Metterti le piume nel culo non fa di te una gallina


Scrivere un articolo su un’azione del COMSUBIN è ambizioso e difficile. Da un lato si rischia di scadere nella retorica da istituto Luce, dall’altra di affondare nell’abisso dei tecnicismi tanto cari ai fanatici di armi ma che annoiano tremendamente le persone normali. Come si fa? Si prende un giornalista con esperienza nel settore e lo si affianca ad un consulente militare. Se il giornalista è bravo ed il consulente è competente può venire un pezzo della madonna, ma oggi non corriamo questo rischio. La redazione dell’Espresso per raccontare la missione dei nostri incursori ha scelto Nicolai Lilin, un tatuatore ceceno che vive a Cuneo, arrotonda scrivendo baggianate sulla mafia russa che vengono derise worldwide anche dal Fatto quotidiano e rappresenta il giornalismo 2.0. Quello basato sul metodo induttivo ed affidabile come un uomo che promette “se vengo ti avverto prima”.

L’articolo è preso da qui.
Vediamolo insieme.

“Quella notte di fine agosto nella città presa dai combattimenti tutto era particolarmente cupo, tombale. Nell’abisso della ragnatela dei vicoli stretti non arrivava nemmeno un vago raggio di luna, nessun riflesso del cielo, anche se quella notte era così ricca di stelle che sembrava un tappeto persiano con ricami d’oro. […]Ogni tanto il soffio del caldo vento africano, una leggera corrente accarezzava la pelle vicino ai passaggi che conducevano a un sistema di comunicazione segreto, collegando i cortili interni e i sotterranei di tutta la città. Da qualche parte in quei vicoli oscuri, nascosti dentro le nicchie, aspettavano la loro ora i vendicatori di Muammar Gheddafi: cecchini stranieri, killer venuti da tutto il mondo per fare soldi impugnando i fucili contro il popolo in rivolta.” 

E’ un inizio della madonna per il quarto capitolo di Sex and the city con Samantha che si fa montare da qualche ragazzino a pagamento o per l’ennesimo libro etnico che fa sgrillare le cinquantenni radical chic tutte cibo equosolidale e marito milionario. L’atmosfera è fascinosa ed inquietante, ideale per una tresca harmony. La giovane e bellissima Karima El Mahrug si fa strada per raggiungere l’alcova del suo amante, invece sorpresa! Entra un incursore e li ammazza tutti. 

“Erano loro l’arma segreta del rais, quella che ha inchiodato per mesi i ribelli inesperti e che in quei giorni stava costringendo la gente di Tripoli a tenere la testa bassa. Anche i primi gruppi entrati nella capitale si erano fermati davanti al tiro infallibile di quei mercenari. Contro di loro bombe e missili erano inutili, anzi peggio: avrebbero solo fatto strage di civili tra le case dove si appostavano come forse è accaduto diverse volte nella guerra di Libia”. 

La frase “come forse è accaduto diverse volte” è stupenda. Forse è accaduto una, forse duemila, forse mai. E’ la nuova frontiera del giornalismo: l’informazione ipotetica. Tesoro, ti sei trombata il panettiere? Caro, forse è successo molte volte. 

“C’era un solo modo di toglierli di mezzo: sfidarli a duello, uomo contro uomo, fucile contro fucile” 

Se state inorridendo davanti a quest’aberrazione di retorica machista è perché manca la frase “pene contro pene” dove vedi questi che tenendolo molto unito si possono fare due seghe con una mano sola. I più scafati strizzeranno gli occhi dicendo “hey, ma questo non era il film “Il Nemico alle porte?”. 

“Tra loro c’erano anche militari italiani, a cui è stata affidata una missione di cui nessuno vuole parlare e che nessuno confermerà mai: ufficialmente il governo Berlusconi ha mandato in Libia solo 20 addestratori. Invece Ale, un incursore della Marina Militare, ha combattuto tra i palazzi di Tripoli “. 

Incursori in Libia? No, non è possibile. L’hanno solo detto Affaritaliani, il 20 marzo 2011. Il Sole 24 ore, il 10 ottobre 2011. La Stampa, il 18 aprile 2011. New York Times, il 22 agosto 2011. La Gazzetta del mezzogiorno, il 21 febbraio 2011. Probabilmente lo sapevano pure a Paperopoli, ma questo è il giornalismo 2.0, dove se c’è la parola BERLUSCONI è fondamentale sparare cazzate il più imprecise possibile, tanto forse è molto probabile sia andata così. 

“Ale è un operatore del COMSUBIN, i leggendari commandos italiani: non aspettatevi un colosso con i muscoli scolpiti, come tutti gli uomini del suo reparto sa nascondere le sue virtù”. 

“leggendario commandos” del COMSUBIN secondo Lilin

“[…]I cinque avevano sempre serrati nelle mani i mitragliatori Ar 15 con silenziatori di ultima generazione: ogni raffica è poco più di un sibilo perché nell’umidità libica il vento trasporta i rumori molto velocemente e può tradire la posizione di chi spara.” 

Un silenziatore quando sparate non fa il suono che sentite nei film. Fa un casino della madonna, come potete vedere e sentire da voi qui. Se secondo Lilin ogni raffica è poco più di un sibilo gli otorini di Cuneo vanno deportati nelle aziende agricole di Badoere. E’ vero che l’umidità aumenta la propagazione del suono, è una stronzata che il vento lo faccia muovere più in fretta. Se non ci credete andate da un qualunque fisico e ditegli “la velocità del suono è 331m/s con vento favorevole”. Vi percuoterà con il libro di acustica. 

“Quegli Ar 15 però servono solo per evitare sorprese; i ferri del mestiere sono altri, custoditi in zaini saldati sulle spalle: potentissimi fucili con mirino ottico”. 

E non, come potreste pensare, un mirino olfattivo o uditivo. Questi straordinari fucili hanno un complicatissimo sistema che spara dove guardi. 

“Il primo problema per la squadra è quello di raggiungere il fronte. Bisogna attraversare cortili ed entrare nelle case, facendo attenzione a non strappare il filo con il quale è fissato il detonatore delle bombe a mano che spesso i civili lasciano sulle porte delle loro abitazioni prima di andare a dormire per paura di lealisti e sciacalli”. 

Seriamente in Libia i civili ogni sera prima di andare a dormire collegano una bomba a mano alla propria casa? Cioè, questi vivono in case di fango e merda con porte di cartone e mobili in guano rinsecchito, però siccome hanno paura che gli rubino i tappeti di capra collegano una bomba che se apri la porta WHAM! Non esiste più il salotto, il crollo del tetto ha sterminato i tuoi 23455 figli ma almeno il ladro è detonato ed il tappeto è salvo. Poi si domandano perché perdono le guerre. Tu pensa il figlio guerrigliero, corre a casa, apre la porta “Papà! Sono tornato! La guerra è finiWHAM! Oppure la moglie che deve andare a pisciare fuori a tarda notte, è assonnata, apre senza pensare, WHAM! Una tempesta di sabbia che fa sbattere la porta, WHAM! I libici sono gente che appena sente il suono di una porta che sbatte si gettano a terra urlando. Se tanto mi dà tanto per evitare che la donna rimanga incinta le sparano in pancia. 

“Era necessario muoversi leggeri ma anche evitare di farsi ammazzare dai ribelli, in preda all’euforia della rivoluzione: ogni straniero era sospetto. Davanti a tutti camminava il legionario francese, che parla l’arabo e conosce le parole d’ordine degli insorti”. 

Toc toc. 
– Chi è?! 
– Uì, je suis unne legionaire, abbiamo Nutella, je repetè, abbiamo Nutella! 
– E noi abbiamo il pane! Avanti e occhio alla p 
WHAM! 

“Attorno al veicolo, sdraiati nelle posizioni più innaturali, una decina di cadaveri che formavano una specie di catena. I cecchini si erano dedicati al loro gioco preferito: colpivano una persona alla gamba sparando altri proiettili a vuoto, in modo da non mostrare la loro abilità e far sottovalutare il pericolo. Poi aspettavano che qualcuno si muovesse per soccorrere il ferito e lo centravano; sempre alla gamba, sempre simulando tiri inesperti. In situazioni del genere, quando vedi un amico che implora aiuto mentre perde fiotti di sangue, si fatica a ragionare. Ma in questa maniera i cecchini riescono a decimare interi plotoni: solo alla fine, sfoggiano la loro perizia e finiscono le vittime con un colpo alla fronte”. 

BANG! 
– Oh Dio, hanno ferito Jussuf! Vado ad aiutarlo! 
BANG! 
– Oh Dio, hanno ferito anche Ahmed! Vado ad aiutarlo! 
BANG! 
– Oh Dio, hanno ferito anche Karim! Vado ad aiutarlo! 
BANG! 
– Oh Dio, hanno ferito anche Saif! Vado ad aiutarlo! 
A questo punto i libici sono la risposta umana del Dodo. Se è vero che interi plotoni si sono fatti fucilare come tante paperette uno dietro l’altro e i civili si autodistruggono la casa, forse la Libia era destinata ad essere popolata solo da scorpioni e cammelli. Il trucco del cecchino è vero e plausibile, ma quando hanno impallinato due tizi con lo stesso modo persino Renzo Bossi fiuterebbe il trappolone. Non in Libia. Ordinati, compatti, uno dietro l’altro facendo buffe coreografie i ribelli proseguono verso la propria estinzione. 

“Quando Ale e i suoi sono arrivati nell’avanposto hanno capito di avere di fronte dei professionisti. La posizione dei nemici era ideale, dall’alto riuscivano a dominare tutta la piazza e al sorgere del sole potevano colpire le persone come se fossero palloncini esposti nel tiro al bersaglio di un luna park. Bisognava eliminarli prima dell’alba. Nel cortile i ribelli avevano sistemato per terra i corpi dei loro caduti: alcuni erano ragazzi, troppo giovani per questa guerra. Ale e i suoi sono passati in fretta attraverso l’ultimo spiazzo, accompagnati con sguardi pieni di curiosità e una specie di solidarietà dei ribelli, poi si sono divisi”. 

In Libia i ribelli ti guardano con curiosità e solidarietà quando sono depressi, ma se sono felici ti sterminano a mitragliate. E’ un popolo che guadagna punti Darwin riga dopo riga. 

“La coppia di marines si è piazzata sul tetto, il francese e l’inglese sono entrati in un altro cortile. Ale si è spostato più avanti di tutti. E’ entrato in un appartamento con il mitra spianato e si è trovato davanti una famiglia terrorizzata: li ha tranquillizzati con qualche parola d’arabo ed è salito al secondo piano”. 

La famiglia era terrorizzata perché non sapeva se Ale aveva disinnescato la porta d’ingresso o meno. Momenti drammatici con questo che entra, dice “nutella, nutella” e se ne va di sopra con loro che si aspettano da un momento all’altro l’intero edificio esploda. 

“In fondo a un corridoio buio e stretto si è imbattuto nel cadavere di una vecchia donna abbattuta davanti alla finestra, che stringeva tra le mani una coperta. Probabilmente la poveretta aveva tentato di coprire il vetro ma il cecchino si arrabbia sempre quando si accorge che qualcuno vuole fregarlo e l’ha ammazzata”. 

In Libia le vecchie con una coperta sono un pericolo mortale e fanno incazzare i cecchini, che ti ammazzano. Se invece fai il bravo ti lanciano caramelle e ti lasciano in pace, ma guai ad essere una vecchia rincoglionita che rifà il letto. I cecchini odiano chi rifà il letto. 

“Ale strisciando si è avvicinato alla finestra: c’era una vista ottima sulla casa di fronte. Allora l’incursore italiano ha posato il mitra e accesso la radio: nell’auricolare sentiva le indicazioni sussurrate dai colleghi che avevano già scoperto due dei cecchini nemici, usando apparati elettronici che individuano suoni e calore”. 

La radio prima la teneva spenta, così se gli altri tentavano di dirgli “abbiamo sbagliato casa” o “operazione annullata” o “è una trappola, fuggiamo” lui l’avrebbe scoperto dopo, perché quelli del COMSUBIN adorano le sorprese. Per questo si portano dietro un apparecchio complicatissimo che individua i suoni: si chiama orecchie.

“Era ora di prepararsi al duello. Con una fatica enorme, ha spostato il corpo della donna e lo ha coperto con un tappeto.” 

Lilin qui non descrive il volto rigato di lacrime dell’incursore. “Questa è per te, sconosciuta vecchia” sussurra coprendola con l’unico patrimonio della famiglia, il tappeto di capra per cui generazioni di cammellieri hanno dovuto far detonare la propria abitazione assieme a braccia e gambe di vicini che chiedevano zucchero, zii in visita e gatti troppo intraprendenti. E’ il momento del duello, ora.

“Poi ha messo un comodino accanto alla finestra, vi ha poggiato la sua arma – una Remington 700 Police – e si è seduto nella sua posizione di tiro. Ha appoggiato il calcio sulla spalla e ha provato il cannocchiale: tutta la facciata della casa di fronte si vedeva perfettamente. Ha calcolato distanze, umidità, vento e poi ha dato il via libera: “Sono pronto”. 

Il silenzio è importantissimo, ma Ale è un incursore del COMSUBIN e non sopporta l’arredamento mal disposto. Decide di passare all’azione. I colleghi col dito sul grilletto, i nemici nella casa di fronte ma no, quel comodino lì non deve stare. E’ orribile. Telefona con il satellitare criptato alla sede del comando IKEA trasmettendo l’immagine. Confermano, così non va. Lì non esalta lo spazio, frena la luce e contravviene alle regole del feng shui. Bisogna spostarlo sotto la finestra. RRRRRUUUUUUNK, fa il comodino svegliando tutto il quartiere che dorme. Là, perfetto. Ora appoggia il calcio del fucile sulla spalla e non se lo inserisce nel culo come molti potrebbero pensare. Per Lilin la frase “imbracciare il fucile” era troppo complessa, tecnica. 
Per la cronaca: calcolare umidità e calore per un tiro da casa a casa è come mettersi il preservativo per guardare un porno. Se vi state chiedendo perché uno dei nostri migliori reparti abbia acconsentito a farsi ritrarre da questo babbeo, non siete i soli.

“I nemici si sentivano tranquilli e sparavano più volte prima di cambiare finestra: un errore madornale. Dal tetto l’ufficiale dei marines ha assegnato i bersagli: uno per ogni tiratore, che avrebbe aspettato la prima sparatoria dei ribelli per aprire il fuoco senza tradirsi”. 

Non tradirsi? Se li ammazzo tutti contemporaneamente, da chi è che non mi devo far sgamare? Dalla famigliola di sotto che mi ha visto salire con un fucile? Secondo me già sospettano Ale non sia l’uomo delle pulizie. Poi non è il suono che ti fa sgamare, è il lampo dello sparo. Se per strada sento un colpo e un tizio cade per terra senza testa non ho idea da dove abbiano sparato; il suono rimbalza, ha eco, riverberi. Se vedo la fiamma sì.

“Pochi attimi dopo si è librata nell’aria una lunga raffica di mitragliatrice pesante, che l’imperizia dei ribelli ha diretto in alto illuminando il cielo con le scie folgoranti dei traccianti confuse tra le stelle. Ale non ha visto quell’uomo, lo ha percepito: una sagoma opaca nel buio profondo, che anni di addestramento gli avevano insegnato a distinguere”. 

Non lo ha visto, lo ha percepito. Il marines quando gli ha indicato il bersaglio ha detto “uè, spaghettios, punta la strumentazione auditiva verso la cascina dei baluba là, come percepisci una roba spara a cazzo, cumprì?” E Ale ha puntato verso l’ipotetica direzione. Come ha percepito un’ombra ha sparato. Questi non sono incursori, è il sig. Bianchi di anni 86 con un fucile da caccia che trucida la nipotina in salotto convinto che sia un immigrato.

“Ha mirato al petto, ha trattenuto il respiro per un attimo e ha premuto il grilletto del suo fucile molto piano. L’arma ha fatto un rumore profondo e potente e l’ombra nel mirino si è dissolta, come se fosse stata spazzata via da un vento compatto e denso. Nell’auricolare quasi all’unisono i membri della squadra hanno confermato di aver colpito i loro bersagli, come se avessero sincronizzato pensieri, decisioni e movimenti”. 

Il che è un problema quando devi cagare e c’hai un solo bagno. 

“La notte arrivava alla sua fine, lontano all’orizzonte appariva la prima e sottile linea della debole luce. Era il tempo di muoversi verso un altro bunker dei gheddafiani, per aprire un’altra porta alla rivoluzione. Ale camminava per la strada, portando dietro le spalle l’arma e un enorme trafila di ricordi legati ai posti come quello, dove ogni giorno e notte qualcuno come lui impegnava le proprie forze e capacità per poter sentire sulla propria pelle il dolce soffio del vento della libertà. Un’altra notte, un’altra missione che né lui né i suoi compagni avrebbero mai potuto raccontare”. 

Mai. Tranne ad un ceceno cazzaro che ama farsi fotografare con le magliette della X° MAS (cosa che non credo farebbe piacere a chi per quella maglietta ha dovuto farsi un culo tanto, ma vabbè). La diagnosi di questo strazio in salsa harmony si divide in due ipotesi. La prima è che Lilin abbia tatuato un incursore o sedicente tale, questo contravvenendo ad un migliaio di leggi gli abbia raccontato un aneddoto e lui l’abbia rivenduto all’Espresso dopo averlo mescolato a film, videogiochi e wikipedia. Non voglio credere che un mensile come l’Espresso compri a scatola chiusa le peggio minchiate solo perché scritte da un nome noto. La seconda è che a Lilin sia molto piaciuto Call of Duty.
Il tragico nel comico è che gli uomini delle nostre forze speciali sono tra i più preparati ed invidiati nel mondo. Sarebbe bello che per una volta gli affiancassero narratori altrettanto competenti. Anche perché poi inizia il fenomeno della disinformazione.

E vai col tango.