Metterti le piume nel culo non fa di te una gallina

Scrivere un articolo su un’azione del COMSUBIN è ambizioso e difficile.

Da un lato si rischia di scadere nella retorica da istituto Luce, dall’altra di affondare nell’abisso dei tecnicismi tanto cari ai fanatici di armi ma che annoiano tremendamente le persone normali.

Come si fa? Semplice. Si prende un giornalista con esperienza nel settore e lo si affianca ad un consulente militare. Se il giornalista è bravo ed il consulente è competente può venire un pezzo della madonna.

Oggi, però, non corriamo questo rischio.

La redazione dell’Espresso, per raccontare la missione dei nostri incursori, ha scelto l’elite del giornalismo estero: Nicolai Lilin, un tatuatore ceceno residente a Cuneo le cui millanterie sono già state irrise. Siccome il giornalismo italiano già di suo ha l’affidabilità di un diciottenne che scopa senza preservativo, integrare questo esperto non può che suscitare ilarità.

Leggiamo insieme.

“Quella notte di fine agosto nella città presa dai combattimenti tutto era particolarmente cupo, tombale.

Nell’abisso della ragnatela dei vicoli stretti non arrivava nemmeno un vago raggio di luna, nessun riflesso del cielo, anche se quella notte era così ricca di stelle che sembrava un tappeto persiano con ricami d’oro.

[…]Ogni tanto il soffio del caldo vento africano, una leggera corrente accarezzava la pelle vicino ai passaggi che conducevano a un sistema di comunicazione segreto, collegando i cortili interni e i sotterranei di tutta la città.

Da qualche parte in quei vicoli oscuri, nascosti dentro le nicchie, aspettavano la loro ora i vendicatori di Muammar Gheddafi: cecchini stranieri, killer venuti da tutto il mondo per fare soldi impugnando i fucili contro il popolo in rivolta.”

È un inizio della madonna per il quarto capitolo di Sex and the city con Samantha che si fa montare da qualche ragazzino a pagamento. O per l’ennesimo libro etnico che fa sgrillare le cinquantenni radical chic tutte cibo equosolidale e marito milionario.

L’atmosfera è fascinosa ed inquietante, ideale per una tresca harmony. La giovane e bellissima Karima El Mahrug si fa strada per raggiungere l’alcova del suo amante, invece sorpresa! entra un incursore e li ammazza tutti.

Contro di loro bombe e missili erano inutili, anzi peggio: avrebbero solo fatto strage di civili tra le case dove si appostavano come forse è accaduto diverse volte nella guerra di Libia”.

In che senso?

Forse è accaduto una, forse duemila, forse mai?

Siamo forse di fronte alla nuovra frontiera del giornalismo: l’informazione ipotetica? Perché se è così, allora Repubblica era avanti di trent’anni rispetto agli standard. Proviamo ad applicare questa formula a un problema di tutti i giorni:

– Tesoro, ti sei trombata il panettiere?
– Caro, forse è successo molte volte.

“C’era un solo modo per toglierli di mezzo: sfidarli a duello, uomo contro uomo, fucile contro fucile”.

Se state inorridendo davanti a quest’aberrazione di retorica machista è perché manca la frase “pene contro pene”.

I più scafati diranno “hey, ma questo non era su Il nemico alle porte? Sì, ma state leggendo le fantasie omomilitariste di un tatuatore ceceno su L’Espresso.

Cosa v’aspettavate?

“Tra loro c’erano anche militari italiani, a cui è stata affidata una missione di cui nessuno vuole parlare e che nessuno confermerà mai: ufficialmente il governo Berlusconi ha mandato in Libia solo 20 addestratori. Invece Ale, un incursore della Marina Militare, ha combattuto tra i palazzi di Tripoli “

COCOCOCOSA? Operatori delle forze speciali italiane sono impiegati in Libia? No, impossibile. Come fa a saperlo? Dopotutto ne ha parlato l’anno scorso soltanto la Gazzetta del mezzogiorno, Affari italiani, Internazionale, Sole 24 Ore, La Stampa, il New York Times e a questo punto probabilmente pure il Papersera. Lilin deve avere fonti pazzesche. Del resto questo è il giornalismo 2.0, dove se c’è la parola BERLUSCONI è fondamentale dire la qualunque, tanto è molto probabile sia andata così.

Ale è un operatore del COMSUBIN, i leggendari commandos italiani: non aspettatevi un colosso con i muscoli scolpiti, come tutti gli uomini del suo reparto sa nascondere le sue virtù

“[…]I cinque avevano sempre serrati nelle mani i mitragliatori Ar 15 con silenziatori di ultima generazione: ogni raffica è poco più di un sibilo perché nell’umidità libica il vento trasporta i rumori molto velocemente e può tradire la posizione di chi spara.”

Tralasciamo l’utilità di questa informazione. Tralasciamo che confondere una scarica di fagioli con una raffica di AR 15 mi sembra difficile. Ma che il vento faccia muovere il suono più in fretta mi sembra azzardato, mastro Tatuator. Dico per me, eh? Però, a spanna, la frase “la velocità del suono è 331 m/s con vento favorevole” mi suona un po’… cecena, diciamo.

Ma magari sbaglio.

Magari sono lì, mi sto facendo tatuare il triangolo di Daiapolon sopra il cazzo, e lui alza la testa dicendo “sai, la velocità del suono è relativa”, io ho una crisi di meteorismo sconvolgente, mormoro “l’oscurità splendente diverrà con te” e svengo tra le sue braccia.

Chissà.

Quegli Ar 15 però servono solo per evitare sorprese; i ferri del mestiere sono altri, custoditi in zaini saldati sulle spalle: potentissimi fucili con mirino ottico.

Ah, un mirino ottico. E non, come un profano potrebbe pensare, un mirino olfattivo o uditivo. Questi straordinari fucili hanno un complicatissimo sistema che spara dove guardi.

“Bisogna attraversare cortili ed entrare nelle case, facendo attenzione a non strappare il filo con il quale è fissato il detonatore delle bombe a mano che spesso i civili lasciano sulle porte delle loro abitazioni prima di andare a dormire per paura di lealisti e sciacalli”.

Nononono ferma. Aspetta.

In Libia, ogni sera prima di andare a dormire, collegano una bomba a mano alla propria casa? Cioè questi vivono in case di fango con porte di cartone e mobili in guano, però siccome hanno paura che gli rubino i tappeti di capra collegano una bomba alla porta?

È la cosa più simile al deterrente nucleare delle baraccopoli che ho mai sentito. Se il ladro apre la porta kaWHAM! non esiste più il salotto, il crollo del tetto ha sterminato i tuoi 23455 figli ma hey, almeno muori seppellito con il tuo prezioso tappeto.

Sono curioso di conoscere le tecniche anticoncezionali, a ‘sto punto.

Tu pensa il figlio guerrigliero. Corre a casa, apre la porta: “Papà! Sono tornato! La guerra è finiWHAM! Oppure la moglie. Deve andare a pisciare fuori a tarda notte, è assonnata, apre senza pensare, WHAM! Una tempesta di sabbia che fa sbattere la porta, WHAM!

“Era necessario muoversi leggeri ma anche evitare di farsi ammazzare dai ribelli, in preda all’euforia della rivoluzione: ogni straniero era sospetto. Davanti a tutti camminava il legionario francese, che parla l’arabo e conosce le parole d’ordine degli insorti”

«Chi è?»
«Ouì, je suis unne legionaire, abbiamo Nutella, je ripetè, abbiamo Nutella. Permesso?»
«NO!»
WHAM

“I cecchini si erano dedicati al loro gioco preferito: colpivano una persona alla gamba sparando altri proiettili a vuoto, in modo da non mostrare la loro abilità e far sottovalutare il pericolo.

Poi aspettavano che qualcuno si muovesse per soccorrere il ferito e lo centravano; sempre alla gamba, sempre simulando tiri inesperti.

In situazioni del genere, quando vedi un amico che implora aiuto mentre perde fiotti di sangue, si fatica a ragionare.

Ma in questa maniera i cecchini riescono a decimare interi plotoni: solo alla fine, sfoggiano la loro perizia e finiscono le vittime con un colpo alla fronte”.

«Oh Dio, hanno ferito Jussuf! Vado ad aiutarlo!»
BANG!
«Oh Dio, hanno ferito Ahmed che andava ad aiutare Jussuf! Vado ad aiutarlo!»
BANG!
«Oh Dio, hanno ferito Said che andava ad aiutare Ahmed che… aspetta, non mi freghi, mi nasconderò dietro quella port
WHAM!

A questo punto i libici sono la risposta umana del Dodo.

Se è vero che interi plotoni si sono fatti fucilare come tante paperette uno dietro l’altro e i civili si autodistruggono la casa, forse la Libia era destinata ad essere popolata solo da scorpioni e cammelli.

Il trucco del cecchino è vero e plausibile, ma quando hanno impallinato due tizi con lo stesso modo persino Renzo Bossi fiuterebbe il trappolone.

Non in Libia. Oh, no. I libici procedono ordinati, compatti. Uno dietro l’altro, facendo buffe coreografie, i ribelli si ammassano uno sopra l’altro. Magari è vero, che ne so io.

“Bisognava eliminarli prima dell’alba. […]Ale e i suoi sono passati in fretta attraverso l’ultimo spiazzo, accompagnati con sguardi pieni di curiosità e una specie di solidarietà dei ribelli, poi si sono divisi”.

Ma non ho capito, ‘sti ribelli sono contenti o no? È una cosa legata alle mestruazioni? Cioè, prima devi stare attento a non farti vedere, poi ti guardano con curiosità e solidarietà, poi ti sterminano a mitragliate?

“La coppia di marines si è piazzata sul tetto, il francese e l’inglese sono entrati in un altro cortile.

Ale si è spostato più avanti di tutti.

E’ entrato in un appartamento con il mitra spianato e si è trovato davanti una famiglia terrorizzata: li ha tranquillizzati con qualche parola d’arabo ed è salito al secondo piano”

Secondo me la famiglia era terrorizzata perché non sapeva se Ale aveva disinnescato la porta d’ingresso. Momenti drammatici con questo che entra, dice “nutella, nutella” e se ne va di sopra con loro che si aspettano da un momento all’altro l’intero edificio esploda.

“In fondo a un corridoio buio e stretto si è imbattuto nel cadavere di una vecchia donna abbattuta davanti alla finestra, che stringeva tra le mani una coperta. Probabilmente la poveretta aveva tentato di coprire il vetro ma il cecchino si arrabbia sempre quando si accorge che qualcuno vuole fregarlo e l’ha ammazzata”

Adoro come ogni singola frase sia una speculazione, un’illazione o una semplice fantasia.

Cioè, con questo livello di fatti, l’articolo lo poteva scrivere un Kookaburra.

Ora a quanto pare, in Libia, le vecchie con una coperta fanno incazzare i cecchini. Se invece fai il bravo, i cecchini ti lanciano caramelle e ti lasciano in pace, ma guai a rifare il letto. Muori lì, con la coperta in mano.

IL MAESTOSO KOOKABURRA

“Era ora di prepararsi al duello. Con una fatica enorme, ha spostato il corpo della donna e lo ha coperto con un tappeto.” 

Lilin qui non descrive il volto rigato di lacrime dell’incursore. “Questa è per te, sconosciuta vecchia” sussurra coprendola con l’unico patrimonio della famiglia, il tappeto di capra per cui generazioni di cammellieri hanno dovuto far detonare la propria abitazione assieme a braccia e gambe di vicini che chiedevano zucchero, zii in visita e gatti troppo intraprendenti.

È il momento del duello, ora.

“Poi ha messo un comodino accanto alla finestra, vi ha poggiato la sua arma – una Remington 700 Police – e si è seduto nella sua posizione di tiro.

Ha appoggiato il calcio sulla spalla e ha provato il cannocchiale: tutta la facciata della casa di fronte si vedeva perfettamente.

Ha calcolato distanze, umidità, vento e poi ha dato il via libera: “Sono pronto”.

Il silenzio è importantissimo, ma Ale è un incursore del Comsubin e detesta l’arredamento mal disposto.

Decide di passare all’azione.

I colleghi col dito sul grilletto, i nemici nella casa di fronte ma no, quel comodino lì non deve stare. È orribile. Telefona col satellitare criptato alla sede del comando Ikea trasmettendo l’immagine.

Confermano, così non va.

Lì non esalta lo spazio, frena la luce e contravviene alle regole del feng shui. Bisogna spostarlo sotto la finestra. Ale lo prende, tira svegliando tutto il quartiere che dorme: lllà, perfetto.

Ora appoggia il calcio del fucile sulla spalla e non se lo inserisce nel culo come molti potrebbero pensare. Per Lilin la frase “imbracciare il fucile” era troppo KU KU KU KAW KAW KAW KAW KAW.

Vi state chiedendo perché uno dei nostri migliori reparti abbia acconsentito a farsi ritrarre da costui?

Non siete i soli. Poi m’è venuta in mente la risposta più logica: quante volte ha intervistato il Papa, Scalfari? Decine. Quante erano vere? Nessuna. È cambiato mai qualcosa? No. Qualcuno l’ha deriso o ha protestato? No.

Perché i giornali non li legge più nessuno? Mistero.

“I nemici si sentivano tranquilli e sparavano più volte prima di cambiare finestra: un errore madornale.

Dal tetto l’ufficiale dei marines ha assegnato i bersagli: uno per ogni tiratore, che avrebbe aspettato la prima sparatoria dei ribelli per aprire il fuoco senza tradirsi”

Non tradirsi?

Se li ammazzo tutti contemporaneamente, da chi è che non mi devo far sgamare? Dalla famigliola di sotto che mi ha visto salire con un fucile? Secondo me già sospettano Ale non sia l’uomo delle pulizie.

Poi non è il suono che ti fa sgamare, è il lampo dello sparo. Se per strada sento un colpo e un tizio cade per terra senza testa non ho idea da dove abbiano sparato; il suono rimbalza, ha eco, riverberi.

Se vedo la fiamma sì.

“Pochi attimi dopo si è librata nell’aria una lunga raffica di mitragliatrice pesante, che l’imperizia dei ribelli ha diretto in alto illuminando il cielo con le scie folgoranti dei traccianti confuse tra le stelle.

Ale non ha visto quell’uomo, lo ha percepito: una sagoma opaca nel buio profondo, che anni di addestramento gli avevano insegnato a distinguere”

Lo ha… percepito. Il marines quando gli ha indicato il bersaglio ha detto “uè, spaghettios, punta la strumentazione auditiva verso la cascina dei baluba là, come percepisci una roba spara a cazzo, cumprì?” e Ale ha puntato verso l’ipotetica direzione.

Come ha percepito un’ombra ha sparato.

Questi non sono incursori, è il sig. Bianchi di anni 86 con un fucile da caccia che trucida la nipotina in salotto convinto che sia un immigrato.

“Ha mirato al petto, ha trattenuto il respiro per un attimo e ha premuto il grilletto del suo fucile molto piano.

L’arma ha fatto un rumore profondo e potente e l’ombra nel mirino si è dissolta, come se fosse stata spazzata via da un vento compatto e denso.

Nell’auricolare quasi all’unisono i membri della squadra hanno confermato di aver colpito i loro bersagli, come se avessero sincronizzato pensieri, decisioni e movimenti”

I bagni della caserma incursori devono essere un bel casino.

“La notte arrivava alla sua fine, lontano all’orizzonte appariva la prima e sottile linea della debole luce.

Era il tempo di muoversi verso un altro bunker dei gheddafiani, per aprire un’altra porta alla rivoluzione.

Ale camminava per la strada, portando dietro le spalle l’arma e un enorme trafila di ricordi legati ai posti come quello, dove ogni giorno e notte qualcuno come lui impegnava le proprie forze e capacità per poter sentire sulla propria pelle il dolce soffio del vento della libertà. 

Un’altra notte, un’altra missione che né lui né i suoi compagni avrebbero mai potuto raccontare”.

…tranne a un tatuatore di Cuneo, chiaro.

La mia ipotesi

Uno dei millemila mitomani che gravitano attorno al mondo delle forze armate è andato a farsi fare un tatuaggio. Qui ha incontrato il tatuatore a sua volta millantatore, e per tutta la durata del tatuaggio si sono rimbalzati cazzate clamorose.

Al termine, il tatuatore è andato da L’Espresso dicendo di conoscere segreti segretissimi degli assaltincursori del Colle Moschino. E siccome aveva l’accento dell’est, a L’Espresso gli hanno creduto. Così ecco qui un ottimo copione, se fossimo nella Hollywood del 1987.

Al Varignano, probabilmente, qualcuno ha le mani nei capelli.