce qualsiasi cosa si muova o succeda in città. A gennaio era solo uno sconosciuto che mi telefonava domandando se poteva scopare Leonora. Dopo un paio di mesi in cui ci cercavamo per riempirci di botte ora siamo amiconi. Essere maschi è anche questo.

«Ho paura di sì.»
«Vieni al Rick’s che ne parliamo. Porta Leonora, mi raccomando.»
«Lei domani lavora.»

Da qualche mese bevo in ‘sto locale dove un presentatore TV pippa droga dall’unghia lunga del mignolo del suo autore. Una modella esce dal bagno indignata, seguita da un giornalista nazionale che si riaggiusta la cravatta. Vede che lo guardo, lui stringe le spalle e minimizza: “a posto, solo un dito in culo”. Svanisce. Il giorno dopo leggo un suo arguto pamphlet sulle giovani generazioni. Un rapper e un calciatore farebbero la gioia dei siti LGBT. Il mese scorso una sex blogger di acclarata fama è arrivata al nostro tavolo per dire che Cicciolina è un idolo del femminismo, Blade runner è un film brutto, Ghostbuster Vaginal Edition serve a emancipare le donne del terzo mondo e che quest’anno ha passato l’inverno a Berlino, la primavera a Londra e l’estate a New York. Un’ora e tre drink prima che qualcuno si decidesse a dirle che aveva sbagliato tavolo.

«Dio, Nebo, c’hai la faccia che ci pulirei il cesso. Cos’hai?»
«Ho bisogno di ferie. Dimmi quello che sai e vado a dormire.»
«Allora, Logan a cinquant’anni e fischia divorzia dalla redattrice» spiega Frozzi, posando il moskow mule «e fugge in Argentina con ‘sto stagista di neanche vent’anni, che penso volesse fare il ribelle col padre, che poi era anche lui al Carlino e l’aveva raccomandato. Insomma, una volta in Argentina il ragazzino è insofferente all’atteggiamento paterno e fugge nella pampa con Pablo Gutierrez il 2987° e qui viene il bello, perché…»

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«DOVE CAZZO LO TROVO?!» sbotto.
«Fa reportage dall’Amazzonia. Corre anche voce s’inculi gli Indios ma cosa vuoi, la gente è meschina. Però ti posso dare il numero di Gustavo Zenone, il suo redattore. Occhio a chiamarlo da mezzogiorno in poi perché la mattina fa trenini.»
«Fa… cosa?»
«Modellismo. Ha un intero capannone di trenini elettrici, se gli piaci te lo fa vedere. È anche famoso nel mondo, tra i collezionisti. Cosa bevi?»
Dormo.

Caffè, uova, fette biscottate. Scrivo due pezzi per una rivista di imponente spessore politico tipo 5 COSE CHE NON SAI SULLE GANGBANG o 10 MODI PER FARE DEI BUCCHIBLOWJOB DA URLO. Ormai riesco a partorire queste perle in situazioni di disagio assoluto. Uno l’ho scritto sul blocco note del cellulare mentre tentavo di espellere dall’ano lo Zeppeling, l’ho spedito contemporaneamente al mostro e dalla redazione mi hanno telefonato per congratularsi con sciacquone in sottofondo. Per una rivista di fitness dovrei provare una disciplina sportiva “innovativa” tipo pallavolo coi piedi, seghe coi calcagni o che ne so. Sono due settimane che rimando qualsiasi impegno adducendo scuse tipo incidente d’auto, malattia, terrorismo, crisi di coppia, carneficine in famiglia. Questa cosa mi sta consumando e se n’è accorta anche Leonora. È difficile spiegare perché.

«Pronto?» dice il ferrotramviere in pectore.
«Buongiorno, sono Nebo, mi ha dato il suo numero Ermenegildo Frozzi. Avrei bisogno di mettermi in contatto con Enrico Logan.»
«Ci sto parlando in questo momento su Skype. Vuole che la metta in vivavoce?»
Tooot! Tooot! fa un trenino in sottofondo.

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«HOLA CHICOS CABRONES ARRIBA ARRIBAAAA HAHAHAHA» urla una voce metallica.
«Mi sente?» dico.
«MUCHOO CLAROOOO HAHAHA»
Seguono presentazioni, poi: «Lei qualche anno fa ha fatto un’intervista a una doppiatrice, la Reaper. Era il 2008» dico.
«Eeeh… jo no sè. Era buena?»
«Sì. La sto cercando per un film e volevo sapere se…»
«Lei lavora nel cinema!?» domanda Gustavo Zenone, interrompendomi «perché guardi che io avrei una storia che mi è capitata…»
«Sìsìsìsì dopo» dico «signor Logan, mi sente?»
«Aspetti, ci metto un attimo a spiegargliela.»
«MA PERDIO, HO DETTO UN ATTIMO!»
«Eh… Reaper… Reaper… aaaah, era la muchacha. Sì, me ricuerdo. Hermosa, ma triste como un uccello en gabbia. No creo que trabaha ancora, dopo l’incidente.»
«Quale incidente?»
«El padre, pobrecito. Brutto colpo, mai ripresa. Aveva detto che frequentava posti dalle parti sue por riprenderse. Porqué era triste. Posti con… suore, entiende?»

So la ragione, so la regione, so l’istituzione. Google fa il resto in nemmeno venti minuti. Rimango a fissare lo schermo per un’ora, guardando il sito dell’istituto e fumando sigarette senza riuscire a prendere una decisione.

Perché non è affatto facile.

Ci sono due problemi: il primo è che le suore non le freghi. Mai. Infiltrarsi in qualsiasi cosa a gestione cattolica è un massacro. Le suore non sono esseri umani, sono androidi. Macchine. Dai a una suora una missione e quella la porterà a termine a costo della propria vita. Non ragionano né pensano come noi. In giro per Roma le senti ridere e scherzare citando frasi di santi e giochi di parole da bambini. Se Terminator fosse stato un film realistico, al posto di Schwarzenegger c’era suor Giuseppina.

Il secondo problema è che forse sarebbe il caso di lasciare perdere.

Non solo perché sto deperendo a vista d’occhio, ma perché è appena diventato un territorio minato. Qual è la cosa giusta da fare, quando qualcuno sta male? C’è chi adora ricevere visite e telefonate. Chi lo detesta. A me farebbe piacere qualcuno mi cercasse dopo anni perché ammira il mio lavoro. Un altro magari no. Il problema non è più che la Reaper è una femmina, ma che è una persona ferita. Ossia, intoccabile. Però quand’ero piccolo, in una vita che ormai sembra appartenere a un altro, un giorno ero in un giardino a giocare con mia sorella. Vediamo un uccellino morto, già putrefatto, incastrato nella rete. Chiamo mia madre, lei lo guarda e spiega che gli uccelli non chiedono aiuto. Mai. Hanno la voce più bella in Natura, ma la usano solo per cantare. Muoiono in silenzio.

Sono un po’ tardi, ‘sti uccelli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TONY BLAIR Faith Foundaton Religion and the internet at the RSA

«Buongiorno, sorella» dico.
[continua]