È buio. La temperatura è mite. L’odore di pulito ricorda quello degli alberghi di lusso. La voce arriva roca, riflessiva, come ne senti nei bar dopo le due di mattina. Non c’è altro suono. L’unica cosa visibile è un cerchio di luce che illumina una moquette. In fondo, una porta si apre e lascia intravedere una sagoma.
«Il sentimento più profondo dell’uomo, l’istinto più atavico, la spinta propulsiva più forte, è la paura» dice la voce da un punto imprecisato della stanza «ogni scelta, ogni decisione, ogni frase della gente. Tutto ciò che fanno, dicono, mangiano, bevono, vestono, scopano… risale alla paura»
La porta si chiude.
La voce tace. Nel buio si sente un sospiro, poi un deglutire.
«La paura viene dall’ignoto. Pensa alla frase “c’è qualcosa sotto al letto” e paragonala a “c’è un mostro sotto al letto”. Fa molta meno paura la seconda, anche se è un mostro. Noi temiamo ciò che non conosciamo» conclude la voce.
C’è un fruscio di vestiti.
«La paura è un assassino in una notte senza luna. Entra nella stanza piano, strisciando i piedi per non fare rumore e impiega ore a raggiungere il tuo letto. Tu sei lì, fermo, vigile, attento a cogliere ogni minimo suono, ma lui non ne fa abbastanza per farti alzare e non è abbastanza silenzioso da farti dormire. Quando ti uccide realizzi che il dolore del pugnale è infinitamente minore rispetto alla tensione che hai provato fino a quel momento. La morte diventa una liberazione, il dolore, quasi una delusione»
Si sentono passi felpati sulla moquette, lenti e profondi.
«Oggi, ora, adesso, questo popolo è infestato dalla paura. Della crisi, del terrorismo, delle malattie, dei tradimenti, dei furti, delle truffe, della finanza, degli stranieri, del cambiamento. Sono tutte cose che non capisci, quindi le temi. E siccome non sei abbastanza intelligente per affrontarle, hai scelto di ribattezzarle. Ricreare un mondo che puoi controllare e comprendere»
Tre passi. A pochi metri si distingue qualcosa, scarpe nere e lucide, l’inizio di un pantalone elegante. Il silenzio è tale da lasciar percepire il sottilissimo ticchettare dell’orologio da polso.
«Non prenderlo come un insulto. Ognuno è diverso. L’introspezione, l’autoanalisi, l’autocritica, appartengono a persone diverse da me e te. Siamo simili, tu e io. Anche se con risultati sociali molto diversi. Quindi non prendertela» dice la voce, facendo un passo avanti «se dico che
Sì, io ti conosco.
È tempo che tu conosca me» sorride Nick.
Buio.