Le gogne sono quel rarissimo momento in cui mettendo un tizio a prendere sputi tutti i suoi simili finiscono la saliva. In Italia il linciaggio è il mercato più florido nell’industria dell’intrattenimento. C’è il linciaggio con risate, dove la vittima viene presentata dal Gabibbo e le donne nude. Roba da popolino. Poi c’è il linciaggio con sorrisi ironici, dove la vittima viene presentata da comici famosi in giacca e cravatta. Cultura medio bassa. Poi ci sono i linciaggi con sguardi severi e sospiri enfatici, dove la vittima viene presentata con gelido distacco dai giornalisti professionisti. Ognuno sceglie la gogna che più lo aggrada.
La vittima sacrificale è di due specie:
1. Il VIP
Sappiamo tutti di essere un popolo di mediocri, codardi, meschini, disonesti e puttane. Questo non ci crea problemi perché lo fanno tutti. Sentite il gusto di questa frase: lo fanno tutti. E’ tranquillizzante. Passiamo la nostra vita ad inculare il prossimo, a rubacchiare qui e lì creando mafiette, cricche, facendo minuscole truffe che vanno dal disco orario al pacchetto di gomme, dalla cannetta al biglietto dell’autobus, dalla musica piratata al resto sbagliato o al portafogli non restituito. Sono piccolezze che pratichiamo quotidianamente e ci dormiamo sereni perché, andiamo, lo fanno tutti. E’ la cosa più contraria allo spirito sportivo, ma se lo fanno tutti è come se non lo facesse nessuno. Per questo quando vediamo qualcuno che riesce in qualcosa ci viene la bile. Ci affrettiamo a dire che c’è riuscito con truffe, trucchi, amicizie, mafie, aiuti: di base perché è quello che faremmo noi, solo che lui c’è riuscito e noi no. Vedere uno che ce la fa in maniera pulita battendo noi che NON ce la facciamo in maniera sporca è una tortura insopportabile. Ci manda ai pazzi. La sua vittoria mostra non solo la nostra inferiorità, ma soprattutto la nostra mediocrità. Nessuno va a fare le pulci al secondo o al terzo classificato proprio perché sono tali e quali a tutti gli altri stronzi. E’ una legge della vita per nulla politically correct. Per questo quando un VIP finisce nella merda il nostro cuore esulta. E’ un sospiro di sollievo che ti dice “vedi, sei fortunato, non era tanto bello essere al suo posto”.
2. Quello che s’è fatto beccare
Alcuni truffano molto, altri meno. Altri lo fanno con classe, altri no, ma guardandoci allo specchio vediamo tutti la stessa merda umana. A questa enorme verità segue immediatamente un sorriso ebete, perché non ci hanno beccato. Sì. L’abbiamo scampata perché siamo più furbi, perché sappiamo stare al mondo, perché oh, è andata così. Quando però sulla gogna c’è qualcuno che non ha avuto la nostra fortuna, allora ci sentiamo in dovere di linciarlo e disprezzarlo. E’ catartico. Punita la sua colpa, mondata la nostra. Dagli al ladro, al cialtrone, al disonesto, al fancazzista, al pervertito.
Come sopravviviamo davanti al nostro ritratto di Dorian Gray? Con le parole magiche: “c’è di peggio”. La linea di demarcazione che ci separa dal linciato è sempre un millimetro sopra le nostre porcate, ed è mobile. Se rubi due mele quello ne ha rubate tre, c’è di peggio. Si applica a qualunque cosa.
-Lei ha ucciso due persone?
-Sì, però Stalin ne ha uccise 40 milioni, c’è di peggio.
-Lei ha evaso sessanta milioni?
-Sì, però Berlusconi ne ha evasi di più ed è libero, perché non arrestate lui?
Nessuno cita il fatto che c’è di meglio. Alcuni su questo ragionamento hanno fondato un movimento.
Il nostro atleta si è dopato perché aveva paura di non farcela e l’Italia si dice “sconvolta e sotto shock”. Se uno ha un minimo di cultura sportiva sa benissimo che tutto quello che vediamo attorno a noi è merito delle industrie farmaceutiche, dal campo della moda al campo del fitness passando per lo sport o il lavoro. Tutti i modelli nelle copertine sono fatti di tre o quattro ormoni diversi a cui è aggiunto Photoshop. Li conosci e te lo dicono serenamente. Gli atleti delle olimpiadi sono tutti bombati come fusibili, almeno nelle discipline che lo richiedono. Lo sport è un mondo fatto di prestazioni eccezionali, non di mediocrità, e il doping è un elemento essenziale. A microfoni spenti ve lo dirà qualunque medico dello sport.
Somiglia alla tortura, in un certo senso: da una parte devi condannarla senza se e senza ma, dall’altra la metti in pratica sistematicamente perché, udite udite, funziona. Non si può ammetterlo, quindi la parola d’ordine è discrezione. Ci sono mille modi per coprire le tracce, basta farlo in maniera corretta. Se invece sei disperato e ti caghi in mano fai le cose a cazzo e ti sgamano. La tua carriera è finita non perché gli altri siano puliti, ma perché sei un VIP che s’è fatto beccare. La vittima da gogna perfetta per tutti quelli che ogni giorno pippano bamba, bevono Minias, si fanno di GH e ti odiano perché tu sei un VIP e loro no.
Il doping non è sbagliato.
Lo diventa quando ti beccano.