1.
Subcomandante Marcos, commercio equo e solidale, consumo sostenibile. Questo mare di puttanate domina le riunioni del partito studentesco. Lei lo guarda parlare ed è l’uomo più bello del mondo: politicamente impegnato, ribelle, intellettuale. Lui la guarda e vede fica. Notti di passione in cui si sentono speciali, lui novello Che Guevara, lei donna del condottiero contro stato e genitori repressivi.
– E intanto chi ci pagherà il cibo?
– I genitori repressivi – fa spallucce lui.
2.
Dopo la laurea, la convivenza. Poi ok, nessuno qui crede all’ipocrisia cattolica, però oggigiorno comunque sposarsi fa parte di un percorso che insomma. Ideali dispersi come peti nel vento. Assalti all’Ikea. Amministratori delegati. Auto. Vacanze. Il vestito è superficialità ma in un ufficio bisogna adeguarsi almeno all’inizio perché il sistema si cambia dall’interno di questo stato repressivo.
– E intanto chi ci pagherà la sanità?
– Lo stato repressivo – fa spallucce lui.
3.
Oggi lui, 45 anni, è un segretario della CGIL che a casa fa discorsi da estremista della Lega. Non sa cucinare, rifare un letto, pagare una bolletta, cambiare una ruota o una lampadina. Lei, 40 anni, è imboscata in un ufficio INPS. Arrotonda in nero giocando a campo minato in un ente sociale che nessuno sa a cosa serva ma costa al comune 200.000 euro l’anno solo in graffette da ufficio. Tutto questo per salvaguardare lavoratori sempliciotti ed ignoranti.
– E intanto chi ci pagherà da vivere? –
– I lavoratori sempliciotti ed ignoranti – fa spallucce lui.
4.
Siccome erano ribelli principalmente alle responsabilità sorge l’impellente bisogno di ribellarsi al matrimonio. Lui raccatta una vecchia compagna d’università che nei discorsi postorgasmo ancora lo fa sentire qualcuno. Lei si fa trapanare dal personal trainer perché i bicipiti saranno anche superficiali però gli istinti che stimolano son belli profondi.
– E allora chi cambierà il mondo? –
– I nostri figli – fa spallucce lui.
Ripetere dal punto 1.
Questa trama in Italia viene messa su pellicola da anni. Archi in minore, melodie strazianti, urla e monologhi enfatici oppure equivoci, scorregge, musica truzza e rutti. Da Neri Parenti a Muccino il cinema italiano fa l’apologia del fallimento, eleva la mediocrità a stato divino e alla fine dà l’assoluzione: “Capita a tutti, è la grande ruota della vita” fuffurra Muccino accareffandoci la cofienza “Ahò nun te preoccupà, de perfetto nun ce sta ncazzo, hahaha” sghignazzano Boldi e de Sica.
Per questo non abbiamo una versione italiana di McLane, di Jack Bauer o di Tyler Durden. Come due donne vestite uguali ad una festa, gli eroi sarebbero la più magra e noi quella grassa che dice “sono bella dentro”. Non sopportiamo i bravi, i belli, i fighi a patto che non siano lì per demolire qualcuno di più bravo, bello, figo, puro. Se domandi ad un italiano chi disprezza farà migliaia di nomi. Se alla stessa persona domandi chi apprezza ci dovrà pensare su, per poi tirare fuori qualcuno morto da anni o comunque vecchissimo che non rappresenti una minaccia alla sua sfera sessual al suo ego.
Parlar male di qualcuno indirettamente ci fa sentire superiori.
Dio sarà pure un sadico muto, ma noi siamo degli ipocriti chiacchieroni.