Se sei un laureato in filosofia i tuoi sbocchi lavorativi vanno dall’assaggiatore di veleno per topi al bidello precario. Questa cosa scoccia parecchio a quelle persone che si sono schioppate di ganja a spese dei genitori fino ai trentadue anni raccontandosi che stavano cambiando il mondo. Quando si trovano davanti al mondo del lavoro frignano a radio 24: “io sono una filosofa, perché questo stato non mi paga per pensare?”. Alcuni di loro entrano in politica fallendo miseramente, altri persistono nei loro sogni di gloria e s’inventano un’organizzazione umanitaria.
Cos’è un’organizzazione umanitaria?
E’ una crew di laureati in filosofia e scienze politiche che in teoria serve ad aiutare il terzo mondo, in realtà a mantenere loro stesse.
Funzionano grazie ad un problema di coscienza dei capitalisti che nella vita son diventati ricchi inculando gente. Una volta invecchiati hanno quel pelino di “se muoio e scopro che c’è l’inferno?”, così diventano ansiosi di fare qualcosa di buono. A quel punto arrivano le OU con la manina tesa, la foto di un bambino mangiato dalle mosche e gli domandano “ha un minuto per i bambini?”. Il vecchio sgancia milionate, loro incassano e fuggono. Non è una balla. Nei budget di queste organizzazioni meno della metà va in aiuti concreti, il resto mantiene personale, rappresentanze, viaggi, uffici, banchetti, cene sciccose, auto. Creare un’OU per farsi mantenere è una truffa talmente sdoganata che gli USA hanno dovuto creare degli organi di controllo, perché queste crew di hipster benefattori spuntavano come funghi alla porta di attori famosi, imprenditori e top manager con la telecamera, la foto dei bambini morti e la manina tesa.
A loro modo sono molto eco-friendly: riescono a riciclare anche i cadaveri dei bambini negri morti, basta stamparli in alta risoluzione.
Una di queste gang di rapinatori è Invisible children.
Il ministero degli affari esterni USA ha accusato Invisible Children di plagiare e distorcere i fatti sistematicamente. Il Better Business Bureau, ente che vigila sulle frodi, ha fatto presente che IC si guarda bene dal fornire i propri bilanci a differenza di tutte le altre associazioni. Il Charity Navigator – l’ente più importante che tiene d’occhio le associazioni umanitarie – gli dà due stelle su quattro nella scala della credibilità proprio per questo loro ostinarsi a non far vedere i soldi che entrano ed escono. Come dire “siamo un casino no profit, ma non potete verificarlo”.
Siccome qualcosa devono pur dire per loro stessa ammissione solo il 31% va in aiuti umanitari. Il restante 69% finisce nelle tasche di tre tizi (tre!) che li spendono in viaggi (un milione di euro solo l’anno scorso) ed apparecchiature per montare i loro filmini (oltre il milione, sempre solo l’anno scorso). Il loro ultimo prodotto è stato il video di 30 minuti KONY 2012. Ne abbiamo sentito parlare tutti quanti, credo. In sunto, dalle parti dell’Uganda c’è un negro cattivo e fanatico che recluta ragazzini drogandoli ed addestrandoli a uccidere per lui in nome di Dio.
Ok, anche in Somalia.
Ok, anche in Costa d’avorio.
Ok, anche in Congo.
Ma da qualche parte bisogna iniziare.
Quando il video esce è tutto un fiume di lacrime, il mondo si commuove straziato dalle note della musica del Gladiatore e molti inneggiano all’intervento armato per porre fine a questo genocidio. Internet non parla d’altro, la rete esalta il giornalismo indipendente e libero che “dice finalmente verità scomode” ed ormai “è più affidabile e professionale del giornalismo vecchio stile”. I giornali autorevoli si guardano bene dall’approfondire e replicano la notizia. Kony diventa un video virale. Il successo milluplica le donazioni sui conti correnti di Invisible Children, il che porta alla detonazione della fragile psiche del loro leader, Jason Russell.
…Il quale, in preda ad un’incontenibile euforia, decide di uscire dal suo scantinato e svelare al mondo il vero volto della rete. Viene arrestato alle 11.32 di mattina a San Diego mentre deambula nudo, masturbandosi e percuotendo il pavimento tra un riferimento al diavolo e l’altro.
Quello stesso giorno in Africa un console si sveglia, fa colazione ed accende il computer. Quando la casella segnala “679.776 nuove mail” rimane perplesso. Inizia ad aprirne a caso. Alcune sono insulti, altre minacce di morte, altre vaffanculi. Tutte in lingue che non capisce. Confuso, telefona in ambasciata americana, dalla quale rispondono che L’INTERNET E’ MOLTO ARRABBIATO CON LUI. Dall’Uganda il console fa un video comunicato dove spiega che Kony è uno sciroccato che vive nella giungla con una ventina di suoi adepti e che non se lo incula più nessuno da anni. Nella lista dei criminali sta al livello “ha rubato un pacchetto di Big Babol in tabaccheria”. Ma nessuno lo diffonde né lo commenta; non interessa più. Il popolo della rete è già altrove, a caccia di altre ingiustizie da svelare e condannare.
KONY 2012, il video che avrebbe
salvato delle vite.
L’autore del video.