Discorso di fine anno al bar Verdi

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30 dicembre. L’aperitivo al Verdi si tinge di alberelli di natale, lucine calde e intermittenti, decorazioni. Per aumentare l’atmosfera si preferisce il prosecco allo spritz. Il buffet, di solito pasta scotta al pesto e pizza gelida di gomma, viene sostituito da stuzzichini più raffinati. Osservo con estasi natalizia gli avventori massacrarsi a gomitate per avere una tartina, un’ipotesi di salame, una frenata di sugo sui piatti di plastica. La distribuzione del riso ad Haiti, porca puttana.

Siamo tutti reduci dai gozzovigli. Le ragazze, in vista dei saldi invernali, pianificano l’assalto con la precisione di una squadra d’incursori e quasi non ci rivolgono la parola. Atza è stato assunto da una ditta di traslochi. Secondo Ario questo “l’avrebbe finalmente fatto diventare uomo”, ma essendo Atza diplomato in ragioneria l’hanno messo davanti a una schermata di Excel con nostro grande disappunto. Luca dorme sul divano di un amico perché è in cagnara dura con la moglie, gelosa di una sua collega dell’ufficio mastoplasticata. Voci di corridoio dicono che ne ha ben donde. Io, dopo aver conosciuto la direttrice di Cosmo, ho 48 ore per consegnare un gigapezzo sulla masturbazione maschile perché a suo avviso “sono l’uomo giusto per farlo”. Ho fatto l’errore di raccontarlo in compagnia un mese fa. Vanno ancora avanti.

«E’ stato un bel natale, tutto sommato» dice Atza.
Luca alza gli occhi.
Atza li abbassa.

This christmas, i give you my heart, but the very next day, you give it awaaaaay

«Ho ho ho» annuncia Ario, spalancando la porta. Indossa una barba finta.
«E’ arrivato pappa natale, chi di voi baby prostitute è stata cattiva?» domanda a due adolescenti «forse tu, piccola? Come sono andate le buste di Natale?»
«Lascia stare le clienti, Ario» dice la cameriera, stranamente confidente.
«MEEEEEEERRY CHRISTMAS!» esclama proseguendo verso il nostro tavolo a braccia aperte «Leonora, bel vestito, non sapevo avessero riaperto i casini. Atza, fai sempre più da cagare. Luca, pisellino birichino, quali nuove da divanoland?»

«Vaffanculo»

«Gna ha haha, due anni di matrimonio affanculo per dieci minuti di bocchino, bell’economista»
«Per una volta potresti anche portare tua moglie, così vediamo se quando c’è lei fai tanto il duro del Roadhouse»
«A me piacerebbe, ma non ha mai un buco libero»

 

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JINGLE BELLS, JINGLE BELLS, JINGLE AAAAL THE WAAAAY

 

«Ci siamo anche noi, eh» dicono Giulia e Pamela.
«Sì, sì, vi chiamo io. Allora, sfigati, che si dice? Avete passato la cena della vigilia con i parenti della vostra dolce metà, accolita di squilibrati distrutti dagli antidepressivi e accaniti sostenitori del M5S che berciano del crollo dei valori tra i giovani?»
«No»
«No»
«No»
«Io sì, e mi sa che hanno ragione. Cioè, ascoltavo i pensieri profondi, il dramma della donna oggetto e tutte quelle cagate. Guardando la loro amata figlia m’è venuto in mente di quella volta in spiaggia a Mykonos quando il mio era solo uno dei tanti cazzi che traforavano il suo dolce corpicino e ho pensato, i nostri genitori a Natale andavano in chiesa. Un crollo morale è innegabile»

«Prendo un altro prosecco» dico, allontanandomi.
«Due, poi ti do i soldi» dice lui, tirandomi la giacca.

«Comunque, da sposati, le famiglie passano il natale insieme» dice Luca «quelle normali, almeno»
«Ah, allora avete passato il pranzo di Natale con supposti parenti a cui avete regalato oggetti utili solo a essere regalati, di cui provate grande vergogna. In cambio avete ricevuto libri che non leggerete mai, sciarpe, penne stilografiche utili come un rosario in un conflitto a fuoco, cappelli e maglioni che il mattino dopo sono già esposti al mercato dell’usato, dove li comprerà Nebo»

«Compra al mercato dell’usato?» fa Pamela.
«Sono vecchie abitudini. Quando mollò l’università suo padre lo mise alla porta ed è vissuto per anni in un garage riadattato a sala prove, così si comprava la roba sciccosa lì e il mattino scroccava la colazione al grand Hotel leggendo i giornali entrando dal parcheggio, i camerieri lo credevano un cliente»
«HA HAHAHAHAHA AHAHAHA»

«No, fermi, non sapete di quando per i deodoranti entrava nelle profumerie e usava i tester»
«AHAHAH HAHAHAHA»

«Ma sul serio? Credevo che con Cosmo campasse bene» dice Atza, confuso.
«MACCOSAAAHAH HAHA HAHAHA» ride Ario, felice «metà è probabilmente refurtiva zingara, l’altra metà è roba del polverizzato padre, praticamente Nebo è un deposito di evidenze giudiziarie ambulante. Chissà cosa si prova a girare per strada con il terrore qualcuno urli “oh, dove hai preso quei jeans, somigliano a quelli di mio figlio morto”»
«Che schifo» fa Luca.
Ario si gira, folgorandolo: «Perché?»
«Boh, non mi metterei mai roba usata da uno che non conosco»
«Anche la fica di tua moglie non è roba di prima mano, eppure hai mangiato e reso grazie. Come la mettiamo?»

«N-non è la stessa cosa»
«Certo che lo è, ma non ci pensi. Quando sei nato il tuo cazzo s’è strusciato sulla fica di tua madre. Come riesci a guardarla in faccia? Non pensandoci. Il trucco è tutto lì. Non pensarci»

 

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«A che punto siamo arrivati?» chiedo, tornando coi bicchieri.
«Niente, Capitan OVS» dice Ario, prendendo il bicchiere «bella giacca»
«Grazie»

Risate sparse per il bar.
Boh.

«Comunque, parlando d’altro. Che fate a capodanno?» chiede Ario.
Le carole natalizie in stereo tacciono. Alla cameriera cade un bicchiere.

«Allora?»
«Uhnnnmm…» tento, guardando la Leo «…forse siamo a cena a casa di amici»
«Anche noi» dice Atza «niente di speciale»
«Idem, amici di mia moglie» annuisce Luca.
«Noi avevamo sentito di una serata in discoteca» fa Pamela «se volete aggregarvi…»

Silenzio.

«Solo ora realizzate di non avere la più pallida idea di cosa cazzo fare, eh?» chiede Ario «ogni volta giurate che ci penserete prima, ogni volta vi trovate in questa condizione disperata in cui chiedete a tutti cosa fanno e tutti rispondono così, VAGHI, per tenersi aperte il maggior numero di opzioni possibili sperando di rimediare qualche posto figo con gente più figa di quella che frequenta di solito. Invece finite in trogoli con gente sconosciuta a mangiare demmerda pregando quel Cristo di orologio si affretti a battere i dodici rintocchi così da poter rientrare a casa, dove dimenticare in fretta la vergogna»

Nel tavolo a fianco, un tizio grosso come un armadio crolla in un pianto convulso, tenendosi la testa tra le mani. L’amico lo consola, guardandoci di nascosto. La gente viene all’aperitivo al bar Verdi come se fosse un posto qualunque, non sapendo che potrebbe sentire queste cose e rovinarsi la vita. Io li compatisco, i novellini. Una volta ho passato una serata a consolare un tizio che aveva parlato con Ario in coda per il bagno. Non è facile.

«Io non so nemmeno perché vi frequento» mormora Luca.
«Perché ti sei giocato la casa per un bocchino, stolto»
«Almeno io ho uno stipendio decente e una moglie fedele»
«Cose di cui il giudice di divorzio terrà debito conto, non temere»

Leonora strizza gli occhi e fa una smorfia di dolore.

«Ma torniamo al discorso prioritario: che si fa a capodanno? Perché io vi conosco. Le avete provate tutte. Il capodanno romantico. Il capodanno in discoteca. Il capodanno a casa di amici. Quello a casa di amici degli amici. Avete persino passato un capodanno da soli per vedere com’era ed è stata la più grande idea del cazzo possibile. Un segreto che mai oserete svelare»
Giulia sgrana gli occhi: «C-CHE NE SAI, DAI, NON ESISTE NESSUNO CHE…»
Ario la fissa con occhi di scintillante follia omicida: «I messaggi di auguri che leggevi al buio, nel silenzio della tua casa, mentre fuori il mondo ardeva il proprio stipendio in petardi. La morte nel cuore. La sofferta decisione di mentire il giorno dopo. Ricordi, piccola Giulia?»

«E va bene, m’è capitato. Mi ero mollata con Alvise e avevamo la compagnia in comune. Ho detto che ero con altra gente, ma…»
«Taci»
«Sì» dice lei, chinando la testa e mettendosi le mani tra le cosce.

«E poi la cena veloce con conseguente spostamento in discoteca, ove pagaste l’equivalente di una vacanza ai Caraibi per ascoltare musica di merda tra litigate di gelosia e spumante della COOP»
«Taglia corto, Ario, il capodanno è una rottura di coglioni? Sì. Bon. Basta, Cristo, sei qui da meno di cinque minuti e tre quarti del bar vuole ammazzarsi»

Il tipo grosso alle nostre spalle continua a singhiozzare.

«Perché, come al solito, non vedete la verità. Ricordate i capodanni passati, quelli con le feste, dove eravate felici? Sono quelli che vi hanno fottuto. Continuerete a cercare di riavere quella gioia, stupidi come la gente che tira l’acqua dopo aver scorreggiato. Ma non succederà. Non succederà mai»
«Non è detto» dico.
«Invece sì. Perché il problema dei capodanni non è la gente, è il significato. Ogni capodanno vi ricorda che dovrete imparare a scrivere l’anno nuovo giusto, correggere la vostra età quando ve la chiedono, e soprattutto vi ricorda che a furia di dire “inizio lunedì” avete buttato nel cesso un altro anno. Siete nello stesso posto, tra le stesse persone, mentalmente e fisicamente. Non è l’anno nuovo, è la solita vecchia merda da cui non riuscite a uscire. Hai cazzi di rendertela bella con spumantino e lenticchie, se ti chiedono di festeggiare il primo classificato al concorso mister cacasotto»

Il tipo grosso si alza e corre fuori ululando, inseguito dall’amico.

«E curiosità, tu cosa fai a capodanno, Ario?» chiedo coi crampi allo stomaco.
«Cena a casa di amici di mia moglie» annuisce lui, compiaciuto «mi scasso a indovinare quale se l’è trombata»

Con queste parole termina il mio 2013.