Natale 1999

Voi credete si batta la fiacca, invece in quel di Venezia si lavora. Ho scritto due post (Incoming Christmas e Noi salveremo il mondo) sul blog di RRobe. Da Milano persone importanti nel mondo dell’editoria mi hanno chiamato per partecipare ad un progetto di prossima – speriamo – uscita.






Venezia. 

Voci di turisti, fisarmoniche, grida, risate, scatti di foto. Odore di salso, muffa, roba fritta: kebapizzenini e piatti tipici offrono rapine legalizzate nelle calli. Venezia scippa il tuo portafogli con il sorriso davanti a tutti. 

Nessuno dice niente, nessuno fa niente.
E’ troppo bella per metterla in imbarazzo.



Questa città tracanna denaro come un’idrovora. Oltre vent’anni del medesimo schieramento politico hanno permesso la stratificazione di ogni sorta di mafie che vanno dai trasporti alla ristorazione, dai parcheggi alla balneazione, dalle forze dell’ordine fino alla regina delle prosciugatrici: l’edilizia.

Un esempio è il molino Stucky. Eterno cantiere di ristrutturazione, ha macinato miliardi di euro finiti nel nulla per poi ardere in una notte assieme ai suoi segreti. L’alba del giorno dopo il rudere ancora fumante viene venduto agli Hilton. In sei mesi riescono dove sedici anni avevano fallito. Trasformano il mulino in un albergo per vipponi che parcheggiano yacht da trenta metri in bacino S. Marco pagando 11,000 euro di ticket giornalieri, tipo il Carinthia VII qui sotto. 





– Excuse me – flauta una vagina.
– YESSMADAM!
– I’m looking for St. Mark plaza, can you help me? – triplo battito di ciglia.

Rincoglionite da maschere e dolci, marmo e profumi, acqua e sguardi, le americane a Venezia sono pronte ad allagare le camere per qualunque cosa odori di tricolore, ma se sei un gondoliere è inevitabile. Esistono garçonnierre apposite proprio perché ricevi otto o nove proposte al giorno dalle varie Fawzi, Hueng Zong, Ana Lucia, Stephanie, Shamira, Francesca, Julie. I controllori ACTV hanno le stanze di riposo, i gondolieri case in comune dove ficcare la propria bandierina tra le gambe di ogni nazione del mondo a botte di tre-quattro al giorno. A testa. E senza bisogno della Kamchatka. 

Quel natale ero alla disperata ricerca di un alloggio, avevo litigato con tutta la mia famiglia ed in tasca avevo quindicimila lire. Marco, il mio amico gondoliere, decise che potevo stare in uno dei loro scannatoi vicino al ponte delle tette. Saran stati nove metri quadrati di monolocale con riscaldamento, luce e persino gas. Tutti per me. L’unica pecca era che tre-quattro volte al giorno degli sconosciuti entravano con una o due turiste e tu dovevi uscire o girarti dall’altra parte o ignorarli mentre s’ingroppavano. All’ora di pranzo del 25 dicembre 1999 stavo in calle tremando di freddo perché la sola roba pesante che avevo era una giacca autunnale della Nike e nel monolocale ci davano sotto come belve. Non importa se questo natale è andato così, pensavo guardando famiglie allegre per strada: almeno adesso so qual è il fondo scala. 

Buon Natale, spiaggianti.