Sono le sette di mattina, alla radio Anna Frank duetta con Eminem ed ho finito la marmellata d’arance. L’allenamento di ieri ha reso le mie gambe una macchina che produce crampi. Mi rado con i BIC gialli, esco in strada che pare m’abbiano sgozzato.
Piove.
Due donne affrettano il passo pur di riuscire a farselo cedere. Dietro di me due adolescenti raccontano che ad una festa gli è venuto da starnutire mentre pippavano e si sono sputtanati 70 euro di roba. In redazione la freelance mi sorpassa con un sorriso di superiorità, devono averle preso l’ennesimo servizio sulla nightlife veneta. Dio, le gambe.
Mi siedo al PC, clicco gmail e mentre la barra scorre chiudo gli occhi.
Da: Ministero della difesa
A: Nebo
Egregio Sig. Nebo,
siamo felici di comunicarle che abbiamo preso in esame la sua proposta. Ci dispiace di averle fatto aspettare tre anni prima di avere una risposta. Dopo aver letto attentamente i suoi articoli ed inchieste sul Gazzettino e La Nuova, le sue interviste per Milano e soprattutto i suoi pezzi su Proeliator siamo giunti alla conclusione che la Marina Militare ha un enorme bisogno di lei. La prego, venga a fare reportage, interviste ed inchieste sulle forze armate. Discuteremo del suo compenso di persona.
Apro gli occhi, 1 nuova mail. Vodafone One ti premia con
– La tua collega ha fatto un bellissimo pezzo sulla movida notturna – flauta il redattore dal fondo – e mi ha detto che il bar XXXX chiude. Perché non vai a fargli due domande?
L’odore di asfalto bagnato si mescola a quello delle prime caldarroste, minuscole palline marroni che costano come platino. Un vecchio piscia, il gestore esce, rissa. Una coppia si bacia, un motorino schiva miracolosamente un autobus. I clason danno il voto all’acrobazia. Sui muri affittasi stanza e no al nucleare e riunione e concerto. Uno mi domanda se gli offro una sigaretta, rispondo “non ho niente”. E’ stato peggio quando mi chiesero di fare un gesto d’amore per i bambini e risposi “ho smesso”. Un sigaro mi accarezza le narici, colletti bianchi flirtano nei bar. Mi fermo davanti alla vetrina. Inspiro.
Le interviste ai commercianti sono una spirale rovente nel culo. Preferirei passare la mattinata dal dentista che avere a che fare con questa gente. Entri che hanno l’atteggiamento altezzoso ed insofferente dei disfattisti, migliaia e migliaia di pittime tutte uguali che galleggiano nella loro presunzione saccente. Tu sei educato e cortese, loro rispondono come se fossero Marchionne; gli stai facendo sprecare tempo prezioso che altrimenti passerebbero a guardare fuori scuotendo la testa. Spieghi che sei un freelance e vorresti scrivere un articolo. Niente. Elettroencefalogramma piatto, non capiscono. Pronunci “Gazzettino” e si spalancano le porte dell’inferno. Gonfiano il petto, si spostano su una gamba, cambiano tono di voce cercando di essere seri e drammatici come hanno visto fare nei film. Fanno la faccia intensa e con il tono più solenne possibile annunciano:
– Guarda, lascia stare [il motivo per cui sei lì]che non frega a nessuno, dovresti scrivere un articolo su.
“Su” il meccanico che gli ha chiesto 40 euro per un cambio d’olio ed è uno scandalo. L’antifurto di fronte che parte di continuo e non lo lascia dormire è una vergogna. La moglie che lo sta dissanguando con la separazione e cosa deve fare lui. I cani che cagano sul marciapiede che non se ne può più. I vigili che gli hanno dato una multa esagerata, fossero stati 20 euro glieli dava. La polvere del cantiere sulla vetrina, loro come contribuenti hanno il diritto di. La viabilità scandalosa, la gente è stufa, avevano pensato di chiamare Striscia. Dopo un piagnisteo di tre quarti d’ora dove ignorano qualunque tua domanda fanno una pausa ad effetto per enfatizzare il gran finale: io mi vergogno di essere italiano. A quel punto ti fissano, aspettandosi che tu indietreggi sconvolto. Se avessi un euro per ogni idiota che pronuncia questa frase appena gli rigano il motorino starei prendendo il sole su una goletta di 35 metri alle Barbados.
Apro la porta. Buongiorno, ‘ngiorno.
– Ho sentito che state chiudendo!
– Cosa prende?
Un caffè. Un euro.
– Ci trasferiamo a Mirano – dice, incrociando le braccia.
– Eh, van tutti lì. Voi come mai?
– Mestre non favorisce noi commercianti.
– Per i lavori del tram?
– Anche.
– E questo posto che fine fa?
– Lo piglia il XXXXXX, ma non sarà come prima, noi garantivamo standard molto alti.
– Non è un po’ drastica, come cosa? Dico, trasferirsi in periferia.
– Ah, ma vedrai che si solleverà un polverone.
Chiariamo una cosa: nessuno di loro compra il giornale. Mai. Preferiscono guardare il TG sputando insulti a caso tra una forchettata e l’altra. Poi i giornalisti sono tutti venduti, raccomandati, strapagati, bugiardi e faziosi; “scrivere” lo saprebbero fare anche loro, mica come vendere “cappuccino + briock 3 euri”. Se questo tizio leggesse il giornale saprebbe che a Mestre prima di lui hanno chiuso librerie storiche, panifici, negozi e pub. Tutti l’hanno visto succedere al vicino, tutti hanno fatto spallucce pensando “più posto per me”, tutti hanno frignato appena capitava a loro. Branchi di egoisti gretti e meschini che credono il loro trasloco sarà un brutto colpo per la città e nelle loro più bagnate fantasie il sindaco in persona, a furor di popolo, andrà a supplicarli di tornare facendo offerte in denaro.
– Sono già venuti quelli del giornale?
– No, infatti sono rimasto abbastanza deluso.
– Lei che giornale legge?
– Non li leggo.
– Allora come fa a sapere che non è già uscito un articolo?
– Me l’avrebbero detto.
– No.
– Lei come lo sa?
– Perché sono venuto apposta per vedere se c’è da scrivere un pezzo.
– Ah! Bè, guarda – all’improvviso siamo confidenti e mi da del tu – c’è la questione del portacenere.
Lo ascolto parlare per mezz’ora. Osservo con sadico piacere questo imbecille dibattersi nel putridume di una carcassa che lui ha lasciato morire. Esco promettendogli di avvisarlo quando e se uscirà il pezzo. Telefono in redazione, dico che è un semplice cambio gestione. Stamattina telefono, sicuro di regalargli una bella giornata, dicendo che il giornale non è interessato. Tanto, chi lo legge?