La prima impressione è quella che conta


Ricordo quando nel ’96 ordinavamo le pizze a domicilio. 
Il fattorino suonava, tutti in posizione, via. Gli aprivo la porta con addosso un elmo da minatore ed una torcia da montagna mentre alle mie spalle Luca pregava la TV guardando un porno, Ario in mutande scopava il tappeto di mucca, Atza fumava dal narghilé con gli occhi all’indietro e Eddy stava immobile al centro della stanza con il naso infarinato ed una pistola di plastica in mano. Di solito davanti ad una scena del genere l’indiano non si formalizzava sulle cinquecento lire e si dileguava. Tre-quattro consegne ed avevamo i soldi per le Marlboro. 

Perché la prima impressione conta. 
Se vuoi vendere qualcosa, conta tantissimo. 



Prendiamo ad esempio la pubblicità di un orologio su un giornale. L’immagine deve trasmettere in una frazione di secondo tutte le sensazioni giuste. Lusso, modernità, confidenza, bellezza, virilità. La più difficile è la confidenza. Sugli altri puoi giocare con font e colori, luci e inquadrature che esaltano l’oggetto stesso. Ma come fai a trasmettere la sicurezza piaciona di un orologio? Con le lancette. Nelle reclàme gli orologi hanno tutti la stessa ora che va dalle 10.08 alle 10.10 proprio perché somiglia ad un sorriso storto, ironico.


Brosway, 10.10
Dolce&Gabbana, 10.09

Cartier, 10.10

Belfe, 10.08


Roberto Cavalli, 10.08


Rolex, 10.10





Anni dopo sono arrivati gli studenti di scienze della comunicazione. 
































Ecco. Chiarito con chi abbiamo a che fare e chi sono oggi i pubblicitari, scordatevi il ritratto di Donald Draper e concentriamoci su un nuovo, banalissimo prodotto: l’acqua. Vendere acqua a gente che ha quattro o cinque rubinetti in casa non dev’essere semplice. Bisogna dare un’immagine forte, quindi prima di tutto va studiato il cliente. Chi consuma più acqua? Da un’indagine di mercato salta subito fuori che sono le donne. Quasi tutte hanno in borsa una bottiglietta d’acqua naturale. L’età va dai 20 ai 40.


– Teen e MILF! – grida il pubblicitario in sala riunioni.
– E’ vero! – commenta stregata la responsabile del marketing con due t.
– Quindi è evidente che, siccome l’età va dai 20 ai 40, le donne che bevono acqua pensano prima di tutto a.. scopare!
– E’ vero!
– GENIO!
– E’… è così anche per me, guardate, ho una bottiglietta in borsa e… – mormora estasiata la stagista – mi ha letto nel pensiero!
– Ragazzo, sapevo che tu facevi strada – commenta il direttore di produzione, mimando un pugno alla bocca e facendogli l’occhiolino.

– Ehm, secondo me ci sarebbe anche il fatto che molte hanno dichiarato che l’acqua dà loro l’impressione di pulirsi e di purificarsi l’organismo, sia che siano sportive o che siano donne sovrappeso. L’acqua per loro è come i fazzoletti. Le donne tengono molto alla pulizia interna ed esterna, forse dovremmo focalizzarci su quello..


– FA’ SILENZIO, IMBECILLE! – urla il direttore di produzione lanciando una scarpa verso il bastian contrario – …e tu, genio, prosegui. Ti ascoltiamo –

– Ecco cosa faremo. Donne seminude e bellissime che bevono da bottiglie che le schizzano dappertutto. La bottiglia già di per sé è un simbolo fallico, ma tutti sappiamo che le donne vanno pazze per farsi sborrare in faccia, non è vero? Non è così, forse?
– Sì!
– Ovvio!
– Youporn è legge!


Un grafico si alza, battendosi il pugno sul petto. Il volto è rigato di lacrime . Quando indica il pubblicitario la voce è roca, spezzata dall’emozione.


– Ho visto l’intera filmografia di Taylor Rayne e Dio m’è testimone, quest’uomo parla per bocca dell’intera! Popolazione! Femminile!
– VORREI MI SBORRASSERO IN FACCIA ORA! – grida esaltata la responsabile del marketing.
– Basta, non c’è altro da aggiungere, la riunione è conclusa. Mettiamoci al lavoro, genio.


Con qualche minima variazione, le riunioni in tutto il mondo hanno avuto questo tono, ed il risultato è il seguente.



Un anno dopo il responsabile vendite entra nell’ufficio del direttore. La faccia è scura. Ha in mano un blocco di fogli, li appoggia sulla scrivania con aria contrita. Il direttore chiude il sito di Santo Domingo e lo guarda.
– Che vuoi? Cos’è sta roba?
– I dati di vendita.
– Ebbene?
– Un disastro. Le donne pensano che le consideriamo delle zoccole ottuse incapaci di bere da una bottiglietta d’acqua.
Il Direttore sospira.
– Ragazzo… le donne più belle che ho mai conosciuto adoravano farsi maltrattare. E’ nella loro natura di spogliarelliste.
– Bè, mia moglie no.
– Che discorsi – scoppia a ridere il Direttore – tua moglie è italiana. Indici una riunione.
– Sì.
Tutte le teste sono rivolte alla fine del tavolo dove il pubblicitario, vestito da hare krishna, ha le mani giunte e occhi fissi sulle bozze delle reclame. Medita. Il silenzio è pesante. L’attesa, un martirio.
– Ho capito – sospira – dovevo pensarci prima.
– Dicci, o immenso – sussurra il Direttore.
– Ebbene, il punto è: chi sono queste donne? Nessuno. Sono modelle anonime, che non ispirano emulazione. Certo sono belle, ma non “staccano”, mi spiego? Non sono un modello. Non sono quello che tutte le donne sognano di essere.
– E.. e cosa sognano di essere, le donne? – domanda la stagista.
Il pubblicitario sorride.
– Delle prostitute con un affascinante retroscena ironico e profondo.
– GENIO! E’ COSI!
– E’ VERO!
– PERCHE’ NON CI HO PENSATO IO, SONO UNA MERDA, M’AMMAZZO, M’AMMAZZO – urla il grafico lanciandosi contro la vetrata. Con un tonfo, il vetro blindato lo rimbalza a terra privo di sensi.
– Quindi… quindi che facciamo, o eccelso?
– Pensateci. Oggi qual è il mito per le donne?
– Margherita Hack?
– Elisa?
– La Clinton?
– La Duse?
– Audrey Hepburn?
– Beyoncè?
– No, no, no! – tuona il pubblicitario – il burlesque.
Le bocche si spalancano.
– Contattate Dita von Teese, signori. Venderemo molte migliaia di bottiglie.
La pubblicità esce.
Il responsabile di vendite piomba nell’ufficio del Direttore, i fogli gli cadono dalle mani.
– DIRETTORE! – urla, lanciando le mani al cielo.
– Co… com’è andata?
– UN SUCCESSONE!!