Un cliente sta tentando di rianimare la mugolante vescica di lardo che butta sangue come una fontana. Pare uno di quei trichechi dei documentari. Tutti fuori sono girati, coppie, famiglie, italiani e tedeschi, il silenzio è assoluto. Noi siamo impietriti. Per terra il tipo si è dichiarato “infermiere specializzato” ed è l’unico suono positivo che ho sentito. Le ragazze mi guardano con un mix di schifo, odio e fame di sangue. Sono quello che tira pallonate in testa ai neonati e prende a cazzotti le amiche grasse.
Ora il padre uscirà, vedrà cos’è successo e mi pianterà venti centimetri di lama nel cuore. I miei tre companeros restano anche loro in piedi in attesa del pizzaiolo folle, che esce guardando già per terra. Qualche cliente zelante deve averlo informato. Cerco di spiegare, ma non mi escono bene le parole dalla bocca, solo singulti strozzati tipici dei capponi.
Ora il padre uscirà, vedrà cos’è successo e mi pianterà venti centimetri di lama nel cuore. I miei tre companeros restano anche loro in piedi in attesa del pizzaiolo folle, che esce guardando già per terra. Qualche cliente zelante deve averlo informato. Cerco di spiegare, ma non mi escono bene le parole dalla bocca, solo singulti strozzati tipici dei capponi.
Morirò a 17 anni accoltellato.
Un po’ mi scoccia.
Un po’ mi scoccia.
«ALBER-TA!» grida il padre, protendendo le mani «MA COSA FAI PER TER-RA, STUPPIDA?»
«Guardi, sono un infermiere specializzato, è sua figl
«TE LEVATI DALLE PALLE, ALBER-TA! RISPONDI A TUO PAD-DRE, ALZATI SUBBITO»
«Gnaaah» grugnisce il mostro «Ooooouiui sgrotgle glurgle gagà!»
«Ha il naso rotto» finisce l’infermiere.
«E PERCHE’ TI SEI ROTTA IL NASO, ALBER-TA?»
Alberta mi indica. Il sistema solare si blocca per guardarmi.
«Io, eh» deglutisco «l’ho colpita per sbaglio, è caduta lì, vede…»
Il padre mi guarda trasognato, segue il dito che indica il tavolo lordato di sangue.
«E PERCHE’?»
«Scherzavamo, è stato un errore di mira»
«Sì, diciamo che per Albertona è un bersaglio impossibile da mancare»
«Arioooo….»
«ALLORA MIA FIGLIA SI E’ MESSA IN MEZZO?»
«No!» squittiscono le ragazze «Alberta stava in disparte, lui…»
«VOI STATE ZITTE, CHE VI CONOSCO, SEMPRE DROGATE, SEMPRE!»
Così disse. Testuale.
«E’ stato un incidente. Mi dispiace. Se vuole posso lasciarle i miei dati»
«MA… ALBERTA!» urla il padre, pazzo «ALZATI, STUPIDA! ALZATI, ALZA QUEI COSCIONI, ALZATI! STAI PER TERRA COME LE BISCE?»
Il padre la tira su di peso. La strattona, comincia ad insultarla. Quella grufola sangue.
«Glaaahrgl babà maleeh»
«SEI COME TUA MADRE, SEMPRE CHE TI LAMENTI» sbraita «GUARDA CHE PORCHERIA HAI FATTO, GUARDA!» urla indicando il tavolo.
«Guardi che è stata colpa del ragazzo, mica…» inizia l’infermiere.
«LEI STIA ZITTO CHE A MIA FIGLIA CI PENSO IO, ALBER-TA, PRENDI UNO STRACCIO E SISTEMA, CHE FA SCHIFO! E COSA PENSANO I CLIENTI, ORA? EH? CHE HO UNA FIGLIA PER TERRA COME LE BISCE!»
Alberta corre dentro inseguita dalle amiche. Siamo in un episodio ai confini della realtà. Il più sveglio di noi prende la parola riprendendosi prima degli altri.
«Va bene» minimizza Ario «stiamo calmi, Alberta avrà imparato la lezione, vero?»
«E SPERO BENE, ALLA SUA ETA’ STA ANCORA A STRISCIARE PER TERRA COME LE BISCE!»
«Mettersi a sanguinare così non sta bene, da noi a Venezia poi non le dico»
«ALBER-TA, SENTI COSA DICE IL SIGNORE, VIENI A SENTIRE»
«Ario, andiamo via tipo immediatamente»
«Ario, scappiamo»
«Ario, qua finisce in tragedia se questo riconnette un minuto, è sbroccato serio»
«Allora noi andremmo, eh?»
«NONO, TRANQUILLI, ADESSO ALBERTA PULISCE TUTTO»
«Sì ma sa, noi dobbiamo rimetterci in viaggio, s’è fatto tardi… visto che qui è tutto risolto…»
«Oh, ragazzi, è tardi, dobbiamo andare che chiude la dogana»
Notoriamente.
«EVABBE ALLORA BUON VIAGGIO, PERO’ NON FATEVI UN’IDEA SBAGLIATA, QUI NON TENIAMO I FIGLI PER TERRA COME LE BISCE, DITELO AI VOSTRI AMICI DI VENEZIA»
«Certo, provvederemo»
«Ci saluti le ragazze»
«VI SIETE SCAMBIATI I NUMERI DI TELEFONO?»
«Sì»
«Prima cosa che abbiamo fatto»
«Ovvio»
La spiaggia è un ciottolato buio. Corriamo senza che nessuno l’abbia detto ad alta voce, partiamo tutti all’unisono appena girato l’angolo. I sassi sotto i nostri piedi fanno un casino della madonna ma non c’importa. Per un istante mi perdo, poi ritrovo il punto dove bisognava girare. Ripercorriamo la stradina in silenzio, solo il rumore del fiato. Arriviamo ansimando alla 127, montiamo alla selvaggia ed Ario ingrana la retro sgommando. Inversione a U, pronto a partire si ferma. Forse stiamo sbagliando. Forse dovremmo restare lì, prenderci le nostre responsabilità. Una voce dall’esterno sbraita qualcosa, forse verso di noi, forse no. Nel dubbio partiamo a tavoletta.
L’autostrada è un mare buio di luci bianche e rosse. Fresco, accogliente, anonimo. Niente e nessuno può trovarti là dentro. L’autostrada è il nulla che permette di mondare la tua anima dalle peggiori cazzate. Scuoto la testa, mi tocco la mano. Aspetto che qualcuno abbia il coraggio di rompere l’incredulo silenzio.
«Hai una mira di merda»
«Ho una mira splendida, se i bambini e le ciccione si mettono di mezzo mica posso farci niente»
«Hai picchiato una donna»
«Ehi, quella roba non era una donna, d’accordo?»
«Accendi la radio»
Laura non c’è, è andata via, Laura non è più cosa miaaa…
«Dio mio»
«Cambia»
«A proposito di Laura, chissà come stan le ragazze»
«Staranno ridendo di noi com’è giusto che sia»
Scuuuuuuusa, so che è soltanto un’altra scuuuuuuusa….
«Cos’è, radio maria?»
«Paola e Chiara»
«Sembrano le canzoni del catechismo, ti ricordi? Vieeeeni signoooore…»
«E’ VERO! Le canzoni tristi degli scout»
«Massì, con la messa delle 10 che doveva essere giovane e mettevano con la chitarra a far canzoni due tizie del… del coso, del GRISS, no… del SERT… hai presente?»
«IO?» fa Atza «mio padre lavora al petrolchimico, ha pianto una settimana quando nel ’91 s’è sciolto il PCI, il mio gatto si chiama “Marx”, a me voleva chiamarmi “Palmiro” e se vede preti devono tenerlo fermo o li massacra a randellate»
AMIIIICI COME PRIIIIIMAAAA, NONVALEPIU’ LAPENAAAAH…
«Senti come cresce la rabbia uterina. Che ci fanno in radio ‘ste due?»
«Scarti di S. Remo, tristezza a barili»
«La teniamo o cambio?»
«Scherzi? Se la ascolti fino diventi frocio»
«E nel tuo caso piove sul bagnato»
«Silenzio, puttane»
TI DARO’ IL MIO CUOREE! TI DARO’ IL MIO CUORE SE VUOOOOI…
«Ma c’hai l’autoradio della sfigatron, becca solo miseria mentale e drammi»
«Il resto della macchina invece porta fortuna»
«Oh, avete rotto»
«E’ come il film dove leeeeei… faaaarà la pazzia!11!!!!111!1!»
«Ma quando mai, che nei film è sempre l’uomo che deve correre dietro alla stronza»
«MACCIO MACCIO MEEEEEN… NEBO UONNA BII.. A MACCIO MEEEEEN…»
«Nebo, se parli male delle donne la gente crederà che sei etero!»
«Atza con te invece non c’è pericolo, ascolti sempre le spice girls?»
«C-CO… COS… IO NON ASCOLTO LE SPICE GIRL!»
«Atza ascolta le Spice Girl?»
«Sì»
«NO! Ascolto i Blind Guardian!»
«Però… fioi, così per dire, eh… però io, le Spice Girl… cioè, una botta…»
«…la rossa tutta la vita»
«Cristo, lo sapevo. Ti piace il puttanone laido che pare un travone»
«AHASPETTA, te vuoi la biondina innocente che sembra handicappata?»
«No»
«La negra? Moglie e buoi dei paesi tuoi?»
«Ma vaff… Piuttosto la fighetta sempre imbronciata»
«Te o more o niente»
«Te o transessuali o niente, Ario, vedi cos’è peggio»
«A nessuno fa sesso quella in braghe da ginnastica?»
«No, sarebbe come scoparsi Dot, si vestono troppo uguale»
«Guarda che Dot è carina»
«Sì, ma l’ho vista crescere»
«Sarà per quello che è alta come un puffo»
«La Sport Spice è l’unica intonata, dicono»
«Dicono, eh, Atza?»
«Andate a cagare»
«Vabbè, prossima tappa?»
«Un autogrill, ho sonno »
«Sì ok, intendevo prossima tappa fisica, cosa ci aspetta?»
«La dogana» dice Atza indicando il cartello, fuori.
Venti chilometri.
«Fioi, farete esattamente quello che vi dico di fare» dice Solero.
Nessuno risponde.
Diciannove chilometri.