Entro al Verdi alle 19,30. Ci sono tutti. Sul nostro tavolino una birra media, uno spritz, un’acqua tonica, le ragazze un Bellini. Ario, Atza, Luca e sua moglie, la Leo con la nuova pettinatura rasata ai lati, Julia. Saluto la cameriera. Mi siedo. La Leo mi vede e mi sorride. Gli altri mi salutano come niente fosse. Atza sta spiegando ad Ario come mai il M5S sia un partito di rivoluzione e cambiamento. Luca beve, anonimo filoberlusconiano schiacciato dalla crisi generata anche dal tizio che ha votato per anni. Le ragazze chiocciano di qualcosa che non m’interessa perché contiene la parola “plateau”. Prendo fiato, alzo impercettibilmente la voce.
«Dovete sapere una cosa» annuncio «e non c’è un modo giusto per dirvela, quindi la dico e basta»
«Stronzata in arrivo, tutti ai posti di combattimento» fa Luca.
«Adesso dice che è gay» dice Ario, afferrando il tavolo.
«Ti ricordo che scopa me da sei anni»
«Non vuol dire niente» dice lui senza guardarla «conosciamo le tue perversioni, oh donnaccia. E’ per quello che oggi tu e l’altra svergognata bevete la stessa cosa, no? L’acconciatura lesbo, sedute vicine… provo disgusto per voi degenerate»
Per tutta risposta l’amore della mia vita gli fa un sorriso di sfida, mima il segno della vittoria e ci infila la lingua in mezzo.
«Vergognati»
«Torna negli anni ’60, Ario»
«Così poi ti trovo nel ’69, ahahahahaha»
La vedo molto male.
«Mi ascoltate?» dico «è importante»
«Se stai per dire che hai quella malattia per cui rubi qualunque cosa… com’è che si chiama?» tenta Atza.
«La negrite» fa Ario.
«…quella, comunque lo sapevamo già»
«Scusa Atza, per l’INPS tua nonna quanti anni ha, 170?» rispondo, piccato.
«110, ma finché sei tu a farle le interviste finte posso andare avanti a grattare la pensione per anni, prima dello sgamo»
«E della conseguente quanto giusta carcerazione» precisa Ario.
«Allora? ‘sta cosa?»
Inspiro.
«In redazione hanno deciso che rappresento il volto di Metropolitan e vogliono mandarmi in TV a fare il giudice per un reality di donne che scelgono vestiti» sputo tutto d’un fiato.
Silenzio.
Silenzio.
«AHAHAHAHAHAH AHAHAH HAHA AHA AHAH HAHAHAH AHAH» ride Ario.
«AHAH AHAHA AHAHAH HAHAHAHAHHHA HAHAHAH AHAHAAH» ride Atza.
«AHA AHAHAHAHAHAHA HAHA HAHAHA HAHAHAHAHAHAH» ride Luca «IL VOLTO DI METROPOLITAN!»
Io.
«A 12 anni mi segavo sulle copertine e poi mia madre s’incazzava che le trovava tutte appiccicose, praticamente t’ho eiaculato in faccia per anni?» chiede Ario, serio.
«Ti hanno preso perché coi pelati risparmiano sui truccatori?»
«No, per le sue grandi competenze nel campo della moda»
«Ma infatti, “ciao sono Nebo, muratore di Marghera, sono qui per parlarvi di stile ed eleganza”?»
«No, tipo “Nebo, da Venezia, è qui in quanto eterosessuale. Un applauso”»
«Mi avevano scelto loro!» dico.
«Eh, chissà che selezioni, là dentro sarai l’unico che usa le sedie nel verso giusto»
Impiego cinque minuti a riportare l’ordine.
La redazione viene contattata da uno studio di produzione con cui hanno già lavorato. La prima volta era andata bene e valutano un secondo round, stavolta con un maschio tra i giurati, dato che la prima edizione era la sagra dell’albicocca. In riunione salta fuori il mio nome in quanto “giovane, di bella presenza e brillante”, che è un bel modo per dire “collaboratore esterno sacrificabile in caso di fallimento”. Mi telefonano per chiedere il mio parere e replico che per la giusta somma faccio anche i salti mortali all’indietro, purché non ci sia di mezzo il M5S.
«Nebo, vuoi qualcosa?» chiede la cameriera.
«Una birra media»
«Non scordare la vaselina a parte, tesoro» flauta Luca.
«Bè, quando vai?» chiede Atza.
«Ci sono già stato. Ero troppo nervoso per tollerare due giorni a Milano bombardato dai vostri SMS del cazzo»
«Vile»
«Comunque non è andata» dico, ringraziando la cameriera e bevendo un sorso «al posto mio hanno messo uno che fa scarpe. Aveva più senso, immagino»
«Quindi niente grana?»
«E soprattutto niente curriculum. Se facevo il giudice per quella roba avrei potuto scrivere per qualunque rivista uterina. Vabbè, sentite, non si può vincere sempre»
«Non dire così. Pensando alla tua carriera da rapper ne va ammirata la coerenza fallimentare» gongola Ario «un sottile, dritto e lungo filo senza sbavature verso il basso»
«Ario, magari una parola di conforto ‘sto giro non gli fa male» dice la Leo.
«Perché? E’ giusto egli soffra. Ha pochi soldi, pochi amici, pochi capelli, mezzo genitore e una donna dalla sessualità chiacchierata»
«Tua moglie invece sta con l’aureola»
«Tsk tsk tsk. La sofferenza è la benzina per il sacro tragitto che ha intrapreso Nebo, oh perversa. Voi donne, esseri dalla natura ottusa e nescente, non potete comprendere ciò che passa nella mente di un uomo. Egli ha scelto la strada della dannazione. Ora la succhia, ingoia e all’occorrenza canterà la nona sinfonia a gargarismi»
«Che cazzo dici»
«Non ti è concesso comprendere. Torna nel tuo bodouoir di badesse a fornicare»
«E’ occupato da tua moglie»
«Dille che ti mando io, si smoscia»
Forse Ario ha ragione. Dovrei prenderla con filosofia.