Prologo

 

«APRI ‘STA PORTA O LA BUTTIAMO GIU’!»
«No, tu PROVA! ORA IO CHIAMA, ukatami? Musashiknpà?»
Grida rimbombano all’esterno.

«MI SENTI?» faccio, battendo sulla porta di metallo.

La Cina, fuori, mi ignora. Strilla. Quando un cinese grida poi di solito si getta da una rupe per trasformarsi nella testa di un robot alto ottanta metri che spara raggi fotonici dalle mutande. Sono problemi. E non vi ho parlato di quello che succede alle cinesi donne.

«Chiamiamo il 112»
«E’ inutile. Non prenderà»
Ha ragione.

Le ragazze consultano il loro mondo portatile col medesimo risultato.

«Com’è possibile, siamo in centro Bologna…»
«Cemento armato. Una fredda, profonda, tomba per automobili. E’ buffo, visto che le automobili stesse sono la tomba per così tanti di noi»
Madonna santa.

La bionda è in un angolo che singhiozza e smanetta col cellulare. Grida ogni volta che batto contro l’uscita di emergenza. L’altra è paralizzata dalla paura. Un neon moribondo è l’unica luce che abbiamo. Siamo tutti e quattro mezzi nudi.

«Sfondiamola»
«Una porta blindata a calci? Non essere ridicolo, Nebo»
«Che palle, Ale, di là?»
«E’ un magazzino, detersivi e scope»
«C’è qualcosa di utile, dentro?»
Esplora svogliato: «Niente»
«Cerca roba che esploda»
«Un CD piratato di Avril Lavigne…»
«No»
«Ammoniaca?»
«Meglio, con cosa esplode l’ammoniaca?» chiedo.
«Non lo so. Eri tu quello bravo, in chimica»

Poche frasi comunicano il disastro come questa.

«AIUTOOOOOOO!» urla la bionda.
«E’ inutile» sentenzia gelido Alessio «moriremo qui, stanotte. Ma è giusto. Ha senso. A me va bene. C’ho pensato tante volte»
«C’hai pensato tante volte?»
«Continuamente, Nebo»

E’ febbraio del 2001. Sono nel parcheggio sotterraneo di Bologna sequestrato da Feng Dong il 356°, indosso una buffa camicia hawaiana, puzzo di Sangiovese, sono disgraziatamente lucido in compagnia di due studentesse perverse e lui. Soprattutto, soprattutto lui. Ma andiamo con ordine.

IL COMPAGNO
DI CLASSE
(una storia a puntate)